L’IRAP sul compenso accessorio dell’avvocatura non può essere a carico dell’Ente

Il Tribunale dell’Aquila – Sezione Lavoro, con sentenza n. 86/2020, nel condividere le conclusioni alle quali è pervenuta la Corte di Cassazione, con sentenza n. 21398/2019, ha ribadito che le disposizioni della L. n.266 del 2005, specificatamente volte a disciplinare le modalità di costituzione dei fondi destinati a spese relative al personale, includono in modo espresso nell’ammontare complessivo anche i maggiori oneri che ne derivano a titolo di IRAP (commi 181, 185 e 198); ciò perché, se così non fosse, sui bilanci dello Stato e degli enti pubblici graverebbero spese prive della necessaria copertura. Poiché l’imposta è commisurata all’ammontare della spesa per il personale, ogni incremento della retribuzione accessoria determina anche una maggiorazione del tributo, della quale non può non tenersi conto ai fini del rispetto del tetto massimo delle risorse disponibili.  Le amministrazioni, quindi, dovranno quantificare le somme che gravano sull’ente a titolo di IRAP, rendendole indisponibili, e successivamente procedere alla ripartizione dell’incentivo, corrispondendo lo stesso ai dipendenti interessati al netto degli oneri assicurativi e previdenziali. In altri termini, su un piano strettamente contabile, tenuto conto delle modalità di copertura di tutti gli oneri, l’amministrazione non potrà che quantificare le disponibilità destinabili ad avvocati e professionisti, accantonando le risorse necessarie a fronteggiare l’onere Irap, come avviene anche per il pagamento delle altre retribuzioni del personale pubblico. Pertanto, le disposizioni sulla provvista e la copertura degli oneri di personale (tra cui l’Irap) si riflettono, in sostanza, sulle disponibilità dei fondi per la progettazione e per l’avvocatura interna ripartibili nei confronti dei dipendenti aventi titolo, da calcolarsi al netto delle risorse necessarie alla copertura dell’onere Irap gravante sull’amministrazione.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION