Concessione a titolo gratuito di un bene comunale a favore di altra amministrazione pubblica

La Corte dei conti, Sez. Basilicata, con deliberazione n. 15/2023, fornisce chiarimenti in merito alla possibilità, alla luce dei principi in materia di gestione del patrimonio immobiliare delle Pubbliche Amministrazioni, della costituzione, a titolo gratuito, del diritto di superficie o di altro diritto reale di godimento su un immobile di una P.A., in favore di altra P.A., e se i suddetti principi gestionali del patrimonio immobiliare pubblico siano contemperati dal principio della c.d. finanza pubblica allargata in caso di trasferimento, sempre a titolo gratuito, del diritto di proprietà o di altro diritto reale di godimento in favore di altra Pubblica Amministrazione.

Non rinvenendosi nell’ordinamento gius-pubblicistico norme specifiche che prevedano una capacità degli Enti pubblici di adottare atti di liberalità in favore di altri soggetti, pubblici o privati, né, in verità, che prevedano divieti, la Sezione evidenzia come sia rimesso al prudente apprezzamento dell’Ente locale la scelta gestionale ritenuta in concreto più idonea a perseguire la migliore e corretta gestione del proprio patrimonio, nel rispetto del regime giuridico connesso alla natura dei beni (diverso se appartenenti al demanio, al patrimonio disponibile o indisponibile) e del soddisfacimento dell’interesse pubblico, anche in relazione al necessità di dare attuazione al principio di sussidiarietà costituzionalmente previsto (cfr., art. 118 Cost.). Pertanto, in assenza di puntuali prescrizioni normative che consentano, o impediscano, la possibilità di disporre gratuitamente di un immobile del patrimonio comunale in favore di altra Amministrazione pubblica, la scelta gestionale che il Comune sarà chiamato ad adottare, in funzione di coerente espressione della discrezionalità amministrativa, dovrà essere confortata e sorretta da adeguata e congrua motivazione intesa a privilegiare e salvaguardare il perseguimento di finalità di interesse collettivo, oggetto di tutela dell’Ente, anche sotto il profilo della sicurezza e della legalità, sì da escludere ogni timore di negligente e non consentito depauperamento. Tale principio, risulta perfettamente compatibile con il “principio della c.d. finanza pubblica allargata” invocato dal Sindaco istante (vedasi sul punto, la previsione contenuta nell’art. 1, comma 439, L. 30.12.2004, n. 311, come modificato dall’art. 3, comma 2-bis lett. b), D.L 06.07.2012, n. 95, convertito con modificazioni in l. 7.08.2012, n. 135: “Le Regioni e gli enti locali di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, possono concedere alle Amministrazioni dello Stato, per le finalità istituzionali di queste ultime, l’uso gratuito di immobili di loro proprietà”).

 

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Corte dei conti: presupposti per l’utilizzo di immobile comunale a titolo gratuito

La Corte dei conti, Sez. Veneto, con deliberazione n. 109/2022, fornisce le coordinate ermeneutiche che regolano l’attività di gestione dei beni del patrimonio disponibile degli enti pubblici, secondo le quali la concessione in uso gratuito di un immobile pubblico costituisce, in via generale, un utilizzo non coerente con le finalità del bene, poiché non reca alcuna entrata all’Ente. Inoltre, posto che l’Ente è tenuto ad improntare la gestione del proprio patrimonio a criteri di economicità ed efficienza, l’uso gratuito, in assenza dei presupposti di legge, concretizzerebbe una ipotesi di depauperamento delle ricchezze della collettività amministrata in violazione del principio di buona amministrazione. Ad analoghe considerazioni si perviene in relazione alla eventuale gratuità anche delle utenze relative al bene concesso.

La Sezione ribadisce come il patrimonio sia uno strumento strategico della gestione finanziaria in quanto espone un complesso di risorse che l’Ente è tenuto ad utilizzare in maniera ottimale, ed a valorizzare, in vista del migliore e più proficuo perseguimento delle proprie finalità istituzionali. Pertanto, la scelta di concessione in uso gratuito di immobili comunali, ivi compresa la mancata richiesta dei rimborsi per le utenze, oltre a rispettare il principio
del buon andamento ex art. 97 Cost. e art. 1 della Legge n. 241/1990, e la pari condizione di tutti gli interessati, può legittimamente esercitarsi solo nei limiti stabiliti dalla legge; conseguentemente, come anche precisato dalla richiamata giurisprudenza contabile, è ammissibile solo nei casi in cui sia perseguito un effettivo interesse pubblico equivalente o addirittura superiore rispetto a quello meramente economico, ovvero nei casi in cui non
sia rinvenibile alcuno scopo di lucro nell’attività concretamente svolta dal soggetto utilizzatore di tali beni, unitamente alla compatibilità finanziaria dell’intera operazione posta in essere.

La concessione in uso gratuito, quale “forma di sostegno e di contribuzione indiretta nei confronti di attività di pubblico interesse strumentali alla realizzazione delle proprie finalità a vantaggio dei cittadini”, comporta, tuttavia, la necessità, da parte dell’amministrazione, di un’attenta valutazione comparativa tra gli interessi in gioco; valutazione che dovrà emergere nella motivazione del provvedimento, e che escluda lo scopo di lucro nell’attività svolta dagli utilizzatori del bene, con onere, da parte del Comune, di vigilare sul permanere delle condizioni legittimanti la gratuità dell’uso.

 

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L’inottemperanza all’ordine di demolizione comporta l’acquisizione gratuita dell’opera abusiva al patrimonio comunale

In caso di inottemperanza all’ordine di demolizione di opere abusive, l’effetto traslativo della proprietà avviene ipso iure e costituisce l’effetto automatico della mancata ottemperanza, pertanto il provvedimento di acquisizione presenta una natura meramente dichiarativa e non implica alcuna valutazione discrezionale (cfr. ad es. C.d.S., sez. VI, 25 giugno 2019, n. 4336). È quanto ha ribadito dal Consiglio di Stato, sezione VI, con la sentenza 3 agosto 2020, n. 4888.
La giurisprudenza ha avuto modo di approfondire il tenore e gli effetti del comma 5 dell’art. 31 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia), ai sensi del quale l’opera acquisita è demolita con ordinanza del dirigente o del responsabile del competente ufficio comunale a spese dei responsabili dell’abuso, salvo che con deliberazione consiliare si dichiari l’esistenza di prevalenti interessi pubblici e sempre che l’opera non contrasti con rilevanti interessi urbanistici, ambientali o di rispetto dell’assetto idrogeologico;
In sostanza, la norma consente, in alternativa alla soluzione finale della demolizione dell’edificazione abusiva, che quest’ultima resti pur sempre in situ, ponendo, affinché effettivamente si determini il vantaggio per l’intera collettività, requisiti destinati a fungere da presupposto dell’evento – sussistenza di prevalenti interessi pubblici; mancanza di contrasto dell’edificazione con rilevanti interessi urbanistici, ambientali o di rispetto dell’assetto idrogeologico – dei quali è arbitro l’ente locale, e dei quali il controinteressato può dimostrare l’insussistenza (cfr. ad es. C.d.S., sez. VI, 13 aprile 2017, n. 1770).

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION