Ministero del lavoro, COVID-19 e smart working: Proroga delle misure correlate all´emergenza pandemica

Pubblicata in Gazzetta Ufficiale la Legge 19 maggio 2022, n. 52 recante la “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 24 marzo 2022, n. 24, recante disposizioni urgenti per il superamento delle misure di contrasto alla diffusione dell’epidemia da COVID-19, in conseguenza della cessazione dello stato di emergenza”.

Nell’ambito degli interventi regolati dal provvedimento, tra le diverse misure, la Legge di conversione prevede che:

  • fino al 30 giugno 2022, per i soggetti affetti dalle patologie croniche con scarso compenso clinico e con particolare connotazione di gravità, in presenza delle quali ricorre la condizione di fragilità (come individuate con il Decreto del Ministro della Salute, di concerto con i Ministri del Lavoro e delle Politiche Sociali e per la Pubblica Amministrazione, adottato ai sensi dell’art. 17, comma 2 del D.L. n. 221/2021, convertito con modificazioni in L. n. 11/2022), si applica la disciplina dettata dall’art. 26, commi 2 e 7 bis, D.L. n. 18/2020, convertito con modificazioni in L. n. 27/2020. Quindi, laddove la prestazione lavorativa non possa essere resa in modalità agile, per i lavoratori dipendenti pubblici e privati (di cui all’art. 26, comma 2, D.L. n. 18/2020, convertito con modificazioni in L. n. 27/2020) in possesso di certificazione rilasciata dai competenti organi medico-legali attestante una condizione di rischio derivante da immunodepressione o da esiti da patologie oncologiche o dallo svolgimento di relative terapie salvavita, ivi inclusi i lavoratori in possesso del riconoscimento di disabilità con connotazione di gravità (art. 3, comma 3, L. 5 febbraio 1992, n. 104), il periodo di assenza dal servizio è equiparato al ricovero ospedaliero. Inoltre, i datori di lavoro del settore privato con obbligo previdenziale presso le Gestioni dell’INPS, esclusi i datori di lavoro domestico, hanno diritto a un rimborso forfettario per gli oneri sostenuti relativi ai propri lavoratori dipendenti non aventi diritto all’assicurazione economica di malattia presso l’INPS (art. 10, comma 1 bis, D.L. n. 24/2022);
  • fino al 30 giugno 2022, i lavoratori fragili (art. 26, comma 2 bis, D.L. n. 18/2020, convertito con modificazioni in L. n. 27/2020) svolgono di norma la prestazione lavorativa in smart working, anche attraverso l’adibizione a diversa mansione ricompresa nella medesima categoria o area di inquadramento, come definite dai contratti collettivi vigenti, o lo svolgimento di specifiche attività di formazione professionale anche da remoto (art. 10, comma 1 ter, D.L. n. 24/2022);
  • fino al 31 luglio 2022, trovano applicazione le disposizioni in tema di sorveglianza sanitaria dei lavoratori maggiormente esposti al rischio di contagio di cui all’art. 83, commi 1, 2 e 3, del D.L. n. 34/2020, convertito con modificazioni in L. n. 77/2020 (art. 10, comma 2, Allegato B, D.L. n. 24/2022);
  • fino al 31 luglio 2022, sono prorogate le misure di cui all’art. 90, commi 1 e 2, D.L. n. 34/2020, convertito con modificazioni in L. n. 77/2020. Pertanto, i genitori lavoratori dipendenti del settore privato che hanno almeno un figlio minore di 14 anni, a condizione che nel nucleo familiare non vi sia altro genitore beneficiario di strumenti di sostegno al reddito in caso di sospensione o cessazione dell’attività lavorativa o che non vi sia genitore non lavoratore, hanno diritto a svolgere la prestazione di lavoro in modalità agile anche in assenza degli accordi individuali e a condizione che tale modalità sia compatibile con le caratteristiche della prestazione. Il medesimo diritto allo svolgimento delle prestazioni di lavoro in smart working è riconosciuto, sulla base delle valutazioni dei medici competenti, anche ai lavoratori maggiormente esposti a rischio di contagio, in ragione dell’età o della condizione di rischio derivante da immunodepressione, da esiti di patologie oncologiche o dallo svolgimento di terapie salvavita o, comunque, da comorbilità che possono caratterizzare una situazione di maggiore rischiosità accertata dal medico competente, nell’ambito della sorveglianza sanitaria, a condizione che tale modalità sia compatibile con le caratteristiche della prestazione lavorativa (art. 10, comma 2, Allegato B, D.L. n. 24/2022);
  • fino al 31 agosto 2022, è prorogato il termine per l’utilizzo della procedura semplificata di comunicazione dello smart working nel settore privato di cui all’art. 90, commi 3 e 4, del D.L. n. 34/2020, convertito con modificazioni in L. n. 77/2020, (art. 10, comma 2 bis, D.L. n. 24/2022).

Inoltre, il provvedimento prevede che, in attesa dell’adozione dell’accordo di cui all’art. 37, comma 2, del D.Lgs. n. 81/2008, la formazione obbligatoria in materia di salute e sicurezza sul lavoro possa essere erogata sia con la modalità in presenza sia con la modalità a distanza, ad eccezione delle attività formative per le quali siano previsti un addestramento, una prova pratica, o debbano necessariamente svolgersi in presenza (Fonte Ministero del Lavoro).

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

 

Nota Anci sullo svolgimento delle sedute degli organi in modalità da remoto o mista

Anci, al fine di fornire linee di indirizzo operative e fugare possibili dubbi interpretativi, ha predisposto una nota per supportare gli enti circa la possibilità di poter continuare a svolgere le sedute dei propri organi da remoto o in modalità mista ( in parte da remoto e in parte in presenza) anche successivamente alla cessazione dello stato di emergenza dello scorso 31 marzo.
La nota ricorda come gli enti locali abbiano la potestà regolamentare di disciplinare il funzionamento delle sedute delle giunte comunali e dei consigli comunali e metropolitani. Talune amministrazioni locali, ancor prima dell’entrata in vigore della normativa emergenziale, in ottemperanza all’art. 12 del d.lgs. 7 marzo 2005, n.82 (codice dell’amministrazione digitale – CAD), avevano già adottato norme statutarie o regolamentari che danno facoltà a tutti o solo ad una parte dei componenti della giunta o delle commissioni consiliari di partecipare alle riunioni in videoconferenza senza raggiungere fisicamente la sede comunale. La ratio legis dell’articolo 73 del DL 18/2020 quale norma emergenziale era, invece, quella di consentire, in fase pandemica e per motivi legati ovviamente alla sicurezza e alle prevenzione sanitaria della diffusione del virus Covid-19, anche in assenza di una specifica previsione regolamentare, la possibilità di svolgere le sedute degli organi collegiali in modalità da remoto o mista.  La norma aveva carattere di temporalità solo ed esclusivamente per l’aspetto relativo alla deroga appena descritta. Dunque, tutti i regolamenti adottati dagli enti locali prima e durante lo stato emergenziale, per disciplinare lo svolgimento delle sedute dei propri organi da remoto o in modalità mista, continuano ad essere efficaci anche successivamente al termine di cessazione dello stato emergenziale (31 marzo u.s.). Ovviamente, stesso ragionamento vale per gli enti che, dopo il 31 marzo, vorranno dotarsi di
tale strumento regolamentare della materia “de qua”. Unica fattispecie che residua e su cui invece Anci ritiene sussistano forti dubbi
interpretativi circa la sua praticabilità giuridica è quella relativa all’ente locale che, non avendo ancora adottato alcun regolamento, voglia proseguire con le modalità di svolgimento delle sedute degli organi collegiali in modalità mista o solo da remoto, anche successivamente alla data di cessazione dell’emergenza e cioè dopo il 31 marzo u.s.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

 

Smart working, la circolare di Brunetta e Orlando

I ministri per la Pubblica amministrazione, Renato Brunetta, e del Lavoro, Andrea Orlando, hanno firmato una circolare per sensibilizzare le amministrazioni pubbliche e i datori di lavoro privati a usare pienamente tutti gli schemi di lavoro agile già presenti all’interno delle rispettive regolazioni contrattuali e normative.
“Una decisione straordinaria per organizzare lo smart working in maniera intelligente e flessibile, nell’ambito delle regole vigenti e sulla base delle effettive necessità, coniugando la piena operatività dei servizi pubblici e delle attività economiche con la massima sicurezza dei lavoratori e degli utenti. Il privato utilizzerà il massimo della flessibilità per garantire sicurezza e servizi e per abbassare la curva del contagio e la stessa cosa farà il lavoro pubblico”. Lo ha dichiarato il ministro per la Pa, Renato Brunetta.
Ciascuna amministrazione può equilibrare il rapporto lavoro in presenza/lavoro agile secondo le modalità organizzative più congeniali alla propria situazione, tenendo conto dell’andamento epidemiologico nel breve e nel medio periodo, e delle contingenze che possono riguardare i propri dipendenti.
La modalità di lavoro agile può essere applicata a ogni rapporto di lavoro subordinato anche in assenza degli accordi individuali e gli obblighi di informativa in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro, di cui all’articolo 22 della legge n. 81 del 2017, possono essere assolti in via telematica, anche ricorrendo alla documentazione resa disponibile nel sito internet dell’Istituto nazionale assicurazione infortuni sul lavoro. Inoltre, i datori di lavoro privati comunicano al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e, in via telematica, i nominativi dei lavoratori nonché la data di inizio e di cessazione della prestazione di lavoro in modalità agile, utilizzando la procedura semplificata con la modulistica e l’applicativo informatico resi disponibili nel sito internet del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Smart working, i chiarimenti della Funzione Pubblica

Ogni amministrazione può programmare il lavoro agile con una rotazione del personale settimanale, mensile o plurimensile. Ciò consente di prevedere l’utilizzo dello smart working con ampia flessibilità, anche modulandolo, se necessario, sulla base dell’andamento dei contagi, tenuto conto che la prevalenza del lavoro in presenza contenuta nelle linee guida potrà essere raggiunta anche al termine della programmazione. In sintesi, ciascuna amministrazione potrà equilibrare lavoro agile e in presenza secondo le modalità organizzative più congeniali alla propria situazione, anche considerando l’andamento epidemiologico nel breve e nel medio periodo. Lo ha chiarito il Dipartimento della Funzione Pubblica, rispondendo a otto quesiti in materia di smart working.

In risposta ai sindacati e a alle forze politiche che invocano lo smart working generalizzato nella Pa, il Dipartimento rileva che chi sta invocando lo smart working generalizzato nella Pubblica amministrazione non si accontenta del lavoro agile regolato, strutturato e ampiamente flessibile che è stato disegnato in maniera condivisa e partecipata in questi mesi – attraverso il confronto con i sindacati, e con l’intesa del Governo, delle Regioni, dei Comuni e delle Province – ma chiede il ritorno alla situazione del lockdown di marzo 2020. Allora, con un decreto legge, l’attività ordinaria nella Pa divenne quella in lavoro agile, ma non per tutti i dipendenti. In quella fase drammatica, una parte di lavoratori pubblici, non potendo svolgere smart working per la natura delle loro mansioni, fu costretta a ricorrere all’utilizzo di ferie e permessi pregressi, fino ad arrivare, in alcuni casi, all’esonero dal servizio, continuando a percepire la retribuzione. Per i lavoratori dipendenti del settore privato, invece, nei casi in cui lo smart working non era possibile, si fece massiccio ricorso alla cassa integrazione. L’Italia viveva un’emergenza sanitaria caratterizzata dal dilagare di un virus sconosciuto contro il quale non esistevano vaccini. Per questo il Governo era stato costretto a chiudere tutte le attività e i servizi sull’intero territorio nazionale, tranne quelli essenziali, e a limitare la circolazione delle persone. Oggi, fortunatamente, non siamo più in lockdown e il Paese sta tenendo aperte le sue attività, grazie alla campagna vaccinale e alla strategia del green pass e del super green pass. Il lavoro agile di massa non è più giustificato e ci sono tutti gli strumenti, comprensivi di diritti e di tutele per i lavoratori e per gli utenti dei servizi pubblici, che garantiscono ampia flessibilità organizzativa alle singole amministrazioni.

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Autore: La redazione PERK SOLUTION

Smart working d’emergenza, arrivo il no del ministro per la PA

Sullo smart working, il Ministro per la PA precisa che chi ne invoca il ritorno sull’onda del rialzo dei contagi è disinformato sull’operazione portata avanti in questi mesi: “Il 15 ottobre abbiamo detto addio alla sperimentazione di massa dello smart working emergenziale, senza regole e senza diritti. Ma non abbiamo detto addio allo smart working. Al contrario, abbiamo intensificato le attività per regolarlo, nei nuovi contratti, e per assicurare la piena autonomia organizzativa alle singole amministrazioni. Nel frattempo, grazie al confronto costante e proficuo con i sindacati, abbiamo emanato apposite linee guida, che ancorano il lavoro agile all’accordo individuale con il lavoratore, alla soddisfazione dell’utenza e al rispetto della sicurezza informatica. Perché mai dovremmo tornare indietro? Siamo più avanti dei privati”. E se l’emergenza dovesse aggravarsi in modo drastico, “caso basterebbe una mia circolare per invitare le amministrazioni a fare le scelte opportune: alcune avranno bisogno del lavoro agile, altre no”.

“Nella Pubblica amministrazione – continua il ministro – è in corso una rivoluzione. Dai concorsi sbloccati, digitalizzati e velocizzati alle semplificazioni, dai rinnovi contrattuali alla formazione, alle nuove modalità di reclutamento del personale necessario al Pnrr, al portale inPA, alla revisione delle carriere, al salario accessorio, al rafforzamento della capacità amministrativa degli enti locali, oltre allo stesso smart working, in dieci mesi sono avvenuti altrettanti “strappi”. Consolidarli è il nostro compito. Diventeranno, insieme all’interoperabilità delle banche dati e alla migrazione ai servizi cloud, l’eredità strutturale del Piano nazionale di ripresa e resilienza”.

Brunetta ricorda come le riforme siano state portate avanti in un clima di coesione sociale, grazie al Patto per l’innovazione del lavoro pubblico siglato tra Governo e sindacati il 10 marzo, cornice per avviare una nuova stagione di relazioni sindacali e sbloccare i rinnovi contrattuali. Dopo la firma della preintesa per il comparto funzioni centrali e dell’accordo per il comparto difesa e sicurezza, “ora si accelera – dice – su sanità ed enti locali, sui Vigili del Fuoco e sui prefetti. Spero che a gennaio si chiuda”.

Infine, la formazione, “elemento chiave” dei nuovi contratti. “È un’altra prima volta – evidenzia il ministro – : sulla formazione si investe, con una dote finanziaria mai vista, pari a circa un miliardo di euro in cinque anni. La ‘ricarica delle batterie’ del lavoro pubblico partirà da gennaio, in due modi: da un lato, con la formazione digitale, sviluppata con partner pubblici e privati, nazionali e internazionali; dall’altro lato, con un ampio programma di upskilling, possibile grazie ad accordi con le università su tutto il territorio nazionale che permetteranno ai dipendenti pubblici l’iscrizione a corsi di laurea e master a condizioni agevolate”.

Green pass, rientro in presenza e smart working: ecco tutte le tappe

Con il decreto-legge 21 settembre 2021, n. 127, il Governo ha esteso a tutto il personale delle pubbliche amministrazioni l’obbligo di possedere e di esibire, per l’accesso al luogo di lavoro, la certificazione verde COVID-19 (il cosiddetto green pass), escludendo da tale obbligo i soli soggetti esentati dalla campagna vaccinale per motivi sanitari.
Estendendo l’obbligo della certificazione verde Covid-19 anche ai lavoratori del settore pubblico, il Governo incrementa l’efficacia delle misure di contrasto alla circolazione del virus e consente, tramite il rientro in presenza dei pubblici dipendenti, di incrementare l’efficienza delle pubbliche amministrazioni. Si tratta di un passaggio indispensabile per sostenere le esigenze dei cittadini e delle imprese, in particolar modo di quelle impegnate nelle attività connesse all’attuazione del PNRR.

Le linee guida Brunetta-Speranza
In questo contesto, per fornire a tutte le pubbliche amministrazioni una cornice omogena di condotte e di risorse strumentali attraverso le quali dare piena attuazione al rientro in presenza, i Ministri Brunetta e Speranza stanno elaborando specifiche linee guida che saranno adottate dal Presidente del Consiglio dei Ministri ed emanate in tempo utile a consentire un ordinato rientro dei dipendenti pubblici. In tale documento saranno indicati gli strumenti tecnologici necessari alla implementazione delle piattaforme digitali per la verifica del green pass e saranno fornite indicazioni procedurali per la gestione del personale, soprattutto in fase di prima attuazione dell’obbligo.

Il Dpcm per il ritorno in presenza
Il quadro sopra esposto ha posto, dunque, le premesse per superare l’utilizzo del lavoro agile quale strumento di contrasto al fenomeno epidemiologico e ha consentito al Governo di stabilire – con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri adottato su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e firmato il 23 settembre – che, a decorrere dal 15 ottobre 2021, la modalità ordinaria di svolgimento della prestazione lavorativa nelle pubbliche amministrazioni è soltanto quella svolta in presenza. Si torna, pertanto, al regime previgente all’epidemia pandemica, disciplinato dalla legge 22 maggio 2017, n. 81, recante “Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l’articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato” (la legge Madia), così come modificata dai successivi provvedimenti normativi (schema rientro).

Il decreto ministeriale per definire le modalità del rientro
Per realizzare un ordinato rientro in ufficio dei pubblici dipendenti, le modalità saranno disciplinate da un decreto del Ministro della Pubblica amministrazione accompagnato da apposite linee guida. Inoltre, per evitare di concentrare l’accesso al luogo di lavoro nella stessa fascia oraria o di ingolfare i trasporti pubblici nelle ore di punta, sarà consentita una più ampia flessibilità degli orari di ingresso e di uscita. Il decreto stabilirà, inoltre, che nelle more della disciplina del lavoro agile da parte del Contratto collettivo nazionale, attualmente in fase di discussione tra Aran e organizzazioni sindacali, l’accesso a tale modalità di lavoro avverrà unicamente previa stipula dell’accordo individuale e subordinatamente all’esistenza delle seguenti condizioni:
– non deve in alcun modo pregiudicare o ridurre la fruizione dei servizi resi all’amministrazione a favore degli utenti;
– l’amministrazione deve disporre di una piattaforma digitale o di un cloud o comunque di strumenti tecnologici idonei a garantire la sicurezza delle comunicazioni tra lavoratore e amministrazione;
– deve aver previsto un piano di smaltimento degli arretrati e deve fornire al personale i devices necessari.

Il Piano integrato di attività e organizzazione
Queste modalità attuative confluiranno strutturalmente nella sezione del Piano integrato della pubblica amministrazione (PIAO, introdotto dal decreto legge n. 80/2021) destinata ad assorbire i contenuti dei piani organizzativi del lavoro agile (POLA) e che fornirà a tutte le pubbliche amministrazioni, a partire dal 31 gennaio 2022, uno strumento di semplificazione e di pianificazione delle attività e delle strategie da porre in essere.

Il contratto collettivo
Il quadro sopra delineato sarà completato, nel volgere di alcune settimane, dalla disciplina in materia di lavoro agile che Aran e sindacati stanno elaborando nell’ambito del tavolo contrattuale in corso e che, al momento, vede già discussi e approvati i seguenti temi: la definizione di lavoro agile; l’accesso; l’accordo individuale; relazioni sindacali; fasce di contattabilità e disconnessione; trattamento economico.

Smart working PA, la bozza di CCNL presentata da Aran ai sindacati

I dipendenti pubblici interessati allo smart working dovranno firmare un accordo scritto con l’Amministrazione che preveda la durata (a termine o a tempo indeterminato); le modalità di svolgimento della prestazione lavorativa fuori dalla sede abituale di lavoro, con specifica indicazione delle giornate di lavoro da svolgere in sede e di quelle da svolgere a distanza; le modalità di recesso, che deve avvenire con un termine non inferiore a 30 giorni salve le ipotesi previste dall’art. 19 legge 81/2017; le ipotesi di giustificato motivo di recesso; i tempi di riposo del lavoratore e le misure tecniche e organizzative necessarie per assicurare la diritto alla disconnessione del lavoratore dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro; le fasce di operabilità, di contattabilità e di inoperabilità; le modalità di esercizio del potere direttivo e di controllo del datore di lavoro sulla prestazione resa dal lavoratore. È quanto prevede la bozza di CCNL Funzioni Centrali sul lavoro agile, presentata dall’ARAN.

Si potrà ricorrere al lavoro agile per processi e attività di lavoro, previamente individuati dalle amministrazioni, per i quali sussistano i necessari requisiti organizzativi e tecnologici per operare con tale modalità, fermo restando che sono esclusi i lavori in turno e quelli che richiedono l’utilizzo costante di strumentazioni non remotizzabili. L’amministrazione garantisce al personale in lavoro agile le stesse opportunità rispetto alle progressioni di carriera, alle progressioni economiche, alla incentivazione della performance e alle iniziative formative previste per tutti i dipendenti che prestano attività lavorativa in presenza.

L’amministrazione nel dare accesso al lavoro agile dovrà contemperare le esigenze di benessere e flessibilità dei lavoratori con gli obiettivi di miglioramento del servizio pubblico, facilitando l’accesso al lavoro agile ai lavoratori che si trovano in condizioni di particolare necessità, non coperte da altre misure, ad esempio:
a) genitori di bambini di età inferiore a 3 anni;
b) dipendenti portatori di handicap in situazione di gravità;
c) dipendenti che assistono portatori di handicap in situazione di gravità.

Il prossimo 22 settembre ci sarà un incontro tra Aran e sindacati per discutere della proposta.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

ARAN, possibile fruire dei permessi sindacali quando il dipendente è in smart working

L’ARAN, con l’orientamento applicativo CQRS162b fornisce chiarimenti in merito alla possibilità di fruizione dei permessi per l’espletamento del mandato e dei permessi per le riunioni di organismi direttivi statutari ad ore quando il dipendente/dirigente sindacale è in smart working.
L’Agenzia ricorda che la regola generale prevede che sia i permessi per le riunioni di organismi direttivi statutari che i permessi per l’espletamento del mandato possano essere fruite sia ad ore che a giornate (art. 10, comma 1 per i permessi per l’espletamento del mandato e art. 13, comma 1 per i permessi per le riunioni di organismi direttivi statutari del CCNQ 4/12/2017 come modificato dal CCNQ 19/11/2019). La funzione di qualsiasi tipologia di permesso è quella di consentire al lavoratore di interrompere la propria attività durante l’orario di lavoro.
Pertanto, con riguardo alla possibilità di fruizione di permessi sindacali retribuiti ad ore per il personale che rende la propria prestazione lavorativa in smart working, l’Agenzia è dell’avviso che le due fattispecie non siano a priori incompatibili.
Ad esempio, in base alle indicazioni della Direttiva 01/06/2017, n° 3 del Ministro per la Pubblica Amministrazione, nel lavoro svolto in modalità agile è possibile individuare fasce di reperibilità – volte ad assicurare il coordinamento tra la prestazione di lavoro in modalità agile e l’organizzazione complessiva del datore di lavoro – nelle quali il lavoratore deve rendersi contattabile e disponibile per l’amministrazione. In tale ipotesi, anche nella modalità lavorativa agile potrebbe risultare necessaria la fruizione su base oraria dei permessi retribuiti previsti dal vigente CCNQ in tema di prerogative sindacali. Infatti, essi nella fattispecie in esame, si concretizzerebbero nella possibilità per il dipendente, in relazione ad un intervallo temporale determinato, di poter svolgere attività sindacale in orario coincidente con le predette fasce di reperibilità di cui alla citata Direttiva, ferme restando le ordinarie disposizioni contrattuali in tema di requisiti soggettivi e oggettivi per la fruizione dei permessi in parola.

Smart Working, prima indagine sulla qualità del lavoro agile in 34 amministrazioni centrali

È stata presentata durante la riunione dell’Osservatorio nazionale del lavoro agile nelle amministrazioni pubbliche i risultati della prima indagine sulla qualità dei Piani organizzativi del lavoro agile (Pola) 2021-2023. Sotto la lente un campione di 34 amministrazioni del comparto “funzioni centrali”, suddivise in 8 cluster, che al 30 aprile 2021 avevano pubblicato il Pola sul Portale della performance: si tratta di 9 ministeri (26% del campione), 7 enti di regolazione dell’attività economica (21%), 5 parchi nazionali (o consorzi ed enti gestori di parchi e aree naturali protette), 4 enti e istituzioni di ricerca (non vigilati dal Mur), 4 istituti produttori di servizi assistenziali, ricreativi e culturali, 2 autorità amministrative indipendenti, 2 enti nazionali di previdenza e assistenza sociale e infine un ente a struttura associativa. L’indagine ha evidenziato, oltre a ottime pratiche che possono diventare benchmark di riferimento, anche tante criticità da migliorare, come l’insufficiente valutazione degli impatti esterni e interni dello smart working e la necessità di progettare percorsi formativi mirati dei dirigenti. In sintesi: grande capacità di reazione organizzativa in risposta all’emergenza Covid, ma poco monitoraggio degli effetti. L’indagine si è articolata lungo tre aree di ricerca.

1) Il livello di qualità media complessiva dei Pola: Istat, Lavoro e Mef
Innegabile lo sforzo di programmazione organizzativa del lavoro agile da parte di tutte le amministrazioni del campione. Il livello di qualità media complessiva si attesta sul 67%, con un range che va da un minimo del 25% a un massimo del 90%. Sul podio con la più alta qualità programmatica del Pola ci sono l’Istat con il 90%, il ministero del Lavoro con l’89% e il ministero dell’Economia, a quota 88%. Amministrazioni che secondo i ricercatori possono diventare a pieno titolo benchmark di riferimento per tutte le altre.

2) I cluster con la maggiore qualità dei Pola: gli enti di previdenza e assistenza
Il cluster che raggiunge il valore più elevato per qualità media complessiva dei Pola è quello degli enti nazionali di previdenza e assistenza sociale, con Inail (85%) e Inps (73%) che si distinguono per l’ottima qualità dei documenti e per il dettaglio delle azioni programmatiche e organizzative. Seguono poi i quattro enti di ricerca non vigilati dal Mur (Ispra, Iss, Istat e Crea), che presentano una qualità media pressoché identica al cluster visto in precedenza. I due enti del cluster “autorità amministrative indipendenti” (Anvur e Isin), presentano una qualità media piuttosto elevata (77,5%), seguiti dai ministeri (Affari esteri, Economia, Cultura, Sviluppo economico, Trasporti, Lavoro, Università, Ambiente e Giustizia) che si attestano sul 67%. I 5 enti Parco fanno registrare una qualità media decisamente inferiore, ma pressoché uguale a quella dei quattro enti produttori di servizi assistenziali, ricreativi e culturali e comunque sopra la soglia della sufficienza (63%). Infine, il cluster dei sette enti di regolazione dell’attività economica (Agenas, Agid, Aics, Aifa, Alct, Ansf, Aran) si è posizionato esattamente sulla soglia di sufficienza (60%).

3) Quali sono i contenuti dei Pola già maturi e quelli da migliorare
L’indagine rileva – per ciascuna delle quattro parti in cui i Pola sono articolati – da una parte i contenuti “maturi” dei Piani, quelli che presentano una buona qualità programmatica, e dall’altra i contenuti da migliorare, fornendo poi preziose indicazioni di policy sulla programmazione organizzativa del lavoro agile. In estrema sintesi, i contenuti più forti e meglio delineati sono relativi alle condizioni di salute di ogni ente (la fotografia 2020), al monitoraggio quantitativo in fase emergenziale, alla programmazione del lavoro agile ordinario, all’identificazione dei soggetti coinvolti e delle attività che possono essere svolte in smart working. Decisamente da migliorare, invece, appaiono i contenuti relativi alla fonte dati degli indicatori, alle scelte logistiche, agli impatti del lavoro agile, al monitoraggio (basso) della qualità dello smart working emergenziale e del benessere organizzativo, alle performance organizzative, alla presenza (insufficiente) di un help desk informativo e alla formazione mirata dei dirigenti.

 

PA: I numeri del monitoraggio sullo smart working

Un picco del 64% a maggio, dopo il 56% di marzo, primo mese di lockdown, e il 46% ancora nel settembre scorso, quando sono entrate in vigore le norme del decreto Rilancio secondo cui il lavoro agile non è più la modalità organizzativa ordinaria, come nella prima fase acuta dell’emergenza pandemica, ma va contemperato con il lavoro in presenza ben oltre le sole attività indifferibili, a garanzia della continuità dei servizi per cittadini e imprese.
Sono i numeri del monitoraggio sullo smart working nelle Pa, dati elaborati da FormezPA per conto della Funzione pubblica. Le amministrazioni rispondenti sono state ben 1.537 (circa 300mila i dipendenti rappresentati) per un periodo che va da gennaio al 15 settembre scorso, proprio il giorno in cui il lavoro agile ha smesso di essere la soluzione organizzativa ordinaria. Per dare una rappresentazione più fedele del fenomeno il monitoraggio non ha sostanzialmente riguardato settori in cui il lavoro agile è giocoforza marginale (sanità, forze dell’ordine, ecc.).
A gennaio i lavoratori pubblici in smart working erano appena l’1,7%. Successivamente, l’esplosione della pandemia ha portato ai picchi di maggio con percentuali oltre l’87% per le amministrazioni centrali. Il lavoro agile ha riguardato l’86% delle amministrazioni interpellate, dal 94% al 100% se parliamo degli enti sopra i 10 addetti. A maggio, le dipendenti donne attive da remoto hanno raggiunto il 66,3% contro il 60,3% degli uomini. A settembre il gap è diminuito: 47,6% contro 44,4%. In media, 48% contro 44%. A maggio il 57% del tempo di lavoro era mediamente in smart working, con punte di quasi l’80% nelle Pa centrali.
Un lavoratore su due in lavoro agile si è giovato di strumenti forniti dall’amministrazione; in particolare è stato rilevato un +7% sulla disponibilità di device da maggio a settembre. L’87% dei dirigenti adesso ha la firma digitale, mentre la digitalizzazione dei procedimenti è al 60%. Per il 70% delle amministrazioni, secondo il monitoraggio, c’è stato un salto nelle competenze digitali dei dipendenti. Per il 48% degli enti i dipendenti sono stati più responsabilizzati e orientati ai risultati. Il 54% delle amministrazioni ritiene invece che le spese siano diminuite, con punte oltre l’80% per il comparto università e ricerca e nella Pa centrale. Risparmi concentrati soprattutto nelle voci utenze e carta. Infine, su 2.681 dipendenti interpellati, per il 91% l’esperienza del lavoro agile è pienamente o abbastanza soddisfacente e il 73% ritiene che ci siano stati incrementi della produttività del lavoro.

Vedi anche: Report attuazione del lavoro agile nelle PA nel periodo gennaio-aprile 2020.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION