Le spese economali sono non programmabili e non prevedibili

Nell’ambito della gestione di risorse pubbliche, le spese economali rappresentano una deroga o eccezione rispetto alla programmazione degli acquisti e sono, in linea di massima, dirette a fronteggiare esigenze impreviste, onde assicurare il corretto funzionamento della struttura amministrativa senza interruzioni o ritardi. Per tali finalità sono quindi posti a disposizione dell’economo dei fondi, necessariamente limitati, per provvedere, in conformità alle richieste dei diversi uffici, ad acquisti di beni di modesto valore che comportano urgenza di liquidazione, atteso che, in casi del genere, il ricorso all’ordinario procedimento di spesa (artt. 182 e ss. del d.lgs 18 agosto 2000, n. 267 cd. “T.U.E.L.”), costituirebbe un impedimento o un ostacolo al buon andamento, in termini di efficienza, efficacia e speditezza dell’azione amministrativa.
La caratteristica della non programmabilità e dell’imprevedibilità deve perciò contraddistinguere le spese effettuate per il tramite del fondo economale, per la cui gestione gli enti locali sono tenuti ad adottare un apposito regolamento (art. 153, c.7, T.U.E.L.) recante la disciplina delle spese effettuabili tramite il fondo con la previsione: di un limite di utilizzo dello stesso, delle modalità di stanziamento e di eventuale reintegro del fondo, dell’importo massimo del singolo esborso effettuabile e della tipologia delle spese sostenibili in ragione della loro urgenza ed inerenza alle finalità istituzionali dell’ente.
Da tali premesse discende che l’economo è personalmente responsabile delle somme ricevute in anticipazione e del loro corretto impiego, essendo tenuto a dimostrare nel conto giudiziale la regolarità dei pagamenti eseguiti, in stretta correlazione agli scopi per i quali sono state disposte le anticipazioni. In particolare, l’economo è assoggettato alla responsabilità di cui all’art. 194 del “Regolamento per l’amministrazione del patrimonio e per la contabilità generale dello Stato”, approvato con R.D. n. 827/1924, per maneggio di denaro pubblico e, per procedere all’effettuazione delle spese, egli deve prima verificarne l’ammissibilità riscontrando la loro conformità alle previsioni di legge e regolamentari. Inoltre, ai sensi della disposizione dianzi citata e dell’art. 93 del T.U.E.L., gli agenti contabili, per essere discaricati, devono fornire la prova che le mancanze o la diminuzione del denaro siano avvenuti per causa di forza maggiore o per fatti ad essi non imputabili, e non per propria negligenza. In ogni caso, non vi può essere discarico (ovvero esenzione da responsabilità) quando gli agenti contabili abbiano usato irregolarità o trascuratezza nella tenuta delle scritture corrispondenti e nelle spedizioni o nel ricevimento del denaro e delle cose mobili (art. 194, comma 2, Regolamento contabilità).
Le disposizioni in questione attribuiscono, dunque, all’agente contabile l’onere di provare di avere esattamente adempiuto ai propri doveri nella gestione del denaro pubblico, secondo l’ordinario riparto dell’onere della prova, che attribuisce al soggetto che eccepisce di essere esente da responsabilità, cioè di avere correttamente adempiuto ai propri obblighi, di provare l’avvenuto loro esatto adempimento (ex plurimis, Corte conti, Sez. III di appello n. 96/2019 e Sez. appello Sicilia n. 154/2012).
Sulla base di tali premesse, la Corte dei conti, Sez. Giurisdizionale d’Appello per la Regione siciliana, con la sentenza n. 51/A/2023, ha confermato la condanna di primo grado nei confronti dell’Economo di un Comune, risultando palese la violazione delle disposizioni del regolamento economale sia per la carenza della documentazione giustificativa delle spese (da allegare obbligatoriamente al conto giudiziale) sia con riguardo alla natura degli esborsi eseguiti.

 

La redazione PERK SOLUTION

Niente danno erariale per il ritardato pagamento di prestazioni se dipeso dal protrarsi dell’attività istruttoria

Nessuna responsabilità in capo al Responsabile che ha ritardato il pagamento delle prestazioni inerenti il servizio comunale di refezione scolastica se ciò è dipeso dalla necessaria attività istruttoria sull’operato della società affidataria, onde procedere alla verifica dei presupposti per disporre una corretta liquidazione dei corrispettivi. È quanto stabilito dalla Corte dei conti,. Sez. Giurisdizionale Lazio, sentenza n. 605/2023.

Nel caso di specie, la Procura citava in giudizio la responsabile dell’Area servizi alla persona di un Comune contestando una responsabilità per aver ritardato i pagamenti delle prestazioni inerenti il servizio comunale di refezione scolastica gestito in affidamento da una Società, generando interessi moratori, quantificati in complessivi € 106.590,39. La Sezione rileva la non configurabilità dell’elemento soggettivo del dolo o della colpa grave, in quanto sarebbe stata la mancata produzione documentale ed il suo parziale e tardivo invio da parte dell’operatore economico a generare il cumulo degli interessi, atteso che – contrariamente a quanto sostenuto dalla Procura, sarebbero molteplici le contestazioni e le anomalie riscontrate dalla responsabile in merito alla
fatturazione; la stessa ha formalizzato contestazioni sulla tariffa applicata evidenziando l’impossibilità da parte dell’Ente a procedere alla liquidazione
proprio in ragione della carenza del dato documentale.

La condotta della responsabile dell’Area servizi alla persona del Comune appare essere stata improntata ai principi del corretto agire amministrativo, in quanto ha adottato una pluralità di atti volti ad ottenere chiarimenti dalla società affidataria, a fronte di evidenti criticità e profili di disorganizzazione del servizio di refezione scolastica. Al contempo, dalla documentazione emergono oggettivi indici dell’impossibilità per la stessa di poter procedere in modo tempestivo ai pagamenti, stante il mancato/tardivo riscontro da parte della società affidataria del servizio alle proprie tempestive richieste istruttorie (resoconto dei servizi, produzione dei report mensili degli elenchi dei fruitori del servizio, sottoscrizione del contratto di appalto), relative ai necessari atti prodromici alla liquidazione dei corrispettivi per lo svolgimento del servizio stesso.

Ponendosi da un angolo visuale ex ante, diversamente opinando, si finirebbe per concludere che la convenuta non avrebbe dovuto completare le verifiche sulla regolarità della prestazione, per evitare di differire (legittimamente) la liquidazione, in un momento nel quale non vi era contezza dell’ammontare
delle contestazioni eccepibili alla società affidataria del servizio, con il rischio di determinare un danno erariale scaturente dal pagamento di importi superiori a quelli relativi ai servizi effettivamente prestati.

 

La redazione PERK SOLUTION

Nessuna sanzione al responsabile finanziario per la mancata ricognizione delle società partecipate

La Corte dei Conti Liguria Sez. giurisdizionale, Sentenza 16-03-2022, n. 32, nel pronunciarsi sull’ipotesi di responsabilità sanzionatoria prevista dall’art. 20, comma 7, del TUSP – alla stregua del quale l’omessa analisi annuale dell’assetto complessivo delle partecipazioni societarie detenute e la mancata adozione da parte degli enti locali dei piani di riassetto delle stesse, in presenza dei presupposti di legge, comporta la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da un minimo di Euro 5.000 a un massimo di Euro 500.000, salvo il danno eventualmente rilevato in sede di giudizio amministrativo contabile – ha escluso che la norma sanzionatoria abbia tra i propri destinatari gli organi burocratici dell’ente locale (con particolare riferimento al responsabile finanziario) e, pertanto, la pretesa punitiva possa essere pienamente soddisfatta con l’irrogazione della sanzione amministrativa ai titolari degli organi di governo del Comune.
La Sezione ricorda come il principio di personalità della sanzione imponga che possa essere responsabile di una violazione amministrativa solo la persona fisica cui è riferibile l’azione materiale o l’omissione che integra la violazione, con la conseguenza che, inquadrandosi l’art. 20, comma 7, del TUSP nel medesimo sistema normativo, a dispetto del riferimento impersonale agli “enti locali” anche la sanzione ivi prevista deve necessariamente essere riferita ad una persona fisica. Al fine di poter individuare il soggetto cui la sanzione deve essere riferita, è necessario comprendere a chi spetti l’adozione che non potrà che essere il Consiglio comunale che è “l’organo di indirizzo e di controllo politico-amministrativo” (art. 42, commi 1 e 2, lett. e) del TUEL), mentre è rimesso alla giunta di svolgere attività propositive e d’impulso nei confronti del consiglio comunale (art. 48, comma 3). Spetta, invece, al Sindaco la competenza a convocare e presiedere la giunta nonché il consiglio, quando non è previsto il presidente del consiglio, così come la competenza a sovrintendere al funzionamento dei servizi e degli uffici e all’esecuzione degli atti (art. 50, commi 1 e 2).
Gli atti previsti dal comma 1 dell’art. 20 del TUSP, ovvero l’analisi dell’assetto complessivo delle società partecipate direttamente o indirettamente e, ove ne ricorrano i presupposti, il piano di riassetto per la loro razionalizzazione, fusione o soppressione, rientrano tra quelli fondamentali, inerenti “la partecipazione dell’ente locale a società di capitali”, l’art. 42 del TUEL li riserva al consiglio comunale. A nulla possono valere le disposizioni regolamentari dell’ente locale giacché quest’ultimo si limita ad attribuire all’apparato burocratico la materiale redazione dei documenti contenenti le proposte di deliberazione, la cui iniziativa esula, invece, dalle competenze di quello stesso apparato poiché rientrante in quelle degli organi politici e, in particolare, della giunta, cui l’art. 48 del TUEL riserva le attività propositive e d’impulso nei confronti del consiglio comunale.
Il precetto normativo risultante dall’integrazione delle previsioni del TUSP con quelle del TUEL presuppone, inderogabilmente, competenze che costituiscono il proprium degli organi di governo (consiglio e giunta) e che, perciò, non possono essere trasferite ai titolari degli uffici burocratici.
L’esclusione della responsabilità sanzionatoria di cui all’art. 20, comma 7, del TUSP non elimina, naturalmente, l’astratta possibilità che in capo ai titolari degli uffici aventi competenze in materia di società partecipate si configurino, nel caso di condotte riverberantesi sulla mancata adozione, da parte del consiglio comunale, dei provvedimenti di cui all’art. 20, comma 1, la responsabilità disciplinare e, ricorrendone i presupposti, la responsabilità dirigenziale e quella amministrativa risarcitoria, quest’ultima da scrutinare considerando comunque l’apporto causale di altri soggetti, quali il segretario comunale e lo stesso Sindaco. Il primo, infatti, svolge compiti di collaborazione e funzioni di assistenza giuridico-amministrativa nei confronti degli organi dell’ente in ordine alla conformità dell’azione amministrativa alle leggi, allo statuto ed ai regolamenti e, ove non sia stato nominato un direttore generale, sovrintende allo svolgimento delle funzioni dei dirigenti e ne coordina l’attività (art. 97, commi 2 e 4, del TUEL) mentre il secondo sovrintende al funzionamento dei servizi e degli uffici.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

 

Sindaco, obbligo di astensione dall’esercizio della professione in materia edilizia privata e pubblica

Il Ministero dell’Interno, con parere del 23 aprile scorso, ha ribadito che sul sindaco, “responsabile dell’amministrazione del comune” ex articolo 50, comma 1, TUEL e presidente dell’organo esecutivo ex comma 2 del medesimo articolo, grava l’obbligo di astensione positivizzata dal comma 3 dell’articolo 78 del predetto testo unico. L’articolo 78, comma 3, nel disporre che “I componenti la giunta comunale competenti in materia di urbanistica, di edilizia e di lavori pubblici devono astenersi dall’esercitare attività professionale in materia edilizia privata e pubblica nel territorio da essi amministrato”, intende garantire la imparzialità dell’azione amministrativa in un quadro di attenzione alle concrete condizioni di operatività degli enti locali e si rivolge a coloro che svolgono in proprio un’attività libero-professionale negli stessi delicati settori nei quali, come pubblici amministratori, sono chiamati a tutelare interessi della collettività locale. Tra i destinatari dell’obbligo di astensione (…) rientrano non solo gli assessori cui siano state conferite deleghe nei settori dell’urbanistica, dell’edilizia e dei lavori pubblici, ma anche lo stesso sindaco, sul quale, come organo responsabile dell’amministrazione del Comune e presidente della giunta comunale, grava l’onere di sovraintendere su tutte le attività del Comune, anche su quelle delegate. La violazione del dovere di astensione, pur non comportando la decadenza dalla carica, può rilevare, comunque, sul piano della personale responsabilità politica e deontologica del soggetto interessato, nonché sul piano della legittimità degli atti adottati. Va pertanto, escluso che, per il fatto di essersi avvalso della facoltà di delega ad un assessore nella materia urbanistica, edilizia e lavori pubblici, il sindaco possa ritenersi esonerato dall’osservanza dell’obbligo di astensione dall’esercitare, nel territorio da lui amministrato, attività professionale di architetto in materia di edilizia privata e pubblica” (così Cass. Civ.. sezione II, sentenza n. 14764 del 19/7/2016, sopra cit.).

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

 

Il Ruolo del Responsabile Finanziario tra autonomia gestionale e rischio di comportamenti illeciti

La Corte dei conti, Sez. Liguria, con deliberazione n. 47/2020, a seguito di specifica pronuncia sul rendiconto di gestione di un Comune, ha ribadito l’importanza delle funzioni attribuite al responsabile del servizio economico-finanziario dell’ente locale e la conseguente necessità che il sistema dei controlli interni sia strutturato in modo adeguato, al fine di prevenire fenomeni di mala amministrazione (in particolare, se aventi rilevanza penale).
La Corte ricorda come l’art. 153 del d.lgs. n. 267 del 2000 prescrive che gli enti locali, con il regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi, devono disciplinare l’organizzazione del servizio finanziario, in ragione della dimensione demografica, affidando il coordinamento e la gestione dell’attività a un responsabile. A tal fine, la norma prevede, espressamente, la possibilità di stipulare apposite convenzioni tra gli enti per assicurare il servizio a mezzo di strutture comuni. Nello specifico, il responsabile del servizio finanziario è preposto alla verifica di veridicità delle previsioni di entrata e di compatibilità di quelle di spesa, del relativo stato di accertamento e di impegno, alla regolare tenuta della contabilità e, più in generale, alla salvaguardia degli equilibri finanziari ed al rispetto dei vincoli di finanza pubblica. Nell’esercizio di tali funzioni il responsabile del servizio finanziario, come ha avuto modo di precisare il decreto-legge n. 174 del 2012, convertito dalla legge n. 213 del 2012, agisce in autonomia, nei limiti di quanto disposto dalle norme di riferimento. La disposizione indicata, nella prospettiva del complessivo rafforzamento dei controlli, interni ed esterni, sugli enti territoriali, ha voluto, infatti, valorizzare il ruolo del responsabile di tale servizio, che, per i compiti attribuiti, deve essere dotato di un certo grado di autonomia sia dal potere politico che dagli altri dirigenti e responsabili dei servizi. L’art. 153 del TUEL, infatti, da un lato, prevede come necessario il parere di regolarità contabile sulle proposte di deliberazione ed il corrispondente visto sulle determinazioni e, dall’altro, onera il responsabile del servizio finanziario a segnalare, obbligatoriamente e tempestivamente, al legale rappresentante dell’ente, al consiglio, al segretario ed all’organo di revisione, nonché alla competente sezione regionale di controllo della Corte dei conti, i casi in cui la gestione delle entrate o delle spese correnti evidenzi il costituirsi di situazioni tali da pregiudicare gli equilibri del bilancio (con obbligo per il consiglio di provvedere al riequilibrio, a norma dell’articolo 193 TUEL, entro trenta giorni dal ricevimento della segnalazione, anche su proposta della giunta). L’importanza e la delicatezza delle funzioni attribuite dalla legge che ne fa uno degli organi maggiormente esposti al rischio di azioni o comportamenti non regolari (anche aventi rilevanza penale, erariale o disciplinare) deve indurre l’ente locale a strutturare in modo adeguato il proprio sistema di controlli interni ex artt. 147, e seguenti, TUEL, tenendo conto che, in base alle norme citate, il responsabile del servizio finanziario è espressamente individuato come titolare in alcuni ed attore in altri.
L’art. 147 del d.lgs. n. 267 del 2000, infatti, dopo la novella apportata dal citato d.l. n. 174 del 2012, prevede che gli enti locali, nell’ambito della loro autonomia, individuino strumenti e metodologie per garantire, fra gli altri, attraverso il controllo di regolarità amministrativa e contabile, la legittimità, la regolarità e la correttezza dell’azione amministrativa (nonché, per quanto interessa in questa sede, il costante controllo degli equilibri finanziari della gestione di competenza, dei residui e della cassa, anche ai fini della realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica, “mediante l’attività di coordinamento e di vigilanza da parte del responsabile del servizio finanziario”, nonché dei responsabili dei servizi). Anche per l’effettuazione dei controlli interni, l’art. 147, comma 5, del TUEL prevede che più enti locali possano istituire uffici unici, mediante convenzione, facoltà che, si ripete, appare particolarmente utile (non solo a fini di risparmio di spesa, ma anche per garantire adeguata autonomia al controllore rispetto al controllato) per gli enti di minori dimensioni. In particolare, il successivo art. 147-bis affida il controllo contabile, nella fase preventiva della formazione dell’atto, proprio al responsabile del servizio finanziario, che lo esercita attraverso il rilascio del parere di regolarità contabile e del visto attestante la copertura finanziaria (mentre il controllo di regolarità amministrativa è assicurato da ogni responsabile di servizio ed è esercitato attraverso il rilascio del parere di regolarità tecnica). Il medesimo controllo di regolarità amministrativo-contabile, inoltre, è attribuito, nella fase successiva, al segretario generale, che deve esercitarlo secondo i principi generali di revisione aziendale e le modalità definite nell’ambito dell’autonomia organizzativa dell’ente, procedendo a verificare, secondo una selezione casuale effettuata con motivate tecniche di campionamento, le determinazioni di impegno di spesa, i contratti e gli altri atti amministrativi (come, nel caso di specie, il segretario pro tempore risulta avere effettuato). Si tratta di attività che non ha solo obiettivi sanzionatori, ma, in prevalenza, correttivi, posto che la noma espressamente impone al segretario di trasmettere, periodicamente, le risultanze del controllo ai responsabili dei servizi, unitamente alle direttive cui conformarsi in caso di riscontrate irregolarità, nonché ai revisori dei conti, agli organi di valutazione dei dipendenti ed al consiglio dell’ente locale.

Autore: La redazione PERK SOLUTION