DL Fiscale, agevolazione IMU prima casa dei coniugi

Il Senato ha votato la fiducia posta dal Governo sul D.L. n. 146/2021, recante misure urgenti in materia economica e fiscale, a tutela del lavoro e per esigenze indifferibili, collegato alla Legge di Bilancio 2022 (DL 146/2021). Il provvedimento passa alla Camera, dove i lavori sono fissati in calendario a partire dal 13 dicembre. Il decreto deve essere convertito in legge entro il 20 dicembre.
Il provvedimento interviene, tra l’altro, sulle agevolazioni IMU per l’abitazione principale nell’ipotesi in cui i componenti del medesimo nucleo familiare abbiano stabilito la dimora abituale e la residenza anagrafica in immobili diversi. Con le modifiche proposte si chiarisce che, ove i membri del nucleo familiare abbiano stabilito la residenza in immobili diversi, l’agevolazione vale per un solo immobile per nucleo familiare, scelto dai componenti del nucleo familiare, e ciò sia nel caso di immobili siti nello stesso comune, sia ove gli immobili presenti in comuni diversi.
Viene modificato l’articolo 1, comma 741, della legge di bilancio 2020, che contiene la disciplina dell’IMU “prima casa” per i componenti del medesimo nucleo familiare. La disciplina vigente prevede (lettera b) del comma 741) che per abitazione principale – esente da IMU, a specifiche condizioni – si intende l’immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore e i componenti del suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente. Ove i componenti del nucleo familiare abbiano stabilito la dimora abituale e la residenza anagrafica in immobili diversi situati nel territorio comunale, le agevolazioni per l’abitazione principale e per le relative pertinenze in relazione al nucleo familiare si applichino per un solo immobile.
Per effetto delle modifiche proposte, se i membri del nucleo familiare hanno stabilito la residenza in immobili diversi, l’agevolazione vale per un solo immobile per nucleo familiare scelto dai componenti del nucleo familiare, sia nel caso di immobili siti nello stesso comune, sia ove gli immobili siano ubicati in comuni diversi.
Al riguardo, la relazione illustrativa che accompagna l’emendamento chiarisce che le norme intendono superare l’interpretazione del MEF resa con la circolare n. 3/DF del 2012 in cui viene affermato che “il legislatore non ha, però, stabilito la medesima limitazione nel caso in cui gli immobili destinati ad abitazione principale siano ubicati in comuni diversi, poiché in tale ipotesi il rischio di elusione della norma è bilanciato da effettive necessità di dover trasferire la residenza anagrafica e la dimora abituale in un altro comune, ad esempio, per esigenze lavorative”, sia gli ultimi orientamenti della Corte di Cassazione (ordinanze n. 4166 del 2020 e n. 4170 del 2020). La Corte ha affermato infatti che, nel caso in cui non è unico il riferimento alla residenza anagrafica e alla dimora abituale del nucleo familiare, l’esenzione non spetta in nessun caso se i comuni sono diversi, creando quindi una disparità di trattamento tra i coniugi che hanno stabilito una diversa residenza nello stesso comune (per i quali spetta per un solo immobile, ai sensi dell’attuale configurazione del comma 741) e quelli che invece l’hanno fissata in comuni diversi.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

L’immobile accatastato A/10 è assoggettato all’IMU senza agevolazioni prima casa

L’immobile accatastato con categoria A/10 non può usufruire delle agevolazioni prima casa previste in materia di IMU, anche se risulta adibito ad abitazione principale. Infatti la categoria di immobili A/10 ha esclusivamente la destinazione uso ufficio. Così ha deciso la CTR Lazio, sentenza n. 09/11/2021, n. 5009/10, accogliendo l’appello del Comune di Roma avverso la sentenza del giudice di primo grado che, invece, aveva accolto il ricorso del contribuente.

Le agevolazioni ai fini IMU, previste per l’abitazione principale integrano un’agevolazione fiscale, cui il contribuente ha diritto solo se abbia operato in conformità alle norme di legge che le prevedono. Dal consolidato orientamento della Corte di Cassazione (fra cui: sentenza n. 21332/ 2008) emerge, quindi, che il classamento catastale della categoria delle abitazioni è presupposto essenziale per l’applicazione dell’agevolazione prevista per l’abitazione principale. Il diritto ad usufruire dell’aliquota agevolata e della detrazione ICI previste dalla disciplina contenuta nel D.Lgs.504/1992, presuppone necessariamente il classamento del fabbricato nella corrispondente categoria catastale, dalla quale si desumono i corretti valori per la determinazione dell’imposta. Sugli effetti derivanti da un mancato aggiornamento degli atti catastali dovuti ad inerzia del contribuente, la Corte di Cassazione si è già espressa (sentenza n. 1704/2016) precisando che nessun beneficio può derivare da un accatastamento non «aggiornato» nel caso in cui questo «sia stato determinato da un’omissione del contribuente, che non abbia provveduto a denunciare al Catasto l’effettiva destinazione d’uso del cespite»

Nonostante sia incontestabile – argomenta il giudice dell’appello – che l’immobile del contribuente venga utilizzato quale abitazione principale, l’accatastamento in A/10 è preclusivo per l’applicazione delle agevolazioni previste per la prima casa. In sostanza, tale categoria – che prevede la destinazione del bene ad ufficio – prevale, sul piano fiscale, rispetto all’utilizzo del bene quale abitazione principale. Secondo la CTR per il Lazio è onere del contribuente richiedere una modifica della categoria catastale A/10 funzionale ad allinearla all’uso effettivo dell’immobile. Fino a quando non sarà effettuata tale variazione, non risulta possibile accedere alle agevolazioni IMU previste per l’abitazione principale.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Le aree adibite ad attività estrattive sono soggette all’IMU

Le aree adibite ad attività estrattive sono assoggettate all’IMU, in quanto mantengono la loro potenzialità edificatoria con riferimento ai fabbricati strumentali a tali attività. Infatti, secondo l’insegnamento della Corte di Cassazione, le aree adibite ad attività estrattive in base allo strumento urbanistico adottato dal Comune non perdono la loro potenzialità edificatoria, ancorché limitata alla costruzione dei fabbricati strumentali all’estrazione dei materiali (cfr. Cass. n. 14409/2017 e Cass. n. 31079/2019). Infatti, l’edificabilità di un’area è connessa alla qualificazione ad essa attribuita nel piano regolatore generale adottato dal Comune e la sua eventuale destinazione a cava non ne modifica la sua potenzialità edificatoria. Pertanto, le aree estrattive devono essere assoggettate all’imposta comunale sugli immobili. Con queste motivazioni la CTR Abruzzo, sentenza n. 05/10/2021, n. 670/6, ha respinto l’appello della società ricorrente, titolare di un’attività estrattiva e già risultata soccombente in primo grado, affermando, tra l’altro, che la previsione di un’esenzione dal versamento dell’IMU per le società che esercitano dette attività, non contemplata dalla legge, comporterebbe un vulnus al principio di tassatività delle esenzioni fissate dal legislatore.

IMU sugli immobili in regime di comunione matrimoniale

In tema di disciplina patrimoniale del matrimonio, la riforma del diritto di famiglia del 1975 ha previsto la comunione dei beni come regime ordinario. Pertanto, in assenza di una specifica dichiarazione contraria, gli immobili acquistati da uno dei coniugi rientrano nel perimetro della comunione, in forza di un regime di comunione tacita familiare, idoneo a estendersi ipso iure agli acquisti fatti da ciascun partecipante, senza necessità di mandato degli altri né di successivo negozio di trasferimento. Alla luce di tale principio, recentemente affermato dalla Suprema Corte (ord. n. 7872/2021), la CTR per la Campania, con la sentenza del 20/10/2021, n. 7437/10, ha confermato la legittimità del diniego del rimborso IMU. Il collegio, infatti, ha ritenuto dovuto il pagamento dell’imposta sulla scorta della comproprietà dell’immobile tra i coniugi in regime di comunione tacita dei beni.

Cassazione, paga l’IMU il proprietario dell’immobile occupato abusivamente da altri soggetti

Con Ordinanza 25 ottobre 2021, n. 29868, la Corte di Cassazione ha chiarito che l’IMU deve essere versata da parte del soggetto titolare del diritto di proprietà o di altro diritto reale, anche se il bene è occupato abusivamente da soggetti terzi. Ai fini della debenza di tale tributo, ha sostenuto la Corte, rileva  il potere sulla cosa che si manifesta in un’attività corrispondente all’esercizio della proprietà ai sensi dell’art. 1140 c.c., mentre risulta irrilevante la mera detenzione. Su tali presupposti è stato così affermato che “in tema di ICI, nel caso di comproprietà dell’immobile, l’imposta è dovuta dal comproprietario nei limiti della sua quota, senza che possa assumere alcun rilievo l’eventuale esercizio, da parte sua, di poteri gestori e di amministrazione dell’intero immobile, atteso che il D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 1, comma 2, e art. 3, comma 1, riferiscono il possesso, quale presupposto del tributo, alla titolarità del diritto di proprietà del cespite, prescindendo completamente, nella configurazione dell’elemento oggettivo dello stesso presupposto, dalla fruttuosità, o non, del bene” (vedi Cass. n. 6064 del 2017), o si è giustificato la ritenuta persistenza del possesso quale presupposto impositivo, allorchè vi sia stata occupazione temporanea d’urgenza da parte della P.A., finchè non sia intervenuto il decreto di esproprio”.
Tali principi, d’altra parte, trovano conferma in altro indirizzo giurisprudenziale formatosi a proposito dell’IMU, allorché si è ritenuto che in tema di “leasing”, tenendo conto del disposto dell’art. 9 del D.Lgs. n. 23 del 2011, soggetto passivo dell’IMU, nell’ipotesi di risoluzione del contratto, è il locatore, anche se non ha ancora acquisito la materiale disponibilità del bene per mancata riconsegna da parte dell’utilizzatore, in quanto ad assumere rilevanza ai fini impositivi non è la detenzione materiale del bene da parte di quest’ultimo, bensì l’esistenza di un vincolo contrattuale che ne legittima la detenzione qualificata – cfr. Cass. n. 25249/2019.

Incentivi recupero evasione IMU TARI, rilevanza termini di approvazione del bilancio e del rendiconto

La Corte dei conti, Sez. Liguria, con deliberazione n. 78/2021, ha ritenuto sottoporre al Presidente della Corte dei conti la valutazione dell’opportunità di deferire alla Sezione delle Autonomie, ai sensi dell’art. 6, comma 4, del D.L. 10 ottobre 2012, n. 174, o alle Sezioni Riunite in sede di controllo, ai sensi dell’art. 17, comma 31, D.L. 1° luglio 2009, n. 78, la seguente questione di massima ai fini dell’adozione di una pronuncia di orientamento generale: “se la locuzione “entro i termini stabiliti dal testo unico di cui al d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267” per l’approvazione del bilancio preventivo e del conto consuntivo contenuta all’art. 1, c. 1091 della legge n. 145/2018 debba intendersi riferita, per il bilancio di previsione, al termine del 31 dicembre dell’anno precedente (ex art. 151, c.1, TUEL) e, per il rendiconto, a quello del 30 aprile dell’anno successivo a quello di riferimento (ex artt. 151, c.1, e 227, c.2, TUEL) ovvero se questa possa intendersi riferita anche al diverso termine prorogato, per il bilancio di previsione, con legge o con decreto del Ministro dell’interno, d’intesa con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, in presenza di motivate esigenze (ai sensi dell’art. 151, c.1, ultimo periodo TUEL) e, per il rendiconto, con legge”.
La possibilità di destinare, ai sensi dell’art. 1, comma 1091 della legge n. 145/2018, quota parte del maggior gettito IMU e TARI al potenziamento delle risorse strumentali degli uffici comunali preposti alla gestione delle entrate e al trattamento accessorio del personale dipendente è espressamente condizionata all’approvazione del bilancio di previsione e del rendiconto “entro i termini stabiliti dal testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.
La questione interpretativa richiede di scrutinare se questa condizione possa ritenersi soddisfatta nel solo caso in cui il bilancio di previsione sia stato deliberato entro il 31 dicembre dell’anno precedente a quello di riferimento (come prevede l’art. 151, c.1, TUEL) ovvero anche ove il bilancio di previsione sia stato approvato entro il diverso termine prorogato da specifiche disposizioni normative o con decreto ministeriale ai sensi dell’art. 151, c.1, ultimo periodo, TUEL.
La questione in esame è stata in più occasioni portata all’attenzione della magistratura contabile, che si è espressa concordemente, ritenendo che il termine per l’approvazione del bilancio a cui la ridetta norma fa riferimento è quello del 31 dicembre dell’anno precedente, ai sensi dell’art. 151, c. 1, d.lgs. n. 267/2000, a prescindere da eventuali proroghe (SRC Emilia Romagna, n. 52/2019/PAR; SRC Lombardia n. 412/2019/PAR e nn. 40 e 113/2020/PAR; SRC Toscana, n. 46/2020/PAR; SRC Abruzzo, n. 120/2020/PAR; SRC Piemonte nn. 92 e 96/2021/PAR). Nella maggior parte dei casi, i quesiti proposti alle Sezioni regionali erano formulati con riferimento al termine prorogato con decreto ministeriale di cui all’art. 151 TUEL; tuttavia, l’interpretazione è stata ribadita anche con riferimento alla proroga del termine operata con legge (es., nel caso della legislazione emergenziale relativa all’epidemia da Covid-19, cfr. SRC Abruzzo, n. 120/2020/PAR).
Con riferimento al termine rilevante per l’approvazione del bilancio di previsione, il Collegio ritiene possibile una differente interpretazione ai fini dell’applicazione dell’art. 1, c. 1091, l. n. 145/2018. In primo luogo, a parere della Sezione, andrebbe valorizzato il fatto che l’art. 1, c. 1091, opera un rinvio generico ai termini stabiliti dal TUEL che, per esplicita previsione dello stesso Testo unico, per quanto riguarda il bilancio di previsione possono essere differiti con decreto del Ministro dell’interno, d’intesa con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, in presenza di motivate esigenze. In altre parole, lo stesso art. 151, c.1, TUEL, nel fissare per il bilancio di previsione il termine ordinario di approvazione al 31 dicembre, contestualmente prevede la possibilità che questo possa essere differito al ricorrere di giustificate ragioni. Considerare che l’art. 1, c. 1091, si riferisca esclusivamente al termine del 31 dicembre implicherebbe sostenere che esso operi un rinvio alla sola prima parte dell’art. 151, c. 1, TUEL, mentre il Collegio reputa che il rinvio in esame debba ritenersi esteso anche ai termini stabiliti dagli eventuali decreti ministeriali di proroga dei termini stessi.
La destinazione del maggior gettito al potenziamento delle risorse strumentali degli uffici preposti alla gestione delle entrate o al riconoscimento di trattamento accessorio avviene sulla base dei dati risultanti dal conto consuntivo relativo all’esercizio precedente (e, quindi, necessariamente, in un momento successivo alla chiusura finanziaria della gestione e rispetto all’approvazione del relativo rendiconto, consentendo di poter valutare se gli obiettivi di incremento di accertamenti e riscossioni di IMU e TARI siano stati effettivamente raggiunti). Per la Sezione, considerare come termini rilevanti di approvazione dei documenti contabili unicamente quelli “ordinari” si rischia di vanificare le particolari e spesso eccezionali esigenze poste alla base del loro differimento.

Agevolazioni IMU spettanti se il Comune conosceva l’inagibilità

La Commissione Tributaria Regionale per il Lazio, con la sentenza n. 4005/2021, rigettata l’eccezione del Comune di Roma ritenendo adeguati i motivi di impugnazione ex art. 53 d.lgs. 546/92, ha accolto l’appello, dichiarato ammissibile, di parte contribuente. In riforma della sentenza di primo grado, che aveva rigettato, per la mancata presentazione all’Ente impositore della dichiarazione di inagibilità/inabitabilità degli immobili prevista dall’art. 8 d.lgs. 504/92, il ricorso introduttivo proposto avverso gli avvisi di accertamento n. 0 62175 e 62176 relativi all’IMU richiesta per gli anni 2012 e 2013 avendo ritenuto decisiva la circostanza della omessa presentazione della dichiarazione di inagibilità di cui all’art. 8 d.lgs. 504/92, la CTR ha ritenuto spettanti le agevolazioni atteso che le reali condizioni degli immobili, a prescindere dalla omessa previa presentazione della dichiarazione di inagibilità, erano note all’Ente impositore che ne aveva preso atto in sede di rilascio del permesso di costruzione.
Al riguardo, ricordato che la condizione di inagibilità o di inabitabilità dell’immobile consiste nella particolare condizione di degrado fisico sopravvenuto non superabile con interventi di ordinaria o straordinaria manutenzione, si rileva che il riconoscimento del diritto al trattamento agevolativo non consegue in via automatica, ma necessita della presentazione da parte del contribuente di idonea documentazione all’ufficio Tecnico del Comune. La Corte di Cassazione ha affermato il principio che anche in assenza di una specifica richiesta del contribuente sussiste il diritto ad ottenere il trattamento agevolativo, non essendo necessaria la prova di fatti che siano già noti alla Pubblica Amministrazione mediante la avvenuta presentazione di idonea documentazione (in tal senso Cass. Ord. 28921/2017). La stessa Corte ha ulteriormente chiarito che, esclusa la possibilità di separare i diversi settori in cui si esprime la competenza di un Ente locale (ad esempio l’ufficio Tecnico comunale rispetto all’ufficio Tributi), i rapporti con il contribuente devono comunque essere improntati al rispetto dei principi di collaborazione e di buona fede.

IMU e mutamento della destinazione urbanistica del fondo

Il mutamento della destinazione urbanistica, che si concretizza nell’attribuzione del diritto edificatorio sull’intera superfice, consente sempre all’ente impositore di chiedere la maggiore imposta a titolo di IMU. In base a tale principio la CTP di Milano, con la sentenza n. 3250/2021,  ha ritenuto non meritevole di accoglimento il ricorso della società contribuente, evidenziando che l’obbligo motivazionale dell’accertamento in materia di IMU deve ritenersi adempiuto tutte le volte in cui il contribuente sia stato posto in grado di conoscere la pretesa tributaria nei suoi elementi essenziali e, quindi, di contestare l'”an” e il “quantum” dell’imposta, come è avvenuto nel caso di specie. La società era, infatti, proprietaria di un’unità immobiliare comprensiva anche di un piazzale asservito al deposito e aveva versato l’IMU senza tenere conto dell’intervenuta modifica della destinazione urbanistica che inquadrava diversamente l’intero fondo. Per l’effetto dell’attribuzione del diritto edificatorio sulla superficie il terreno assurgeva ad “area edificabile” ai fini fiscali e ciò consentiva all’Ente locale di chiedere la maggiore imposta.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

 

MEF, Si all’applicabilità della maggiorazione IMU dello 0,08% anche per il 2021

Il Dipartimento delle Finanze, con la risoluzione n.8/DF del 21 settembre 2021, fornisce chiarimenti in merito all’applicazione della maggiorazione di aliquota IMU dello 0,08%, ex art. 1, comma 755, legge n. 160/2019, anche per l’anno 2021, a seguito deliberazione consiliare espressa adottata per l’anno 2020 seguita da assenza di deliberazione per l’anno 2021.
Al riguardo, il Dipartimento si ritiene che la mancata adozione di una delibera sulle aliquote IMU per l’anno 2021 determini l’effetto della conferma automatica di tutte le aliquote approvate per il 2020, compresa anche quella maggiorata dell’1,14%, risultante dall’applicazione della suddetta maggiorazione dello 0,08%.
Dalla previsione normativa di cui all’art. 1, comma 755, legge n. 160 del 2019 – il quale stabilisce che “a decorrere dall’anno 2020, limitatamente agli immobili non esentati ai sensi dei commi da 10 a 26 dell’articolo 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208, i comuni, con espressa deliberazione del consiglio comunale, pubblicata nel sito internet del Dipartimento delle finanze del Ministero dell’economia e delle finanze ai sensi del comma 767, possono aumentare ulteriormente l’aliquota massima nella misura aggiuntiva massima dello 0,08 per cento, in sostituzione della maggiorazione del tributo per i servizi indivisibili (TASI) di cui al comma 677 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2013, n. 147, nella stessa misura applicata per l’anno 2015 e confermata fino all’anno 2019 alle condizioni di cui al comma 28 dell’articolo 1 della legge n. 208 del 2015. I comuni negli anni successivi possono solo ridurre la maggiorazione di cui al presente comma, restando esclusa ogni possibilità di variazione in aumento” – si evince che l’espressa deliberazione del consiglio comunale” non può che riferirsi all’anno 2020 che costituisce il primo anno di applicazione del nuovo regime dell’IMU attuato dalla legge n. 160 del 2019.
Superato l’anno di transizione tra i due regimi ordinamentali, la suddetta maggiorazione, nei comuni che versano nelle condizioni di legge, diventa a tutti gli effetti un’aliquota IMU con il medesimo regime giuridico delle altre aliquote, cui si applicano dunque le stesse regole generali stabilite per queste ultime. Il Legislatore ha inteso, quindi, condizionare la permanenza dell’applicazione della suddetta maggiorazione – che richiedeva una previsione specifica di raccordo in un sistema ad imposta patrimoniale unica – a una espressione esplicita di tale volontà. Ciò, però, non attraverso l’imposizione di una condizione a regime, bensì con una clausola volta a regolare, per l’appunto, solo la fase transitoria, vale a dire l’anno 2020.
A conferma di quanto sostenuto, il Dipartimento richiama anche l’ultimo periodo del comma 755 dell’art. 1 della legge n. 160 del 2019, il quale dispone che i “comuni negli anni successivi possono solo ridurre la maggiorazione di cui al presente comma, restando esclusa ogni possibilità di variazione in aumento” Tale previsione comporta che negli anni successivi al 2020 i comuni possono, con espressa deliberazione consiliare, solo ridurre la maggiorazione applicata nell’anno 2020, mentre la mancata approvazione delle aliquote IMU per l’anno 2021 e successivi determina, come sopra chiarito, la conferma automatica, ope legis, di tutte le aliquote approvate per l’anno 2020, ivi inclusa l’aliquota maggiorata dell’1,14%, indicata nel quesito.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

 

Niente esenzione IMU per le scuole paritarie se l’attività è svolta con modalità commerciali

La gratuità dell’attività è un requisito indispensabile per l’esenzione IMU della scuola paritaria. È quanto evidenziato dalla Corte di Cassazione, con ordinanza n. 24243 dell’8 settembre 2021, accogliendo il ricorso presentato dal Comune nei confronti della una sentenza della CTR, di rigetto dell’appello proposto avverso una sentenza CTP, che aveva accolto il ricorso di una scuola paritaria avverso un avviso di accertamento IMU 2013; la CTR, confermando la sentenza di primo grado, ha ritenuto che l’attività di ospitalità fornita dall’Istituto contribuente possedesse tutti i requisiti di legge per ritenerla esente dal pagamento dell’IMU, trattandosi di scuola parificata, i cui ricavi non sembravano costituire un reddito riconducibile ad un’attività commerciale.
I giudici di Cassazione hanno ricordato che l’esenzione dall’IMU è fruibile da parte dei soggetti, che rispondano a requisiti di carattere soggettivo e oggettivo; il requisito soggettivo consiste nello svolgimento di un’attività non lucrativa; il requisito oggettivo consiste che negli immobili venga svolta, con modalità effettivamente non commerciali, attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, di ricerca scientifica, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive, nonché quelle di cui all’art. 16 lettera a) della legge n. 222 del 1985. Occorre pertanto far riferimento alle concrete modalità di svolgimento dell’attività nei singoli immobili, affinché possa essere concessa l’esenzione IMU. Tale attività dev’essere priva di scopo di lucro e, conformemente al diritto dell’Unione europea, per sua natura non deve porsi in concorrenza con altri operatori del mercato e deve costituire espressione dei principi di solidarietà e sussidiarietà. Inoltre, l’attività deve essere svolta a titolo gratuito, ovvero di versamento di corrispettivi di importo simbolico e tali da coprire solo una frazione del costo effettivo del servizio.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION