Corte dei conti, esclusione dei residui attivi dalla base di calcolo del FCDE

La Corte dei conti, Sez. Lombardia, con deliberazione n. 37/2022/PRSE, all’esito dell’esame dei rendiconti 2016, 2017, 2018 e 2019 di un Comune, accerta una serie di criticità, fra cui, in particolare, che il fondo crediti di dubbia esigibilità accantonato nel risultato di amministrazione degli esercizi esaminati non risulta congruo in relazione alla mole di residui attivi iscritti. Infatti nei primi esercizi considerati è stato applicato il metodo semplificato, mentre nel 2019 (primo anno di utilizzo del metodo ordinario) dalla base di calcolo del fondo è stata eliminata una consistente quota di residui attivi in violazione del principio contabile che disciplina l’accertamento per cassa delle entrate. L’accertamento per cassa si caratterizza, infatti, per la coincidenza, di norma, del momento dell’accertamento con quello della riscossione. Tale concomitanza temporale giustifica l’esclusione di queste entrate dalla base di calcolo del FCDE, che ha, infatti, la funzione di neutralizzare l’effetto espansivo che può derivare dall’iscrizione dell’accertamento del credito, pur in assenza di certezze in merito alla sua effettiva riscossione. Nel caso di specie, l’ente, nell’individuare le entrate accertate per cassa, non ha rispettato il principio contabile; sono state, infatti, classificate per cassa entrate il cui accertamento non è stato effettuato in concomitanza con la relativa riscossione ed ha, pertanto, determinato la nascita di consistenti residui che, pur non essendo stati considerati dal comune per il calcolo del FCDE, stentano ad essere incassati. È evidente per la Sezione che, essendo in corso le procedure di riscossione coattiva, il cui esito è, come è noto, aleatorio, tali entrate avrebbero dovuto essere adeguatamente sterilizzate con congrui accantonamenti a FCDE per tenere conto della loro effettiva esigibilità.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Accantonamento a FCDE in considerazione di oggettive difficoltà di riscossione

Indipendentemente dalla possibilità di non considerare i crediti verso le pubbliche Amministrazioni ai fini del calcolo dell’accantonamento al FCDE, risulta necessario, ai fini del mantenimento dei futuri equilibri di bilancio, svalutare i residui attivi in considerazione delle oggettive difficoltà di riscossione negli ultimi cinque esercizi precedenti. È quanto evidenziato dalla Corte dei Conti, Sez. Umbria, con la deliberazione n. 113/2020/PRSP all’esito dell’esame istruttorio condotto sui rendiconti 2016 e 2017 di un Comune. La Sezione ha riscontrato una scarsa riscossione dei residui attivi dei canoni di concessione e dei mutui per la gestione del servizio idrico, con conseguente obbligo di svalutazione dei relativi residui attivi, come previsto dal punto 3.3 dell’allegato n. 4/2 al D. Lgs. n. 118/2011.
La magistratura contabile ha inoltre rilevato che la soluzione adottata dall’Ente – di graduare il pagamento delle fatture per le utenze in ragione dell’incasso dei propri residui – non può essere ritenuta conforme alla legge, basandosi la compensazione tra crediti e debiti sul mancato assolvimento dell’obbligo contrattuale per il servizio ricevuto dal Comune.
Sempre in materia di accantonamento a FCDE, la Corte dei conti, Sez. Lombardia, con deliberazione n. 117/2020/PAR, ha evidenziato, tra l’altro, che in caso di conclamata e perdurante situazione di crisi di una società partecipata tale da non consentire più alla società medesima di onorare gli impegni verso l’ente socio, quest’ultimo deve procedere ad un corretto stanziamento del Fondo Crediti di Dubbia Esigibilità (FCDE) per scongiurare il rischio di mancati introiti. Nel caso di specie, i giudici hanno riscontrato l’insufficienza del FCDE in quanto, a prescindere dalla natura giuridica delle somme dovute dalla società del casinò al Comune, la perdurante situazione di crisi imputabile alla progressiva riduzione dei ricavi della società del Casinò rendeva evidente che la società stessa non fosse più in grado di onorare gli impegni verso il Comune, mentre l’Ente ha continuato ad accertare entrate da proventi da gioco per importi rilevanti (sebbene inferiori a quelli assicurati in passato), senza procedere ad alcun accantonamento prudenziale per scongiurare il rischio del mancato introito. Ne è derivato che, per effetto del mancato accantonamento, entrate accertate e non riscosse siano state comunque destinate al finanziamento di spese esigibili e pagate, comportando una gravissima crisi di liquidità cui il Comune è stato costretto a far fronte con il massiccio ricorso all’anticipazione di tesoreria

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION