Recesso dall’Unione: al Comune la restituzione degli spazi assunzionali

Il Comune, che in conformità alle norme di legge e statutarie receda da un’Unione, ha titolo a vedersi restituire, oltre alla funzione precedentemente conferita, anche la capacità assunzionale nell’ipotesi in cui il dipendente originariamente trasferito all’Unione, quale risorsa destinata alla funzione stessa, sia cessato nelle more dello svolgimento della medesima funzione presso l’Unione. È quanto evidenziato dalla Corte dei conti, Sez. Emilia-Romagna, con deliberazione n. 41/2022. L’unione istante ha chiesto se sia corretto che, nel caso di recesso dall’Unione di un Comune relativo alla singola funzione alla stessa precedentemente conferita, l’Unione non debba “ricomprimere” la propria spesa per il personale e la propria capacità assunzionale oltre i limiti del personale restituito ed ancora in servizio. In particolare,  l’Unione ritiene che, a seguito di recesso volontario del Comune, abbia diritto “a trattenere la quota proporzionale del personale dallo stesso Comune trasferito e tuttavia cessato e non sostituito nella funzione conferita (perché collocato dall’Unione su altre funzioni o, semplicemente, non sostituito)”. “L’unione – secondo la prospettazione del richiedente -, dinanzi a tale recesso, ha diritto a trattenere la capacità assunzionale transitata all’Unione e non più presente in capo al Comune alla data del recesso”.

La Sezione chiarisce che  la capacità assunzionale del Comune resta integra poiché correlata alla funzione riassunta a condizione che il Comune, al momento del trasferimento  abbia mantenuto il posto in organico e, successivamente, con l’avvento del nuovo concetto di dotazione organica introdotto dal d.lgs. 75 del 2017, l’abbia previsto nella consistenza della dotazione indicata nel proprio piano di fabbisogno di personale, ferma restando la sussistenza della sostenibilità finanziaria della spesa di personale, rispondente a imprescindibili esigenze di equilibrio della finanza pubblica, o gli ulteriori limiti di spesa anche a seconda del tipo di rapporto instaurato. In altri termini, reinternalizzando la funzione, il Comune dovrà provvedere a ricostituire la dotazione al fine di assicurare l’espletamento della funzione e, a tal fine, potrà utilizzare la propria capacità assunzionale sempre e comunque nel rispetto delle regole finanziario – contabili in materia di contenimento delle spese di personale.

Se infatti, a norma dell’art. 32 comma 5 primo periodo del d.lgs. 267 del 2000, all’unione sono conferite dai comuni partecipanti le risorse umane e strumentali necessarie all’esercizio delle funzioni loro attribuite, d’altro lato, per la condizione di reciprocità, in caso di reinternalizzazione della funzione in seno al Comune, a questo sono “restituite” le risorse umane e strumentali o la relativa capacità assunzionale a condizione dell’avvenuta individuazione nel piano di fabbisogno di personale della dotazione che l’amministrazione ritenga effettivamente rispondente al proprio fabbisogno (e alla funzione de qua) e ferma restando la sostenibilità finanziaria della relativa spesa o il rispetto degli ulteriori limiti previsti dalla legge anche a seconda del tipo di rapporto di lavoro instaurato. In caso di recesso del Comune dall’Unione si verifica, altresì, una compressione del fondo del trattamento accessorio dell’Unione in misura corrispondente al trattamento del personale precedentemente adibito alla funzione poi “restituita” nonché una corrispondente riespansione del fondo del Comune recedente, che per assolvere alla funzione è costretto, di norma, ad assegnarla ad altro dipendente essendo, in caso contrario, ineludibile il mancato incremento del fondo.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Non è possibile utilizzare spazi assunzionali per nuove P.O.

Per gli enti privi di dirigenza non è possibile utilizzare parte delle risorse destinate alle assunzioni per il finanziamento del trattamento accessorio di nuove posizioni organizzative, contestualmente riducendo gli spazi assunzionali nel periodo 2021/2024, così come previsto dall’art. 11 bis, comma 2, del d.l. 135/2018. È la risposta fornita dalla Corte dei conti, Sez. Toscana con deliberazione n, 1/2021. La Sezione ricorda che l’art. 11 bis, comma 2 dispone che: “Fermo restando quanto disposto dall’art. 1 commi 557-quater e 562 L. n. 296/2006, per i comuni privi di posizioni dirigenziali, il limite previsto dall’articolo 23, comma 2, del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75, non si applica al trattamento accessorio dei titolari di posizione organizzativa di cui agli articoli 13 e seguenti del contratto collettivo nazionale di lavoro (CCNL) relativo al personale del comparto funzioni locali – Triennio 2016-2018, limitatamente al differenziale tra gli importi delle retribuzioni di posizione e di risultato già attribuiti alla data di entrata in vigore del predetto CCNL e l’eventuale maggiore valore delle medesime retribuzioni successivamente stabilito dagli enti ai sensi dell’articolo 15, commi 2 e 3, del medesimo CCNL, attribuito a valere sui risparmi conseguenti all’utilizzo parziale delle risorse che possono essere destinate alle assunzioni di personale a tempo indeterminato che sono contestualmente ridotte del corrispondente valore finanziario”. La ratio della norma è quella di introdurre una deroga (e come tale di stretta interpretazione) all’art. 23, comma 2 D. Lgs. n. 75/2017 (richiamato anche dall’art. 33, comma 2, ultimo periodo, del DL n. 34/2019 in riferimento ai limiti del trattamento accessorio del personale), che consente, ai soli comuni privi di dirigenza, di sottrarre dall’applicazione del limite di cui al citato art. 23 (consistente nell’invarianza della spesa relativa al trattamento accessorio del personale rispetto agli importi del 2016) le indennità dei soggetti titolari di posizione organizzativa, attingendo alle risorse disponibili per le assunzioni di personale a tempo indeterminato, ma ciò soltanto a concorrenza del differenziale tra gli importi delle retribuzioni di posizione e di risultato già attribuiti alla data di entrata in vigore del predetto CCNL e l’eventuale maggiorazione delle medesime retribuzioni successivamente attribuita ai sensi dell’articolo 15, commi 2 e 3, del medesimo CCNL. Restano fermi in ogni caso i limiti di spesa per il personale di cui ai commi 557 quater e 562 della L. n. 296/2006. L’art. 11, comma 2, DL n. 135/2018 esplica, quindi, i propri effetti con riferimento alle sole posizioni organizzative istituite in base ai CCNL precedenti a quello sottoscritto nel 2018 ed ancora in essere alla data di entrata in vigore di quest’ultimo, in quanto prorogate o proseguite ai sensi dell’art. 13 comma 3 del medesimo CCNL (o conferite nel corso del periodo transitorio), risultando invece preclusa l’applicazione nel caso di posizioni organizzative istituite ai sensi del nuovo CCNL, rispetto alle quali vale pertanto il tetto fissato dall’art. 23, comma 2, del DL n. 75/2017 (in termini, Sezione Lombardia, delib. n. 210/2019/PAR). L’operatività della disciplina recata dall’art. 11 bis comma 2 si è di fatto esaurita al 20 maggio 2019, data entro la quale le posizioni organizzative ricadenti nell’ambito (soggettivo) di applicazione dell’art. 11 bis medesimo dovevano comunque cessare. Ne consegue, quindi, che non sarebbe applicabile tale facoltà per le P.O. istituite dopo l’entrata in vigore del CCNL 21 maggio 2018, rispetto alle quali vale esclusivamente il tetto fissato dall’art. 23, comma 2, del d.lgs. 75/2017.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION