I parcheggi a pagamento (strisce blu) pagano la tassa sui rifiuti

La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 19739 del 12/7/2021, ritiene legittimo l’assoggettabilità alla tassa sui rifiuti del soggetto che occupi o detenga un’area per la gestione di un parcheggio affidatagli dal Comune in concessione. La Corte ha avuto modo di chiarire come, con riguardo alla T.A.R.S.U., il presupposto impositivo è costituito, ai sensi del D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, art. 62, comma 1, dal solo fatto oggettivo della occupazione o della detenzione del locale o dell’area scoperta, a qualsiasi uso adibiti, e prescinde, quindi, del tutto dal titolo, di diritto o di fatto, in base al quale l’area o il locale sono occupati o detenuti, con la conseguenza che è dovuta, in linea di principio, la tassa anche dal soggetto che occupi o detenga un’area per la gestione di un parcheggio affidatagli dal Comune in concessione, restando del tutto irrilevante l’eventuale attinenza della gestione stessa alla fase sinallagmatica del rapporto con il Comune (ex multis: Cass., Sez. 5, 23 gennaio 2004, n. 1179; Cass., Sez. 5, 1623 gennaio 2004, n. 1179; Cass., Sez. 5, 16 maggio 2012, n. 7654; Cass., Sez. 5, 25 luglio 2012, n. 13100; Cass., Sez. 5, 13 marzo 2015, n. 5047). Presupposto della Tarsu è, comunque, la produzione di rifiuti che può derivare anche dall’occupazione di suolo pubblico per effetto di convenzione con il Comune, produzione alla cui raccolta e smaltimento sono tenuti a contribuire tutti coloro che occupano aree scoperte, come appunto stabilisce il D.Lgs. n. 507 cit., art. 62, comma 1. (Cass. n. 7916 del 20/04/2016; Cass. n. 19152 del 15/12/2003). Peraltro, pur considerando che il D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, art. 62, comma 2, nell’escludere dall’assoggettamento al tributo i locali e le aree che non possono produrre rifiuti “per il particolare uso cui sono stabilmente destinati”, chiaramente esige che sia provata dal contribuente non solo la stabile destinazione dell’area ad un determinato uso (quale, nella fattispecie, il parcheggio), ma anche la circostanza che tale uso non comporta produzione di rifiuti (in termini: Cass., Sez. 5, 18 dicembre 2003, n. 19459; Cass., Sez. 5, 1 luglio 2004, n. 12084; Cass., Sez. 5, 13 marzo 2015, n. 5047; Cass., Sez. 5, 1 agosto 2019, n. 18226), la Corte ha precisato che il concessionario deve pagare la tassa per i parcheggi, in quanto i parcheggi sono aree frequentate da persone e, quindi, produttive di rifiuti in via presuntiva. La soggezione alla tassa rifiuti trova sufficiente giustificazione nella strumentalità delle aree pubbliche – di cui l’affidataria del servizio ha, comunque, la detenzione, sebbene nell’interesse del Comune, per l’assolvimento dei compiti previsti dal contratto di appalto all’esercizio di un’attività imprenditoriale con finalità lucrativa, cioè alla gestione del parcheggio a pagamento, che è oggettivamente idonea (per l’afflusso quotidiano delle autovetture dei fruitori del servizio) alla produzione di rifiuti.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Cassazione, non commette peculato il concessionario che non versa le somme dei parcheggi alla PA

Non configura il delitto di peculato, bensì un mero inadempimento contrattuale, il mancato versamento al Comune appaltante, da parte della società incaricata di un servizio di gestione – nel caso in esame quello dei parcheggi a pagamento – della quota pattuita in relazione alle somme riscosse dai privati a titolo di corrispettivo del servizio prestato dalla società, in quanto il denaro non corrisposto all’ente pubblico non è qualificabile come “altrui” ab origine rispetto al soggetto obbligato. È quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, Penale, Sez. VI, sentenza n. 3764/2020, pronunciandosi sul ricorso presentato dall’amministratore unico della società aggiudicataria della concessione per la gestione delle aree di sosta a pagamento del Comune, condannato in primo e secondo grado, alla pena di anni due e mesi otto di reclusione per il reato di peculato, di cui all’art. 314 cod. pen., per aver trattenuto somme destinate all’ente locale. Per la Cassazione non appare corretta la conclusione dei giudici di merito secondo cui, trattandosi di concessionario esercente un servizio di natura pubblica per conto dell’ente comunale e secondo tariffe da esso stabilite (art. 4 del capitolato), gli introiti conseguenti allo “scassettamento” dei parcometri, quanto alla “percentuale pattuita sulla somma prelevata” nella misura del 30% spettante all’ente (art. 6 del capitolato), costituiscono fin dall’origine pecunia pubblica, che l’ente si riserva in via autoritativa per sé, incaricando l’appaltatore privato della riscossione. Nel caso in esame, atteso che il denaro versato dagli utenti del servizio di parcheggio comunale nei parcometri installati e di proprietà della concessionaria era di diretta pertinenza della società e non del Comune, cui spettava solo una percentuale del 30% sulle somme incassate con cadenza trimestrale, l’omesso versamento nelle casse comunali della quota degli introiti pattuita non manifesta l’appropriazione, da parte del soggetto obbligato, di denaro appartenente fin dall’origine alla P.A. appaltante. Infatti, tali somme non sono originariamente dovute alla P.A. dal soggetto obbligato (come, invece, avviene per i tributi riscossi dal concessionario per conto della P.A.), ma trovano la propria causa nella prestazione resa dal gestore del pubblico servizio di parcheggio a pagamento, della quale costituiscono corrispettivo. Sicché il mancato versamento della quota stabilita sui complessivi introiti del servizio integra solo un inadempimento del relativo obbligo contrattuale nei confronti della P.A. affidataria, come emerge con chiara evidenza dalla lettura dell’art. 6 del capitolato d’oneri allegato al contratto fra la società e il Comune.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION