Nota Anci su incarichi vertice in Comuni e Città metropolitane a soggetti collocati in quiescenza

Anci ha pubblicato una nota sugli “Incarichi di vertice in Comuni e Città metropolitane a soggetti collocati in quiescenza: Nota a Deliberazione n. 80/2024 della Corte dei Conti- Sez. Reg. Lazio del 2 maggio 2024”.

La nota, al fine di fornire un indirizzo tecnico-operativo, serve a ricostruire il regime giuridico degli incarichi in oggetto anche a seguito della recente Deliberazione n. 80 della Corte dei Conti- Sez. Reg. Lazio del 2 maggio 2024. Ed infatti, la Corte dei Conti, ricostruendo il quadro normativo vigente in materia, afferma in modo chiaro ed in funzione nomofilattica, il principio del divieto di conferimento di tali incarichi se non per le eccezioni previste.

 

La redazione PERK SOLUTION

Incostituzionale il divieto di conferire nuovi incarichi di amministratore di società di enti privati, sottoposti a controllo pubblico da parte degli enti locali

La Corte costituzionale, con la sentenza n. 98/2024, si è pronunciata sulle questioni di legittimità costituzionale, sollevate dal TAR Lazio, delle norme che stabiliscono il divieto di conferire incarichi di amministratore di enti privati, sottoposti a controllo pubblico da parte degli enti locali (province o comuni), a coloro i quali nell’anno precedente abbiano svolto analoghi incarichi presso altri enti della stessa natura.
La fattispecie esaminata dalla Corte coinvolgeva un manager pubblico che, per aver ricoperto, nell’anno precedente, il ruolo di amministratore delegato presso una società controllata da un comune, non ha potuto ottenere lo stesso incarico presso altra società partecipata.

La Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale delle norme del decreto legislativo n. 39 del 2013 nella parte in cui, con riguardo a ipotesi simili, non consentono la conferibilità del nuovo incarico. Tale divieto, infatti, si pone in contrasto con le previsioni della legge di delega (la n. 190 del 2012) e, quindi, con l’art. 76 Cost., che non consente al Governo, nell’esercizio della delega conferitagli dal Parlamento, di introdurre ipotesi limitative che non siano state previste dal legislatore delegante. Nella motivazione, la Corte precisa che la legge di delega ha circoscritto la non conferibilità degli incarichi amministrativi di vertice – per quanto assume rilievo nella fattispecie oggetto di giudizio – solo alle ipotesi di provenienza politica del nominato, cioè solo ai casi in cui costui abbia svolto, nell’anno precedente, incarichi di natura politica.

Tali non sono gli incarichi di amministratore di enti di diritto privato sottoposti a controllo pubblico, che la legge di delega non ha incluso tra le posizioni di provenienza ostative. Le richiamate previsioni della legge di delega costituiscono il frutto di un bilanciamento tra l’accesso al lavoro dei professionisti, che è stato parzialmente sacrificato mediante la previsione della non conferibilità degli incarichi per provenienza politica, e l’imparzialità dell’azione amministrativa, che va assicurata anche nelle forme della mera “apparenza” di imparzialità. Tuttavia, l’estensione di questa garanzia preventiva anche ad ipotesi prive di qualsiasi percepibile collegamento con lo svolgimento di incarichi “politici” è estranea all’obiettivo perseguito dal legislatore delegante e, pertanto, non poteva essere introdotta dalla legge delegata.

 

La redazione PERK SOLUTION

Incarichi a soggetti in quiescenza per formazione/affiancamento

Con la deliberazione n. 62/2023/PAR, la Corte dei conti, Sez. Basilicata, fornisce chiarimenti in merito alla possibilità di ricorrere ad ad un incarico a titolo oneroso da conferire ad un soggetto in quiescenza già dipendente del comune ed avente ad oggetto l’attività di formazione iniziale e di primo affiancamento del personale neo-assunto privo di pregressa esperienza nello svolgimento delle mansioni assegnate. Nel caso di specie, il Comune istante chiede di sapere se l’art. 5, co. 9, decreto-legge n. 95/2012, nella parte in cui vieta di attribuire incarichi di studio e di consulenza a soggetti in quiescenza, trovi applicazione anche con riguardo al suddetto incarico a titolo oneroso.

La Sezione, in adesione al consolidato orientamento della giurisprudenza contabile e amministrativa circa il carattere tassativo delle fattispecie rientranti nell’ambito di applicazione del divieto – non suscettibili di applicazione analogica o interpretazione estensiva – ritiene che l’attività oggetto della richiesta di parere non costituisca né incarico di studio né incarico di consulenza e, pertanto, non ricade nell’ambito di applicazione dell’articolo 5, comma 9, del Dl. 95/2012. Nello specifico, il divieto riguarda “gli incarichi di studio o consulenza”, gli “incarichi dirigenziali o direttivi” o “le cariche in organi di governo”; tali incarichi sono viceversa consentiti ove gratuiti e, per i soli incarichi dirigenziali e direttivi, ferma restando la gratuità, è prevista una ulteriore limitazione rappresentata dalla durata massima non superiore ad un anno, non prorogabile né rinnovabile.

Il Collegio ritiene di dover dare continuità all’orientamento secondo cui l’attività descritta nella richiesta di parere si estrinseca nella “formazione operativa” e nel “primo affiancamento” del personale neo-assunto (sul punto vedasi Corte dei Conti, Sez. Reg. Contr. Liguria, deliberazione n. 66/2023/PAR), ovvero in una prestazione nettamente distinta dagli “incarichi di studio e di consulenza” vietati dall’art. 5, comma 9 del D.L. n. 95/2012.

Tuttavia, l’incarico individuale da conferire dovrà necessariamente rispettare i limiti all’uopo fissati dall’art. 7, comma 6, D.lgs. n. 165/2001 (con particolare riguardo alla natura temporanea della prestazione da eseguire, destinata a soddisfare una esigenza di carattere straordinario ed eccezionale nonché alla congruità del relativo compenso); inoltre si dovrà prestare attenzione al trattamento pensionistico in godimento, atteso che ‹‹….nell’ipotesi in cui il soggetto già collocato in quiescenza si sia avvalso del regime di pensione anticipata previsto dal decreto-legge n. 4/2019 (cd. quota 100, poi divenuto 102 e 103) trova applicazione la previsione di cui all’articolo 14, comma 3, del menzionato decreto secondo cui “la pensione di cui al comma 1 non è cumulabile, a far data dal primo giorno di decorrenza della pensione e fino alla maturazione dei requisiti per l’accesso alla pensione di vecchiaia, con i redditi da lavoro dipendente o autonomo, ad eccezione di quelli derivanti dal lavoro autonomo occasionale, nel limite di 5.000 euro lordi annui”. In tali fattispecie, pertanto, all’eventuale incarico a titolo oneroso consegue la sospensione del trattamento pensionistico.

 

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Obblighi di trasparenza per consulenti e collaboratori anche a carico degli organi di revisione

Con la delibera n. 452 del ottobre 2022, l’ANAC nel fornire riscontro ad una richiesta di parere concernente l’applicabilità dell’art. 15 d.lgs. n. 33/2013 ai componenti dell’Organo di revisione economico-finanziaria, ritiene  applicabile anche agli incarichi di componente dell’Organo di revisione  gli obblighi di pubblicazione e trasparenza previsti per i titolari di incarichi di collaborazione o consulenza.

La norma sopra richiamata obbliga le amministrazioni a pubblicare e aggiornare le informazioni relative agli incarichi di collaborazione o consulenza e, segnatamente, “gli estremi dell’atto di conferimento dell’incarico, il cv, i dati relativi allo svolgimento di incarichi o la titolarità di cariche in enti di diritto privato regolati o finanziati pubblica amministrazione o lo svolgimento di attività professionali, i compensi, comunque denominati, relativi al
rapporto di lavoro, di consulenza o di collaborazione”. In merito a questa disposizione, l’A.N.AC. ha fornito alcuni chiarimenti nella delibera n. 1310/2016, rilevando che “Con la modifica apportata dall’art 14 della legge 97/2016, l’art. 15 del d.lgs. 33/2013 disciplina ora solamente la pubblicazione dei dati relativi agli incarichi di collaborazione e consulenza conferiti e affidati a soggetti esterni a qualsiasi titolo, sia oneroso che gratuito.

Tenuto conto dell’eterogeneità degli incarichi di consulenza e dell’esistenza di fattispecie di dubbia qualificazione come tali, l’Autorità rammenta che ha già ricondotto agli incarichi di collaborazione e consulenza di cui assicurare la pubblicazione sui siti quelli [..] di componenti del Collegio dei revisori dei conti”. In tal senso la successiva delibera n. 566 del 5 giugno 2019 ha qualificato alla stregua di consulenti e collaboratori anche i componenti del Comitato di Sorveglianza di un ente di diritto privato in controllo pubblico, valorizzando lo svolgimento di funzioni di controllo identiche a quelle assegnate ai revisori dei conti.

Poiché i componenti dell’organo di revisione economico-finanziario (Oref) degli enti locali sono scelti tra soggetti esterni all’ente locale risulta necessario assicurare la massima trasparenza delle informazioni che li riguardano.

 

La redazione PERK SOLUTION

 

Il dipendente pubblico non può assumere incarichi di amministrazione in società di capitali

Il dipendente pubblico non può assumere incarichi di amministrazione in società di capitali. L’articolo 60 del Dpr 3/1957 dispone, infatti, che l’impiegato non può esercitare il commercio, l’industria, né alcuna professione o assumere impieghi alle dipendenze di privati o accettare cariche in società costituite a fine di lucro, tranne che si tratti di cariche in società o enti per le quali la nomina è riservata allo Stato e sia all’uopo intervenuta l’autorizzazione del Ministro competente. Si tratta di una causa di incompatibilità al cui riscontro consegue una diffida e poi l’eventuale decadenza dal pubblico impiego. Sussistendo un divieto assoluto di legge l’attività non è neppure autorizzabile dall’amministrazione di appartenenza. Ancorché il Dlgs 165/2001 si riferisca letteralmente agli incarichi per cui siano stati omessi la richiesta di autorizzazione e il versamento del compenso in ipotesi di violazione del divieto di assumere incarichi retribuiti senza autorizzazione, non può esservi alcun dubbio in ordine all’applicabilità del disposto normativo anche all’ipotesi – più grave – dello svolgimento di incarichi non autorizzabili perché incompatibili per i pubblici dipendenti.

Con queste motivazioni, la Corte dei conti, Sez. Giurisdizionale Umbria, con sentenza n. 60/2022, ha condannato il dipendente percepite per un incarico vietato, incompatibile con il mantenimento della qualità di pubblico dipendente e, quindi, non autorizzabile.

 

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