Unione di Comuni – Dimissioni del presidente

Con il parere del 20 febbraio 2024, il Ministero dell’interno fornisce chiarimenti in merito alla questione relativa alle dimissioni presentate da un presidente di una Unione di Comuni e recepito dal Consiglio in data 29 gennaio 2024, e in particolare sulla continuità amministrativa dell’ente tenuto conto che le nomine dei responsabili di settore erano state prorogate con decreto del presidente fino al 31 gennaio 2024.

Il Ministero evidenzia come la figura del presidente sia disciplinata dagli artt. 24 e 25 dello statuto dell’Unione dei Comuni. In particolare, il comma 2, lett.d) del citato art. 25 annovera, tra le funzioni e competenze spettanti allo stesso, anche quella di nominare “il Segretario dell’Unione e i responsabili degli uffici e dei servizi”, la cui compiuta disciplina è rinvenibile agli artt.18 e ss. del regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi. Si è, di conseguenza, posta la questione concernente l’individuazione del soggetto competente all’esercizio delle funzioni presidenziali.

Al riguardo, la normativa sopra menzionata non disciplina espressamente l’ipotesi delle dimissioni del presidente. Tuttavia, l’art.26 dello statuto, nel prevedere la figura del vice presidente, specifica che esso viene nominato dal presidente tra i sindaci dei comuni aderenti all’Unione, e che “sostituisce il Presidente in caso di assenza o di impedimento temporaneo”. Tanto premesso, pur a fronte della mancata espressa previsione della figura a cui spetterebbe esercitare le funzioni presidenziali, in caso di dimissioni del presidente, ed alla luce della lettera della disposizione statutaria da ultimo richiamata, sembrerebbe che nulla osti alla possibilità di interpretare estensivamente la locuzione “assenza”, in maniera tale da ricomprendervi anche l’ipotesi delle dimissioni, quale forma di assenza a carattere non temporaneo.

La prospettata soluzione interpretativa garantirebbe la continuità dell’azione amministrativa, che altrimenti rischierebbe di risultare paralizzata. Da ultimo, il Ministero rammenta che, nell’ambito dell’autonomia organizzativa riconosciuta dall’ordinamento agli enti locali, spetterebbe all’ente interessato valutare l’opportunità di indicare, con apposita normativa statutaria o regolamentare, una disciplina puntuale in materia di dimissioni del presidente dell’Unione dei Comuni, ovvero, alternativamente, procedere ad una interpretazione autentica della disposizione sopra esaminata.

 

La redazione PERK SOLUTION

Nomina revisore dell’Unione e dei comuni associati e determinazione relativo compenso

È facoltà dell’Unione avvalersi di un solo organo di revisione anche per i comuni membri, in tal caso il compenso è unico e omnicompensivo. È quanto evidenziato dal Ministero dell’Interno, in risposta ad una richiesta di parere in merito alla nomina di un revisore unico in un’Unione di comuni, avente popolazione inferiore a 10.000 abitanti. L’Unione ha chiesto la disponibilità a ricoprire anche le funzioni di organo di revisione per i tre Comuni associati a fronte di un compenso calcolato sulla sommatoria della popolazione dell’Unione. Sul punto sono sorti contrastanti opinioni in merito alla funzione specifica cui il revisore dell’Unione è chiamato alla determinazione del relativo compenso. Il ministero rammenta che ai sensi dell’articolo 1, comma 110, lettera c) della legge n.56 del 2014, la funzione dell’organo di revisione possa essere svolta nelle Unioni di comuni in forma associata e anche nei comuni che le costituiscono. L’art. 3, comma 4-bis, del decreto legge n.174 del 2012 prevede, invece, che all’atto della costituzione del collegio o del revisore unico delle predette Unioni, decadono i revisori in carica nei comuni che fanno parte dell’Unione.
Per quanto riguarda il compenso occorre, invece, fare riferimento all’articolo 241, comma 5 del TUEL e al disposto del decreto interministeriale del 21 dicembre 2018. In particolare, l’Ufficio ministeriale si è pronunciato più volte circa la determinazione del compenso omnicomprensivo del revisore unico unionale che, in assenza di specifica norma, non può che essere determinato secondo i parametri, le maggiorazioni e i limiti indicati nelle suddette norme. Relativamente alla volontà dell’Unione di avvalersi di un solo revisore in applicazione della norma di cui alla legge n.56 del 2014, si evidenzia che, anche laddove non fosse precisato nello statuto è palese che l’Unione abbia deciso di applicare, da tempo, il comma 110 della predetta legge. Il ministero ritiene, quindi, condivisibile il pensiero del revisore in totale contrasto con quanto stabilito dal legislatore con il comma 110 dell’articolo 1 della legge 56 del 2014 che ha introdotto la facoltà per l’Unione di avvalersi di un solo organo di revisione anche per i comuni membri, pur comprendendo che è necessario un intervento legislativo per determinare in maniera più equa il compenso che nel caso specifico dovrebbe contemperare la ragione dell’ente locale al risparmio e ad un controllo più diffuso e generalizzato a quella del revisore che in effetti è chiamato a svolgere un incarico più gravoso relativo a quattro enti locali distinti.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Capacità assunzionali e Unione dei comuni

Con deliberazione n. 44/2022, la Corte dei conti, Sez. Lombardia – in risposta ad una richiesta di parere sulla modalità di calcolo degli “spazi assunzionali” secondo le disposizioni dell’articolo 33, comma 2, del DL 30 aprile 2019, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 giugno 2019, n. 58, da parte di un comune che abbia ceduto tutto il personale all’unione cui partecipa, e che intenda cedere una parte delle proprie capacità assunzionali alla medesima unione di comuni secondo quanto previsto dall’articolo 32, comma 5, del TUEL – ha precisato che nel caso di un comune che abbia trasferito tutto il personale all’unione di cui fa parte, e che a questa intende cedere i propri “spazi assunzionali”, il rapporto tra spesa complessiva per tutto il personale dipendente, al lordo degli oneri riflessi a carico dell’amministrazione e media delle entrate correnti relative agli ultimi tre rendiconti approvati, considerate al netto del fondo crediti dubbia esigibilità stanziato in bilancio di previsione, previsto dall’articolo 33, comma 2, debba essere rispettivamente riferito alla spesa per il personale sostenuta a qualsiasi titolo dal comune per svolgere le funzioni di competenza, sia direttamente, sia tramite l’unione o altre forme associative. II valore rilevante ai fini del calcolo degli “spazi assunzionali” del comune deve ricomprendere, quindi, la spesa per il personale utilizzato dall’unione per svolgere le funzioni trasferite e non soltanto quella per il personale retro-comandato dall’Unione al Comune per lo svolgimento di attività e funzioni non demandate all’Unione. Simmetricamente, per quanto riguarda le entrate, occorre riguardare alla regola secondo una prospettiva di consolidamento dei conti del comune e dell’unione in relazione alle funzioni che il singolo comune esercita, sia direttamente, sia tramite l’unione. Le nuove norme «se da un lato introducono un regime flessibile nella determinazione delle facoltà di assunzione del personale a tempo indeterminato, dall’altro istituiscono un rigoroso vincolo tra la spesa per il personale e le entrate correnti» (deliberazione n. 12/2022/PAR del 26 gennaio 2022).

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Rimessa alla Sezione Autonomie l’interpretazione della norma sui vincoli assunzionali dell’Unione

La Corte dei conti, Sez. Lombardia, con Deliberazione n. 4 del 22.01.2021, ha rimesso alla Sezione delle Autonomie la valutazione su una richiesta di parere in merito alle modalità calcolo dello spazio assunzionale dell’Unione, ai sensi dell’art. 33, comma 2, del D.L. 34/2019, nel testo risultante dalla legge di conversione 28 giugno 2019 n 58, e smi, e del relativo decreto attuativo interministeriale del 17 marzo 2020.
I due enti istanti, riferiscono di aver costituito una Unione, avente natura non obbligatoria, alla quale hanno trasferito tutto il personale dei comuni, sicché la relativa spesa è interamente stanziata nel bilancio dell’Unione (con l’unica eccezione della spesa per il segretario comunale, tuttora stanziata nel bilancio dell’ente capofila). Permangono, invece, in capo ai singoli comuni alcune funzioni, non trasferite all’Unione, svolte con personale comandato dall’Unione, a fronte dei necessari trasferimenti economici dai comuni in favore dell’Unione. Inoltre, al bilancio dell’Unione non afferiscono tutte le entrate dei comuni, ma solo quelle generate dalle funzioni e dai servizi svolti in via associata. A fronte di ciò gli enti chiedono di conoscere se la ratio sottesa alla nuova disciplina sulle facoltà assunzionali (rappresentata dalla sostenibilità finanziaria della relativa spesa) e il  principio del c.d. “cumulo” (eccezionalmente applicabile, in alternativa al meccanismo del c.d. “ribaltamento”, alle ipotesi di Unioni di comuni non obbligatorie alle quali sia stato trasferito tutto il personale degli enti che vi partecipino) consentano di considerare, nel calcolo dello spazio assunzionale dell’Unione, le entrate correnti consolidate del gruppo “Unione – Comune di Almé – Comune di Villa d’Almè”, al netto delle partite infra-gruppo e di assumere, quale fascia demografica di riferimento, quella corrispondente alla somma della popolazione dei due comuni costituenti l’Unione. Il legittimo dubbio degli enti è rappresentato dal fatto che la diversa modalità di calcolo, che rapportasse il 100% della spesa di personale con le sole entrate correnti dell’Unione, condurrebbe ad individuare un valore soglia di gran lunga inferiore a quello della spesa sostenibile, in ragione delle entrate derivanti dalle funzioni complessivamente svolte da quel personale (funzioni associate e non associate).
Secondo la Sezione, la soluzione prospettata dagli enti istanti non può rappresentare un utile correttivo, per un duplice ordine di considerazioni: 1) nell’ipotesi di calcolo prospettata dagli enti istanti, si dovrebbero considerare e “consolidare” entrate correnti provenienti da bilanci diversi; 2) la soluzione prospettata nel quesito condurrebbe all’inammissibile superamento del fondamentale principio di invarianza spesa di personale, consentendo all’Unione margini di spesa per il personale più ampi di quelli derivanti dalla somma degli spazi di pertinenza dei singoli comuni che fanno parte dell’Unione. Ad avviso della Corte, i profondi mutamenti intervenuti nel quadro delle regole dei vincoli alle assunzioni impongano il ricorso al generale criterio del c.d. “ribaltamento” pro quota delle spese dall’Unione ai comuni, che dunque deve necessariamente trovare applicazione anche per le Unioni alle quali sia stato trasferito tutto il personale dei comuni. In sostanza, le entrate correnti dell’Unione afferenti alle funzioni svolte in via associata dovranno essere considerate al netto delle somme trasferite dai singoli comuni per il personale comandato dall’Unione e destinato allo svolgimento delle funzioni non trasferite all’Unione e trattenute dai singoli comuni. Diversamente, tali somme sarebbero computate due volte: prima come entrate dei singoli comuni e poi come entrate dell’Unione. La verifica secondo il meccanismo del c.d. “ribaltamento” consentirebbe, inoltre, di riferire la capacità di spesa per assunzioni di personale alla fascia demografica corrispondente a quella di ciascun comune aderente all’Unione, prevenendo il rischio di indebita dilatazione del relativo volume, legato al meccanismo di cumulo (rectius, consolidamento) ipotizzato dagli enti istanti.
Stante la rilevanza delle questioni sottese all’esame dei quesiti posti e la necessità di prevenire possibili contrasti interpretativi sulla materia, La Corte ha ritenuto opportuno sollecitare la funzione di orientamento della Sezione delle Autonomie, nell’esercizio della funzione nomofilattica prevista dall’art. 6, comma 4, del D.L. 174/2012.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION