Fondo di rotazione: Atto di orientamento sull’applicazione della sentenza n. 224/2023 della Corte costituzionale

L’Osservatorio sulla finanza e la contabilità degli enti locali ha pubblicato l’Atto di orientamento sull’applicazione della sentenza n. 224 del 2023 della Corte Costituzionale, che ha accolto la questione di legittimità costituzionale riguardante l’art. 43, commi 1 e 2, del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, in legge 11 novembre 2014, n. 164.

Con l’art. 43 del D.L. n. 133/2014 il legislatore aveva previsto che il fondo di rotazione, oltre che come mera anticipazione di liquidità, potesse essere utilizzato per finanziare i debiti fuori bilancio ricondotti all’interno dei piani di riequilibrio pluriennale, nonché il disavanzo dell’ente; consentendo, quindi, un utilizzo, oltre che per cassa, anche per competenza, come vero e proprio mezzo di copertura della spesa necessaria a far fronte ai debiti fuori bilancio inseriti nel piano di riequilibrio.

Con la sentenza n. 224 del 2023, i giudici costituzionali hanno dichiarato l’illegittimità costituzionale

  • dell’art. 43, comma 1, del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133 nella parte in cui non prevede che l’utilizzo delle risorse agli stessi enti attribuibili a valere sul fondo di rotazione per assicurare la stabilità finanziaria degli enti locali di cui all’art. 243-ter del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, deve avvenire solo a titolo di cassa;”
  • del comma 2 del medesimo articolo, nella parte in cui non prevede che è garantita idonea iscrizione nel fondo anticipazione di liquidità di una somma di importo pari alle anticipazioni di liquidità incassate nell’esercizio e non restituite, non impegnabile e pagabile, destinato a confluire nel risultato di amministrazione, come quota accantonata.

Per effetto della pronuncia di illegittimità della Corte costituzionale n. 224 del 2023, l’Osservatorio ha emanato l’atto di orientamento, secondo il quale le amministrazioni territoriali che abbiano utilizzato dette anticipazioni dal fondo di rotazione non per riallineare nel tempo la cassa degli enti strutturalmente deficitari con la competenza bensì a copertura dei debiti fuori bilancio e per la riduzione del disavanzo, sono tenuti a provvedere ad un graduale risanamento del deficit, facendo ricorso a coperture alternative rispetto a quelle originariamente appostate sulla base dell’art. 43 (ora dichiarato non conforme a Costituzione nei termini indicati dalla citata sentenza n. 224) e, nel frattempo, resesi eventualmente disponibili, in modo, comunque, coerente con l’esigenza di mantenere il livello essenziale delle prestazioni sociali durante l’intero periodo di risanamento. Devono ritenersi interessati alle operazioni di rimodulazione delle risorse di propria competenza quegli enti ancora in procedura di riequilibrio alla data del deposito della sentenza n. 224 del 2023; non anche gli enti per i quali il piano di risanamento del deficit si sia, medio tempore, esaurito (art. 243-quater, comma 6, TUEL).

 

La redazione PERK SOLUTION

Atto di orientamento dell’Osservatorio sulla Finanza Locale in materia di versamento oneri previdenziali agli amministratori locali

L’Osservatorio sulla finanza e la contabilità degli enti locale ha emanato l’atto di orientamento ex art. 154, comma 2, del d.lgs. n. 267 del 2000 in tema di applicazione dell’art. 86, comma 2, del TUEL circa il versamento, da parte dell’amministrazione locale, degli oneri assistenziali, previdenziali e assicurativi, in quota forfettaria, a favore degli amministratori locali che non siano lavoratori dipendenti e che rivestano le cariche di cui al comma 1 del medesimo art. 86  TUEL, nella specie “liberi professionisti”.

La disposizione di cui al citato comma 2 ha fatto registrare due diversi orientamenti, l’uno della magistratura contabile (ex plurimis, Corte conti, Sez. reg. controllo per la Liguria, delib. n. 21/2019/PAR), l’altro della Corte di cassazione (ord. n. 24615/2023). Secondo l’orientamento della Corte dei conti, l’art. 86, comma 2, TUEL troverebbe applicazione solo quando il lavoratore autonomo, che ricopre una delle cariche previste dal primo comma dell’art. 86 in un ente avente la popolazione ivi prevista (nel caso dei comuni, sindaco, assessori, se ente avente popolazione superiore ai 10.000 abitanti, presidenti dei consigli, se ente avente popolazione superiore ai 50.000 abitanti), si astenga del tutto dall’attività lavorativa (circostanza che il lavoratore autonomo ha l’onere di comprovare in costanza di espletamento del mandato amministrativo). Secondo l’orientamento della Corte di cassazione, “per i liberi professionisti  impegnati in funzioni pubbliche elettive, la tutela al mantenimento del posto di lavoro – da intendersi estensivamente come mantenimento dell’attività lavorativa – diviene effettiva solo se agli stessi, da un lato, è consentita la prosecuzione degli incarichi professionali e, dall’altro, è attribuito il beneficio previdenziale in discussione, a compensazione della ridotta capacità di contribuzione; la previsione del beneficio dell’accollo contributivo, senza rinuncia allo svolgimento dell’attività professionale, considera la situazione del lavoratore autonomo e ne tutela le peculiarità; per quest’ultimo, la sospensione integrale dell’attività lavorativa avrebbe riflessi fortemente negativi per il futuro, rendendo oltremodo difficoltosa la ripresa; d’altro canto, lo svolgimento di un
mandato, particolarmente impegnativo, come è quello connesso agli incarichi di cui al primo comma dell’art. 86, inevitabilmente interferisce sull’attività di lavoro, con ripercussioni prevedibili sul reddito e quindi sulla capacità contributiva del professionista”.

Nel merito, l’Osservatorio ha evidenziato che “Quanto al presupposto per il versamento, a carico dell’ente, della quota forfettaria contributiva spettante ai liberi professionisti, su loro richiesta, impegnati in funzioni pubbliche elettive di cui all’art. 86, comma 2, TUEL, l’orientamento applicativo da seguire nell’applicazione della norma è quello indicato dalla recente giurisprudenza della Corte suprema di Cassazione, secondo cui non si configura come necessaria la rinuncia, da parte di detti liberi professionisti, allo svolgimento della propria attività professionale”.

 

La redazione PERK SOLUTION