TARI, ulteriore proroga al 20 luglio 2024 per l’approvazione dei piani finanziari e delle tariffe

In sede di conversione in legge del decreto-legge 7 maggio 2024, n. 60, recante ulteriori disposizioni urgenti in materia di politiche di coesione, la Commissione Bilancio del Senato ha approvato l’emendamento che dispone l’ulteriore proroga (dal 30 giugno al 20 luglio) del termine per l’approvazione dei piani finanziari e delle tariffe Tari 2024.

Si ricorda che l’art. 7, comma 7-quater del D.L. n. 39/2024 (convertito in legge n. 67/2024), ha previsto, per l’anno 2024, il differimento al 30 giugno del termine (scaduto il 30 aprile 2024) entro il quale i comuni possono approvare i piani finanziari del servizio di gestione dei rifiuti urbani, le tariffe e i regolamenti della TARI e della tariffa corrispettiva.

Nell’operare tale differimento, il comma 7-quater ha disposto altresì che:
• restano fermi i termini di pagamento delle rate già stabiliti con regolamento comunale;
• sono in ogni caso valide ed efficaci le deliberazioni eventualmente intervenute tra il 1° maggio 2024 e la data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto-legge.

 

La redazione PERK SOLUTION

Tari e fabbisogni standard: pubblicato l’aggiornamento delle linee guida

Pubblicate sul sito del dipartimento delle Finanze le “Linee guida interpretative per l’applicazione del comma 653 dell’articolo 1 della legge n. 147 del 2013”, predisposte in collaborazione con Ifel e Sose per supportare gli enti locali che devono approvare i piani finanziari e le tariffe della Tari per l’anno 2024.

Le linee guida forniscono le indicazioni per il calcolo del fabbisogno standard di ciascun comune (o gruppo di comuni) in linea con le componenti del costo standard per tonnellata approvate dalla Commissione Tecnica per i Fabbisogni Standard (CTFS) in data 18 novembre 2019 e con l’aggiornamento dei dati relativi ai fabbisogni standard elaborato nel corso del 2023 e approvato dalla CTFS in data 23 ottobre 2023.

Si conferma, in generale, la prassi interpretativa delle precedenti linee guida, secondo cui i fabbisogni standard del servizio rifiuti rappresentano un paradigma obbligatorio di confronto per permettere all’ente locale di valutare l’andamento della gestione del servizio. Di conseguenza, il richiamo alle “risultanze dei fabbisogni standard” operato dal comma 653 deve essere letto in coordinamento con il complesso procedimento di determinazione dei costi e di successiva ripartizione del carico della TARI su ciascun contribuente. Per la concreta attuazione del comma 653 resta necessario, quindi, che il comune prenda cognizione delle risultanze dei fabbisogni standard del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti.

Il fabbisogno standard finale di ogni comune è il risultato del prodotto di due grandezze: il costo standard di riferimento per la gestione di una tonnellata di rifiuti e le tonnellate di rifiuti urbani gestite dal servizio. Il parametro di base è la stima del costo medio nazionale di riferimento per la gestione di una tonnellata di rifiuti, stima che nel modello è rappresentata dal valore dell’”intercetta” della retta di regressione del costo per tonnellata di rifiuti: tale valore è pari a 130,45 euro.

Per ottenere il costo standard di riferimento di ogni comune, a tale valore base occorre aggiungere i differenziali di costo relativi alle seguenti componenti:

  • la percentuale di raccolta differenziata;
  • la distanza in km fra il comune e gli impianti;
  • il numero e la tipologia degli impianti regionali;
  • la percentuale di rifiuti urbani trattati e smaltiti negli impianti regionali;
  • la forma di gestione del servizio rifiuti, in particolare, la gestione associata del servizio mostra mediamente un costo standard più alto di 5,82 euro per tonnellata rispetto alla gestione diretta;
  • i fattori di contesto del comune;
  • le economie/diseconomie di scala;
  • le modalità di raccolta dei rifiuti urbani;
  • il cluster o gruppo omogeneo di appartenenza del comune.

Allegati:

 

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IFEL: Costi standard rifiuti 2023. Nota di approfondimento e applicativo di simulazione

IFEL, al fine di facilitare la quantificazione del costo standard di riferimento, pubblichiamo l’applicativo di simulazione dei costi standard per il servizio di smaltimento dei rifiuti, aggiornato in coerenza con le nuove Linee guida interpretative del comma 653, art. 1, L.147/13, recentemente pubblicate sul sito del Dipartimento delle Finanze, riguardanti le modalità da considerare per tener conto delle risultanze dei fabbisogni standard nella determinazione dei costi del servizio rifiuti, anche alla luce della delibera ARERA n. 443 del 31 ottobre 2020 e s.m.i., primo provvedimento di regolazione del settore, e della delibera n. 363 del 3 agosto 2021.

L’IFEL ricorda che, dall’anno 2022, in base a quanto previsto dalla citata delibera ARERA n. 363/2021, il PEF ha durata quadriennale (2022-2025) e viene aggiornato con cadenza biennale (nel 2024). Qualora l’Ente territorialmente competente lo ritenga necessario, al verificarsi di circostanze straordinarie e tali da pregiudicare gli obiettivi indicati nel PEF, è possibile una revisione infra periodo (in qualsiasi momento del secondo periodo regolatorio). Tale procedura deve essere comunque corredata da un’istanza motivata da presentare ad ARERA in cui si espongono le circostanze straordinarie, anche condivise con il gestore del servizio.

La metodologia di calcolo dei costi standard sui rifiuti non è cambiata, pertanto il testo della presente nota e quello delle “Linee guida interpretative per l’applicazione del comma 653 dell’art. 1 della Legge n. 147 del 2013 e relativo utilizzo in base alla Delibera ARERA 3 agosto 2021, n. 363 e successive integrazioni e modificazioni”, a cura del Mef, sono del tutto in linea con la documentazione riferita alle precedenti annualità.

Di conseguenza, il PEF non deve essere riaperto nell’anno 2023 al solo ed unico scopo di inserire il nuovo costo standard che si desume dal calcolatore allegato; quest’ultimo, infatti, è uno strumento necessario in sede di revisione del PEF che, di regola, avviene ogni due anni (2024), oppure in caso di revisione infra periodo decisa dall’Ente territorialmente competente.

L’applicativo di simulazione è, come di consueto, consultabile utilizzando le credenziali di accesso all’area riservata del sito IFEL (Banche dati e numeri) in possesso di ciascun Comune.

NOTA DI AGGIORNAMENTO 2023 SULL’APPLICATIVO

 

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TARI: aggiornate le linee guida fabbisogni standard

Il Dipartimento delle Finanze ha pubblicato l’aggiornamento delle linee guida interpretative per l’applicazione del comma 653 dell’art. 1 della legge n. 147 del 2013 per supportare gli enti locali che devono approvare i piani finanziari e le tariffe della TARI per l’anno 2023.

Il documento, predisposto con la collaborazione di IFEL e di SOSE, ha la finalità di inquadrare il contesto applicativo dei provvedimenti in esame e facilitarne l’attuazione da parte dei comuni per la predisposizione dei piani finanziari relativi al quadriennio 2022-2025. Vale la pena di evidenziare che nel caso in cui gli enti locali abbiano già approvato le tariffe della TARI, in assenza della pubblicazione delle presenti linee guida, possono intervenire successivamente e comunque nel rispetto del termine di approvazione del bilancio di previsione, per tener conto delle risultanze dei fabbisogni standard.

I fabbisogni standard del servizio rifiuti rappresentano un paradigma obbligatorio di confronto per permettere all’ente locale di valutare l’andamento della gestione del servizio. Di conseguenza, il richiamo alle “risultanze dei fabbisogni standard” operato dal comma 653 deve essere letto in coordinamento con il complesso procedimento di determinazione dei costi e di successiva ripartizione del carico della TARI su ciascun contribuente. Per la concreta attuazione del comma 653 resta necessario, quindi, che il comune prenda cognizione delle risultanze dei fabbisogni standard del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti.

Le linee guida quindi forniscono le indicazioni per il calcolo del fabbisogno standard di ciascun comune (o gruppo di comuni) in linea con le componenti del costo standard per tonnellata approvate dalla Commissione tecnica per i fabbisogni standard (CTFS) in data 18 novembre 2019 e con l’aggiornamento dei dati relativi ai fabbisogni standard elaborato nel corso del 2022 e approvato dalla CTFS in data 27 febbraio 2023.

Il fabbisogno standard finale di ogni comune è il risultato del prodotto di due grandezze:
– il costo standard di riferimento per la gestione di una tonnellata di rifiuti;
– le tonnellate di rifiuti urbani gestite dal servizio.
Per l’individuazione delle “risultanze dei fabbisogni standard” si fa riferimento al “costo standard” di gestione di
una tonnellata di rifiuti, calcolato sulla base di un modello statistico di regressione che mette in relazione i costi
osservati in un ampio campione rappresentativo di comuni con le rispettive variabili gestionali e di contesto che influiscono sul costo stesso. Tali componenti di costo colgono gli aspetti statisticamente rilevanti per la differenziazione del costo standard di riferimento – sulla base sia delle caratteristiche del servizio offerto sia di
quelle del comune – e sono riportate nelle colonne 1 e 3 della Tabella 3.1 disponibile nell’Allegato 1.

Il parametro di base è la stima del costo medio nazionale di riferimento per la gestione di una tonnellata di rifiuti, stima che nel modello è rappresentata dal valore dell’ “intercetta” della retta di regressione del costo per tonnellata di rifiuti: tale valore è pari a 130,45 euro. Per ottenere il costo standard di riferimento di ogni comune, a tale valore base occorre aggiungere i differenziali di costo relativi alle seguenti componenti:

  • la percentuale di raccolta differenziata
  • la distanza in km fra il comune e gli impianti
  • il numero e la tipologia degli impianti regionali
  • la percentuale di rifiuti urbani trattati e smaltiti negli impianti regionali
  • la forma di gestione del servizio rifiuti, i fattori di contesto del comune relativi alle principali caratteristiche del contesto demografico, morfologico ed economico comunale
  • le economie/diseconomie di scala
  • le modalità di raccolta dei rifiuti urbani, distinte in domiciliare o “porta a porta”
  • il gruppo omogeneo di appartenenza del comune.

Allegati:

 

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Per il TAR Lombardia le riduzioni Covid Tari per le utenze non domestiche non sono aiuti di Stato

Con la sentenza n. 697/2023 il TAR Lombardia, pronunciandosi sul ricorso presentato da diversi Comuni in merito all’annullamento della deliberazione ARERA del 5 maggio 2020 n. 158/2020/R/rif, avente ad oggetto “Adozione di misure urgenti a tutela delle utenze del servizio di gestione integrata dei rifiuti, anche differenziati, urbani ed assimilati, alla luce dell’emergenza da Covid-19”, nonché di ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale, ivi espressamente inclusa la deliberazione ARERA del 23 giugno 2020 n. 238/2020/R/rif, ha chiarito che le agevolazioni concesse alle utenze non domestiche sulla Tari negli anni dell’emergenza Covid non sono configurabili come aiuti di Stato.

Per i giudici, risulta infondato il ricorso dei Comuni che lamentano l’incompetenza dell’ARERA a disciplinare in materia di agevolazioni e riduzioni TARI, per eccesso di potere, violazione e falsa applicazione della l.205/2017 e dell’articolo 23 della Costituzione, nonché la disparità di trattamento disparità nella previsione delle agevolazioni tra utenze non domestiche e utenze domestiche.

Secondo il TAR, le disposizioni di cui alle deliberazioni impugnate si collocano nell’alveo dei poteri regolatori assegnati dalla legge all’Autorità, in coerenza con “gli obiettivi generali di carattere sociale, di tutela ambientale e di uso efficiente delle risorse” da perseguire con ancor maggiore efficacia nell’emergenza sanitaria per l’epidemia da COVID-19. Peraltro, nel caso di specie, le misure disposte da ARERA intervengono direttamente sul sistema tariffario, e dunque nell’ambito proprio della competenza assegnata all’Autorità. Le misure per le utenze domestiche introdotte dalle suddette deliberazioni di Arera, sono coerenti con gli obiettivi sociali che la legge assegna alla medesima (comma 527 della legge 205/2017) e, peraltro, del tutto facoltative, essendo rimessa ai Comuni la scelta se applicarle o meno. Non ravvisa, inoltre, né un’incidenza negativa sui bilanci comunali, stante la facoltatività delle riduzioni per le utenze domestiche e neppure una illegittima previsione di indebitamento per gli enti, in contrasto con l’articolo 119 della Costituzione. In ogni caso pare dirimente osservare che neppure a distanza di due anni e mezza dalle misure contestate i Comuni ricorrenti hanno documentato l’esistenza di minori introiti nelle poste dei relativi bilanci.

In ultimo, il TAR specifica che in relazione alle utenze non domestiche, le uniche per le quali astrattamente può dedursi la violazione della normativa per gli aiuti di Stato, si è operata una rimodulazione tariffaria, al fine di rendere coerente la tariffa con il principio “chi inquina paga”, stante la sospensione delle attività produttive e la più volte rilevata minore incidenza ambientale delle stesse. Non si vede come tale intervento possa potenzialmente alterare la concorrenza e in quale ambito.

 

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Cassazione: la tassa sui rifiuti va ridotta se la raccolta non è regolare

La TARSU è caratterizzata, indipendentemente dal nomen iuris utilizzato dalla normativa che la disciplina, da una struttura autoritativa e non sinallagmatica della prestazione con la conseguente doverosità della prestazione, caratterizzata da una forte impronta pubblicistica. In particolare, i servizi concernenti lo smaltimento dei rifiuti devono essere obbligatoriamente istituiti dai Comuni, che li gestiscono, in regime di privativa, sulla base di una disciplina regolamentare da essi stessi unilateralmente fissata, ed i soggetti tenuti al pagamento dei relativi prelievi (salve tassative ipotesi di esclusione o di agevolazione) non possono sottrarsi a tale obbligo adducendo di non volersi avvalere dei suddetti servizi. La legge non dà alcun sostanziale rilievo, genetico o funzionale, alla volontà delle parti nel rapporto tra gestore ed utente del servizio.

Fermo restando che rientra nella responsabilità generale di buona amministrazione del Comune l’espletamento del servizio pubblico di nettezza urbana, la riduzione è purtuttavia dalla legge prevista per il fatto obiettivo che il servizio istituito non venga poi erogato secondo le prescritte modalità (sempre che lo scostamento da queste ultime comporti i suddetti caratteri di gravità e perdurante non fruibilità), e dunque anche indipendentemente dalla sussistenza vuoi di un nesso causale tra condotta ed evento altrimenti connaturato all’ipotesi di illecito, vuoi di un elemento soggettivo (“colpa” contrattuale o extracontrattuale) che rendano il disservizio soggettivamente imputabile all’amministrazione comunale.

La riduzione tariffaria non opera infatti quale risarcimento del danno da mancata raccolta dei rifiuti, e men che meno quale “sanzione” per l’amministrazione comunale inadempiente, bensì al diverso fine di ripristinare – in costanza di una situazione patologica di grave disfunzione per difformità dalla disciplina regolamentare – un tendenziale equilibrio impositivo (entro la percentuale massima discrezionalmente individuata dal legislatore) tra l’ammontare della tassa comunque pretendibile ed i costi generali del servizio nell’area municipale, ancorché significativamente alterato, correlazione sulla quale si basa la Tarsu, senza con ciò contraddirne il già descritto carattere prettamente tributario (Cass. S.U. n. 14903 del 2010; Cass. n. 4283 del 2010 ed altre), e non privatistico- sinallagmatico.

Soltanto in tale situazione -di disfunzione temporanea- che può darsi ingresso ad una valutazione di imprevedibilità del disservizio e, per questa via, di non imputabilità dello stesso alla sfera tecnico-organizzativa dell’amministrazione comunale; al contrario, in presenza di una situazione di disfunzione non temporanea della raccolta rifiuti, ma apprezzabilmente protratta nel tempo (qual è quella qui lamentata dalla società contribuente), la legge attribuisce all’utente – in presenza di un’accertata emergenza sanitaria – la facoltà di provvedere a proprie spese con diritto allo sgravio parziale su domanda documentata, e tuttavia “fermo restando il diritto alla riduzione. È quanto evidenziato dalla Corte di Cassazione, con l’ordinanza del 25/01/2023, n. 2374.

 

La redazione PERK SOLUTION

Esenzione dalla TARI per gli immobili comunali detenuti da terzi

In tema di TARI, l’esenzione spettante al Comune, relativamente agli immobili di sua proprietà, non si estende a coloro che, a qualunque titolo, abbiano la detenzione degli stessi. Secondo la Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Liguria, con sentenza del 30/12/2022, n. 959/3, infatti, la ratio dell’esenzione è giustificata dalla coincidenza in un unico soggetto della qualità di titolare dell’imposizione fiscale e di beneficiario della stessa. Ciò non si verifica in tutti gli altri casi, per i quali, invece, vale il principio comunitario (art. 15 direttiva 2006/12/CE art. 14 direttiva 2008/98/CE), per cui chi utilizza un bene suscettibile di produrre rifiuti ne paga la relativa imposta (“chi inquina, paga”). E’ questa la conclusione a cui sono pervenuti i giudici liguri che hanno ritenuto infondate le ragioni della società ricorrente riguardo alla debenza del tributo in questione.

 

La redazione PERK SOLUTION

IFEL: Schema di modifiche del regolamento TARI per il 2023

Con la delibera 18 gennaio 2022 n.15/2022 ARERA ha approvato il testo unico per la regolazione della qualità del servizio di gestione dei rifiuti urbani (TQRIF), che impone il rispetto di una serie di obblighi di servizio ai soggetti gestori del servizio rifiuti, ivi inclusi i Comuni che gestiscono direttamente il tributo TARI – a decorrere dal 1° gennaio 2023 (art. 1, comma 2, delibera 15/2022).

Le prescrizioni dettate da ARERA in tema di qualità rappresentano certamente un obiettivo cui tendere, a cui è necessario dar seguito in virtù dei poteri attribuiti dalla legge ad ARERA (ivi incluso il potere sanzionatorio), ma occorre anche contemperare i nuovi obblighi con quello che risulta attuabile sia sulla base della legge, e sia delle risorse umane e finanziarie a disposizione dei Comuni. In questa prospettiva si colloca lo spirito dello schema di regolamento IFEL, introdotto da una nota descrittiva, che compie lo sforzo di riconciliare, per quanto e laddove possibile, il rispetto delle prescrizioni regolatorie con la legge speciale che governa l’ambito tributario di riferimento e con il conseguente potere regolamentare dei Comuni in materia di entrate proprie che si spinge fino a prevalere sulle norme legislative specifiche, fatti salvi, ovviamente, i limiti espressamente imposti in quanto riservati alla legge e relativi alla determinazione delle fattispecie imponibili, dell’aliquota massima e dei soggettivi passivi (art.52, d.lgs 446/1997).

 

La redazione PERK SOLUTION

TARI: Per l’esenzione degli edifici di culto non rileva l’accatastamento dei locali in cat. E/7

Ai fini della esenzione Tari, occorre accertare non solo che i locali appartengano ad una comunità religiosa, quale che sia il culto da essa esercitato purché non contrario ai principi fondamentali dell’ordinamento, ma anche che nei locali per i quali è richiesta l’esenzione la comunità si riunisca per esercitare il culto e non ad altri fini. Detta verifica deve eseguirsi in concreto e non in astratto e pertanto non è sufficiente la classificazione catastale dei locali come edifici destinati al culto, né si può presumere che tutti i locali così classificati siano effettivamente destinati al culto. È quanto ribadito dalla Corte di Cassazione, con la sentenza n. 18137 del 6-6-2022.
È necessario che si accerti se effettivamente la parte contribuente abbia dichiarato che i locali siano destinati al culto nella denuncia originaria o in quella di variazione, e che tale effettiva destinazione sia stata debitamente riscontrata in base ad elementi obiettivi direttamente rilevabili o ad idonea documentazione; con la precisazione che la mancanza del primo di questi requisiti e cioè la denuncia o la variazione non è emendabile in giudizio, mentre in caso di contestazione lo è il secondo requisito e cioè la prova della effettiva destinazione dei locali (Cass. 2125/2017; Cass. 21011/2021; Cass. 14037/2019; Cass. 31460/2019).
Nel caso di specie, è risultato che in difetto di regolare denuncia da parte della Associazione religioso – dal momento che la denuncia D.Lgs. n. 503 del 1997, ex art. 70, era stata compilata da un soggetto non avente titolo e senza indicare la destinazione d’uso dei locali – il Comune abbia proceduto ad accertare sulla base di rilievi planimetrici quali fossero i locali effettivamente adibiti al culto. Si tratta di un accertamento in fatto che non può essere posto in discussione e che non possa neppure essere contrastato in virtù del rilievo che l’intero edificio sia stato accatastato in E/7, perché una interpretazione coerente con le Direttive Europee impone di accertare se in concreto i locali sono adibiti ad un uso incompatibile con la produzione di rifiuti.
Ciò non interferisce in alcun modo con il diritto fondamentale al libero esercizio del culto, posto che non si vuole mettere in discussione la libertà religiosa, tutelata dalla nostra Costituzione nonché dalle norme sovranazionali e convenzionali, quanto ribadire il diverso principio che chi intende beneficiare di una esenzione fiscale deve offrire la prova della sussistenza dei suoi presupposti (Cass. 04/10/2017, n. 23228); e in particolare per quanto attiene alla Tarsu, ribadire che chi richiede l’esenzione deve anche assolvere all’onere della preventiva specifica indicazione, in una regolare denuncia ai sensi del D.Lgs. n. 503 del 1997, artt. 62 e 70, di quali sono le superfici non tassabili.
Per i giudici, la denuncia (o variazione) assolve infatti alla finalità di portare a conoscenza dell’ente impositore quali sono i locali occupati o detenuti e quelli per i quali sussistono – secondo il contribuente – i requisiti della esenzione, così da consentire all’ente di avere un quadro completo della produzione di rifiuti sul territorio, del soggetto responsabile, e di avviare gli opportuni controlli, nonché di organizzare la gestione del servizio; al tempo stesso essa integra la dichiarazione della volontà di avvalersi del beneficio per i locali indicati come superficie non tassabile.

 

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TARI – B&B: Legittimità tariffe più alte rispetto a quelle residenziali

Con ordinanza del 16/05/2022 n. 15545, la Corte di Cassazione ha evidenziato che i Comuni possono stabilire particolari tariffe, nella specie quella relativa all’attività alberghiera senza ristorazione, per la TARI per le unità immobiliari adibite all’uso di bed and breakfast anche differenti e superiori rispetto alla tariffa abitativa ordinaria, per il fatto che l’attività di bed & breakfast dà luogo ad una attività di ricezione, ospitalità e somministrazione di alimenti e bevande con produzione di rifiuti differenti e superiori rispetto all’utenza residenziale. Deve, quindi, ritenersi legittimo da parte del Comune istituire, pur nell’ambito della destinazione a civile abitazione, una tariffa differenziata per l’uso che si fa di un immobile, a prescindere dalla destinazione catastale, verificando l’utilizzo in concreto da parte del proprietario di servizi come il cambio della biancheria, la pulizia dei locali, la fornitura del materiale di consumo a fini igienico – sanitari, la manutenzione ordinaria degli impianti e gli altri analoghi, quando tali servizi non siano riferibili solo al proprietario, ma anche ai clienti della struttura adibita a bed & breakfast, mentre non è necessaria la denuncia di variazione in quanto la stessa va effettuata solo nel cambio di destinazione d’uso.

 

La redazione PERK SOLUTION