UPI chiede al Governo soluzione su rimborsi addizionale energia elettrica

“Occorre che il Governo affronti e risolva l’emergenza che si è creata a seguito delle sentenze della Corte di Cassazione sull’addizionale provinciale per l’energia elettrica riferita agli anni dal 2010 al 2011: le richieste di rimborso a Province e Città metropolitane da parte delle aziende fornitrici di energia, che cercano così di risolvere il contenzioso con gli utenti, rischiano di aprire falle nei bilanci degli enti”.
Lo ha detto il rappresentante dell’UPI, Antonio Pompeo, Presidente della Provincia di Frosinone, al Ministro dell’Interno Luciana Lamorgese e alla Viceministra all’Economia, Laura Castelli, nella riunione della Conferenza Stato Città.
La Corte di Cassazione, infatti, ha in due sentenze specifiche dichiarato l’addizionale provinciale sull’energia elettrica addebitata nella bolletta elettrica negli anni 2010 e 2011 in contrasto con la normativa comunitaria: da qui sono nati contenziosi tra le società fornitrici di energia elettrica e utenti finali che ne chiedono la restituzione.
Per questo le società fornitrici di energia elettrica si apprestano a chiedere a loro volta alle Province o Città metropolitane quanto a suo tempo versato a titolo di addizionale provinciale.
“Province e Città Metropolitane – ha sottolineato il rappresentante UPI – rischiano di dover accantonare prudenzialmente somme in bilancio e di dovere avviare lunghi e complessi contenziosi tributari con le società fornitrici di energia elettrica. Si tratta di esborsi ingenti: per le sole Province e Città metropolitana della Lombardia, a fronte di un incasso di quasi 345 milioni, gli enti si vedrebbero richiedere non meno di 135 milioni. È evidente che serve una soluzione che accompagni e sostenga le istituzioni coinvolte”.

 

Verifica e rendicontazione dei versamenti effettuati dai soggetti affidatari della riscossione delle entrate degli enti locali

Con la circolare n. 3/DF del 27 ottobre 2020 il Dipartimento delle finanze, a seguito della riforma della riscossione delle entrate degli enti locali introdotta dalla legge di bilancio per il 2020, fornisce istruzioni agli enti locali, ai soggetti che svolgono la funzione di tesoreria e ai soggetti affidatari della riscossione delle entrate in merito alle modalità di verifica e di rendicontazione dei versamenti delle entrate dei predetti enti (art 1, comma 790), in modo da assicurare, in tempi certi, il pagamento dei compensi dovuti dall’ente impositore al proprio soggetto affidatario della riscossione.
Il comma 790, come noto, disciplina le modalità di verifica e di rendicontazione dei versamenti delle entrate. A tal riguardo, gli enti locali, ai soli fini di consentire ai soggetti che svolgono la funzione di tesoreria e ai soggetti affidatari della riscossione delle entrate la verifica e la rendicontazione dei versamenti dei contribuenti, devono garantire ai concessionari l’accesso ai conti correnti intestati ad essi e dedicati alla riscossione delle entrate oggetto degli affidamenti, nonché l’accesso agli ulteriori canali di pagamento disponibili. Il tesoriere dell’ente provvede giornalmente ad accreditare sul conto di tesoreria dell’ente le somme versate sui conti correnti dedicati alla riscossione delle entrate oggetto degli affidamenti. Salvo diversa previsione contrattuale, il soggetto affidatario del servizio trasmette entro il giorno dieci del mese all’ente affidante e al suo tesoriere la rendicontazione e la fattura delle proprie competenze e spese riferite alle somme contabilizzate nel mese precedente e affluite sui conti correnti dell’ente. Decorsi trenta giorni dalla ricezione della rendicontazione, il tesoriere, in mancanza di motivato diniego da parte dell’ente, provvede ad accreditare a favore del soggetto affidatario del servizio, entro i successivi trenta giorni, le somme di competenza prelevandole dai conti correnti dedicati. Per le somme di spettanza del soggetto affidatario del servizio, la norma rinvia alle disposizioni di cui all’art. 255, comma 10 del TUEL, che esclude la competenza dell’organo straordinario di liquidazione sulle anticipazioni di tesoreria e sui debiti assistiti dalla garanzia della delegazione di pagamento.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

2,715 miliardi di entrate in meno ai Comuni da tributi e tariffe

2,715 miliardi di entrate in meno ai Comuni da tributi e tariffe nei primi 4 mesi del 2020. Sono questi i primi numeri del Siope, sistema informatico del Ministero Economia e Finanze, che certificano, non per stime o simulazioni ma come dato di realtà, il tracollo delle entrate comunali. E se questo è solo il primo quadrimestre significa che su base annua siamo  vicini allo scenario peggiore che avevamo ipotizzato, in un range di perdite che oscillava tra i 4 e gli 8 mld. di euro, e che aveva portato ANCI a chiedere un intervento di 5 mld. Tutto questo rende piena ragione della assoluta urgenza della emanazione delle norme che stanziano i primi tre miliardi di sostegno corrente ai Comuni, ma al contempo ne evidenzia la altrettanto assoluta insufficienza. Quando arriveranno copriranno solo quanto si è già perso nel primo quadrimestre. Senza un intervento urgente e significativamente più corposo di quanto sino ad ora annunciato i Comuni rischiano il collasso. E con loro collasserebbero servizi e diritti essenziali dei cittadini e delle comunità, proprio nel momento in cui i costi di  questi servizi aumentano giustamente per garantire la sicurezza e gli stessi servizi sono anche indispensabili per consentire e dare gambe alla graduale e progressiva ripresa del nostro tessuto socio-economico. È quanto ha affermato il presidente di Anci Lombardia.