Il pagamento spontaneo non preclude il diritto del contribuente alla restituzione delle somme non dovute

Il pagamento spontaneo non preclude il diritto del contribuente alla restituzione delle somme non dovute. In base a tale principio la CTR per la Lombardia, con sentenza n. 4084 del 11/11/2021, ha respinto l’appello del Comune che aveva impugnato la sentenza della CTP in cui era risultato soccombente. Nel caso in esame, con riferimento alla TARSU, alla TARES ed alla TARI, il contribuente, in aderenza ai principi di buona fede e di legittimo affidamento, aveva provveduto a versare al Comune i tributi determinati (con mero avviso di pagamento, avente natura di avvertimento e, pertanto, non riconducibile al novero degli atti impositivi e/o riscossivi) per ciascuna delle annualità 2012-2017, utilizzando i modelli di pagamento F24, nel rispetto delle scadenze previste dall’Ente. Solo successivamente all’intervenuto pagamento delle prefate somme il contribuente ha avuto modo di avvedersi che i versamenti eseguiti erano parzialmente indebiti, atteso che, nella determinazione della entità del tributo indicato, il Comune aveva attribuito alla superficie complessiva dell’immobile la medesima categoria di utenza non domestica (quella di “supermercato, pane e pasta, macelleria, salumi e formaggi, generi alimentari”), senza distinzione tra spazi adibiti ad attività commerciale (pari a 90 mq, effettivamente da ricondurre alla categoria applicata) e restanti locali invece adibiti ad attività di lavorazione e stoccaggio.
I giudici tributari ricordano come ai sensi dell’art. 1, comma 164, Legge n. 296/2006, il rimborso delle somme versate e non dovute può essere chiesto entro 5 anni dal giorno del versamento ovvero dell’intervenuto accertamento alla restituzione. Come evidenziato dal giudice di legittimità (cfr. Cass. n. 5519/2009), i termini dal legislatore assegnati al contribuente per la presentazione della richiesta di rimborso presuppongono, comunque, che il pagamento del non dovuto (di cui si chiede la restituzione) sia avvenuto spontaneamente. In altri termini, può ritenersi e riconoscersi la preclusione alla restituzione solo laddove il pagamento sia stato effettuato in forza di un atto impositivo di poi divenuto definitivo.
Pertanto, nel caso di versamenti effettuati spontaneamente, in mancanza di alcun atto impositivo e/o immediatamente riscossivo, nulla osta, in aderenza alle disposizioni normative, alla richiesta ed al riconoscimento alla restituzione delle maggiori somme non dovute invece versate.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Agenzia entrate, modalità di restituzione delle somme assoggettate a tassazione in anni precedenti

L’Agenzia delle entrate, con la circolare n. 8 del 14 luglio 2021, fornisce chiarimenti in merito alle modalità di restituzione, al sostituto, di somme indebitamente percepite, assoggettate a tassazione in anni precedenti. L’articolo 150 del DL n. 34/2020 (cd. decreto Rilancio), rubricato «Modalità di ripetizione dell’indebito su prestazioni previdenziali e retribuzioni assoggettate a ritenuta alla fonte a titolo di acconto», ha introdotto nell’articolo 10 del DPR n. 917/1986 (TUIR), il comma 2-bis con il quale è stata espressamente prevista la cosiddetta modalità di restituzione “al netto” in aggiunta a quella al “lordo” della ritenuta stabilita dall’articolo 10, lettera d-bis, al fine di ridurre l’insorgere di contenziosi tra i datori di lavoro e i dipendenti tenuti alla restituzione delle somme.
In base all’art. 10, comma 1, lettera d-bis) del TUIR, sono deducibili dal reddito le somme restituite al soggetto erogatore se tassate in anni precedenti, nel presupposto che la restituzione sia al lordo delle ritenute fiscali. La disciplina riguarda non solo i redditi di lavoro dipendente, bensì tutti i redditi tassati con il criterio di cassa e, quindi, anche i compensi di lavoro autonomo professionale o altri redditi di lavoro autonomo, come i diritti di autore, e i redditi diversi (quali lavoro autonomo occasionale o altro). In particolare, la disposizione si applica alle somme oggetto di restituzione, sia assoggettate a ritenuta a titolo di imposta (ovvero ad imposta sostitutiva) o a titolo di acconto, sia a quelle assoggettate ad Irpef in sede di dichiarazione dei redditi. Tali somme, pertanto costituiscono un onere deducibile indipendentemente dalla modalità di tassazione (anche separata) subìta. Con la modifica introdotta dal comma 174 dell’art. 1, della legge n. 147/2013 (Legge di Stabilità 2014) è stato previsto che l’ammontare, in tutto o in parte, non dedotto nel periodo d’imposta di restituzione può essere portato in deduzione dal reddito complessivo dei periodi d’imposta successivi; in alternativa, il contribuente può chiedere il rimborso dell’imposta corrispondente all’importo non dedotto secondo modalità definite con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze», emanato il 5 aprile 2016.
Il comma 2-bis dell’art. 10 introdotto dal decreto Rilancio si disciplina espressamente una modalità di restituzione delle somme già assoggettate a tassazione, che si aggiunge a quella già prevista (al “lordo” della ritenuta) dalla citata lettera d-bis), disponendo la restituzione al “netto” della ritenuta. L’Agenzia chiarisce che la restituzione al “netto” della ritenuta possa avvenire nell’ipotesi in cui le somme da restituire siano state assoggettate a qualsiasi titolo, a ritenuta alla fonte, nonostante la rubrica dell’art. 150 del DL Rilancio faccia riferimento esclusivamente alle «ritenute alla fonte a titolo di acconto». Conseguentemente, la disposizione in esame potrà trovare applicazione, a titolo esemplificativo, anche in caso di restituzione di somme assoggettate ad imposta sostitutiva (es. restituzione di un premio di risultato assoggettato all’imposta sostitutiva del 10 per cento, ai sensi dell’articolo 1, comma 182 della legge 28 dicembre 2015, n. 208). Per la determinazione dell’importo netto da restituire, con particolare riferimento all’ipotesi in cui l’indebito sia relativo ad una parte della somma complessivamente erogata in anni precedenti, il sostituto dovrà sottrarre dall’importo lordo che il contribuente è tenuto a corrispondere, la quota parte delle ritenute operate ai fini Irpef, proporzionalmente riferibili all’indebito. Le somme, da restituire ai sensi del comma 2-bis, vanno calcolate al netto della ritenuta Irpef subìta e delle ritenute applicate a titolo di addizionali all’Irpef. In relazione ai soggetti che fruiscono del credito d’imposta pari al 30 per cento delle somme ricevute, la Circolare osserva che tale istituto è volto al recupero, da parte del sostituto d’imposta, delle ritenute operate e versate all’Erario per conto del percettore delle somme. Le Amministrazioni dello Stato, come previsto dal comma 1 dell’articolo 29 del d.P.R. n. 600 del 1973, all’atto del pagamento devono effettuare una “ritenuta diretta” in acconto dell’Irpef dovuta dai percipienti «secondo le modalità previste dalle norme sulla contabilità generale dello Stato» (articolo 2 decreto Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602). Tale modalità di riscossione non comporta, in ragione della coincidenza tra il sostituto d’imposta e il soggetto creditore del tributo, il versamento all’Erario delle ritenute operate sulle somme erogate. Conseguentemente, il credito d’imposta, quale strumento volto a recuperare crediti nei confronti dell’Erario, non ha ragione di essere utilizzato dalle Amministrazioni dello Stato. Il credito d’imposta previsto potrà essere fruito dagli organismi indicati nel comma 3 dell’articolo 29 del d.P.R. n. 600 del 1973, nonché dai soggetti indicati nell’articolo 23 del medesimo d.P.R., compresi, quindi, gli Enti Pubblici che «operano all’atto del pagamento una ritenuta a titolo di acconto dell’imposta sul reddito delle persone fisiche dovuta dai percipienti, con obbligo di rivalsa».

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION