Corte dei conti, calcolo indennità di funzione spettante al Presidente del Consiglio comunale

La Corte dei conti, Sezione per l’Emilia-Romagna, con deliberazione n. 58/2021, in riscontro ad una richiesta di parere volta ad appurare la corretta modalità di calcolo dell’indennità di funzione spettante al Presidente del Consiglio comunale, ai sensi dell’art. 82 del TUEL, in applicazione del DM 119/2000 e del criterio previsto dall’art. 156 del TUEL, ha chiarito che l’art. 156 costituisce il costante riferimento per gli Enti ai fini della determinazione delle misure dell’indennità di funzione per gli amministratori locali. La stessa può essere incrementata, a seguito di aumento della popolazione accertata dall’Istat alla data del 31 dicembre del penultimo anno di riferimento, con contestuale passaggio dell’ente ad una classe demografica superiore, ovvero essere diminuita, in caso di riduzione della popolazione, accertata alla stessa data e con le medesime modalità, con conseguente declassamento demografico dell’Ente. L’eventuale attribuzione da parte dell’Ente locale dell’indennità di funzione agli amministratori locali di cui all’ art. 82, prima che l’Istat abbia ufficialmente accertato il dato di cui all’art. 156, non può che avere natura di provvisorietà, essendo necessario, ai fini dell’esatta quantificazione dell’importo la correlazione con il dato della popolazione residente alla fine del penultimo anno di riferimento così come accertato dall’Istat.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Indennità di funzione spettante al sindaco di un Comune nato da una fusione

La determinazione delle indennità di funzione degli amministratori locali di un Comuna nato a seguito di fusione andrà effettuata prendendo come popolazione di riferimento, ai fini dell’individuazione della classe demografica di appartenenza, quella residente al 31 dicembre del penultimo anno precedente a quello in corso. L’eccezione indicata dall’articolo 156 del TUEL per gli enti di nuova istituzione – utilizzo del dato dell’ultima popolazione residente disponibile – trova applicazione laddove non vi sia un penultimo anno di riferimento per il calcolo della popolazione residente. È questa in sintesi la risposta del Ministero dell’Interno ad una richiesta di parere in merito alla determinazione dell’indennità di funzione dovuta al Sindaco di un comune istituito, a partire dal 1° gennaio 2018, a seguito della fusione tra tre comuni.
Già con precedente nota n. 689 del 19/01/2021, il Ministero ha avuto come di osservare che il TUEL individua, per diversi fini, una disciplina normativa differenziata per classi demografiche, il cui criterio statistico di riferimento è dettato dall’articolo 156. Tale articolo, che al comma 1 prevede, in via generale, le classi demografiche di riferimento, stabilisce, al comma 2, che “le disposizioni del presente testo unico e di altre leggi e regolamenti relative all’attribuzione di contributi erariali di qualsiasi natura […] che facciano riferimento alla popolazione, vanno interpretate, se non diversamente disciplinato, come concernenti la popolazione residente calcolata alla fine del penultimo anno precedente per le province ed i comuni secondo i dati dell’Istituto nazionale di statistica ovvero secondo i dati dell’Uncem per le comunità montane. Per le comunità montane e i comuni di nuova istituzione si utilizza l’ultima popolazione disponibile”.
Con specifico riguardo alla determinazione dell’indennità di funzione degli amministratori locali, la Sezione Autonomie della Corte dei Conti ha affermato che “il criterio della “… popolazione residente calcolata alla fine del penultimo anno precedente…” di cui all’art. 156, 2° comma, del decreto legislativo 267/2000 rappresenta la normativa di riferimento per una corretta modalità di rilevazione delle variazioni demografiche degli enti locali, che, secondo quanto previsto dagli scaglioni indicati nel D.M. 4 aprile 2000, n. 119, costituiscono il presupposto per l’adeguamento delle indennità spettanti agli Amministratori” (Corte dei Conti, Sezione Autonomie, deliberazione n. 7/SEZAUT/2010/QMIG).
Dunque, la giurisprudenza contabile ha inteso rapportare le indennità di funzione ad una popolazione intesa in senso dinamico, rappresentata dai dati di più recente acquisizione – la popolazione residente alla fine del penultimo anno precedente, così come accertata dall’ISTAT- e non ad un dato statico, così come espresso dal censimento (Corte dei Conti Sez. Veneto deliberazione n. 320/2013/PAR; Sez. Campania deliberazione n. 7/2015/PA; Sez. Puglia deliberazione n. 141/2016/PAR; Sez. Piemonte deliberazione n. 94/2018/PAR).

 

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Indennità di funzione spettante al Presidente del Consiglio comunale

La Corte dei conti, Sez. Abruzzo, con deliberazione n. 47/2021, nel dare riscontro ad una richiesta di parere in merito all’indennità di funzione spettante al Presidente del Consiglio comunale, ha ricordato che ove nello statuto di un comune con popolazione sino a 15.000 abitanti sia prevista – alla luce del disposto dell’art. 39, comma 1, TUEL – la figura del Presidente del Consiglio comunale, a quest’ultimo non possa che spettare l’indennità di funzione, di cui all’art. 5 del Decreto 4 aprile 2000, n. 119. La concreta quantificazione di quest’ultima, come peraltro già messo in evidenza da altra Sezione di questa Corte (Sez. controllo Lombardia n. 67/2020/PAR), presuppone un espresso atto deliberativo da parte del Comune, in quanto tale quantificazione – alla luce anche della novella recata dall’art. 57-quater, comma 1, del d. l. 26 ottobre 2019, n. 124, (convertito, con modificazioni, dalla legge 19 dicembre 2019, n. 157) che ha inserito un comma 8 bis all’interno dell’art. 82 TUEL in forza del quale «la misura dell’indennità di funzione di cui al presente articolo spettante ai sindaci dei comuni con popolazione fino a 3.000 abitanti è incrementata fino all’85 per cento della misura dell’indennità spettante ai sindaci dei comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti» – non appare poter operare ex lege, postulando una scelta decisionale rimessa alla discrezionalità dell’Ente.

 

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Indennità di funzione spettante al sindaco insegnante a tempo determinato

Sebbene non sia possibile per il lavoratore a tempo determinato essere collocato in aspettativa non retribuita, questi, secondo il più recente orientamento della giurisprudenza contabile, non potrà percepire l’indennità di funzione in misura piena. È questa, in sintesi, la risposta fornita dal Ministero dell’Interno in merito alla misura dell’indennità di funzione spettante a un sindaco, insegnante a tempo determinato per l’anno scolastico in corso.

Di seguito la risposta completa del Ministero:
L’articolo 81 del decreto legislativo 18 agosto 2000 n. 267/2000 – per quanto qui interessa – stabilisce che: “i membri delle giunte di comuni e province che siano lavoratori dipendenti possono essere collocati a richiesta in aspettativa non retribuita per tutto il periodo di espletamento del mandato”. Il successivo articolo 82, comma 1, prevede il dimezzamento dell’indennità di funzione per i componenti degli organi esecutivi dei comuni che, in quanto lavoratori dipendenti, non abbiano chiesto di essere collocati in aspettativa non retribuita.
La norma ha la finalità “di indurre gli amministratori ad esercitare a tempo pieno il proprio mandato, diminuendo forfettariamente l’indennità loro spettante in ragione del prevedibile minore impegno che dedicherebbero all’esercizio della funzione pubblica, nel caso optino per lo svolgimento di altra attività lavorativa” (cfr. Corte dei Conti, Sezione regionale di controllo per la Puglia, deliberazione n. 19/PAR/2013).
Più nel dettaglio, la ratio dell’articolo 82, comma 1, è quella di “promuovere e riconoscere, compensandola, la totale dedizione dell’amministratore pubblico al perseguimento degli interessi della collettività, consentendogli di percepire somme che gli consentano di mantenere il necessario grado di indipendenza economica per tutto il periodo di esercizio delle funzioni. La medesima ovviamente, viene ad assumere minore pregnanza allorquando il singolo assessore già percepisca un proprio stipendio come lavoratore dipendente, avendo scelto di non prendere il periodo di aspettativa previsa dalla legge. Proprio questa situazione, e cioè il venire meno delle impellenti necessità di sostentamento economico, giustifica la riduzione dell’indennità al 50%” (cfr. Corte dei Conti, Sezione regionale di controllo per il Veneto, deliberazione n. 88/2019/PAR). In definitiva, “il dimezzamento dell’indennità prevista per […] il lavoratore dipendente che non chiede l’aspettativa è una misura diretta a impedire la fruizione del doppio emolumento (stipendiale e indennitario) per intero” (cfr. Corte dei Conti, Sezione regionale di controllo per la Basilicata, deliberazione n. 92/2017/PAR).
Questo Ministero ha più volte evidenziato che l’indennità di funzione va riconosciuta per intero agli amministratori locali che, per legge, non possono avvalersi della facoltà di porsi in aspettativa non retribuita quali i lavoratori autonomi, i disoccupati, gli studenti, i pensionati nonché i lavoratori dipendenti collocati in cassa integrazione guadagni straordinaria e sospesi dal lavoro per la durata della stessa.
Tale interpretazione ha trovato conferma in diverse pronunce della Corte dei Conti, la quale ha chiarito che: “Nel caso in cui (…) il dipendente non goda, a priori, della possibilità di opzione, e ciò non per volontà sua o di altri soggetti dell’ordinamento ma per decisione dello stesso legislatore, deve ritenersi che non possa neppure farsi applicazione, nei suoi confronti, della norma che prevede il dimezzamento dell’indennità di carica previsto solo per coloro che abbiano scelto (e non che gli sia stato imposto legislativamente) di non avvalersi della possibilità di essere collocati in aspettativa” (cfr. Corte dei Conti, Sezioni riunite per la Regione Siciliana in sede consultiva, deliberazione 26/2013/SS.RR./PAR; condivide l’assunto, in linea generale, anche Corte dei Conti, Puglia, deliberazione n. 75/2019/PAR cit.).
È stato anche evidenziato che: “L’art. 81 TUEL afferma il diritto degli amministratori a essere collocati in aspettativa non retribuita se lavoratori dipendenti, senza alcuna distinzione per la tipologia del relativo rapporto (a tempo pieno o parziale, indeterminato o determinato) (…). Ne consegue che, ai fini del dimezzamento dell’indennità di funzione, è indifferente la natura (…) del rapporto di lavoro dipendente, rilevando unicamente la circostanza che l’amministratore, avendo il diritto a essere collocato in aspettativa non retribuita, non ne abbia fatto richiesta” (cfr. Corte dei Conti, Puglia, deliberazione n. 75/2019/PAR cit., nonché Corte dei Conti, Sezione regionale di controllo per la Liguria, deliberazione n. 109/2018/PAR).
In tema di rapporto di lavoro a tempo determinato, la Corte dei Conti, modificando parzialmente l’orientamento sopra illustrato, ha recentemente osservato che “considerato che la struttura e le caratteristiche del contratto di lavoro a tempo determinato, connotato dalla prefissione di un termine, rendono tale tipologia contrattuale incompatibile con l’istituto dell’aspettativa […] non risulta consentito ammettere il lavoratore a tempo determinato alla indennità nella misura piena, in quanto lo stesso, risultando oggettivamente tenuto a proseguire nel proprio rapporto di lavoro, non potrebbe assolvere all’incarico a tempo pieno e in forma esclusiva e, inoltre, si troverebbe a percepire per intero sia l’indennità di funzione sia il trattamento stipendiale” (Corte dei Conti, Sezione di controllo della Sardegna, deliberazione n. 8 del 12 febbraio 2020).
In conclusione, il dimezzamento dell’indennità di funzione è correlato esclusivamente alla possibilità di chiedere l’aspettativa; ogni qualvolta ciò sia non sia possibile, nei casi e per le ragioni sopra illustrate, detta indennità va riconosciuta per intero.
Secondo quanto osservato dal Giudice contabile, come visto, a tale principio fa eccezione il caso in cui l’amministratore sia un lavoratore dipendente a tempo determinato, in quanto in tale ipotesi il riconoscimento dell’indennità piena “concretizzerebbe una ingiustificata discriminazione tra le due situazioni soggettive esaminate: quella dell’amministratore in aspettativa non retribuita, con diritto a percepire la sola indennità di funzione e quella dell’amministratore/lavoratore a termine che percepirebbe oltre all’indennità in misura piena il proprio trattamento stipendiale” (Sez. Sardegna, del. n. 8/2020 cit.).
Pertanto, sebbene non sia possibile per il lavoratore a tempo determinato essere collocato in aspettativa non retribuita, questi, secondo il più recente orientamento della giurisprudenza contabile, non potrà percepire l’indennità di funzione in misura piena.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Incremento indennità Sindaco piccoli comuni, necessario il cofinanziamento dell’ente

Con deliberazione n. 12/2021, la Corte dei conti, Sez. Piemonte, ha fornito chiarimenti in merito all’incremento dell’indennità per i sindaci dei comuni fino a 3.000 abitanti, prevista dall’articolo 82, comma 8-bis, del Tuel, introdotto dall’art. 57-quater del D.L. n. 124/2019. La stessa disposizione ha previsto l’istituzione di un fondo di 10 milioni di euro, presso il Ministero dell’Interno, al fine di contribuire alla copertura del maggior onere sostenuto dai Comuni, rinviando la ripartizione del fondo ad un decreto, assunto in data 23 luglio 2020. La Sezione ribadisce che sebbene la norma di cui al citato art. 57-quater), sia rubricata sotto il titolo “Indennità di funzione minima per l’esercizio della carica di sindaco e per i presidenti di provincia”, l’articolazione delle nuove previsioni normative appare strutturata nel senso che l’incremento, di cui al comma 8-bis, non operi ex lege ma postuli l’espressione di una scelta decisionale, rimessa, comunque, all’ente, con conseguente decorrenza dell’incremento dell’indennità dalla data di esecutività del pertinente atto deliberativo di giunta. Depone in tal senso proprio la formulazione della norma, la quale non quantifica la misura esatta e fissa dell’incremento in oggetto ma ne fissa un tetto massimo nella misura dell’85 per cento della misura dell’indennità spettante ai sindaci dei comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti. Quanto al contributo statale, lo stesso ha un vincolo di destinazione che non può essere modificato né dalla volontà dell’ente né dalla volontà del sindaco (il quale è titolare della facoltà di rinunciare all’indennità). Pur essendo riconosciuta agli enti ampia autonomia nel deliberare il “quantum” dell’incremento dell’indennità di funzione per l’esercizio della carica di Sindaco, entro il limite legale e compatibilmente con la rispettiva situazione finanziaria, tuttavia, l’assetto normativo appare orientato nel senso di configurare un divieto di incremento dell’indennità in oggetto, basato solo nella misura del contributo statale, fissato a titolo di concorso alla copertura del maggior onere sostenuto per la corresponsione dell’incremento dell’indennità, con la conseguente necessità per ciascun ente di cofinanziare l’incremento con ulteriori fondi propri.

 

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Spetta al Vice l’indennità prevista per il sindaco dichiarato decaduto

La Corte dei conti, Sez. Liguria, con deliberazione n. 4/2021 chiarisce che nel caso di dimissioni, impedimento permanente, rimozione, decadenza o decesso del sindaco, spetta al vicesindaco, che lo sostituisce e che assume la reggenza dell’ente fino alle nuove elezioni, l’indennità nella misura stabilita per il sindaco. Nel caso di specie, l’Ente istante rappresenta che, a seguito delle consultazioni elettorali per l’elezione del Consiglio regionale, il sindaco del Comune è stato proclamato consigliere regionale, con conseguente decadenza dalla carica. Alla luce del fatto che, a norma dell’art. 53, comma 1, del d.lgs. n. 267/2000, nel caso di decadenza del sindaco il vicesindaco è chiamato a svolgere le funzioni di quest’ultimo fino a nuove elezioni, nonché del possibile slittamento delle consultazioni elettorali a causa della contingente emergenza sanitaria, l’Ente chiede di sapere se è possibile attribuire al vice l’indennità prevista per il sindaco, secondo la misura riportata nella tabella A del D.M. n. 119/2000. La Sezione, aderendo all’orientamento della giurisprudenza amministrativa (Consiglio di Stato, parere n. 501/2001), ritiene che al vicesindaco, carica istituzionalizzata dall’art. 46, comma 2, del TUEL, vada corrisposta, nel periodo di reggenza, in luogo di quella determinata ai sensi degli artt. 3, comma 6, e 4 del DM n. 119/2000, l’indennità nella misura stabilita per il sindaco. Lo stesso trattamento spetta al vicesindaco nel periodo di reggenza della carica a seguito della sospensione del sindaco disposta per le cause previste degli artt. 10 e 11 del d.lgs. n. 235/2012 (che hanno rivisto la disciplina in materia di incandidabilità, anche presso enti locali, abrogando gli art. 58 e 59 del TUEL), fino alla cessazione di tali misure o, nel caso di pronuncia di decadenza, fino all’elezione del nuovo sindaco. Al contrario, l’attività di ordinaria supplenza del sindaco, assente per motivi temporanei (l’assenza o impedimento previsti dal comma 2 dell’art. 53), non comporta l’attribuzione al vicesindaco dell’indennità spettante al sindaco, trattandosi di ordinario esercizio di funzioni pertinenti alla sua carica, per le quali l’art. 4 del DM n. 119/2000 ha stabilito una misura dell’indennità di funzione già più elevata di quella attribuita agli assessori.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Rinuncia all’indennità di funzione spettante al sindaco nei piccoli comuni

La Corte dei conti, Sez. Liguria, con deliberazione n. 98/2020, in risposta ad una richiesta di parere in merito alla possibilità di trattenere nel bilancio comunale la quota di indennità di funzione spettante al sindaco, finanziata mediante contributo statale a titolo di concorso alla copertura del maggior onere sostenuto per la corresponsione dell’incremento previsto dall’art 1 del DM 23 luglio 2020, ha chiarito che la quota di contributo statale sia vincolata inderogabilmente alla specifica finalità indicata dalla legge. Sulle predette somme, infatti, grava, per legge, un vincolo di destinazione che non può essere modificato né dalla volontà dell’ente né dalla volontà del sindaco.
Il Sindaco ha facoltà di rinunciare all’indennità, essendo quest’ultima un diritto di credito per sua natura disponibile, e potrebbe anche effettuare una rinuncia condizionata ad una specifica destinazione delle somme (potendo la condizione, sospensiva o risolutiva, applicarsi anche agli atti unilaterali tra vivi a contenuto patrimoniale ai sensi dell’art 1324 c.c.), ma gli effetti del negozio giuridico rimangono circoscritti alla sfera patrimoniale del rinunciante (acquisizione o meno al patrimonio) e non possono incidere sulle ulteriori destinazioni delle somme, destinazioni che rientrano nella discrezionalità dell’ente.
Come precisato dalle Sezioni regionali di controllo di questa Corte, l’incremento indicato ha la finalità di contrastare la carenza di candidature alle elezioni amministrative dei piccoli comuni ed è circoscritto alla sola indennità del sindaco, con esclusione degli altri amministratori, e richiede, ai fini dell’operatività, uno specifico provvedimento dell’ente, limitandosi la disposizione a prevedere soltanto la soglia massima dell’incremento (cfr. delibere Sezione Lombardia n. 67/PAR/2020, n. 129/PAR/2020 e Sezione Molise n. 42/PAR/2020). L’art. 2, comma 2 del DM 23/07/2020, nel sottolineare la cogenza del vincolo di destinazione, sancisce che le quote non utilizzate per la finalità menzionata debbano essere riversate allo Stato. Stante il chiaro disposto letterale della norma (il comune è tenuto a riversare allo Stato l’importo del contributo non utilizzato), le somme sono sottratte alla disponibilità dell’ente. Pertanto, la volontà del privato non può mutare la destinazione di una somma allorché la stessa sia stata stabilita inderogabilmente dalla legge.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

L’incremento dell’indennità di funzione dei sindaci nei piccoli comuni decorre dal 1° gennaio 2020

L’incremento dell’indennità per il Sindaco prevista dall’articolo 82, comma 8-bis, del Tuel, introdotto dall’art. 57-quater del D.L. n. 124/2019 (per i Sindaci dei Comuni con popolazione fino a 3mila abitanti, fino allo 85% dell’indennità spettante ai Sindaci dei Comuni fino a 5mila abitanti) può essere attribuito, per effetto del sopravvenuto Decreto del Ministero dell’Interno del 23 luglio 2020, con decorrenza dall’1° gennaio 2020, nel rispetto comunque delle necessaria copertura finanziaria della spesa. Lo ha precisato la Corte dei conti, Sez. Lombardia, con deliberazione n. 129/2020.
La Sezione rammenta che l’art 57 quater comma 2 del D.L. n. 124/2019, ha stabilito l’istituzione, nello stato di previsione del Ministero dell’interno, di un apposito fondo con una dotazione di 10 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2020 per finanziare il concorso nella spesa per l’incremento in parola, prevedendo al successivo comma 3 la ripartizione del fondo tra i comuni interessati da effettuare con apposito decreto del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali.
Il decreto interministeriale è stato adottato il 23 luglio 2020 e all’articolo 1 ha disposto la decorrenza dell’incremento in questione a partire dal 1° gennaio 2020. (il decreto, tra l’altro, modifica il previgente DM. n. 119, emanato il 3 aprile 2000). Solo con l’emanazione del decreto interministeriale del 23 luglio 2020 pubblicato sulla G.U. del 4 agosto, è stato determinato l’importo del contributo dello Stato nel concorso della spesa per i comuni interessati all’incremento dell’indennità del Sindaco (contributo superiore al 50% sulla spesa necessaria per l’aumento dell’85%), e pertanto soltanto dal 4 agosto u.s., ogni ente ha potuto decidere, cognita causa, la percentuale di incremento dell’indennità spettante al sindaco dopo aver conosciuto la misura del contributo ministeriale. In conclusione, La disposizione del decreto, fissando la decorrenza al 1° gennaio 2020 dell’aumento dell’indennità, consente quindi al singolo Ente di conformare la propria determinazione prevedendo, in sede di prima applicazione, la decorrenza dal 1° gennaio 2020 dell’incremento dell’indennità, previa la necessaria copertura finanziaria della spesa per la parte a carico del comune.

 

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Riduzione indennità di funzione per gli amministratori lavoratori non in aspettativa retribuita

In riferimento all’indennità di funzione spettante agli amministratori locali ex art. 82, comma 1, TUEL, la Sezione conferma i precedenti approdi giurisprudenziali ribadendo la riduzione della metà dell’indennità nei confronti del lavoratore dipendente che non abbia richiesto l’aspettativa non retribuita prevista dall’art. 81 TUEL, risultando irrilevante la tipologia del rapporto di lavoro, il numero di ore settimanali svolte e la simultanea convivenza del rapporto di lavoro dipendente con il rapporto di lavoro autonomo. Tale disciplina si applica anche ai rapporti di lavoro che presentano le caratteristiche indicate nell’art. 2, comma 1, del d.lgs. 81/2015 (jobs act). Diversamente l’art. 82, comma 1, TUEL non troverà applicazione ai rapporti di parasubordinazione o di collaborazione previsti dall’art. 409, n. 3, c.p.c. e ai contratti di lavoro a progetto ex artt. 61 e ss. del d.lgs. n. 276/2003 (normativa applicabile ratione temporis per i contratti a progetto in essere al 25 giugno 2015). È quanto ribadito dalla Corte dei conti, Sez. Basilicata, con deliberazione n. 43/2020.

 

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Contributo a copertura dell’incremento dell’indennità di funzione sindaci piccoli comuni

È stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 194 del 4 agosto 2020 il decreto del Ministero dell’Interno del 23 luglio 2020 in attuazione dell’art. 57-quater del DL 26 ottobre 2019, n. 124, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 dicembre 2019, n. 157, che ha introdotto il comma 8-bis all’art. 82 del TUEL, il quale dispone che la misura dell’indennità di funzione di cui al medesimo art. 82, spettante ai sindaci dei comuni con popolazione fino a 3.000 abitanti, è incrementata, a decorrere dal 1° gennaio 2020, fino all’85 per cento della misura dell’indennità spettante ai sindaci dei comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti, ferma  restando la riduzione del 10 per cento di cui all’art. 1,  comma  54,  della legge 23 dicembre 2005, n. 266.
A titolo di concorso alla copertura del maggior onere sostenuto per la corresponsione dell’incremento dell’indennità di funzione per l’esercizio della carica di sindaco, è concesso, a decorrere dall’anno 2020, il contributo annuo a favore di ciascuno dei comuni delle regioni a statuto ordinario con popolazione fino a 1.000 abitanti (pari ad euro 3.287,58) e di ciascuno dei comuni delle regioni a statuto ordinario con popolazione da 1.001 a 3.000 abitanti (pari ad euro 2.365,85), di cui all’allegato A) al presente decreto.
Il comune beneficiario è tenuto a riversare sul Capo XIV – capitolo 3560 «entrate eventuali diverse del Ministero dell’interno» – art. 03 «recuperi, restituzioni e rimborsi vari» l’importo del contributo non utilizzato nell’esercizio finanziario, per la copertura del maggior onere relativo all’incremento dell’indennità di funzione del sindaco.
Al riguardo, si ricorda che la Corte dei conti, Sez. Lombardia, con deliberazione n. 67/2020 ha che l’incremento di cui al comma 8 bis non operi ex lege, ma postuli l’espressione di una scelta decisionale rimessa all’ente, con conseguente decorrenza dell’incremento dalla data di esecutività del pertinente atto deliberativo. Sul piano dei rapporti con il principio di invarianza di spesa di cui all’art. 1, comma 136 della legge n. 56/2014, la Sezione ha rilevato, altresì, come lo stesso non sia specificamente richiamato dall’art. 57 quater del d.l. n. 124/2019 che, se da un lato valorizza l’autonomia degli enti, consentendo flessibilità nella modulazione dell’aumento, dall’altro, nell’implicare, per la sua attuazione, un cofinanziamento da parte dell’ente locale, pare supporre necessariamente, da parte dello stesso ente, all’atto della determinazione del quantum dell’incremento, una complessiva valutazione sulla misura dell’aumento, entro il limite di legge, che risulti compatibile con la propria situazione finanziaria nel singolo caso concreto.

 

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