Danno erariale per la liquidazione della retribuzione di risultato senza obiettivi

La Corte dei conti Sezione Giurisdizionale d’Appello per la Regione Siciliana, con la sentenza n. 138/A/2021, ha confermato la responsabilità del Sindaco pro-tempore del Comune per danno erariale derivato dall’indebita corresponsione della retribuzione di risultato al personale comunale, titolare di posizione organizzativa, in mancanza di formale approvazione di un piano degli obiettivi. Nel caso di specie, il Sindaco, non appena eletto, aveva ricevuto una richiesta di riconoscimento della retribuzione da parte degli incaricati di posizione organizzativa dell’ente, secondo quanto stabilito dal CCNL di Settore, nella quale preannunciavano azioni giudiziarie nell’eventualità della mancata erogazione. Il medesimo chiedeva un parere al Segretario e al responsabile dell’OIV del Comune. Il primo non ha fornito alcuna risposta; il secondo, dopo avere rilevato la non completa e corretta attuazione del Ciclo delle Performance, evidenziava come la mancata assegnazione degli obiettivi comportasse l’illegittimità della corresponsione della retribuzione di risultato. Nel parere, il responsabile dell’OIV ha rimarcato, altresì, la circostanza che il riconoscimento sarebbe potuto avvenire sotto forma di perdita di chance, richiamando la sentenza n. 9392 del 12/4/2017 della Corte di Cassazione e la sentenza n. 3564/11 del Tribunale di Messina- Sezione Lavoro, con la quale è stato rimarcato che “sussiste la responsabilità, anche in termini risarcitori, dell’Ente datore di lavoro, allorché anche in mancanza di formale approvazione di un piano degli obiettivi ed addirittura, anche in assenza di un Nucleo di Valutazione, qualora permanga l’incarico di P.O. e lo stesso non sia stato revocato per insufficienza di rendimento o per mancata osservanza delle direttive dell’Amministrazione nel caso in cui il Comune non abbia proceduto nella misura minima prevista dall’art. 10 del CCNL/1999”.
Successivamente, il Sindaco adottava la determinazione di liquidazione dell’indennità, nella misura minima del 10%, a titolo di risarcimento del danno, e ciò per evitare di correre il rischio di far condannare il Comune all’esborso di una somma quadrupla rispetto a quella sostenuta, qualora fossero state promosse le cause dinanzi al Giudice del Lavoro.
La Sezione ha ritenuto arbitraria e irragionevole, connotata da colpa grave, la decisione del Sindaco di conferire alle posizioni organizzative, per così dire “a pioggia”, la retribuzione di risultato, pur se in misura minima. Non v’è dubbio che, avendo disposto il pagamento delle retribuzioni di risultato, in assenza dei presupposti di legge, appare evidente il nesso di causalità con il danno derivato dall’indebito esborso delle relative somme.
Peraltro è emerso che il Comune era dotato di una chiara e completa disciplina relativa ai presupposti e alle modalità per il riconoscimento della retribuzione di risultato ai dipendenti titolari di posizione organizzativa. Tali presupposti non si erano concretizzati e le modalità non erano state rispettate. I dipendenti titolari di posizione organizzativa, seppure non interamente responsabili, avevano comunque avuto un ruolo nella mancata conclusione del ciclo di gestione della performance.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Indennità di posizione e galleggiamento Segretari Comunali

L’Aran, in risposta a specifico quesito, fornisce chiarimenti in merito alla corretta individuazione della data di decorrenza delle nuove norme introdotte dall’art. 107del CCNL del 17.12.2020, che hanno ridisegnato le previgenti disposizioni contrattuali previste in materia di retribuzione di posizione.
In particolare, con il comma 1, sono stati rideterminati, con decorrenza dal 1° gennaio 2018, i valori complessivi annui lordi (espressi per tredici mensilità) della retribuzione di posizione dei segretari comunali e provinciali di cui all’art. 3, comma 6 del CCNL del 1° marzo 2011 così come indicati nella relativa tabella. In relazione all’istituto del c.d. “galleggiamento”, il comma 2 della medesima disposizione contrattuale, ha modificato la previgente disciplina prevista dall’art. 3, comma 7 del CCNL del 1° marzo 2011 secondo la quale, come noto, ai fini della comparazione della retribuzione di posizione del segretario con quella attribuita alla funzione dirigenziale o alla posizione organizzativa più elevata nell’ente, doveva figurativamente tenersi conto dei più elevati valori di retribuzione di posizione stabiliti dall’art. 3, comma 2, del CCNL del 16 maggio 2001 (biennio economico 2000- 2001).
Il richiamato art. 107, comma 2, infatti, prevede espressamente che “ai fini dell’attuazione di quanto previsto dall’art. 41, comma 5 del CCNL del 16.5.2001 il valore retributivo da porre a raffronto con la retribuzione di posizione stabilita nell’ente, per la funzione dirigenziale più elevata o, negli enti privi di dirigenza, per la posizione organizzativa più elevata, è pari alla complessiva ed effettiva retribuzione di posizione del segretario comunale e provinciale, comprensiva delle eventuali maggiorazioni di cui all’art. 41, comma 4 del CCNL del 16/5/2001 e degli incrementi riconosciuti ai sensi del comma 1”. Secondo tale previsione, pertanto, limitatamente alle disposizioni di cui all’art. 41 comma 5 del richiamato CCNL del 16.5.2001, cessano di essere considerati gli importi “virtuali” previsti dal CCNL del 16.5.2001 trovando applicazione la nuova disposizione contrattuale.
Diversamente, ai soli fini dell’attuazione della disciplina di cui all’art. 41, comma 4 del medesimo CCNL, quanto alla maggiorazione della retribuzione di posizione spettante per l’attribuzione di incarichi aggiuntivi, il comma 4 dell’art. 107stabilisce che gli importi annui lordi della retribuzione di posizione continuino ad essere definiti in applicazione dell’art. 3, comma 2, del CCNL del 16.5.2001.
Relativamente alla corretta individuazione della data di decorrenza delle nuove norme introdotte dal CCNL del 17.12.2020, con particolare attenzione agli effetti che la nuova disciplina ha prodotto sugli istituti giuridici ed economici di riferimento, occorre, in primo luogo, aver riguardo al disposto dell’art. 2, comma 2, del richiamato CCNL giusta il quale “Gli effetti decorrono dal giorno successivo alla data di stipulazione, salvo diversa prescrizione del presente contratto.” Al riguardo, si precisa che, mentre ai fini della rideterminazione dei valori della retribuzione di posizione dei Segretari l’art. 107, comma 1, del CCNL 17.12.2020, espressamente stabilisce una decorrenza alla data del 1° gennaio 2018, nessuna decorrenza specifica è prevista dalle disposizioni dello stesso art. 107, commi 2 e 3, ai fini dell’efficacia della nuova disciplina del c.d. “galleggiamento” (anche in relazione al trattamento economico spettante al titolare di segreteria convenzionata). Parimenti, e in coerenza con la suddetta norma, l’art. 111, comma 1, lett. a), ultimo alinea, del citato CCNL, che ha disapplicato l’art. 3, comma 7 del CCNL del 1.3.2011 II biennio economico, oltre a non prevedere una decorrenza diversa da quella del 18/12/2020, chiarisce ulteriormente che la disapplicazione della citata norma ha effetto “dalla data di entrata in vigore del presente CCNL”. Dalle richiamate norme contrattuali si evince, dunque, che la nuova regola contrattuale del c.d. “galleggiamento” prevista dall’art. 107, commi 2 e 3, è efficace dal 18/12/2020, con la conseguenza che, sino a tale data, a tutti i fini, continuano a trovare applicazione le disposizioni della citata disciplina previgente.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Limite al trattamento economico accessorio nel 2020

Il riferimento base per determinare il limite al trattamento accessorio nel 2020 è previsto dall’art. 23, comma 2, del decreto legislativo n. 75/2017 (indicato nell’anno 2016); dato che deve essere adeguato, aumentandolo o diminuendolo, in modo da assicurare l’invarianza nel tempo del valore medio pro-capite del 2018. In tal modo, superando definitivamente il limite del trattamento accessorio del 2016, e costruendone uno nuovo, a partire dal 2018, si garantisce a ciascun dipendente un valore medio, in caso di assunzione di nuovi dipendenti, tale che all’incremento del numero dei dipendenti, l’ammontare del trattamento accessorio cresca in maniera proporzionale. Qualora, invece, il numero di dipendenti dovesse diminuire non è possibile scendere al di sotto del valore – soglia del trattamento accessorio del 2016. La norma prevista dall’art. 23, c. 2 non deve più essere considerata come valore assoluto da prendere a riferimento, bensì come il limite minimo inderogabile, al di sotto del quale non è possibile riconoscere il trattamento accessorio; e ciò anche in considerazione del fatto che, trattandosi di un trattamento accessorio ormai maturato, esso rappresenta un diritto acquisito che non può essere negato, in caso di diminuzione di dipendenti. È quanto stabilito dalla Corte dei conti, Sez. Campania, con Deliberazione n. 97/2020 in risposta ad un quesito concernente l’interpretazione di norme di contenimento della spesa per il personale, con particolare riferimento alla portata applicativa dei limiti quantitativi all’ammontare complessivo delle risorse destinate annualmente al trattamento economico accessorio del personale.
I giudici contabili hanno altresì evidenziato che non si debba computare nel nuovo tetto del trattamento accessorio il differenziale degli incrementi degli importi delle retribuzioni di “posizione” e di “risultato” delle PO, laddove gli enti si siano avvalsi della facoltà di aumentarli ai sensi dell’art. 15 del Ccnl entrato in vigore il 21 maggio 2018. Sussiste quindi la discrezionalità delle pp.aa. di gestire gli spazi occupazionali, nel senso che gli aumenti del trattamento accessorio comportano una contestuale riduzione del valore finanziario per le assunzioni.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Niente indennità di risultato in assenza di obiettivi

La retribuzione di risultato è correlata all’effettivo raggiungimento, anche sotto il profilo qualitativo, degli obiettivi preventivamente determinati, unitamente all’utilizzo dei criteri e delle metodologie di cui al d.lgs. n. 268/1999 per la verifica e il monitoraggio dei costi, dei rendimenti e dei risultati Pertanto, è da escludere che il dirigente abbia diritto alla retribuzione di risultato per il solo fatto di aver svolto funzioni dirigenziali in assenza della dimostrazione, vagliata dal competente ufficio dell’ente, dell’effettivo raggiungimento degli obiettivi ad essa correlati. L’indennità di risultato è, infatti, una componente della retribuzione volta a remunerare la prestazione lavorativa in funzione dei risultati raggiunti. I criteri per la sua erogazione devono, quindi, essere determinati preventivamente, così come preventivamente devono essere fissati gli obiettivi, dal raggiungimento dei quali deriva inderogabilmente la corresponsione della retribuzione di risultato. In assenza di una reale predeterminazione degli obiettivi, che devono essere diversi e ulteriori da quelli riconducibili all’ordinaria attività dirigenziale, nonché a quelli genericamente riferibili ai compiti istituzionali dell’Ente, l’Amministrazione non può riconoscere e, quindi, erogare alcuna indennità di risultato, poiché in tal caso l’erogazione dell’emolumento sarebbe priva di titolo giustificativo.
Di conseguenza, una relazione a consuntivo disancorata dalla formulazione di obiettivi previamente assegnati non è di per sé presupposto sufficiente per l’erogazione dell’emolumento, posto che la retribuzione di risultato esige un vaglio, ad opera del competente ufficio, circa la rispondenza nell’an, nel quantum, nel quando e nel quomodo dei risultati della gestione agli obiettivi determinati ex ante dall’ente. È quanto ha evidenziato la Corte dei conti, Sez. Emilia-Romagna, con deliberazione n. 46/2020.

 

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