Corte dei conti: Welfare integrativo escluso dal tetto del salario accessorio

La Corte dei conti, Sezione Autonomia, con deliberazione n. 17/SEZAUT/2024/QMIG, nel rispondere ad una questione di massima rimessa all’esame della Sezione da una richiesta di parere formulata dal Sindaco del comune di San Michele al Tagliamento, riguardante un quesito in merito  all’interpretazione dell’art. 23, comma 2, del d.lgs. 25 maggio 2017, n. 75, che pone limiti quantitativi all’ammontare complessivo delle risorse destinate annualmente al trattamento economico accessorio del personale, posto in correlazione con l’art. 82, comma 2, del contratto collettivo nazionale di lavoro per il personale non dirigente del comparto Funzioni Locali (da qui in poi, CCNL), che consente di destinare quota parte del Fondo risorse decentrate, al fine di sostenere gli oneri per la concessione dei benefici di natura assistenziale e sociale in favore dei dipendenti. In particolare, l’Ente ha chiesto di conoscere l’avviso della Corte rispetto al seguente quesito: «se le risorse del fondo decentrato destinate all’implementazione delle misure di welfare integrativo, stante la natura non retributiva, ma meramente contributiva-previdenziale delle predette misure, possano essere considerate non soggette al limite del fondo di cui all’art. 23, comma 2 del decreto legislativo n. 75/2017».

La Sezione delle autonomie della Corte dei conti ha enunciato il seguente principio di diritto: «le risorse destinate alla contrattazione decentrata finalizzate a misure di welfare integrativo di cui all’art. 82 del CCNL, stante la loro natura assistenziale e previdenziale, non sono da assoggettarsi al limite di cui all’art. 23, comma 2, del d.lgs. n. 75/2017 ma sono soggette, esclusivamente, alla disciplina e ai limiti specifici, anche finanziari, previsti dall’ art. 82 del contratto nazionale di lavoro Funzioni Locali».

Opinare diversamente, ritenendo che l’eventuale utilizzo di una quota parte delle risorse che possono alimentare il fondo per la contrattazione integrativa ex art. 79 del medesimo CCNL, come previsto dall’art. 82, comma 2, primo periodo, seconda parte, del CCNL, necessiti dell’osservanza del limite di finanza pubblica posto dall’art. 23, comma 2, del d.lgs. n. 75/2016, non solo vanificherebbe la recente scelta di valorizzazione di un istituto contrattuale nei termini detti ma contrasterebbe, altresì, con la natura assistenziale e previdenziale (e di certo non retributiva) delle spese di personale finalizzate a misure di welfare integrativo di cui all’art. 82 CCNL, che resta tale, ancorché finanziate per mezzo del Fondo risorse decentrate, come pacificamente sostenuto da una giurisprudenza costante di questa Corte.

 

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Modalità di calcolo salario accessorio in presenza di P.O. in convenzioni tra più Enti

Con la deliberazione n. 151/2023, la Corte dei conti, Sez. Lombardia, esprime il proprio parere in merito alle modalità di calcolo complessivo del salario accessorio in presenza di posizioni organizzative attive nell’ambito di convenzioni tra più Amministrazioni per la gestione associata dei servizi.

Il Comune istante ha rappresentato che come tetto di spesa per il salario accessorio delle posizioni
organizzative ha sempre considerato la sola quota a proprio carico (al netto della compartecipazione degli enti
convenzionati). Dato atto che in seguito all’introduzione dell’art. 23, c. 2, del D. Lgs. n. 75/2017 (emanato in epoca successiva a quello di avvio delle gestioni associate), attualmente si trova ora a considerare un tetto di spesa che non consente non solo di conferire nuove posizioni organizzative, ma nemmeno di finanziare le attuali chiede se sia possibile utilizzare come tetto di spesa del fondo delle posizioni organizzative, nel rispetto di quanto previsto dall’articolo 23, del D.Lgs. 75/2017, la spesa sostenuta nel 2016 senza tenere conto delle entrate di compartecipazione alla spesa a carico degli enti convenzionati.

La Sezione – ricostruito il quadro normativo di riferimento e chiarito che il limite di spesa previsto dall’art. 23, comma 2, del d.lgs. n. 75 del 2017 riguarda il complessivo trattamento accessorio e che con l’introduzione dell’art. 33, comma 2, ottavo periodo, del d.l. n. 34 del 2019 il trattamento accessorio può seguire la dinamica delle assunzioni dell’Amministrazione – ha chiarito che ai fini della quantificazione dell’ammontare complessivo delle risorse da destinare annualmente al trattamento economico accessorio del personale è necessario considerare, per quanto riguarda la voce delle posizioni organizzative, la spesa prevista a bilancio nello stesso anno di riferimento.

Sulla questione si sono espresse, inoltre, altre Sezioni regionali, le quali – nella vigenza delle norme vincolistiche che hanno preceduto l’art. 23, c. 2, del d.lgs. n. 75/2017 (i.e. art. 9, c. 2- bis, d.l. n. 78/2010 e art. 1, c. 236, l. n. 208/2015) – hanno avuto occasione di affermare che, per gli enti che si “associano” mediante convenzione per l’utilizzo del personale, il limite di spesa deve essere calcolato sul complesso delle spese destinate al salario accessorio sostenuto da ciascuno degli enti associati, sì che ciascun ente convenzionato potrà computare pro quota l’onere finanziario gravante sulle risorse del proprio bilancio e destinato alla retribuzione accessoria del personale (Sez. contr. FVG, del. n. 70 /2015/PAR, Sez. contr. Toscana del. n. 59/2017/PAR, Sez. contr. Piemonte, del. n. 182/2017/PAR).

Operando, invece, nel senso prospettato dal Comune, consentendo, cioè, il cumulo di importi che per l’ente interessato non configurano una spesa bensì un’entrata, si consentirebbe un innalzamento fittizio del limite riferito all’entità del salario accessorio, con conseguente elusione delle prescrizioni normative concernenti i vincoli di spesa e della ratio di ripartizione dell’onere del tetto di spesa tra i diversi enti partecipanti.

 

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Superamento limiti trattamento accessorio per spese etero-finanziate

La Corte dei conti, Sez. Lombardia, con deliberazione n. 111/2022, in riscontro ad una richiesta di parere in merito all’applicabilità, per il personale già in servizio presso i centri per l’impiego, dei limiti di spesa per il trattamento economico accessorio di cui all’art. 23, c. 2, del D.Lgs. n. 75/2017, ha evidenziato che la possibilità del superamento dei limiti di spesa deve ritenersi consentita nel caso in cui le risorse affluiscano ai fondi per la contrattazione integrativa solo in modo figurativo, in quanto etero-finanziate e, pertanto, senza che impattino effettivamente sui bilanci e, più in generale, al verificarsi delle seguenti condizioni:

  • le risorse impiegate devono essere totalmente coperte dalla fonte esterna; le risorse devono esaustivamente remunerare sia lo svolgimento delle funzioni sia il trattamento accessorio;
  • l’ente interessato dovrà verificare sia a preventivo che a consuntivo l’effettiva capienza delle somme disponibili prima di poter riservare (a preventivo) somme per il salario accessorio e ( a consuntivo) di poter erogare compensi.

La sussistenza dei presupposti per qualificare la spesa quale etero- finanziata, sussiste non solo quando la stessa è preventivamente trasferita dal soggetto terzo all’ente utilizzatore, ma, parimenti, nella fattispecie in cui l’intero costo del personale impiegato confluisca a quest’ultimo a titolo di rimborso. Ciò che rileva non sono le modalità e/ o le tecniche di trasferimento, ma la necessità che le risorse affluiscano ai fondi per la contrattazione integrativa solo in modo figurativo, in quanto etero-finanziate e, pertanto, senza che impattino effettivamente sugli equilibri di bilancio dell’ente locale.

Pertanto, nel caso delle spese di personale finanziate dalla Regione per i centri per l’impiego e nella fattispecie del rimborso del costo del personale utilizzato per le altre funzioni delegate, l’esclusione dal limite di spesa di cui all’art.23 del D.lgs. 75/2017, è subordinato al verificarsi dei presupposti prescritti dalle  deliberazioni della Sezione delle Autonomie (n. 20/2017/QMIG e n. 23/2017/QMIG), sottolineando, comunque, che l’applicazione alle fattispecie concrete dei principi enunciati nelle deliberazioni sopra richiamate, è riservata alla sfera di discrezionalità dell’Ente, stante che la costituzione del Fondo risorse decentrate costituisce attività gestionale tipica, sottoposta a certificazione dell’organo di revisione.

 

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Limite trattamento accessorio in caso di istituzione di posizioni dirigenziali

Nel caso di istituzione per la prima volta delle posizioni dirigenziali nei ruoli dell’Amministrazione, ai fini della determinazione del limite ex art. 23, comma 2, del d.lgs. n. 75/2017, in assenza di valori 2016 cui fare riferimento, è possibile per l’Ente utilizzare, per la quantificazione delle risorse economiche da appostare sul fondo, il valore del fondo di altre amministrazioni similari, per numero di abitanti e numero di dipendenti, individuando la relativa copertura nell’ambito delle capacità del bilancio, nel rispetto dei limiti finanziari previsti dalle vigenti disposizioni di legge. È quanto evidenziato dalla Corte dei conti, Sez. Sardegna, con deliberazione n. 27/2021, nel fornisce riscontro ad una richiesta di parere di un ente che intende istituire la dirigenza e chiede di conoscere il parametro di riferimento a cui l’amministrazione dovrebbe attenersi per la quantificazione delle risorse del fondo da destinare al trattamento accessorio. La Sezione ricorda che tale criterio di pone in linea con quanto stabilito dalla Sezione delle Autonomie, deliberazione n. 17/2019, secondo la quale gli enti locali possono procedere in autonomia alla programmazione delle risorse da destinare al potenziamento del personale, nei limiti delle risorse disponibili; altrettanto possono fare per determinare la misura del salario accessorio, purché siano tenuti in considerazione i limiti di legge. Quindi, in assenza di un parametro storico cui fare riferimento, l’Amministrazione può individuare un parametro alternativo, purché congruamente motivato ed ispirato alla ratio legis in applicazione.
La maggiore spesa non costituisce una violazione ai limiti complessivi del personale fissati dall’art. 1 commi 557 e 557 quater della L. n. 296/2006, considerato che si tratta di posizioni istituite per la prima volta nei ruoli dell’Amministrazione. In ordine alla previsione dell’art. 33, comma 2 del D.L. 34/2019, ultimo periodo, secondo la quale “il limite del trattamento accessorio del personale di cui all’art. 23, comma 2, del d.lgs. 25 maggio 2017, n. 75, è 4 adeguato, in aumento o diminuzione, per garantire l’invarianza del valore medio pro-capite, riferito all’anno 2018, del fondo per la contrattazione integrativa nonché delle risorse per remunerare gli incarichi di posizione organizzativa, prendendo a riferimento come base di calcolo il personale in servizio al 31 dicembre 2018”, la Sezione ribadisce che il tetto del salario accessorio deve essere considerato come complessivo: esso cioè non ha effetti distinti sui singoli fondi per la contrattazione decentrata ma sul complesso delle risorse destinate a tale scopo e quindi sia sul fondo per la contrattazione decentrata del personale che sul fondo per il trattamento accessorio dei dirigenti.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

 

Rideterminazione del limite al trattamento accessorio in caso di errata quantificazione del fondo

Qualora emerga un errore di calcolo nella determinazione delle risorse stabili del fondo che ne abbia causato una sottostima, è ragionevole ritenere che l’Ente, sussistendone la copertura finanziaria, possa calcolare nell’esercizio in corso la spesa da destinare al trattamento accessorio in modo corretto, rapportandola al corrispondente importo che sarebbe stato erogabile nel 2016, con le adeguate correzioni riguardanti le risorse stabili e sussistendone a quel tempo la capacità di bilancio. Detto importo dovrà essere successivamente adeguato, ai sensi dell’art. 33 comma 2 del D.L. 34/2019, “in aumento o in diminuzione, per garantire l’invarianza del valore medio pro-capite, riferito all’anno 2018, del fondo per la contrattazione integrativa nonché delle risorse per remunerare gli incarichi di posizione organizzativa, prendendo a riferimento come base di calcolo il personale in servizio al 31 dicembre 2018. Ciò consentirebbe all’ente di evitare che l’effetto di “cristallizzazione” si produca in relazione ad un importo non congruo, perpetuandosi negli anni successivi. Ovviamente l’onere di comprovare esattamente l’errore di calcolo nella determinazione delle risorse stabili che ne abbia causato una errata sottostima dovrà essere posto in capo all’ente, quale imprescindibile condizione proprio al fine di ripristinare il rispetto del limite, come correttamente rideterminato, impresso dal Legislatore del 2017 attraverso il disposto dell’art. 23, comma 2, del D.lgs. n. 75/2017 quale strumento di contenimento della spesa di personale. È quanto ribadito dalla Corte dei conti, Sez. Emilia-Romagna, con deliberazione n. 37/2021.

 

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Incremento del trattamento economico accessorio delle posizioni organizzative

La Corte dei conti, Sez. Veneto, con deliberazione n. 104/2020 – nel rispondere ad una richiesta di parere in merito alla possibilità di riconoscere, anche nell’anno 2020, l’incremento previsto dall’art. 11-bis, comma 2, del D.L. n. 135/2018, convertito in Legge n. 12/2019, nonché di utilizzare anche gli spazi del decreto ministeriale del 17/03/2020 disciplinante le nuove regole assunzionali, con possibile deroga ai limiti di spesa vigenti – ha precisato che le norme introdotte dal c.d. “Decreto crescita” (D.L. n. 34/2019), in particolare con l’art. 33, le successive disposizioni attuative contenute nel D.M. di attuazione del 17 marzo 2020 e quelle contenute nella circolare interministeriale dell’ 08 giugno 2020 – non determinano l’impossibilità, per i comuni privi di posizioni dirigenziali, di rinunciare a parte degli spazi assunzionali ai fini dell’incremento del trattamento accessorio delle posizioni organizzative, ove ne ricorrano tutte le condizioni previste dall’art. 11-bis, comma 2, del D.L. c.d. “Semplificazioni” del 2018. La suddetta disposizione consente, ai comuni privi di dirigenza, una deroga all’art. 23, comma 2, del D.Lgs. n. 75/2017, stabilendo che il principio dell’invarianza della spesa non si applica alle indennità dei soggetti titolari di posizioni organizzative di cui agli artt. 13 e ss. del CCNL relativo al comparto “Funzioni Locali”, limitatamente alla differenza tra gli importi già attribuiti alla data di entrata in vigore del contratto (21 maggio 2018) e l’eventuale maggior valore attribuito successivamente alle posizioni già esistenti, ai sensi dell’art. 15 del CCNL. In merito alla facoltà di incremento della capacità assunzionale, la Sezione ritiene, in un’ottica prudenziale, che anche nel caso in cui l’ente locale rispetti i vincoli di spesa ed abbia a disposizione capacità per assunzioni di personale potrà esercitare la sua facoltà, ma utilizzando la massima cautela. Ciò, in considerazione del fatto che l’andamento complessivo della gestione di bilancio potrebbe mostrare segni di squilibri anche non temporanei causati da situazioni contingenti, strutturate o straordinarie, anche negli esercizi immediatamente successivi, ragion per cui la valutazione dell’amministrazione dovrà essere attentamente ponderata. Pertanto, nel caso in cui l’ente abbia provveduto alla graduazione di ciascuna posizione organizzativa al momento dell’entrata in vigore del CCNL del 21 maggio 2018, stabilendo, nel rispetto dell’articolo 15, commi 2 e 3, del citato contratto, un’ indennità (di posizione e di risultato) superiore a quella corrisposta, poi risultata non attribuibile in relazione al fatto di non avere risorse in termini di capacità assunzionali utilizzabili, ben potrà operare tale adeguamento. Infatti l’ente, che in applicazione della nuova normativa sulle assunzioni, abbia acquisito capacità assunzionale in quanto ricompreso in una fascia che consenta di elevare la propria spesa del personale – c.d. enti virtuosi o, addirittura, intermedi, potendo questi ultimi effettuare assunzioni di personale a tempo indeterminato a condizione di non superare il rapporto tra spesa del personale ed entrate correnti dell’esercizio precedente – potrà ben rinunciare a parte di detta capacità per adeguare le retribuzioni di risultato e posizione avvalendosi dell’art. 11-bis, comma 2, del più volte citato. D.L. 135/2018 convertito con la Legge n. 12/2019.

 

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Limite al trattamento economico accessorio nel 2020

Il riferimento base per determinare il limite al trattamento accessorio nel 2020 è previsto dall’art. 23, comma 2, del decreto legislativo n. 75/2017 (indicato nell’anno 2016); dato che deve essere adeguato, aumentandolo o diminuendolo, in modo da assicurare l’invarianza nel tempo del valore medio pro-capite del 2018. In tal modo, superando definitivamente il limite del trattamento accessorio del 2016, e costruendone uno nuovo, a partire dal 2018, si garantisce a ciascun dipendente un valore medio, in caso di assunzione di nuovi dipendenti, tale che all’incremento del numero dei dipendenti, l’ammontare del trattamento accessorio cresca in maniera proporzionale. Qualora, invece, il numero di dipendenti dovesse diminuire non è possibile scendere al di sotto del valore – soglia del trattamento accessorio del 2016. La norma prevista dall’art. 23, c. 2 non deve più essere considerata come valore assoluto da prendere a riferimento, bensì come il limite minimo inderogabile, al di sotto del quale non è possibile riconoscere il trattamento accessorio; e ciò anche in considerazione del fatto che, trattandosi di un trattamento accessorio ormai maturato, esso rappresenta un diritto acquisito che non può essere negato, in caso di diminuzione di dipendenti. È quanto stabilito dalla Corte dei conti, Sez. Campania, con Deliberazione n. 97/2020 in risposta ad un quesito concernente l’interpretazione di norme di contenimento della spesa per il personale, con particolare riferimento alla portata applicativa dei limiti quantitativi all’ammontare complessivo delle risorse destinate annualmente al trattamento economico accessorio del personale.
I giudici contabili hanno altresì evidenziato che non si debba computare nel nuovo tetto del trattamento accessorio il differenziale degli incrementi degli importi delle retribuzioni di “posizione” e di “risultato” delle PO, laddove gli enti si siano avvalsi della facoltà di aumentarli ai sensi dell’art. 15 del Ccnl entrato in vigore il 21 maggio 2018. Sussiste quindi la discrezionalità delle pp.aa. di gestire gli spazi occupazionali, nel senso che gli aumenti del trattamento accessorio comportano una contestuale riduzione del valore finanziario per le assunzioni.

 

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