Un’area è da considerare fabbricabile se utilizzabile a scopo edificatorio in base allo strumento urbanistico generale adottato dal comune, indipendentemente dall’approvazione della regione e dall’adozione di strumenti attuativi del medesimo. È quanto ribadito dalla Corte di Cass. Sez. V, Ord., (data ud. 17/12/2020) con ordinanza del 13/04/2021, n. 9633.
Due sono pertanto i principi fondamentali stabiliti dall’art. 36, comma 2 del D.L. n. 223 del 2006: da un lato un terreno può essere già considerato suscettibile di utilizzazione edificatoria a fini fiscali quando lo strumento urbanistico è stato anche solo adottato, non essendo necessaria la sua approvazione; dall’altro un terreno può essere già considerato suscettibile di utilizzazione edificatoria a fini fiscali quando ancora non è stato approvato lo strumento urbanistico attuativo (piano particolareggiato, piano di lottizzazione o strumenti equivalenti) e anche se non sia ancora possibile in concreto l’edificazione. La disposizione in commento è stata interpretata dalle Sezioni Unite nel senso che è irrilevante, ai fini fiscali, che il suolo sia immediatamente ed incondizionatamente edificabile. Ciò che rileva è, infatti, l’inizio della procedura di trasformazione urbanistica di un suolo, implicando quest’ultima anche una “trasformazione economica” dell’area oggetto di accertamento e residuando la sola esigenza di tenere concretamente conto della determinazione della base imponibile (Cass., S.U. n. 25506 del 2006).
In altri termini, il discrimen per determinare l’inapplicabilità del criterio fondato sul valore catastale è determinato dall’inizio – e non dalla conclusione- del procedimento di trasformazione urbanistica nello specifico periodo d’imposta, computato al 1° gennaio di ogni anno, rimanendo impregiudicata la sola necessità valutare la maggiore o minore attualità delle potenzialità edificatorie dell’area (v. Cass., V, n. 12384 del 2016; Cass. n. 13263 del 2017).