L’imposta di soggiorno finanzia gli specifici ambiti funzionali inerenti al turismo

Gli interventi finanziabili con l’imposta di soggiorno corrispondono a quelli intrinsecamente inerenti alla materia del turismo di cui all’art. 4, comma 1, D. Lgs. 23/2011, e non quelli riferibili soltanto in via mediata e incidentale all’ambito turistico. È quanto ribadito dalla Corte dei conti, Sez. Veneto, con deliberazione n. 52/2023.

Con l’istanza di parere, il comune ha chiesto se sia possibile finanziare con i proventi derivanti dall’imposta di soggiorno:
1) spese direttamente ascrivibili alla materia del turismo, ma anche per interventi di carattere più generico, che l’ente sostiene per la manutenzione del patrimonio dei beni culturali, manutenzione strade comunali, segnaletica stradale, interventi di tutela ambientale, interventi di realizzazione e manutenzione di parchi e giardini oltre che per l’acquisto di arredi urbani;
2) interventi per il sostegno economico di iniziative organizzate direttamente o a favore di enti e associazioni (quali la Pro Loco), che in collaborazione con il Comune realizzano iniziative culturali (mostre, festival, rassegne teatrali, ecc.), fieristiche o manifestazioni di promozione del territorio comunale di richiamo generale e che prevedano un afflusso e soggiorno di popolazione non residente.

Nel merito, la Sezione ricorda che l’imposta di soggiorno, secondo l’art. 4 del D.lgs. 14 marzo 2011 n. 23, deve essere finalizzata a finanziare “interventi in materia di turismo, ivi compresi quelli a sostegno delle strutture ricettive, nonché interventi di manutenzione, fruizione e recupero dei beni culturali ed ambientali locali, nonché dei relativi servizi pubblici locali”. Trattasi, come opportunamente rilevato dalla giurisprudenza contabile (deliberazione Sezione Campania, n. 11/2018/PAR, deliberazione Sezione Puglia, n. 201/2015/PAR e deliberazione Sezione Emilia Romagna, n. 228/2014/PAR), di una “imposta di scopo”, basata, cioè, sulla correlazione prelievo-beneficio e diretta a determinare un miglior livello di accettazione del sacrificio richiesto.

In altri termini, l’art. 4 del D.lgs. n. 23/2011 finalizza l’impiego del gettito ottenuto dall’imposta esclusivamente per il finanziamento diretto ed immediato di interventi nel settore del turismo e di interventi ad esso connessi, mediante la previsione di un vincolo di destinazione incombente sulla relativa entrata. L’esistenza di siffatto vincolo implica evidentemente che, nel bilancio dell’ente, tale entrata debba essere correlata esclusivamente a spese della tipologia indicata dal legislatore e non ad altre. Viene ricusata la riconducibilità al predetto vincolo normativo di scopo delle fattispecie connotate soltanto da una sorta di connessione per accessorietà alla materia del turismo, ove lo scopo turistico si atteggi a requisito soltanto eventualmente riflesso dell’attività che si intende finanziare con l’imposta di soggiorno. Ammettere una soluzione diversa consentirebbe di includere qualsiasi spesa che sia eventualmente riconducibile a interventi in materia di turismo.

 

La redazione PERK SOLUTION

La corretta destinazione delle entrate derivanti dalla gestione dei parcheggi

Nessuna eccezione viene posta dal legislatore nel richiedere il vincolo delle entrate spettanti all’ente in quanto proprietario della strada sulla quale i parcheggi insistono. Nell’ambito della propria autonomia l’ente può scegliere le modalità gestionali che meglio rispondono alle proprie esigenze di amministrazione delle risorse, del suolo pubblico e dei servizi da rendere al cittadino. Tali modalità, tuttavia, non cambiano la natura dell’entrata, che resta quella di un compenso pagato dall’utente-cittadino all’amministrazione pubblica per la resa di un servizio e che la legge impone di destinare alle finalità specifiche indicate dal citato art. 7, comma 7, del codice della strada. È quanto evidenziato dalla Corte dei conti, Sez. Toscana, con deliberazione n. 195/2022/PRSP, pronunciandosi sugli esiti dell’esame dei rendiconti 2017-2018 e 2019 di un Comune.

Un aspetto dell’analisi istruttoria ha riguardato anche la corretta destinazione delle entrate derivanti dalla gestione dei parcheggi, per le quali è stato richiesto all’amministrazione di indicare l’ammontare delle risorse accertate nell’esercizio e di quelle vincolate per le finalità di cui all’art. 7, comma 7, del codice della strada distinguendo, qualora ricorresse il caso, fra quelle destinate al finanziamento di spese di parte corrente e quelle destinate agli investimenti. La norma, infatti, dispone che “i proventi dei parcheggi a pagamento, in quanto spettanti agli enti proprietari della strada, sono destinati alla installazione, costruzione e gestione di parcheggi in superficie, sopraelevati o sotterranei, e al loro miglioramento e le somme eventualmente eccedenti ad interventi per migliorare la mobilità urbana”.

Nel caso di specie è emerso che il Comune abbia affidato la gestione dei parcheggi alla società in house. L’esame dei rapporti contrattuali fra comune e società evidenzia come il canone di concessione sia dovuto in favore del comune in base ad un forfait che non ha alcun riferimento con l’ammontare dei flussi di cassa derivanti dai parcheggi e dalle aree di sosta, con la conseguenza che gli incassi vengono introitati direttamente dalla Società e qualificati come
ricavi della stessa nell’ambito del conto economico ed imponibili ai fini reddituali. Del resto, la società non è mai stata qualificata come agente contabile, poiché in base alle regole contrattuali non maneggia somme di pertinenza comunali. Per il Comune, l’entrata non risulta ascrivibile alla gestione dei parcheggi rientrante nella casistica di cui all’art. 7, comma 7, del codice della strada”.

Per la Corte, nella scelta adottata dall’ente per la gestione dei parcheggi rientra l’obbligo di garantire, sul piano sostanziale, che l’entrata, pur acquisita attraverso società di gestione del servizio, sia ricondotta alle finalità di legge o dalla società stessa o dall’amministrazione comunale. La gestione esternalizzata del servizio, e la concessione dell’attività ad un soggetto privato, non possono costituire un meccanismo elusivo del vincolo normativo. Nel caso di specie, l’ente non provvede alla destinazione delle entrate né con riferimento ai proventi pagati dalla società a titolo di contributo o canone di
concessione, né con riferimento alle entrate percepite dalla società quale pagamento del servizio reso all’utenza, poiché queste, qualificate come ricavi, vanno a coprire costi che afferiscono alla pluralità dei servizi resi dalla società, né con riferimento agli eventuali utili distribuiti dalla società, per quanto, in tale ultima fattispecie, la riconduzione dei fondi alle loro finalità di legge avverrebbe solo in minima parte, proprio in virtù del fatto che la società è affidataria di servizi comunali differenziati, e non solo della gestione dei parcheggi. In ultimo, la Corte evidenzia che la società affidataria del servizio pubblico è senz’altro da considerarsi un agente contabile, riscuotendo nell’interesse del Comune i relativi proventi.

 

La redazione PERK SOLUTION