Corte dei conti: Linee guida riguardanti gli incarichi di collaborazione, consulenza, studio e ricerca

La Corte dei conti, Sez. Emilia-Romagna, con Deliberazione 11 dicembre 2024, n. 135/2024/INPR, ha approvato l’allegato referto riguardante “Linee guida riguardanti incarichi di collaborazione, consulenza, studio e ricerca, ai fini dell’adempimento di cui all’art. 1, comma 173 della L. n. 266/2005”, destinate alle amministrazioni pubbliche aventi sede in Emilia-Romagna, affinché tengano conto di quanto rilevato ai fini dei loro adempimenti in materia.

Le linee guida forniscono una sintetica ed aggiornata analisi della disciplina, utile ad indirizzare le amministrazioni nell’esercizio delle proprie attività gestionali nonché a superare criticità riscontrati negli adempimenti posti in essere dagli enti pubblici in ossequio all’art. 1, c. 173, L. n. 26/2005, tenuto conto anche delle modifiche normative intervenute, in particolare con riferimento al nuovo Codice dei Contratti Pubblici, adottato con D. Lgs. n. 23 del 2023.

La disciplina generale dell’affidamento di incarichi esterni
L’art. 7, c. 6, del D. Lgs. n. 165/2001, come invero i commi 5-bis, 6-bis, 6-ter e 6quater, costituisce la norma cardine nella materia in quanto fissa con chiarezza gli essenziali elementi oggettivi e soggettivi degli incarichi conferiti dalla Pubblica Amministrazione, nonché le condizioni legittimanti il conferimento e le sanzioni per le relative violazioni. In sintesi, per principio generale dell’ordinamento, le Pubbliche Amministrazioni devono far fronte alle ordinarie competenze istituzionali col migliore e più produttivo impiego delle risorse umane e professionali di cui dispongono, secondo il principio dell’”autosufficienza organizzativa”, il quale trova fondamento nel canone costituzionale di buona amministrazione (art. 97 Cost.) ed è, a sua volta, corollario dei principi di efficacia, efficienza ed economicità dell’azione amministrativa di cui all’art. 1, L. n. 241/1990.

I presupposti per l’affidamento degli incarichi
Gli incarichi devono:

  • indicare l’oggetto della prestazione, che deve corrispondere alle competenze attribuite dall’ordinamento all’amministrazione conferente, ad obiettivi e progetti specifici e determinati e deve risultare coerente con le esigenze di funzionalità dell’amministrazione conferente. L’oggetto deve riferirsi ad un’attività specifica e non potrà essere di carattere generale e astratto; sono stati, infatti, ritenuti illegittimi gli incarichi cd. di “consulenza globale”, ovvero, a carattere indeterminato. Sono stati considerati, inoltre, illegittimi e suscettibili di determinare la responsabilità erariale a carico di chi li abbia disposti, gli incarichi il cui oggetto è generico e indeterminato, ovvero, privi di un sufficiente nesso funzionale che li colleghi alle finalità attribuite all’ente;
  • essere accompagnati da una verifica circa l’impossibilità oggettiva di poter utilizzare le risorse umane disponibili al proprio interno. L’incarico, infatti, deve rispondere ad esigenze di natura eccezionale e straordinaria, oggettivamente non sopperibili dalle professionalità interne, non già ad esigenze ordinarie e permanenti, seppur rese urgenti da mancata, errata o tardiva valutazione e/o programmazione dei fabbisogni di personale. L’amministrazione è tenuta a dimostrare con una congrua ed esaustiva motivazione, anche con richiami di atti e determinazioni approvate dall’ente, l’effettiva impossibilità di utilizzo del personale dipendente
  • avere una durata temporanea e devono rispondere a esigenze di alta qualificazione; La giurisprudenza ha precisato che la locuzione “particolare e comprovata specializzazione anche universitaria” deve essere interpretata nel senso di verifica del possesso di conoscenze specialistiche equiparabili a quelle che si acquisirebbero tramite un percorso formativo universitario. La specializzazione richiesta deve essere comprovata, e dunque deve 19 essere oggetto di accertamento in concreto tramite l’esame di documentati curricula. La temporaneità dell’incarico – prevista espressamente per legge – consegue necessariamente all’esigenza di carattere straordinario. Ragionando a contrario, si giungerebbe alla conclusione che l’esigenza non è di carattere straordinario e transitorio ma di carattere stabile; quest’ultimo caso dovrebbe, dunque, essere oggetto di programmazione ordinaria e di relativa assunzione di personale. L’incarico non potrà ritenersi prorogabile se non nei limiti del completamento di un’attività avviata, in quanto la sua durata è predeterminata in relazione allo specifico aspetto o fase dell’attività da eseguire. È vietato il rinnovo, in quanto l’incarico dovrebbe fare riferimento ad un nuovo progetto ed essere conferito a seguito di apposita procedura comparativa
  • avere una determinazione preventiva di durata, oggetto e compenso della collaborazione;
  • essere sottoposti a procedura comparativa per la scelta del collaboratore. Non è considerato legittimo procedere all’affidamento diretto in caso di esiguità del compenso da erogare, in quanto la disciplina degli incarichi di cui all’art. 7 del D. Lgs. n. 165/2001 non è assimilabile alle procedure previste dal codice degli appalti.

Distinzione con il contratto di lavoro subordinato 
Il comma 6 dell’art. 7 del D. Lgs. n. 165/2001 prevede che le pubbliche amministrazioni possono conferire esclusivamente incarichi individuali, con contratti di lavoro autonomo, ad esperti di particolare e comprovata specializzazione, anche universitaria, disposizione che viene affiancata dal precedente comma 5-bis (a sua volta introdotto dal D. Lgs. n. 75/2017) che pone il divieto alle p.a. di stipulare contratti di collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione siano organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro.

I contratti di appalti di servizi e gli incarichi esterni
Si ritiene fondamentale individuare la distinzione tra appalto di servizi di tipo intellettuale (ad esempio servizi di architettura e di ingegneria) e incarico professionale di consulenza, studio o ricerca. Il primo è disciplinato dal Codice dei contratti pubblici, D. Lgs. n. 36/2023, mentre il secondo afferisce all’art. 7 c. 6 e seguenti del D. Lgs. n.165/2001. La norma di cui all’art. 7, c. 6, del D. Lgs. n. 165/2001 prevede che il contratto che segue alla determinazione dirigenziale di incarico abbia la forma di un contratto di lavoro autonomo (o di opera intellettuale), in cui rilevano, per l’appunto, l’autonomia del prestatore d’opera e l’intuitu personae, con conseguente infungibilità della prestazione.  Gli incarichi di consulenza, studio o ricerca forniscono all’Ente un cosiddetto contributo conoscitivo qualificato che orienta con autorevolezza l’azione, senza tuttavia vincolarla in quanto l’amministrazione pubblica può sempre discostarsi dalle indicazioni ricevute. La prestazione oggetto di un contratto di appalto, invece, coincide con un servizio che l’amministrazione recepisce senza discostarsene.

Tipologia degli atti di spesa da trasmettere alla sezione regionale di controllo
Gli atti di spesa di importo superiore a 5.000 euro devono essere trasmessi alla competente sezione della Corte dei conti per l’esercizio del controllo successivo sulla gestione. L’obbligo di invio riguarda regioni, enti locali (inclusi i comuni sotto i 5.000 abitanti, non essendo più confermata dal c. 173 l’esenzione prevista dall’art. 1, c. 42 della L. n. 311/2014, da ritenersi implicitamente abrogato), unioni di comuni e, più in generale, tutte le pp. aa. nell’ampia accezione.
L’invio è limitato agli atti che eccedono una spesa di 5.000,00 euro. Si conferma che, con riguardo all’obbligo di invio, la soglia dei 5.000,00 euro va calcolata con riferimento all’ammontare definitivo di spesa dei singoli provvedimenti e atti (inclusi Iva e altri oneri riflessi).
L’atto di affidamento di incarichi di studio, ricerca e consulenze deve essere corredato della valutazione dell’organo di revisione economico-finanziaria dell’ente locale (art. 1, c. 42, L. n. 311/2004);
Occorre inviare alla Sezione anche gli incarichi conferiti ai sensi del Codice dei contratti a professionisti esterni (es. servizi di ingegneria e architettura) per consentire la verifica in concreto della natura dell’incarico, a prescindere dal nomen iuris utilizzato dall’Amministrazione per il conferimento dello stesso.

 

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Aggiornamento Linee guida metodologiche per la rendicontazione degli indicatori comuni per il PNRR

La RGS ha pubblicato la circolare del 15 luglio 2024, n. 33, concernente l’aggiornamento Linee guida metodologiche per la rendicontazione degli indicatori comuni per il Piano nazionale di ripresa e resilienza.

Gli indicatori comuni sono funzionali all’osservazione dei progressi ottenuti dai PNRR di tutti gli Stati Membri su dimensioni che accomunano i vari piani nazionali, e sono pertanto oggetto di rilevazione periodica per un monitoraggio d’insieme del Dispositivo di ripresa e resilienza. Gli Stati membri sono tenuti a trasmettere i dati due volte l’anno, entro il 31 agosto per il semestre gennaio-giugno ed entro il 28 febbraio dell’anno successivo per il semestre luglio-dicembre.

L’aggiornamento delle linee guida, di cui alla Circolare della Ragioneria Generale dello Stato n. 34 del 17 ottobre 2022, si è reso opportuno alla luce del nuovo approfondimento metodologico relativo all’indicatore comune 4 “Popolazione che beneficia di misure di protezione contro inondazioni, incendi boschivi e altri disastri naturali legati al clima”, predisposto con il contributo di ISPRA e delle Amministrazioni titolari delle misure interessate dall’indicatore, nonché per dare evidenza dell’evoluzione di alcune funzionalità del sistema di monitoraggio ReGiS.

Non sono stati introdotti nuovi o diversi obblighi in tema di rendicontazione degli indicatori comuni: l’aggiornamento intende garantire la coerenza delle Linee guida con i più recenti approfondimenti metodologici e le funzionalità di ReGiS, affinché continui a rappresentare un valido strumento a supporto dell’azione delle Amministrazioni titolari e dei soggetti attuatori di misure PNRR.

Allegato alla Circolare del 15 luglio 2024, n. 33 – Linee guida metodologiche per la rendicontazione degli indicatori comuni per il Piano nazionale di ripresa e resilienza

 

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Ministero dell’Ambiente, PNRR: Pubblicata la nuova versione delle Linee Guida per i soggetti attuatori

Il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica ha pubblicato una nuova versione delle Linee Guida per i soggetti attuatori – Istruzioni operative per le attività di gestione finanziaria, monitoraggio, rendicontazione e controllo per gli interventi PNRR di competenza del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (MASE).

Il documento, in linea con quanto previsto dall’art. 8 comma 3 del Decreto-legge 31 maggio 2021, n. 771 convertito con modificazioni in legge 29 luglio 2021, n. 108, si pone l’obiettivo di fornire ai soggetti attuatori uno strumento operativo di riferimento in ogni fase di realizzazione degli interventi. In particolare, le Linee Guida illustrano le procedure che i Soggetti Attuatori sono chiamati a porre in essere al fine di adempiere agli obblighi in materia di gestione finanziaria, monitoraggio, controllo e rendicontazione, riportati nelle convenzioni/accordi o atti d’obbligo sottoscritti per l’attuazione delle progettualità di cui sono titolari.

La manualistica è integrata da specifici addendum relativi alle procedure di gestione finanziaria, monitoraggio, rendicontazione e controllo che intendono fornire puntuali chiarimenti in merito ad aspetti peculiari di determinati investimenti. Sono previste, inoltre, appendici di supporto che forniscono definizioni standard, riferimenti normativi, allegati e format da utilizzare nell’adozione e attuazione degli strumenti previsti per la realizzazione degli interventi. Il documento include anche specifici BOX di focus o di sintesi per evidenziare determinati elementi di attenzione da considerare nello svolgimento delle attività a carico dei soggetti attuatori.

 

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Assegno di Inclusione: Le Linee Guida per la definizione dei Patti per l’inclusione sociale

Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, con decreto n. 72 del 2 maggio 2024, ha approvato le Linee Guida per la definizione dei Patti per l’inclusione sociale (PaIS).

In linea con le previsioni del decreto-legge n. 48 del 2023, le Linee Guida forniscono agli operatori dei servizi sociali, dei centri per l’impiego e degli altri servizi territoriali che accompagnano i beneficiari dell’Assegno di inclusione (ADI), indicazioni e strumenti per la costruzione dei percorsi personalizzati di inclusione sociale e lavorativa, identificati attraverso l’analisi preliminare e la valutazione multidimensionale, sulla base dei bisogni del nucleo familiare nel suo complesso e dei singoli componenti.

Il Patto per l’Inclusione Sociale (PaIS) rappresenta il progetto di cambiamento, ovvero il mezzo con il quale accompagnare il processo di cambiamento nella vita dei cittadini in situazione di povertà, beneficiari dell’Assegno di inclusione. Attraverso il Patto per l’Inclusione Sociale (PaIS) i servizi sociali del Comune aiutano il nucleo beneficiario a capire quali sono i bisogni della famiglia, quali servizi possono essere forniti al nucleo e ai singoli componenti e al tempo stesso quali impegni la famiglia deve assumersi, passo dopo passo, per migliorare la propria condizione sociale e lavorativa.

L’Assegno di inclusione sarà riconosciuto a decorrere dal 1° gennaio 2024 quale misura di sostegno economico e di inclusione sociale e professionale, condizionata al possesso di requisiti di residenza, cittadinanza e soggiorno, alla prova dei mezzi sulla base dell’ISEE, alla situazione reddituale del beneficiario e del suo nucleo familiare e all’adesione a un percorso personalizzato di attivazione e di inclusione sociale e lavorativa.

 

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Appalti: le linee guida per pari opportunità e inclusione disabili

È stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n 173 del 26 luglio 2023 il Decreto 20 giugno 2023 del Dipartimento politiche per la famiglia di approvazione delle “Linee guida volte a favorire le pari opportunità generazionali e di genere, nonché l’inclusione lavorativa delle persone con disabilità nei contratti riservati”. Il decreto, in attuazione dell’articolo 1 comma 8 dell’allegato II.3 del Dlgs 36/2023, adotta l’Allegato 1 recante le succitate linee guida, che definiscono le modalità e i criteri applicativi delle misure premiali e predisposti modelli di clausole da inserire nei bandi di gara differenziati per settore, tipologia e natura del contratto o del progetto.

L’art. 61 del decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36 recante codice dei contratti pubblici, contiene disposizioni volte a favorire le pari opportunità generazionali e di genere e per promuovere l’inclusione lavorativa delle persone con disabilità in relazione alle procedure afferenti ai contratti riservati. Ai sensi dell’art. 61, comma 1, del decreto legislativo sopracitato, in tali contratti «Le  stazioni appaltanti e gli enti concedenti possono riservare il diritto di partecipazione alle procedure di appalto e quelle di concessione o possono riservarne l’esecuzione a operatori economici e a cooperative sociali e loro consorzi il cui scopo principale sia l’integrazione sociale e professionale delle persone con disabilità o svantaggiate, o possono riservarne l’esecuzione nel contesto di programmi di lavoro protetti quando almeno il 30 per cento dei lavoratori dei suddetti operatori economici sia composto da lavoratori con disabilità o da lavoratori svantaggiati». Ai sensi del comma 2 del sopracitato articolo «Le stazioni appaltanti e gli enti concedenti prevedono nei bandi di gara, negli avvisi e negli inviti, come requisiti necessari o come ulteriori requisiti premiali dell’offerta, meccanismi e strumenti idonei a realizzare le pari opportunità generazionali, di genere e di inclusione lavorativa per le persone con disabilità o svantaggiate.

In base alle linee guida, costituiscono requisiti necessari dell’offerta:
a. l’aver assolto, al momento della presentazione dell’offerta stessa, agli obblighi in materia di lavoro delle persone con disabilità di cui alla legge 12 marzo 1999, n. 68;
b. l’assunzione dell’obbligo di assicurare, in caso di aggiudicazione del contratto, una quota pari almeno al 30 per cento, delle assunzioni necessarie per l’esecuzione del contratto o per la realizzazione di attività ad esso connesse o strumentali, sia all’occupazione giovanile sia all’occupazione femminile.

Con riferimento a quest’ultimo, qualora l’oggetto del contratto, la tipologia o la natura del progetto o altri elementi puntualmente indicati ne rendano l’inserimento impossibile o contrastante con obiettivi di universalità e socialità, di efficienza, di economicità e di qualità del servizio nonché di ottimale impiego delle risorse pubbliche, le stazioni appaltanti possono escludere l’inserimento nei bandi di gara, negli avvisi e negli inviti dei requisiti di partecipazione, o stabilire una quota inferiore, dandone adeguata e specifica motivazione.

Possono costituire ragioni di deroga: affidamenti diretti per importi di modico valore o di procedure che prevedano un numero di assunzioni inferiore a tre unità di personale; assunzione di personale con abilitazioni tali da rendere la platea dei potenziali interessati alle assunzioni limitata nel breve periodo; procedure per somma urgenza o protezione civile o, comunque, altrimenti giustificate da specifiche ragioni di urgenza.
Per quanto attiene all’occupazione giovanile, la motivazione, a sostegno della deroga all’obbligo di assicurare una quota pari almeno al 30 per cento di nuove assunzioni di giovani, potrebbe considerare i casi in cui esigenze specifiche correlate alle caratteristiche delle mansioni da svolgere per l’esecuzione del contratto o per la realizzazione di attività ad esso connesse o strumentali, richiedano, per oltre il 70 per cento delle nuove assunzioni, una pregressa esperienza o specializzazione tali da rendere la fascia anagrafica giovanile con esse incompatibile, quale, a titolo esemplificativo, quella corrispondente ad un arco temporale ultra quindicennale. In tali casi, la stazione appaltante potrà individuare la riduzione della quota da applicare ritenuta più congrua, motivando, in modo analitico, la necessità della predetta esperienza.

Per quanto attiene alla quota di genere nelle nuove assunzioni, nella motivazione la stazione appaltante potrà fare anche riferimento al livello dei tassi di occupazione femminile, che, del resto, presentano significative differenziazioni tra settori economici e tipologie di committenza pubblica (lavori, servizi e forniture), per cui il raggiungimento della percentuale del 30 per cento delle nuove assunzioni potrebbe incontrare difficoltà in particolari contesti di attività in ragione delle caratteristiche strutturali delle mansioni da svolgere o del contesto di applicazione dei contratti.

In merito al calcolo della quota del 30 per cento si deve fare riferimento al numero complessivo di nuove assunzioni da impiegare lungo l’arco temporale di esecuzione del contratto. In riferimento all’obbligo di assicurare una quota pari almeno al 30% nelle assunzioni necessarie per l’esecuzione del contratto o per la realizzazione di attività a esso connesse o strumentali, le Linee guida precisano che deve sussistere una relazione o un nesso funzionale tra l’esecuzione del contratto e le assunzioni, nel senso che nel calcolo della quota corrispondente al numero delle assunzioni obbligatorie occorre fare riferimento a tutte le assunzioni funzionali a garantire l’esecuzione del contratto aggiudicato, escludendo quelle non funzionali al predetto scopo. In caso di subappalto, qualora l’appaltatore abbia già raggiunto la percentuale del 30%, il subappaltatore non sarà tenuto ad assumere lavoratori appartenenti alle categorie indicate dalla norma primaria, fermo restando che le assunzioni da questi effettuate rileveranno per determinare la base di calcolo della quota del 30%.

 

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Parità di genere, le linee guida per la Pa

Sottoscritte dal Ministro per la PA e il Ministro per le Pari opportunità le linee guida  sulla parità di genere, che forniscono indicazioni concrete e percorribili per supportare le Pa a realizzare una migliore organizzazione lavorativa più inclusiva e rispettosa della parità di genere.

Le linee guida sono state elaborate in linea con i contenuti dell’articolo 5 del decreto-legge 36/2022 (“Pnrr 2”), su cui è arrivato il via libera della Commissione Ue, e riportano gli obiettivi prioritari che le amministrazioni devono perseguire nell’individuare misure che attribuiscano vantaggi specifici, evitino o compensino svantaggi nelle carriere al genere meno rappresentato, collocandoli nel contesto dei principi già acquisiti dall’Unione europea, nonché del quadro ordinamentale nazionale, normativo e programmatico.

L’impianto delle linee guida è volutamente aperto e modulabile sulla base delle diverse realtà che debbono confrontarsi con il tema. L’invito che si evince con chiarezza è puntare a obiettivi concreti e percorribili, lavorando con una nuova consapevolezza, identificando le criticità e affrontare gradualmente il rinnovamento di scelte organizzative e il ridisegno di processi di lavoro con un’attenzione costante all’equilibrio di genere.

Il documento di indirizzo elaborato dal Dipartimento della Funzione pubblica di concerto con il Dipartimento per le Pari opportunità della Presidenza del consiglio dei ministri, si articola in due parti e un’appendice con il glossario dei principali termini riferiti al tema dell’equilibrio di genere.

La prima parte individua lo scenario di contesto – con specifico riferimento all’ambito della Pubblica amministrazione – in cui si inseriscono le azioni promosse, con lo scopo di capitalizzare esperienze pregresse e di individuare i punti di sinergia e i comuni obiettivi con gli interventi a livello globale, europeo e nazionale. La seconda parte si rivolge direttamente alle amministrazioni, in particolare agli uffici di vertice o a quelli incaricati della gestione delle risorse umane, ed entra nel merito delle azioni utili a migliorare la parità di genere nella Pubblica amministrazione.

Il cuore delle indicazioni contenute nelle linee-guida, che muove da alcune evidenze empiriche quali la misurazione di una presenza prevalentemente femminile nei ruoli impiegatizi della Pa che va, poi, assottigliandosi nelle posizioni apicali è costituito da una check-list che, nelle mani delle amministrazioni, deve ispirare le scelte in merito agli strumenti operativi che quotidianamente interessano la gestione del capitale umano in termini di accesso alle posizioni di maggiore responsabilità e di sviluppo dell’intera carriera lavorativa.

L’elencazione delle misure muove dalla necessità di conoscere e misurare il fenomeno dello squilibrio di genere nell’ambito di ciascuna organizzazione, adottando degli indicatori che diano evidenza, ad esempio, del ricorso analizzato “per genere” agli strumenti di flessibilità e di conciliazione vita-lavoro offerti dalle norme e dai contratti collettivi.

Altro punto di attenzione è quello legato alla pesatura delle esperienze nell’ambito delle opportunità di carriera, soprattutto dirigenziale. Nel testo si suggeriscono misure per evitare che, tra concorrenti di diverso sesso, possa determinarsi una discriminazione indiretta per effetto di periodi di assenza legati a fenomeni come la maternità.

Le linee guida operano anche sul piano della cultura organizzativa, prevedendo per esempio che l’amministrazione si organizzi per svolgere riunioni non oltre un certo orario, più facilmente confliggente con la necessità di gestire carichi familiari, e che si preveda comunque una modalità di svolgimento ibrida, prevedendo di default un collegamento in videoconferenza anche se vi sono partecipanti in presenza.

Un ruolo rilevante è rivestito anche dall’accountability dell’amministrazione, che deve abituarsi a esporre i dati che riguardano la propria organizzazione offrendo sempre anche la chiave di lettura di “genere”, a partire dagli obblighi di trasparenza ad esempio sulle retribuzioni, dove si ritiene necessario far comparire anche i compensi connessi agli incarichi aggiuntivi, per non lasciare sottotraccia fenomeni di gender pay gap reali, ma striscianti in quanto non legati agli stipendi contrattuali, che sono necessariamente gli stessi per uomini e donne, ma a opportunità di guadagni aggiuntivi che si riconducono alla maggiore disponibilità di tempo extra-lavoro.

 

La redazione PERK SOLUTION

Stazioni appaltanti: Le linee guida ANAC per la qualificazione

Con deliberazione n. 441 del 28 settembre 2022 l’ANAC ha approvato in via definitiva le Linee guida recanti «attuazione – anche a fasi progressive – del sistema di qualificazione delle stazioni appaltanti e delle centrali di committenza da porre alla base del nuovo sistema di qualificazione che sarà reso operativo al momento della entrata in vigore della riforma della disciplina dei contratti pubblici.».

Il documento individua i requisiti obbligatori per poter essere ammessi alla procedura di qualificazione per la progettazione e l’affidamento di lavori, servizi e forniture. La qualificazione è necessaria per tutte le acquisizioni di importo pari o superiore a alle soglie previste per gli affidamenti diretti dai decreti legislativi di cui all’articolo 1, comma 1, della legge 21 giugno 2022, n. 78. Non è necessaria la qualificazione per gli affidamenti diretti e per
l’effettuazione di ordini a valere su strumenti di acquisto messi a disposizione dalle centrali di committenza e dai soggetti aggregatori. Le stazioni appaltanti e le centrali di committenza per essere qualificate devono necessariamente essere iscritte ad AUSA, avere una struttura organizzativa stabile e la disponibilità di piattaforme telematiche nella gestione delle procedure di gara.

Le linee guida individuano tre livelli di qualificazione basati su determinati punteggi: basteranno 30 punti a regime per qualificarsi per i lavori inferiori a un milione di euro (livello L3), 40 punti per importi superiori a un milione di euro e inferiori alla soglia di rilevanza comunitaria (livello L2), 50 punti per importi pari o superiori alle soglie di rilevanza comunitaria (livello L1). Per i primi due anni, sono previsti degli ‘sconti’, la qualificazione cioè può essere ottenuta anche con un punteggio inferiore di 10 punti per il livello 3 e di 5 punti per gli altri due livelli; per il secondo anno inferiore di 5 punti per il livello 3 e di 2 per gli altri due livelli.

Anac effettuerà a campione verifiche sulle informazioni dichiarate dalle stazioni appaltanti e dalle centrali di committenza per controllarne la veridicità e confermare il livello di qualificazione.

 

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Le Stazioni Appaltanti hanno il dovere di adeguarsi alle Linee Guida Anac

Le Stazioni Appaltanti hanno il dovere di adeguarsi alle indicazioni delle Linee Guida dell’Anac. Non possono discostarsi da esse in maniera irragionevole e abnorme, e comunque – nel caso decidano di non adeguarsi – lo devono motivare adeguatamente adottando un apposito atto che indichi le ragioni sottese a tale deroga. In base all’articolo 71 del Codice degli Appalti, tale motivazione deve essere particolarmente circostanziata qualora sia presente un bando-tipo che esplicita i criteri di valutazione delle offerte. A chiarirlo è la stessa Autorità Nazionale Anticorruzione con una Nota del Presidente approvata dal Consiglio.

 

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In G.U. le Linee guida sui fabbisogni professionali della Pa

È stato pubblicato in G.U. n. 215 del 14-9-2022 il decreto del 22 luglio 2022 recante “Definizione di linee di indirizzo per l’individuazione dei nuovi fabbisogni professionali da parte delle amministrazioni pubbliche”.

Il decreto favorisce il superamento del concetto di “profilo professionale” a beneficio di quello di “famiglia professionale”, inteso come l’ambito in cui i dipendenti hanno conoscenze o competenze comuni, ambito che si presta a raccogliere una pluralità di profili di ruolo o di competenza, in base alla complessità dell’organizzazione. Poiché al dipendente pubblico non si richiederà più il semplice possesso di nozioni teoriche, ma anche la capacità di applicarle ai casi concreti e di mantenere una certa condotta, nei concorsi occorrerà valutare anche le soft skill, come la capacità di innovare le procedure amministrative, lavorare in squadra e prendere decisioni in modo autonomo. Abilità che avranno maggiore peso anche nei percorsi formativi e di carriera.

Da ora in avanti, dunque, le amministrazioni pubbliche dovranno individuare il proprio fabbisogno di capitale umano considerando non solo le conoscenze teoriche dei dipendenti (sapere), ma anche le capacità tecniche (saper fare) e comportamentali (saper essere).

 

La redazione PERK SOLUTION

Partenariato pubblico-privato, Anac emana le nuove Linee Guida per il monitoraggio

L’ANAC ha pubblicato l’aggiornamento delle Linee Guida sul monitoraggio del Partenariato Pubblico-Privato, in attesa di ricevere il parere del Ministero dell’Economia e delle Finanze e il parere della Commissione Speciale del Consiglio di Stato, per l’adozione definitiva.

La revisione riguarda una migliore sistematizzazione dei rischi, funzionale a chiarire le ipotesi in cui è possibile procedere alla revisione del piano economico-finanziario. “Il rischio legato ai cicli economici e sopportato dai produttori nel loro settore di attività non può essere considerato causa di forza di maggiore”, viene specificato. Nel valutare l’opportunità di ricorrere ad un contratto di Partenariato Pubblico-Privato, la stazione appaltante deve considerare attentamente i rischi specifici dell’affidamento. Tali rischi sono classificati in rischi di costruzione (errore di progettazione, rischio ambientale, amministrativo, di slittamento dei tempi ecc.), rischi di domanda (riduzione della domanda del mercato relativa a quel servizio o rischio concorrenza) e rischi di disponibilità (obsolescenza degli impianti, indisponibilità della struttura o dei servizi da erogare). Accanto a questi ci sono anche i rischi di forza maggiore (scioperi o manifestazioni, guerre, esplosioni, fenomeni naturali avversi come siccità o alluvioni).

Nelle linee guida si ricorda che il decreto legge n. 36 del 2022 per l’attuazione del Pnrr prevede l’obbligo per le amministrazioni aggiudicatrici interessate a sviluppare progetti di Partenariato di importo superiore a 10 milioni di euro di richiedere un parere preventivo, non vincolante, a Dipe e Ragioneria dello Stato. Al contratto di Partenariato è allegata la “matrice dei rischi”, che costituisce parte integrante del contratto medesimo e “deve indicare con chiarezza quali sono i rischi assunti dall’ente concedente e quali dall’operatore economico”.

Novità anche nel monitoraggio sui rischi. La stazione appaltante presidia sia la qualificazione precisa e corretta della tipologia di contratto di partenariato stipulato fra essa e l’operatore privato, provvedendo a censirla all’interno della Banca dati di Anac, sia l’associazione fra la stipula di tali contratti e l’intervento da realizzare, censito nell’anagrafe nazionale dei progetti d’investimento segnalando se si tratta di un intervento sulle opere pubbliche o di altra natura. Per tale finalità, la stazione appaltante, in sede di richiesta del Codice Identificativo di Gara, indica obbligatoriamente la “tipologia del contratto da stipulare” all’interno di una delle categorie predisposte dall’Anac nonché il Codice Unico di Progetto, che identifica l’intervento da realizzare in regime di partenariato. In un’ottica di collaborazione tra banche dati, il Dipe e l’Anac, stanno rafforzando il legame tra i due codici per disporre di informazioni tempestive e qualitativamente adeguate sul monitoraggio degli investimenti realizzati in Partenariato.

 

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