Limite trattamento accessorio al personale: rientrano anche i tempi determinati

Ai fini dell’applicazione dell’articolo 33, comma 2, ultimo periodo, del decreto-legge 30 aprile 2019 n. 34, convertito dalla legge 28 giugno 2019 n. 58, per garantire l’invarianza del valore medio pro-capite dell’apposito fondo per la contrattazione decentrata integrativa, deve essere preso in considerazione non solo il personale dirigenziale a tempo indeterminato, ma anche quello a tempo determinato e, in particolare, il personale dirigenziale assunto ai sensi dell’articolo 110 del decreto legislativo 18 agosto 2000 n. 267, sia nell’anno base che in quello di applicazione del limite. È questo il principio di diritto sancito dalla Corte dei conti, Sezione delle Autonomie, con deliberazione n. 18/SEZAUT/2023/QMIG.

Sul punto, la Ragioneria generale dello Stato ha ritenuto che, ai fini dell’adeguamento del fondo per il trattamento accessorio, debba essere preso in considerazione unicamente il personale assunto con contratto a tempo indeterminato, escludendo, diversamente dai conteggi suggeriti per la valorizzazione del valore medio pro capite dell’anno 2018 il personale assunto a tempo determinato.

Per la Sezione, entrambe le categorie di personale concorrono alla ripartizione dei fondi per la contrattazione integrativa previsti dal contratto collettivo nazionale di riferimento (articoli 1, 61 e 79 del CNNL Comparto Funzioni locali del 16 novembre 2022; articoli 1, 43 e 57 del CCNL Area dirigenti Funzioni locali del 17 dicembre 2020) e che partecipano dei detti emolumenti accessori. In considerazione della sostanziale omogeneità dei trattamenti risulterebbe paradossale che una determinata categoria di personale rientrasse tra i soggetti che partecipano agli impieghi del fondo per il trattamento accessorio ma non tra quelli che possono incrementarlo.

Considerare solo il personale a tempo indeterminato produrrebbe l’effetto distorsivo di disincentivare il ricorso a quello a tempo determinato. Si tratterebbe di una tendenza opposta rispetto a quella attualmente compulsata dal legislatore per sopperire a carenze di personale, specialmente di profilo tecnico, rappresentata dalla volontà di garantire comunque l’invarianza del valore medio pro capite del trattamento accessorio, a fronte di un ampliamento della possibilità di procedere ad assunzioni per gli enti locali. Inoltre, detta interpretazione comunque non dovrebbe pregiudicare la sostenibilità finanziaria delle relative spese, in quanto la possibilità di effettuare assunzioni è riservata ai soli comuni “virtuosi”.

I rapporti a tempo determinato incardinati nell’ente locale sono soggetti a limiti di legge e la loro influenza nella determinazione del fondo può comportare variazione in aumento del trattamento accessorio complessivo, ma anche in diminuzione, in ragione del progressivo ed eventuale riassorbimento del personale a tempo determinato, conseguente alla cessazione dei rapporti, preservando comunque l’invarianza del valore medio pro capite.

 

La redazione PERK SOLUTION

 

Le misure di welfare integrativo previste dall’art. 82 CCNL non sono assoggettate al limite del trattamento accessorio

La Corte dei conti, Sez. Lombardia, con deliberazione n. 174/2023/PAR, si è pronunciata nel senso che “le misure di welfare integrativo previste dall’art. 82 CCNL non sono assoggettate al limite di cui all’art. 23, comma 2, d.lgs. 75/2017” (negli stessi termini, la già citata deliberazione n. 61/2023/PAR della Sezione ligure, secondo cui le predette misure “non sono assoggettate al limite di cui all’art. 23, comma 2, D.lgs. 75/2017, bensì alla disciplina e ai limiti specifici, anche finanziari, previsti dal medesimo art. 82 CCNL”).

In particolare, il Comune istate ha chiesto di sapere se un Ente, che in passato non aveva già stanziato risorse per welfare integrativo, possa destinare somme, ai sensi della disciplina contenuta all’art. 82 CCNL 16/11/2022, rubricato “welfare integrativo” prevedendo in sede di contrattazione decentrata integrativa, la concessione ai dipendenti dell’Ente di benefici di natura assistenziale e sociale attraverso l’adesione a una impresa di assicurazione, anche oltre il limite del trattamento accessorio di cui all’art. 23, comma 2, D.lgs. 75/2017, vista la destinazione di tali somme che risulta volta alla concessione di benefici di natura meramente assistenziale e sociale e non già retributiva.

Per la Sezione, la nuova previsione contrattuale ha previsto la possibilità, per gli enti locali, di utilizzare, per l’attivazione di piani di welfare, anche quota parte del fondo risorse decentrate, così innovando rispetto alla disciplina del precedente art. 72 del CCNL delle Funzioni Locali del 21/05/2018, secondo cui gli oneri per la concessione al personale di benefici di natura assistenziale e sociale potevano trovare copertura unicamente nelle disponibilità già stanziate dagli enti sulla base delle vigenti e specifiche disposizioni normative in materia. Ad avviso del Collegio, quindi, benché finanziate dal fondo risorse decentrate, anche le misure finalizzate al welfare integrativo previste dal citato art. 82 del nuovo CCNL hanno natura non retributiva, ma meramente contributiva-previdenziale; sicché la relativa spesa non è assoggettata al limite del trattamento economico accessorio fissato dall’art. 23, comma 2, d.lgs. 75/2017.

Tuttavia, rileviamo la nota della RGS si segno contrario, che ha invece evidenziato come gli eventuali incrementi discrezionali del Fondo decisi dagli enti per finanziare piani di welfare integrativo del proprio personale rientrino nel limite del trattamento accessorio di cui all’art. 23, comma 2, del D.Lgs. 75/2017.

 

La redazione PERK SOLUTION

Le misure per il welfare integrativo sono escluse dal tetto del salario accessorio

Le misure di welfare integrativo ivi previste, pertanto, non sono assoggettate al limite di cui all’art. 23, comma 2, D.lgs. 75/2017, bensì alla disciplina e ai limiti specifici, anche finanziari, previsti dal medesimo art. 82 CCNL. È quanto evidenziato dalla Corte dei conti, Sez. Liguria, con deliberazione n. 61/2023.

La Sezione ha già avuto modo di precisare che esulano dal perimetro di applicazione dell’art. 23, comma 2, D.lgs. 75/2017 quelle erogazioni che sono prive di finalità retributiva e che assolvono a una funzione meramente contributivo-previdenziale. In applicazione di tale principio, la Sezione delle Autonomie ha escluso dal limite di spesa del trattamento accessorio le somme destinate a forme di previdenza complementare del personale di polizia municipale (deliberazione n. 22/SEZAUT/2015/QMIG).

Similmente, la Sezione regionale di controllo per il Veneto – con riferimento alle somme di cui all’art. 208 D.lgs. 285/1992 – ha precisato che “la spesa per la previdenza integrativa di cui all’art. 208 non è una componente del trattamento economico, né fondamentale né accessorio e, come tale, non rientra nell’ambito di operatività del vincolo medesimo, avente ad oggetto esclusivamente l’ammontare complessivo del trattamento accessorio. Ciò in quanto le risorse impiegate per la realizzazione della finalità previdenziale di cui all’art. 208 del C.d.S., pur rientrando nella spesa per il personale, non hanno natura retributiva, bensì contributivo-previdenziale” (deliberazione n. 503/PAR/2017).

Più di recente, i giudici liguri – in relazione all’art. 72 CCNL 21/05/18 Comparto Funzioni Locali – hanno osservato che “le spese del personale finalizzate al welfare integrativo non sono assoggettate al limite del trattamento economico accessorio di cui all’art 23, comma 2, D.lgs. 75/2017”, stante la loro natura assistenziale e previdenziale (deliberazione n. 27/PAR/2019). Le conclusioni di cui sopra rimangono valide anche in relazione all’art. 82 CCNL 16/11/22, che disapplica e sostituisce il previgente art. 72 del CCNL 21/05/18 Comparto Funzioni Locali.

 

La redazione PERK SOLUTION

Nessuna abrogazione implicita della precedente disciplina sui limiti di spesa del personale

Permane, a carico del comune, l’obbligo di rispettare i limiti di spesa fissati, a seconda della fascia demografica, dai commi 557 quater e 562 dell’art. 1 della L. n. 296/2006 e che, qualora il comune che sia in regola con i predetti limiti proceda, sulla base della disciplina introdotta dall’art. 33, comma 2, del D.L. n. 34/2019, all’assunzione a tempo indeterminato di nuovo personale, la maggior spesa contratta per queste ultime assunzioni non si computa ai fini della verifica del rispetto del limite di spesa previsto dai predetti commi 557 quater e 562. È quanto chiarito dalla Corte dei conti, Sez. Lombardia, con deliberazione n. 164/2020, in risposta ad una richiesta di parere volta a chiarire se le disposizioni dettate dall’art. 1 comma 557 della legge 27 dicembre 2006 n. 296 siano compatibili con la nuova disciplina e, dunque, siano ancora in vigore.
Il Collegio ricorda che la nuova disciplina e quella pregressa sui tetti di spesa hanno due ambiti di applicazione differenti. Le norme introdotte dall’art. 33 comma 2 del D.L. n. 34/2019, infatti, individuano i criteri per stabilire quando ed in che misura i comuni possano procedere ad assumere nuovo personale a tempo indeterminato, mentre le norme dettate dai commi 557 quater e 562 dell’art. 1 della L. n. 296/2006 fissano i limiti alla spesa complessiva del personale in un’ottica di contenimento della stessa. Pertanto, poiché i due interventi normativi richiamati disciplinano due aspetti differenti della gestione del personale, non è configurabile alcuna abrogazione implicita della precedente disciplina ad opera della nuova.
Peraltro, proprio al fine di regolare le possibili interferenze fra le due discipline, l’art. 7, comma 1, del D.M. adottato in data 17 marzo 2020 dal Ministro per la Pubblica amministrazione in attuazione dell’art. 33, comma 2, del D.L. 34/2019 ha espressamente previsto che “la maggior spesa per assunzioni di personale a tempo indeterminato derivante da quanto previsto dagli articoli 4 e 5 non rileva ai fini del rispetto del limite di spesa previsto dall’art. 1, commi 557-quater e 562, della legge 27 dicembre 2006, n. 296”.
Ne consegue, pertanto, l’obbligo dei comuni di rispettare i limiti di spesa fissati, a seconda della fascia demografica, dai commi 557 quater e 562 dell’art. 1 della L. n. 296/2006 e che, qualora il comune che sia in regola con i predetti limiti proceda, sulla base della disciplina introdotta dall’art. 33, comma 2, del D.L. n. 34/2019, all’assunzione a tempo indeterminato di nuovo personale, la maggior spesa contratta per queste ultime assunzioni non si computa ai fini della verifica del rispetto del limite di spesa previsto dai predetti commi 557 quater e 562 dell’art. 1 L. n. 296/2006.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION