Nulla la nomina del dirigente dopo una condanna in primo grado

L’incarico di Dirigente generale del Dipartimento Regionale dell’acqua e dei rifiuti della Regione Siciliana conferito all’ex dirigente della protezione civile regionale deve essere dichiarato nullo in seguito alla condanna del dirigente in primo grado a un anno di reclusione con pena sospesa per omissione di atti d’ufficio. Lo ha stabilito l’Anac in seguito alla richiesta di parere da parte del Responsabile prevenzione della corruzione e trasparenza della Regione Siciliana.

Il Responsabile Anticorruzione ha chiesto all’Autorità se fosse possibile per l’incaricato, nominato dirigente regionale il 19 giugno 2020, continuare a ricoprire l’incarico nonostante la sentenza non definitiva emessa a suo carico dal tribunale l’11 marzo 2022, precisando che la condotta penalmente rilevante è stata realizzata dal dirigente nel ruolo di capo della protezione civile regionale. Veniva inoltre chiesto se la disciplina dell’inconferibilità degli incarichi si applichi anche quando la sentenza sopravvenga nel corso dell’incarico. E con quali conseguenze.

Per Anac l’incarico deve essere considerato nullo ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 39/2013 in quanto inconferibile per effetto della sentenza di condanna emessa dal tribunale: gli incarichi dirigenziali conferiti successivamente all’emissione di una causa di inconferibilità, sottolinea l’Autorità, sono equiparati a quelli precedenti. Al dirigente possono essere affidati solo incarichi che non comportino l’esercizio di poteri di gestione e amministrazione al di fuori delle aree di rischio considerate più sensibili dal legislatore (gestione delle risorse finanziarie, contratti pubblici, concessione di sovvenzioni, contributi, sussidi o attribuzione di vantaggi economici a soggetti pubblici o privati, incarichi di vigilanza o controllo). Per l’Autorità è necessario quindi che il dipendente ricopra funzioni di studio o ricerca. Inoltre nell’attribuzione di incarichi futuri la Regione dovrà tenere conto del divieto di conferimento di incarichi particolarmente esposti al rischio corruzione non solo ai dirigenti ma anche a chi svolge compiti di segreteria o funzioni direttive.

 

La redazione PERK SOLUTION

Limiti al conferimento di incarichi dirigenziali a soggetti collocati in quiescenza

Con deliberazione n. 107/2020, la Corte dei conti, Sez. Puglia, ha ribadito che le pubbliche amministrazioni non possono conferire a lavoratori pubblici o privati in quiescenza, dipendenti o autonomi che siano (Sezione regionale di controllo per la Puglia, deliberazione n. 193/2014/PAR; Sezione regionale di controllo per la Lombardia, deliberazione n. 180/2018/PAR), incarichi direttivi o dirigenziali, salva l’ipotesi di incarichi a titolo gratuito: in tal caso «la durata non può essere superiore a un anno, non prorogabile né rinnovabile». È comunque necessario che il soggetto cui viene conferito l’incarico dirigenziale non abbia raggiunto il limite di età (65 anni) per il collocamento a riposo dei dipendenti pubblici.
L’art. 5 comma 9 del D.L. 95/2012 (come modificato dall’art. 6 del D.L. 90/2014 e dall’art. 17 comma 3 della L. 124/2015) prevede il divieto per le pubbliche amministrazioni di conferimento d’incarichi di studio e consulenza, a soggetti già lavoratori privati o pubblici collocati in quiescenza. È, altresì, fatto divieto di conferire ai medesimi soggetti incarichi dirigenziali o direttivi o cariche in organi di governo delle amministrazioni di cui al primo periodo e degli enti e società da esse controllati, ad eccezione dei componenti delle giunte degli enti territoriali e dei componenti o titolari degli organi elettivi degli enti di cui all’articolo 2, comma 2-bis, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125. Gli incarichi, le cariche e le collaborazioni di cui ai periodi precedenti sono comunque consentiti a titolo gratuito. Per i soli incarichi dirigenziali e direttivi, ferma restando la gratuità, la durata non può essere superiore a un anno, non prorogabile né rinnovabile, presso ciascuna amministrazione.
Tale disposizione va, tuttavia, letta in combinato disposto con l’art. 33, comma 3, d.l. 223/2006 che prevede testualmente: «I limiti di età per il collocamento a riposo dei dipendenti pubblici risultanti anche dall’applicazione dell’articolo 16, comma 1, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, si applicano anche ai fini dell’attribuzione degli incarichi dirigenziali di cui all’articolo 19, comma 6, del citato decreto legislativo n. 165 del 2001». Ne deriva, come in più occasioni affermato dalla magistratura contabile, che ai fini dell’attribuzione degli incarichi dirigenziali, opera, in ogni caso ed in via generale, il limite anagrafico per il collocamento a riposo dei dipendenti pubblici, con la conseguenza che, se per un verso non sussistono preclusioni al conferimento di un incarico gratuito di natura dirigenziale a personale in quiescenza, è pur vero che in base alla norma da ultimo richiamata, è necessario che il soggetto cui viene conferito l’incarico dirigenziale non abbia comunque raggiunto il limite di età per il collocamento a riposo dei dipendenti pubblici (in tal senso, Sezione regionale di controllo per il Piemonte, deliberazione n. 66/2018/PAR; Sezione regionale di controllo per le Marche, deliberazione n. 181/2015/PAR; Sezione regionale di controllo per l’Abruzzo, deliberazione n. 144/2019/PAR).

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION