Incarichi di collaudo, ai dipendenti non vanno gli stessi compensi di professionisti esterni

Gli incarichi di collaudo conferiti ai dipendenti non possono essere retribuiti secondo le tariffe professionali di ingegneri e architetti, neanche se decurtati del 50%. L’attività affidata al personale interno è premiata esclusivamente con il meccanismo degli incentivi che si aggiunge alla ordinaria retribuzione e non può superare il 50 per cento del trattamento economico complessivo annuo lordo. Lo ha stabilito l’Anac nella delibera n. 453 del 5 ottobre 2022 con cui ha richiamato un consorzio piemontese che, in un apposito regolamento per l’affidamento interno dei collaudi, ha previsto il riconoscimento di emolumenti assimilabili ai compensi dovuti ai professionisti.

In riferimento alla modalità di remunerazione degli incarichi di collaudo conferiti ai dipendenti, l’Autorità non ritiene coerente con il principio di economicità del codice appalti il riconoscimento di compensi calcolati secondo le tariffe professionali, seppure decurtati del 50%. Tradiscono il principio di economicità anche i compensi a favore dei dipendenti del consorzio per l’attività di commissario di gara, in aggiunta alla normale retribuzione.

 

La redazione PERK SOLUTION

Mansioni superiori: trattamento economico spettante in caso di assenza per ferie o malattia

Nel caso di fruizione di giornate di ferie, nonché nei casi di assenza imputabile a malattia, infortunio o permesso per motivi personali, il trattamento retributivo differenziale connesso all’espletamento di mansioni superiori non vede essere corrisposto in quanto, nelle predette giornate, la prestazione lavorativa non viene effettuata.  Lo chiarisce l’Aran con l’orientamento applicativo CFL163.

La disciplina contrattuale prevista dall’art. 8, comma 7, del CCNL del 14.9.2000, nel disciplinare l’istituto delle “mansioni superiori” rinvia, per quanto non espressamente regolato, alle disposizioni di cui al D. Lgs 165/2001. Relativamente al caso di specie non può che farsi riferimento ai contenuti di cui all’art. 52, comma 4, del richiamato D. Lgs 165 del 2001 secondo il quale, quando ricorrono i presupposti per l’assegnazione del pubblico dipendente a mansioni superiori “per il periodo di effettiva prestazione, il lavoratore ha diritto al trattamento previsto per la qualifica superiore”.

Diversamente, l’Aran ritiene che il trattamento retributivo corrispondente alle mansioni superiori debba essere erogato in occasione delle festività e delle giornate di riposo settimanale in quanto tali giornate non interrompono la necessaria continuità nell’esercizio delle mansioni superiori.

 

La redazione PERK SOLUTION

CFL163

CFL163

Corretto trattamento economico del dipendente in stato di malattia durante il periodo di prova

L’Aran, con l’orientamento CFL159, in riferimento al trattamento economico del dipendente in stato di malattia durante il periodo di prova, richiamato l’art. 20 (Periodo di prova), comma 5 del CCNL del 21 maggio 2018, ai sensi del quale “Le assenze riconosciute come causa di sospensione ai sensi del comma 4, sono soggette allo stesso trattamento economico previsto per i dipendenti non in prova”, chiarisce che ai fini del calcolo del trattamento economico spettante al dipendente che si sia assentato per malattia durante il periodo di prova, occorra fare riferimento alla disciplina di cui all’art. 36, comma 10, del richiamato CCNL del 21 maggio 2018, come per il restante personale (non in prova), in quanto, fermo restando la previsione del periodo massimo di conservazione del posto ex art, 20 comma 4, non è previsto un meccanismo di riproporzionamento delle modalità di calcolo della retribuzione durante detto periodo di comporto.

La disciplina contrattuale che regola il generale sistema di computo, sia con riferimento alla verifica del rispetto del periodo massimo di conservazione del posto che della determinazione del trattamento economico da corrispondere al dipendente in occasione di ogni periodo morboso, trova applicazione nei confronti di tutto in personale in servizio, ed evidentemente, anche di coloro che siano stati assunti da meno di un triennio.

 

Autore: La redazione PERK SOLTION

Posizioni organizzative, l’indennità spetta solo con l’istituzione della relativa posizione

La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 32950 del 9 ottobre 2021, ha ribadito che diritto del pubblico dipendente a percepire l’indennità di posizione sorge solo se la P.A. datrice di lavoro ha istituito la relativa posizione, perché l’istituzione rientra nell’attività organizzativa dell’Amministrazione la quale deve tener conto delle proprie esigenze e soprattutto dei vincoli di bilancio, che, altrimenti, non risulterebbero rispettati laddove si dovesse pervenire all’affermazione di un obbligo indiscriminato. La Corte ha più volte precisato che l’esclusiva rilevanza da attribuire all’atto costitutivo delle posizioni organizzative, adottato discrezionalmente, comporta che è da escludere che prima dell’adozione di tale atto sia configurabile un danno da perdita di chance per il dipendente che assuma l’elevata probabilità di essere destinatario dell’incarico e l’irrilevanza, ai suddetti fini, di eventuali atti preparatori endo-procedimentali nonché dell’espletamento di fatto di mansioni assimilabili a quelle della posizione non istituita.

I richiamati principi sono stati affermati da Cass. n. 11198/2015 e da Cass. n. 15902/2018 anche in relazione alla disciplina dettata dal CCNL 31.3.1999 di revisione del sistema di classificazione del personale per il comparto delle regioni e delle autonomie locali e si è evidenziato, in continuità con quanto già statuito da Cass. S.U. n. 16540/2008, che l’apparente diversità di formulazione delle disposizioni contrattuali rispetto a quelle relative ad altri comparti non legittima conclusioni diverse, in quanto le esigenze di servizio sono comunque valorizzate nell’art. 9, che subordina l’istituzione delle posizioni organizzate all’attuazione dei principi di razionalizzazione previsti dal d.lgs. n. 29/1993 (all’epoca vigente), alla ridefinizione delle strutture e delle dotazioni organiche dell’ente, all’istituzione e attivazione dei servizi di controllo interno o dei nuclei di valutazione.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

La maggiorazione per lavoro straordinario festivo per i lavoratori turnisti

La Corte di Cassazione, con ordinanza 02 novembre 2021, n. 31114, ha ribadito il proprio orientamento (Cass. 27.9.2016, n. 18942) secondo cui i lavoratori turnisti, quali devono qualificarsi i vigili urbani, hanno diritto al solo compenso di cui all’art. 22 comma 5, del CCNL 14.9.2000 per il comparto Regioni ed Autonomie locali, che remunera il disagio con la maggiorazione del 30% della retribuzione, per la prestazione resa in giorno festivo in regime di turnazione ed entro il normale orario di lavoro.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

In caso di mobilità volontaria spetta il trattamento economico dell’amministrazione di destinazione

Nel caso di mobilità volontaria non è garantito il mantenimento del livello retributivo in godimento presso l’amministrazione di provenienza. La determinazione del trattamento economico spettante al dipendente in mobilità volontaria si deve riferire agli emolumenti propri del trattamento economico fondamentale ed accessorio del comparto di contrattazione dell’amministrazione di destinazione del dipendente previsti per la categoria e fascia economica di inquadramento, restando esclusa la possibilità del riconoscimento, ancorchè a titolo di assegno ad personam riassorbibile, di importi derivanti da emolumenti propri del comparto di provenienza. È quanto chiarito dal Dipartimento della Funzione Pubblica (Parere DFP n. 0027149 – P –21/4/2021), in riscontro ad una richiesta di parere in materia di determinazione del trattamento economico spettante ad un dipendente transitato presso altra Amministrazione. Poiché il caso proposto si riferisce ad una mobilità volontaria, per la disciplina in materia di trattamento economico occorre fare riferimento alle previsioni dell’art. 30, comma 2-quinquies, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, secondo cui “Salvo diversa previsione, a seguito dell’iscrizione nel ruolo dell’amministrazione di destinazione, al dipendente trasferito per mobilità si applica esclusivamente il trattamento giuridico ed
economico, compreso quello accessorio, previsto nei contratti collettivi vigenti nel comparto della stessa amministrazione”. Tale regime, la cui ratio va ricondotta al principio di parità di trattamento contrattuale fissato dall’articolo 45, comma 2, dello stesso richiamato decreto legislativo, è confermato in modo più puntuale dal d.P.C.m. 26 giugno 2015, il cui articolo 3, comma 1, prevede che “Nel caso di mobilità volontaria ai sensi dell’art. 30, comma 1, del decreto legislativo n. 165 del 2001 si applica il comma 2-quinquies del medesimo art. 30 del decreto legislativo n. 165 del 2001”.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

ARAN, orientamenti applicativi sul trattamento economico dei Dirigenti

Pubblichiamo gli ultimi orientamenti applicativi dell’ARAN relativi al CCNL 17 dicembre 2020 del personale dell’Area Funzioni Locali (Dirigenti).

 

L’art. 58 del CCNL 17.12.2020 trova applicazione dalla data di sottoscrizione del prossimo contratto integrativo stipulato presso l’Ente e fino a tale data gli incarichi ad interim continuano ad essere retribuiti in conformità alla disciplina del contratto integrativo vigente?
L’art. 58 del CCNL del 17 dicembre 2020 precisa che, per l’incarico ad interim dovrà essere attribuito a titolo di retribuzione di risultato, limitatamente al periodo di sostituzione, un importo di valore compreso tra il 15% ed il 30% del valore economico della retribuzione di posizione prevista per la posizione dirigenziale su cui è affidato l’incarico; la percentuale entro i valori indicati dal CCNL dovrà essere definita in sede di contrattazione integrativa, ai sensi dell’art.  45 comma 1 lett. c) del medesimo CCNL. La nuova disciplina, pertanto, potrà essere applicata solo a seguito della definizione, all’interno del Contratto integrativo, della predetta percentuale di incremento e soltanto con effetto sulla retribuzione di risultato. Eventuali diverse soluzioni già adottate dagli enti devono intendersi disapplicate per la parte eventualmente in contrasto con la nuova disposizione contrattuale.

 

In applicazione dell’art. 57, comma 3, del CCNL 17.12.2020 i risparmi nella erogazione della retribuzione di risultato per mancato o parziale raggiungimento degli obiettivi in una determinata annualità costituiscono economie che possono essere trasportate all’anno successivo per il finanziamento della retribuzione di risultato?
In relazione alla questione in esame si evidenzia che con la formulazione della disciplina di cui all’art.  57, comma 3 del CCNL del 17 dicembre 2020, può considerarsi confermato l’orientamento applicativo già espresso  dall’Agenzia secondo cui le risorse aggiuntive (risorse destinate al finanziamento della retribuzione di risultato, non utilizzate nel corso dell’anno di riferimento trasportate nell’anno successivo) hanno sempre e comunque natura di  “una tantum”, nel senso che esse non possono essere considerate come un incremento permanente dell’ammontare delle risorse destinate al finanziamento della retribuzione di risultato. Tali indicazioni, si ricorda, sono state fornite dalla scrivente Agenzia a chiarimento dei dubbi sollevati sull’interpretazione della previgente disciplina prevista dall’art. 28, comma 2 del CCNL del 23.12.1999 (norma disapplicata dall’art. 62, comma 1, lett. B, 11° alinea del nuovo testo contrattuale). Anche relativamente alle indicazioni espresse in materia di risparmi nella erogazione della retribuzione di risultato per mancato o solo parziale raggiungimento degli obiettivi nell’anno di riferimento, si ritiene di confermare i contenuti degli orientamenti applicativi già formulati in relazione alla disciplina previgente. Come già chiarito infatti, in fattispecie quali quella in esame, non si ritiene possa essersi verificata una situazione di impossibilità di utilizzo delle risorse. Inoltre, nella nuova formulazione della norma è espressamente chiarito che il “riporto” all’anno successivo è ammesso solo nel caso in cui l’integrale destinazione delle risorse non sia stata oggettivamente possibile, situazione che non si verifica nella fattispecie prospettata, in cui le risorse sono state integralmente destinate, ma non integralmente utilizzate. Nel caso in cui, pertanto, gli obiettivi non siano raggiunti in tutto o in parte e, per tale ragione, non sia erogata interamente o anche solo parzialmente, la retribuzione di risultato, le risorse previste per il finanziamento di tale voce retributiva nello stesso anno di riferimento non possono che divenire economie di bilancio e tornare nella disponibilità dell’ente. Resta comunque ferma la possibilità, per la contrattazione integrativa degli enti, di stabilire criteri di erogazione che prevedano la distribuzione, nello stesso anno cui la valutazione si riferisce, delle somme corrispondenti agli importi della retribuzione di risultato non erogate ai dirigenti, a seguito di una valutazione della performance degli stessi, non positiva o non pienamente positiva, come ulteriore incremento della retribuzione di risultato a favore di altri dirigenti che hanno ricevuto invece una valutazione di eccellenza, come predeterminata sulla base dei criteri a tal fine adottati, come chiarito dalla scrivente Agenzia in altri orientamenti applicativi.

 

Ai fini della determinazione del monte-salari relativo all’anno 2015 quale criterio occorre seguire: il criterio della cassa o quello della competenza?
Per la determinazione del “monte salari” bisogna utilizzare gli stessi criteri seguiti dal conto annuale della RGS nelle tabelle 12 e 13. Ogni ulteriore approfondimento al riguardo può essere effettuato consultando le circolari di conto annuale emanate annualmente dalla Ragioneria generale dello stato, reperibili sul sito web di quest’ultima.

 

In relazione al disposto dell’art. 54, comma 4, del CCNL 17.12.2020, ai fini della liquidazione degli arretrati a titolo di retribuzione di posizione, l’incremento annuo lordo di Euro 409,50 deve essere riconosciuto anche di dirigenti incaricati ad interim della copertura di posizioni dirigenziali resesi vacanti successivamente all’1.1.2018?
La disciplina prevista dall’art. 54, comma 4, come noto, prevede espressamente che “l’importo annuo lordo della retribuzione di posizione, comprensivo di tredicesima mensilità, stabilito per tutte le posizioni dirigenziali coperte alla data del 1/1/2018, è incrementato, con decorrenza dalla medesima data del 1°/1/2018, di un importo annuo lordo, comprensivo di tredicesima, pari a € 409,50”. La richiamata norma, pertanto, ha incrementato dell’importo di euro 409,50 il valore complessivo annuo lordo della retribuzione di posizione (comprensivo di tredicesima mensilità) che dovrà essere riconosciuto (anche ai fini della quantificazione degli arretrati), con decorrenza dal 1° gennaio 2018, a tutte le posizioni dirigenziali coperte alla medesima data del 1°/1/2018. Ad avviso dell’Agenzia sarebbe possibile riconoscere arretrati sulla retribuzione di risultato corrisposta ai titolari di incarico ad interim su posizioni resesi vacanti successivamente al 1/1/2018 solo a condizione che:
1) l’incarico ad interim sia stato conferito su posizioni che erano coperte alla data del 1/1/2018, successivamente resesi vacanti;
2) la contrattazione integrativa dell’ente abbia preventivamente definito una disciplina per la corresponsione della maggiorazione della retribuzione di risultato riconosciuta ai titolari di incarichi ad interim commisurata ad una data percentuale della retribuzione di posizione prevista per l’unità organizzativa sulla quale è affidato l’incarico.

 

Qualora a seguito della costituzione del Fondo per la retribuzione di posizione e di risultato dei dirigenti in base all’art. 57, comma 2, del CCNL 17.12.2020 si determini un minor impegno finanziario è possibile integrare le risorse per il finanziamento della retribuzione di posizione e di risultato delle posizioni organizzative?
L’art.57. comma 2, lett. a) del CNL del 17.12.2020 prevede espressamente che dall’anno successivo a quello di sottoscrizione del CCNL, il Fondo per la retribuzione di posizione e di risultato, sia annualmente costituito con le seguenti risorse: “a) unico importo annuale nel quale confluiscono tutte le risorse certe e stabili -negli importi certificati dagli organi di controllo interno di cui all’art. 40-bis, comma 1 del d. lgs. n. 165/2001 – destinate a retribuzione di posizione e di risultato nell’anno di sottoscrizione del presente CCNL, ivi comprese quelle di cui all’art. 56 e la RIA del personale cessato fino al 31 dicembre del suddetto anno”. La citata norma, dunque, come si evince dal suo tenore letterale, consente agli enti di consolidare, in un unico importo le risorse certe e stabili (dal cui ambito sono escluse quelle di cui all’art. 26, comma 3 del CCNL del 23.12.1999) che, nel 2020, siano state destinate alla retribuzione di posizione e di risultato negli importi certificati dagli organi di controllo interno previsti dalle disposizioni di legge.
Nel caso in cui, pertanto, da parte dell’organo di controllo di cui al richiamato art. 57, comma 2, lett. a) sia stata certificata per l’anno 2020 una entità di risorse destinate alla retribuzione di posizione e di risultato della dirigenza da cui risulti, come conseguenza un minor impegno finanziario, ciascun ente potrebbe adottare le scelte ritenute più opportune, avvalendosi degli strumenti che la disciplina contrattuale gli consente.
Anche in presenza di uno stanziamento di risorse inferiore ma, comunque, “adeguato” alla situazione di fatto registrata nell’anno 2020, l’ente avrebbe comunque l’autonomia di stanziare, anche negli anni a venire, ulteriori risorse, utilizzando la lett. e) del richiamato art. 57, comma 2, in base alla propria capacità di bilancio, ovviamente entro i limiti finanziari previsti dalla vigente normativa in materia.
Per la soluzione della ulteriore questione concernente la possibilità di adeguamento delle risorse destinate ai non dirigenti o alle PO, si rinvia all’orientamento espresso dalla Ragioneria Generale dello Stato nella Circolare n. 16/2020 riferita al Conto Annuale 2019, relativo alla perimetrazione del limite alla retribuzione accessoria di cui all’art. 23, comma 2, del D. Lgs 75/2017.

 

Come si deve interpretare l’art. 60 del CCNL 17.12.2020 in materia di onnicomprensività retributiva con particolare riferimento alla disposizione del comma 3, in base alla quale deve essere garantita comunque una quota a titolo di retribuzione di risultato al dirigente che ha reso la prestazione?
La disciplina prevista dall’art. 60 del CCNL del 17 dicembre 2020 relativo alla dirigenza dell’Area delle Funzioni Locali, ha riconfermato il  principio della onnicomprensività del trattamento economico del dirigente  (stabilito dall’art.24 del dlgs.n.165/2001, cui gli enti locali adeguano i propri ordinamenti), come cristallizzato nella  disciplina legale e già previsto dalla previgente norma di cui all’art. 20 del CCNL del 22.2.2010, attualmente disapplicata dall’art. 62, comma 1, lett. B) ottavo alinea.
Il comma 1 del richiamato art. 60, in particolare, ha riaffermato, in coerenza con le previsioni del citato 24, comma 3, del dlgs.n.165/2001, che il trattamento economico dei dirigenti ha carattere di onnicomprensività in quanto remunera completamente ogni incarico conferito agli stessi in ragione del loro ufficio o comunque collegato alla rappresentanza di interessi dell’Ente.
In applicazione di tale previsione, quindi, il CCNL ribadisce che a favore della dirigenza, accanto al trattamento stipendiale, è prevista la corresponsione del solo trattamento economico rappresentato dalla retribuzione di posizione e di risultato.
Con il comma 2 viene confermato che in aggiunta alla retribuzione di posizione e di risultato, ai dirigenti possano essere erogati direttamente a titolo di retribuzione di risultato, solo i compensi previsti da specifiche disposizioni di legge.
Di seguito, il comma 3 stabilisce espressamente che le somme derivanti dall’applicazione del principio di onnicomprensività del trattamento economico dei dirigenti (comma 3),riferite anche ai compensi per incarichi aggiuntivi non connessi direttamente alla posizione dirigenziale attribuita (ma sempre riconducibili alla generale rappresentanza degli interessi dell’ente), integrano le risorse destinate al finanziamento della retribuzione di posizione e di risultato dei dirigenti secondo la disciplina dell’art.57 del medesimo CCNL, garantendo comunque una quota a titolo di retribuzione di risultato del dirigente che ha reso la prestazione.
La richiamata norma esprime in termini inequivocabili che le somme riferite ai compensi per incarichi aggiuntivi sono comunque destinate a finanziare la retribuzione di posizione e di risultato dei dirigenti, transitando nello specifico fondo ai sensi dell’art. 57, comma 2, lett.d).
Quanto alla definizione della quota che deve essere riconosciuta, a titolo di retribuzione di risultato, al dirigente direttamente coinvolto nello svolgimento della specifica prestazione collegata all’incarico, si precisa che la stessa dovrà essere stabilita sulla base dei criteri concordati in sede di contrattazione integrativa, ai sensi dell’art. 45, comma 1, lett. b) del richiamato CCNL.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

 

 

Disciplina giuridica dei compensi erogabili ai Vicesegretari, ai sensi dell’art. 16-ter DL 162/2019

Il Ministero dell’Interno – Albo nazionale dei Segretari comunali e provinciali – con circolare n. 5946 del 19/03/2021 fornisce chiarimenti in merito alla nuova disciplina dei vicesegretari, ai sensi dell’art, 16-ter, commi 9 e 10 del D.L. 162/2019, con cui sono state dettate nuove disposizioni in relazione all’istituto del vice segretario comunale, al fine di sopperire, nel triennio 2020/2022, alla grave carenza di figure destinate ad operare nei comuni di minore dimensione demografica, nelle more della conclusione delle procedure concorsuali in atto e di quelle già autorizzate. Nella specie, l’articolo 16-ter, commi 9 e 10, del decreto legge 30 dicembre 2019, n.8, convertito nella legge 28 febbraio 2020, n. 8, prevede che – nei comuni aventi una popolazione fino a 5.000 abitanti e in quelli che hanno stipulato convenzioni per l’ufficio di segreteria aventi una popolazione complessiva fino a 10.000 abitanti – il sindaco, qualora la pubblicizzazione della sede di segreteria sia risultata deserta, possa richiedere, al competente Ufficio di gestione dell’Albo dei Segretari del Ministero dell’Interno, l’autorizzazione a che le funzioni del segretario – ove non risulti possibile assegnare un segretario reggente, anche a scavalco – vengano svolte, per un periodo complessivamente non superiore a 12 mesi, dal vice segretario, scelto nell’ambito dei soggetti aventi i necessari requisiti. Il soggetto da preporre è individuato nel titolare dell’ufficio del vice segretario, se già nominato; in caso contrario, potrà essere scelto, previo consenso dell’interessato, nell’ambito del personale di ruolo dell’ente locale conferente ovvero tra i dipendenti a tempo indeterminato di altri enti locali; in tale seconda ipotesi è, comunque, necessario l’assenso dell’amministrazione titolare del relativo rapporto di lavoro. Con la Circolare sopra richiamata, il Ministero dell’Interno, sulla base dei pareri forniti dall’ARAN e dal Dipartimento della funzione pubblica, ribadisce che a tali soggetti non risulta applicabile il CCNL dei Segretari comunali e provinciali. L’Ente locale può valorizzare sotto il profilo economico l’incarico di vice segretario solo in sede di articolazione e graduazione dell’incarico di posizione organizzativa, sia nel caso in cui questa venga conferita esclusivamente per lo svolgimento delle funzioni di vicesegretario, sia qualora tali compiti vengono cumulati ad altro incarico. Nei casi in cui l’incarico di vicesegretario dovesse essere affidato solo temporaneamente ad altro soggetto, già titolare di una posizione organizzativa, possono essere valorizzati i risultati conseguiti mediante una rimodulazione dell’ammontare della retribuzione di risultato connessa alla posizione organizzativa di che trattasi, in attuazione di quanto previsto dall’art. 15, comma 4 del CCNL 21/5/2018. Resta esclusa la possibilità di erogare compensi ad personam non previsti dalla disciplina contrattuale del personale dipendente degli enti locali.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Il trattamento economico durante l´aspettativa per dottorato di ricerca

Il Capo Dipartimento della Funzione Pubblica – in risposta ad un quesito in merito alle voci del trattamento economico spettante al titolare di posizione organizzativa in aspettativa per dottorato di ricerca, senza borsa di studio, che debbano essere considerate ai fini dell’applicazione della previsione di salvaguardia contenuta nell’articolo 2, comma 1, della legge 13 agosto 1984, n. 476 –  ha precisato che l’articolo 2, comma 1, della legge 13 agosto 1984, n. 476, come modificato dall’articolo 52 della legge 28 dicembre 2001, n. 448 e successivamente dall’articolo 19, comma 3, della legge 30 dicembre 2010, n. 240, prevede che il pubblico dipendente che richiede di fruire del regime di aspettativa per la frequenza di corsi di dottorato di ricerca senza borsa di studio o in caso di rinuncia a questa conserva il trattamento economico, previdenziale e di quiescenza in godimento da parte dell’amministrazione pubblica presso la quale è instaurato il rapporto di lavoro. La norma di salvaguardia è richiamata in ambito contrattuale dall’articolo 40, comma 2, del CCNL 21 maggio 2018 – Comparto funzioni locali -, secondo cui “I dipendenti con rapporto a tempo indeterminato ammessi ai corsi di dottorato di ricerca, ai sensi della legge 13 agosto 1984, n. 476 oppure che usufruiscano delle borse di studio di cui alla legge 30 novembre 1989, n. 398 possono essere collocati, a domanda, in aspettativa per motivi di studio senza assegni per tutto il periodo di durata del corso o della borsa nel rispetto delle disposizioni legislative vigenti, fatto salvo quanto previsto dall’ art. 2 della citata legge n. 476/1984 e successive modificazioni”.  Ciò posto, al dipendente titolare  di posizione organizzativa, beneficiario dell’aspettativa in questione, occorre garantire, oltre allo stipendio tabellare, la retribuzione di posizione, per il solo fatto del conferimento della titolarità dell’incarico di posizione organizzativa. In merito alla retribuzione di risultato, il parere precisa che il regime di aspettativa del dipendente non consente l’effettivo svolgimento della prestazione e, quindi, il conseguimento degli obiettivi connessi al risultato. Ne deriva che l’emolumento in questione non possa concorrere per sua natura al trattamento economico in godimento.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION