Lavoro flessibile: possibile derogare ai limiti di spesa per gli enti di minore dimensione

La Corte dei conti, Sez. Emilia-Romagna, con deliberazione n. 119/2024, nel fornire riscontro ad una richiesta di parere in merito alla possibilità di derogare al limite di spesa posto dall’art. 9, comma 28, del D.L. n. 78/2010, ha evidenziato che sussiste, per gli enti locali di minori dimensioni che nel 2009 abbiano sostenuto una spesa modesta per l’instaurazione di rapporti di lavoro flessibile, la possibilità di utilizzare, come parametro utile ai fini dell’effettuazione della stessa spesa, quella strettamente necessaria per far fronte, in via del tutto eccezionale, a un servizio essenziale per l’ente, occorrendo garantire, in ogni caso, il rispetto dei presupposti stabiliti dall’art. 36, c. 2 e ss., del D.Lgs. n. 165/2001 e della normativa anche contrattuale, nonché dei vincoli generali previsti dall’ordinamento.

L’art. 9, c. 28, del D.L. 31 maggio 2010, n. 78, pone dei principi di coordinamento della finanza pubblica nei confronti degli enti territoriali autonomi, nel quadro di disposizioni finalizzate al contenimento delle spese in materia di personale a tempo determinato, con convenzioni, con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, con contratti di formazione-lavoro, ad altri rapporti formativi, alla somministrazione di lavoro, nonché al lavoro accessorio di cui all’art. 70, c. 1, lett. d) del D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276 nel limite del 50 per cento della spesa sostenuta per le stesse finalità nel 2009. Il mancato rispetto delle limitazioni predette costituisce illecito disciplinare e determina responsabilità erariale.

Già la deliberazione n. 1/2017/QMIG, aveva chiarito che ai fini della determinazione del limite di spesa previsto dall’art. 9, comma 28, del d.l. 78/2010 e s.m.i., l’ente locale che non abbia fatto ricorso alle tipologie contrattuali ivi contemplate né nel 2009, né nel triennio 2007-2009, può, con motivato provvedimento, individuare un nuovo parametro di riferimento, costituito dalla spesa strettamente necessaria per far fronte ad un servizio essenziale per l’ente. Successivamente, con la deliberazione n. 15/2018/QMIG, la Sezione delle Autonomie ha esteso il principio fissato con la deliberazione n. 1/2017/QMIG, con riferimento all’ipotesi di assenza di spesa sostenuta nel 2009 per lavoro flessibile, individuando come limite minimo, la creazione di una “nuova” base di spesa necessaria per far fronte ad un servizio essenziale per l’ente, in particolar modo per gli enti di modeste dimensione che possano contare su esigue risorse umane a disposizione, e che risulterebbero oltremodo penalizzati dall’assenza di spesa storica pur essendo particolarmente esposti a contingenze di natura straordinaria e non prevedibile.

In una prospettiva sistematica, ispirata al principio costituzionale di ragionevolezza, funzionale a lasciare alcuni margini di azione nell’applicazione, altrimenti vistosamente limitata, dei vincoli posti dall’art. 9, c. 28, del D.L. n. 78/2010, laddove la spesa di riferimento (sostenuta nel 2009 per rapporti di lavoro flessibili) sia a tal punto minimale da non essere idonea a integrare «un ragionevole parametro assunzionale», la Sezione ammette la possibilità, per enti di minori dimensioni, di adottare provvedimenti motivati che stabiliscano un nuovo parametro di spesa strettamente necessario per servizi essenziali; ferma restando tale possibilità, le uniche deroghe possibili ai vincoli posti dall’art. 9, comma 28, del D.L. n. 78/2010 sono soltanto quelle espressamente previste dal legislatore al fine di fronteggiare specifiche situazioni.

 

La redazione PERK SOLUTION

Incarichi a contratto e limiti di spesa del personale

Con deliberazione 233/2024/PAR, la Corte dei Conti Lombardia ha risposto ad una richiesta di parere per una lettura coordinata tra il disposto di cui all’art. 110, comma 3, del TUEL e le norme afferenti la spesa per il personale.

Nello specifico, il Sindaco richiede: “conferma che la spesa correlata al predetto profilo vada considerata entro il limite di cui all’art. 1 co. 557 e 562 della L. 296/2006 (media spesa personale triennio 2011-2013)”;“se l’eventuale costo del salario accessorio (indennità di risultato e di posizione) correlato alla figura sia da considerarsi impattante anche ai fini del rispetto del limite di cui all’articolo 23, comma 2, del d.lgs. n. 75 del 2017 (quota salario accessorio complessivo dell’ente anno 2016)”;“se sia da calcolare al predetto fine (ossia impattante sul limite s.a. anno 2016) anche l’eventuale indennità ad personam che la giunta comunale intendesse eventualmente riconoscere al soggetto che verrà selezionato ad esito della necessaria preventiva procedura comparativa”.

La Corte dei conti, Sezione regionale di controllo per la Lombardia, rende il parere come segue: può conclusivamente affermarsi che le suesposte considerazioni riscontrano in termini positivi il primo quesito formulato dall’Amministrazione civica nel senso di confermare che la spesa correlata alla sostituzione del responsabile dell’area tecnica mediante un’assunzione ex art. 110, comma 1, del d.lgs. n. 267/2000 va considerata entro il limite di cui all’art. 1, commi 557 e 562, della l. n. 296/2006. Negli stessi termini si pone la soluzione al secondo quesito, in punto di impatto del costo del salario accessorio (indennità di risultato e di posizione) riferito alla figura assunta ex art. 110, comma 1, Tuel ai fini del rispetto del limite di cui all’art. 23, comma 2, del d.lgs. n. 75 del 2017, a tenore del quale “a decorrere dal 1° gennaio 2017, l’ammontare complessivo delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del personale, anche di livello dirigenziale, di ciascuna delle amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, non può superare il corrispondente importo determinato per l’anno 2016 (…)”.

In riscontro all’ultimo quesito attenzionato dall’Ente istante, la circostanza che tale indennità costituisca una voce di costo del trattamento economico fondamentale la rende ontologicamente differente dalle altre componenti accessorie e, per l’effetto, estranea al perimetro di applicazione dei limiti della spesa relativa al salario accessorio, permanendo unicamente i tetti complessivi imposti alla spesa per il personale ex art. 1, commi 557 e 562, della legge finanziaria n. 296/2006 (vd. altresì sentenza n. 95/2024 della Sezione giurisdizionale per il Veneto).

 

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Corte dei conti Autonomie, capacità assunzionali: niente esclusione degli aumenti di spesa per i rinnovi contrattuali

La Corte dei conti Sezione Autonomie, con la deliberazione n. 19/2024, nell’affrontare una questione di massima sollevata dalla Sezione Liguria, concernente la possibilità o meno di esclusione degli aumenti di spesa derivanti da sopravvenute disposizioni normative relative all’indennità di vacanza contrattuale, ha pronunciato il seguente principio di diritto: «Per gli enti che rispettano il valore soglia di cui all’art. 4 del D.M. del 17 marzo 2020, nella determinazione della percentuale incrementale di cui all’art. 5 non possono essere esclusi gli aumenti di spesa derivanti da sopravvenute disposizioni normative relative all’indennità di vacanza contrattuale, erogata al personale dipendente. Per gli enti che, pur non superando il valore soglia previsto dall’art. 4, non realizzano le condizioni del successivo art. 5 per dar luogo alle assunzioni nel 2024, resta comunque salva la facoltà assunzionale prevista dall’art. 3, comma 5, del d.l. n. 90/2014 da esercitare nel limite di un contingente di personale complessivamente corrispondente ad una spesa pari al 100% di quella relativa al personale cessato nell’anno precedente».

Per la Sezione, l’analisi del quadro normativo, porta ad escludere la configurabilità di una “intenzione” del “legislatore” tesa ad escludere dagli aggregati di calcolo della spesa di personale, rilevante per l’art. 33, dell’indennità di vacanza contrattuale. Ciò in ragione:

  • della chiara lettera della legge che formula una nozione di spesa “complessiva”;
  • della diversità della ratio, evidenziata dai parametri e degli effetti diversi delle norme richiamate;
  • della circostanza che l’art. 33 prevede una riserva definitoria a favore della fonte regolamentare, la quale può liberamente indicare e aggiornare periodicamente i paramenti delle percentuali di crescita della spesa complessiva;
  • della considerazione che l’esclusione degli oneri da rinnovo contrattuale prevista dall’art. 1, commi 557 e ss. e 562 della l. n. 296/2006 non può estendersi ad altri tetti di spesa in quanto non costituisce espressione di un principio generale.

Inoltre, resta impregiudicata la possibilità di effettuare nuove assunzioni nei limiti di cui all’art. 3, co. 5, del d.l. n. 90/2014, ad eccezione di collocazione del comune nella c.d. terza fascia, nell’ambito della quale la facoltà assunzionale per turn-over è inferiore al 100% e, per il regolatore, di stabilire regole più flessibili in ragione della sopravvenienza del c.d. decreto anticipi che ha determinato, per il 2024, un diffuso sforamento dei limiti percentuali di cui alla tabella dell’art. 5 d.a.

 

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Compensi spettanti ai dipendenti comunali, non avvocati, che assistono l’ente nei processi tributari

La Corte dei Conti Sezione Autonomie, con deliberazione n. 18/SEZAUT/2024/QMIG, si è pronunciandosi sulla questione di massima sollevata dall’ Associazione Nazionale Comuni Italiani – ANCI con nota dell’11 giugno 2024 (prot. n. 26/VSG/SD-24), in merito ai limiti ex art. 23, co. 2 del d.lgs. n. 75/2017 per la costituzione del fondo risorse decentrate, con riferimento ai compensi spettanti ai dipendenti comunali, non avvocati, che assistono l’ente nei processi tributari.

La Corte dei Conti, ha enuncia il seguente principio di diritto: «gli importi necessari alla liquidazione dei compensi ai dirigenti o dipendenti che abbiano assistito l’ente locale nel processo tributario, derivanti da condanna della controparte alle spese di giudizio, non sono assoggettati ai limiti di cui all’art. 23, comma 2, del d.lgs. n. 75/2017 in quanto si tratta di risorse etero-finanziate, previamente acquisite e ritualmente riscosse. Tali
risorse devono essere gestite, sulla base di una specifica norma regolamentare interna, intesa a disciplinare, nell’ambito delle indicazioni dei rispettivi contratti collettivi nazionali di lavoro, le modalità applicative dell’incentivo».

L’attività di difesa dinanzi alla Giustizia tributaria resa dal dirigente o funzionario può costituire un risparmio di spesa, anche in un ente locale munito di avvocatura interna, riducendo l’impegno del personale togato ed evitando il ricorso a professionisti esterni; inoltre, in caso di soccombenza, l’onorario liquidato dal giudice sarebbe ridotto del 20%. Al fine di superare i limiti di cui all’art. 23, comma 2, del d.lgs. n. 75/2017, devono però verificarsi entrambe le condizioni: che si tratti di risorse etero-finanziate e che siano utilizzate per premiare la maggiore produttività di specifiche unità di personale incaricate di svolgere servizi suppletivi.

Nel caso in esame, si tratta di incentivi ad personam etero finanziati, attraverso risorse aggiuntive per il bilancio dell’ente, da destinare specificamente a remunerare il dirigente o il dipendente che ha assistito l’ente locale in giudizio, solo a seguito di riscossione delle spese di lite liquidate in sentenza e dopo il passaggio in giudicato della stessa, secondo le modalità dettate in apposito regolamento interno che dovrà, altresì, prevedere sistemi per assicurare la neutralità finanziaria, tenendo indenne l’ente locale dal peso dei costi connessi.

Deve sempre sussistere una stretta correlazione tra le risorse recuperate a titolo di spese di giudizio liquidate in sentenza e il dirigente o funzionario che ha assistito l’ente nel medesimo contenzioso, osservando tutti gli altri limiti imposti dalla legge o dalla contrattazione collettiva nazionale vigente.

La redazione PERK SOLUTION

Progressioni verticali e limite alle spese di personale

La Corte dei conti, Sez. Lombardia, con deliberazione n. 148/2024, in riscontro ad una richiesta di parere in merito alla possibile esclusione dai tetti di spesa di alcune risorse destinate alle cd. “progressioni in deroga”
introdotte dall’art. 13, commi 6, 7 e 8 del CCNL 2019 – 2021, ha evidenziato la quota dello 0,55% del monte salari 2018, utilizzata per finanziare progressioni verticali ai sensi dell’art. 13 comma 8 del CCNL 16/11/2022, non è assimilabile agli oneri per i rinnovi contrattuali e, pertanto, non è esclusa dal computo del tetto di spesa calcolata secondo quanto prevede l’art. 1, comma 562, della Legge 27 dicembre 2006, n. 296.

La Sezione chiarisce che non esiste una definizione normativa del monte salari e che, tuttavia, tale espressione viene convenzionalmente utilizzata in tutti i contratti collettivi per la quantificazione delle risorse da destinare al
fondo per i trattamenti accessori. Rientrano in tale definizione tutte le somme corrisposte nell’anno di riferimento, come rilevate dai dati inviati da ciascun Ente, ai sensi dell’art. 60 del D.Lgs. n. 165/2001, a titolo di trattamento economico sia principale che accessorio, ivi comprese le incentivazioni, al netto degli oneri accessori e riflessi a carico dell’amministrazione e con esclusione degli emolumenti non correlati ad effettive prestazioni lavorative, mentre non costituiscono base di calcolo per la determinazione del “monte salari”, oltre che le voci relative agli assegni per il nucleo familiare, anche, ad esempio, i buoni pasto, i rimborsi spese etc., né concorrono alla determinazione del monte salari gli emolumenti arretrati relativi ad anni precedenti.

Le norme che riportano la locuzione “oneri per rinnovi contrattuali” fanno, invece, più concreto e specifico riferimento agli incrementi retributivi riconosciuti dalla contrattazione collettiva integrativa e quelli derivanti dall’applicazione delle norme di legge, certificati, ai fini del controllo sulla compatibilità con i vincoli di bilancio, dall’organo di controllo competente ai sensi dell’art. 40-bis, comma 1 del d.lgs. n. 165/2001.

La Sezione osserva, altresì, che nessun elemento sostiene una assimilazione della quota del monte salari 2018 agli oneri per i rinnovi contrattuali, dal momento che il monte salari è un valore economico che ricomprende tutte le somme corrisposte nell’anno di riferimento per il personale, mentre gli oneri per i rinnovi contrattuali individuano il maggior -e nuovo- valore correlato alla stipula di un diverso accordo di lavoro.

In definitiva, l’interpretazione letterale e logico-sistematico dell’art. 13 del CCNL 16.11.2022 e dell’art. 1, comma 612, legge n. 234/2021, conduce a ritenere che la quota del monte salari 2018, utilizzata per finanziare progressioni verticali ai sensi del comma 8, dell’art. 13, non sia assimilabile agli oneri per i rinnovi contrattuali e quindi non possa essere esclusa dai tetti di spesa secondo la previsione dell’art. 1, comma 562, della legge 296/2006 e s.m.i..

 

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Misure di contenimento della spesa, la Circolare RGS

Con la circolare n. 16 del 9 aprile 2024 la RGS aggiorna la precedente circolare n. 29 del 3 novembre 2023 – “Enti ed organismi pubblici – Bilancio di previsione per l’esercizio 2024” -, in considerazione delle sopravvenute modifiche normative. Tenuto conto, in particolare, della legge 30 dicembre 2023, n. 213 (Legge di bilancio 2024) e di talune altre disposizioni normative di aggiornamento, fornisce ulteriori indicazioni e chiarificazioni al fine di un puntuale adeguamento del bilancio di previsione del corrente esercizio finanziario degli enti ed organismi pubblici.

La circolare contiene alcuni aggiornamenti relativi alle misure di contenimento della spesa (Scheda tematica A); indicazioni relative agli adempimenti concernenti il monitoraggio ai sensi dell’art. 11 del DPCM 23 agosto 2022, n. 143, recante il “Regolamento in attuazione dell’articolo 1, comma 596, della legge 27 dicembre 2019, n. 160, in materia di compensi, gettoni di presenza e ogni altro emolumento spettante ai componenti gli organi di amministrazione e di controllo, ordinari e straordinari, degli enti pubblici” (Scheda tematica B); richiami agli adempimenti ex art. 12 della legge 5 luglio 1982, n. 441, recante “Disposizioni per la pubblicità della situazione patrimoniale dei titolari di cariche elettive e direttive di alcuni enti” (Scheda tematica C); puntuali aggiornamenti con riferimento al trattamento economico del personale (Scheda tematica D).

Viene aggiornato il quadro sinottico allegato alla circolare al fine di consentire una lettura sistematica delle vigenti misure di contenimento della finanza pubblica (Allegato 1 della circolare). In allegato vengono infine rese disponibili la scheda di monitoraggio dei versamenti da effettuare al bilancio dello Stato, debitamente aggiornata sulla base delle disposizioni vigenti (Allegato 2 della circolare) nonché il Modulo per il monitoraggio dei compensi degli organi di amministrazione e di controllo degli enti pubblici (Allegato 3 della circolare).

La circolare è rivolta principalmente alle Amministrazioni centrali ed agli enti ed organismi vigilati e solo indirettamente agli enti locali, costituendo, comunque, un utile strumento nell’adozione di criteri operativi volti alla riduzione e alla razionalizzazione della spesa pubblica, nonché di integrare il quadro delle indicazioni per una corretta impostazione contabile del bilancio.

 

Allegati:
Circolare-del-9-aprile-2024-n-16
Allegato alla Circolare del 9 aprile 2024, n. 16 – Quadro sinottico 
Allegato alla Circolare del 9 aprile 2024, n. 16 – Scheda di monitoraggio
Allegato alla Circolare del 9 aprile 2024, n. 16 – Scheda di monitoraggio – Versione Excel
Allegato alla Circolare del 9 aprile 2024, n. 16 – Versamenti e modulo di monitoraggio compensi
Allegato alla Circolare del 9 aprile 2024, n. 16 – Versamenti e modulo di monitoraggio compensi – Versione Excel

 

La redazione PERK SOLUTION

Impossibile assumere personale dipendente in deroga ai vincoli di limiti di spesa ex comma 557

L’Ente è tenuto a programmare i propri fabbisogni assunzionali nel rispetto della normativa vigente, adottando azioni, da modulare nell’ambito della propria autonomia, tali da assicurare il contenimento della spesa di personale entro i limiti recati dalle disposizioni di cui agli artt. 557 e seguenti, della legge n. 296/2006. È quanto ribadito dalla Corte dei conti, Sez. Veneto, con deliberazione n. 81/2023.

Nel caso di specie, il Comune istante rappresenta che – dovendosi provvedere ad assicurare in via immediata la regolare apertura dei servizi d’anagrafe nonché rinforzare la dotazione organica dell’ufficio tecnico, evidentemente sotto dimensionato, e nominare un Segretario Comunale titolare, già informalmente individuato in un vincitore di recente concorso – è costretto ad attuare un provvedimento che comporta il superamento del limite di spesa ex comma 557 dell’art. 1 della Legge 27 dicembre 2006, n. 296. Trattasi di necessità oggettivamente inderogabili, la cui mancata risoluzione comporterebbe la chiusura di un importante servizio pubblico (anagrafe), l’impossibilità da parte dell’ufficio tecnico di supportare la realizzazione dei programmi di investimento e la completa mancanza di supporto giuridico-ammnistrativo a servizio dell’ente.

La Sezione ricorda che l’obbligo di contenimento della spesa di personale permane, a carico degli enti territoriali (…) secondo il parametro individuato dal comma 557-quater, da intendere in senso statico, con riferimento al triennio 2011-2013” (Sezione delle autonomie n. 16/2016/QMIG), non essendo ammissibile “che la sterilizzazione degli effetti della stessa, ai fini del rispetto dei vincoli di finanza pubblica, possa essere ricavata in via interpretativa dal sistema”.

La novella normativa in materia di capacità assunzionali degli enti territoriali, di cui all’art. 33, co. 2, D.L. 30 aprile 2019, n. 34 e dal decreto attuativo 17 marzo 2022, non ha sospeso la vigenza – quindi non è dettata in sostituzione – della disciplina di contenimento della spesa di personale di cui all’art. 1, cc. 557 ss, legge n. 296/2006, e ciò è chiaramente desumibile dall’art. 7 del decreto 17 marzo 2020 che prevede una deroga esplicita riservata alla “maggior spesa per assunzioni di personale a tempo indeterminato derivante da quanto previsto dagli articoli 4 e 5” del decreto stesso (quindi per i Comuni “sotto soglia”), in quanto essa “non rileva ai fini del rispetto del limite di spesa previsto dall’art. 1, commi 557-quater e 562, della legge 27 dicembre 2006, n. 296”. Tale circostanza non può che confermare la valenza precettiva del principio generale di contenimento della spesa di personale dettato dall’art. 557, legge n. 296/2006 (cfr. Sezione delle autonomie. n. 16/2016/QMIG) che non può essere pretermesso se non nei casi di espresse previsioni legislative per specifiche finalità e in relazione a particolari fattispecie, fatte salve le eventuali ipotesi di neutralità finanziaria sul bilancio dell’ente, che si realizzano laddove si consegua la sterilizzazione dell’impatto della spesa sulla contabilità dell’ente attraverso la completa copertura della stessa con finanziamenti provenienti da fonti esterne (fondi europei o privati).

 

La redazione PERK SOLUTION

La Circolare della RGS sulle norme di contenimento della spesa pubblica

Con la Circolare n. 42 del 7 dicembre 2022, la Ragioneria generale dello Stato fornisce alle Amministrazioni centrali ed agli enti ed organismi vigilati uno strumento in grado di orientare gli stessi nella programmazione del bilancio di previsione (e, nel corso della gestione, in occasione delle variazioni di bilancio) e nell’adozione di criteri operativi volti alla riduzione e alla razionalizzazione della spesa pubblica, nonché di integrare il quadro delle indicazioni per una corretta impostazione contabile del bilancio previsionale.

Per una puntuale acquisizione di notizie circa le vigenti misure di contenimento, si fa rinvio a quanto rappresentato nell’allegato quadro sinottico (Allegato 1) mentre, per gli aspetti prettamente descrittivi ed interpretativi delle norme stesse, si suggerisce di prendere visione anche delle precedenti circolari emanate in materia, ferme restando le ulteriori precisazioni contenute, in ordine a specifici aspetti, nella presente circolare.

Pertanto, gli enti interessati, nel predisporre il Bilancio di previsione 2023, dovranno tenere conto sia delle norme di contenimento della spesa pubblica sia di quelle introdotte dalle altre disposizioni normative vigenti e riepilogate nel quadro sinottico allegato alla circolare.

 

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Capacità assunzionali: per la fascia demografica dell’ente si fa riferimento al dato Istat

La Corte dei conti, Sez. Toscana, deliberazione n. 231/2022, in riscontro ad una richiesta di parere in merito al corretto criterio da applicare per definire la fascia demografica di appartenenza dell’ente ai fini della determinazione delle capacità assunzionali, ai sensi del D.L. n. 34 del 30/04/2019, ha evidenziato che il riferimento operato dall’art. 33, comma 2 all'”ultimo rendiconto della gestione approvato” per individuare la disciplina applicabile ai comuni “collocati” tra due valori soglia induce a ritenere che proprio questo sia il parametro temporale cui ancorarsi, e non l’anno in cui si programma l’assunzione, né il penultimo precedente a quello di riferimento, ai sensi dell’art. 156, co. 2 Tuel. D’altra parte, il dato rilevante per la dimensione demografica non potrà che essere quello attestato dall’Istat, ente pubblico di produzione, sviluppo e diffusione dell’informazione statistica ufficiale e di indirizzo e coordinamento del sistema statistico nazionale, che garantisce una certificazione statistica basata su criteri scientifici ed imparziali.

ll parametro della popolazione residente risulta in tal modo costituito con carattere di oggettività (in quanto basato su criteri di rilevazione generali, valevoli per ogni amministrazione), e non affidato in via soggettiva a ciascun ente, con il rischio di criteri differenti in termini di modalità e tempistica. Pertanto, per rispondere cumulativamente ai primi due quesiti posti dal Comune di Seggiano, il dato da prendere a riferimento per determinare la classe demografica deve coincidere con il dato demografico ufficiale certificato dall’Istat nell’ultimo esercizio.

Infine, la Sezione precisa che il tetto di spesa cui fare riferimento per gli enti che al momento dell’entrata in vigore della legge di stabilità 2016 (L. n. 208/2015), che ha previsto, al comma 707 dell’articolo 1, l’abolizione del patto di stabilità, non superavano i 1.000 abitanti sia quello rappresentato dal comma 562, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 anche qualora nel corso del tempo essi dovessero superare i 1.000 abitanti.

 

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Applicabilità dei divieti assunzionali per gli enti dissestati e strutturalmente deficitari agli enti in PRFP

Il divieto, di cui all’articolo 90, comma 1, del decreto legislativo 18 agosto 2000 n. 267, riguardante gli enti locali dissestati o strutturalmente deficitari, non può essere esteso anche agli enti locali che hanno fatto ricorso alla procedura di riequilibrio finanziario pluriennale, salvo i casi in cui questi ultimi si trovino in condizioni di deficitarietà strutturale ai sensi dell’art. 242 del TUEL». È questo il principio di diritto espresso dalla Corte dei conti, Sezione delle Autonomie, con deliberazione n. 4/SEZAUT/2022/QMIG, pronunciandosi sulla questione di massima posta dalla Sezione regionale di controllo per la Liguria. In particolare, il Comune istante chiedeva se il divieto di ricorrere a collaboratori esterni con contratto a tempo determinato per la costituzione degli uffici di staff, previsto dalla norma citata solo per gli enti strutturalmente deficitari o dissestati, debba essere esteso anche agli Enti che ricorrono al piano di riequilibrio finanziario pluriennale disciplinato dagli artt. 243-bis e seguenti del TUEL. L’Ente, al riguardo, rappresentava la necessità di porre il quesito in considerazione di due precedenti giurisprudenziali (costituiti dalla delibera della Corte dei conti, Sezione regionale di controllo per il Lazio, n. 63 del 9 novembre 2017 e dalla sentenza, sempre di questa magistratura contabile, della Sezione giurisdizionale per la Calabria, n. 72 del 2 marzo 2020), secondo i quali il divieto in questione si applicherebbe anche agli enti locali che abbiano fatto ricorso al piano di riequilibrio finanziario pluriennale.
L’art. 90, comma 1, del TUEL, limita il divieto di conferire incarichi esterni di supporto agli organi politici alle situazioni di deficitarietà strutturale e di dissesto, le uniche in quel momento regolamentate in materia di crisi finanziaria degli enti locali. Successivamente il legislatore, nell’ambito di un ampio progetto di riforma del sistema finanziario-contabile degli enti locali, ha previsto un’ulteriore modalità per rilevare e sanare situazioni caratterizzate da forti squilibri finanziari tali da poter condurre ad una pronuncia di dissesto, introducendo nel TUEL gli artt. 243-bis e ss.gg. che disciplinano l’istituto del riequilibrio pluriennale finanziario. La Sezione ritiene applicabile il divieto di cui all’art. 90, comma 1 cit., agli enti che hanno fatto ricorso alla procedura di riequilibrio pluriennale finanziario, ma non sic et simpliciter come vorrebbe la giurisprudenza richiamata nella richiesta di parere (con un’interpretazione analogica in malam partem della norma, contraria all’art. 14 delle preleggi), bensì solo quando tali enti siano anche strutturalmente deficitari ai sensi dell’art. 242 del TUEL.
Sia l’art. 242 che l’art. 243-bis si riferiscono a condizioni di squilibrio: gravi ed incontrovertibili per gli enti strutturalmente deficitari, in grado di provocare il dissesto finanziario per gli enti che possono ricorrere al piano di riequilibrio. La differenza sostanziale tra le due disposizioni si evidenzia nel modo in cui viene accertato lo squilibrio. Nel caso degli enti strutturalmente deficitari lo stesso deriva da una “statica” verifica di alcuni parametri obiettivi che presentano, per almeno la metà di essi, valori deficitari. Per gli enti che hanno fatto ricorso al piano di riequilibrio lo squilibrio può rivelarsi nei medesimi termini di cui all’art. 242 del TUEL, ma anche mediante una differente analisi, dinamica, della situazione finanziaria, favorita dalle pronunce delle Sezioni regionali di controllo. Tutti gli enti strutturalmente deficitari possono sicuramente ricorrere al piano di riequilibrio finanziario pluriennale, ma gli enti che ricorrono al PRFP non necessariamente devono essere strutturalmente deficitari nei termini indicati dall’art. 242 del TUEL. Il ricorso al PRFP solitamente deriva dalla necessità di ripianare un disavanzo d’amministrazione che può manifestarsi a causa di passività che non si sono ancora tradotte in debiti e, pertanto, non necessariamente in presenza di passività liquide ed esigibili a cui l’ente non riesce a far fronte (tipica condizione che produce il dissesto finanziario di cui all’art. 244 del TUEL), o dei parametri di cui all’art. 242 del TUEL.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION