Riparto contributo di 10 milioni di euro a favore dei comuni in dissesto finanziario

Con decreto del Ministero dell’Interno, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze del 13 agosto 2021 sono state ripartite le risorse del fondo per i comuni in stato di dissesto finanziario, pari a 10 milioni di euro, previsto dall’articolo 52 bis, comma 1 del decreto legge 25 maggio 2021, n.73, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 luglio 2021, n.106, che sostituisce il comma 843 dell’articolo 1 della legge 30 dicembre 2020, n.178.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

 

Consiglio di Stato, alla Corte costituzionale la questione di legittimità del mancato pagamento degli interessi degli enti in dissesto

Il Consiglio di Stato, con ordinanza n. 5502 del 21/07/2021, pronunciandosi sul ricorso presentato da un Comune contro una Società, avverso la sentenza del TAR Lazio con la quale è stato ordinato all’Ente di procedere al pagamento degli interessi maturati sul credito originato dal lodo arbitrale in linea capitale dopo la dichiarazione del precedente dissesto, ha dichiarato la rilevanza e la non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 248, comma 4, d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, in relazione agli artt. 3, 5, 81, 97, 114 e 118 Cost. nella parte in cui prevede che dalla data in cui è deliberato il dissesto e sino all’approvazione del rendiconto di cui all’art. 256 dello stesso testo unico i debiti insoluti a tale data e le somme dovute per anticipazioni di cassa già erogate non producono più interessi né sono soggetti a rivalutazione monetaria.
Nel caso di specie, è emerso che il Comune, a causa dell’insostenibilità per il bilancio comunale della somma liquidata in sede arbitrale, ha dichiarato il dissesto finanziario, ai sensi degli artt. 244 e ss. del TUEL. In seguito all’adesione del Comune alla procedura semplificata ex art. 258 e della conseguente erogazione dell’anticipazione di liquidità del Ministero dell’interno prevista dall’art. 33 del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, il credito della Società è stato inserito nella massa passiva della procedura e successivamente pagato per l’intero importo ammesso in linea capitale, oltre che per gli interessi maturati fino al momento della dichiarazione di dissesto. Chiusa la gestione liquidatoria con l’approvazione del rendiconto ai sensi dell’art. 256 del TUEL, la Società ha richiesto il pagamento degli interessi moratori maturati successivamente alla dichiarazione del dissesto.
Secondo il Comune, il pagamento nella procedura di dissesto degli enti locali dell’intera sorte capitale del credito ne avrebbe determinato l’estinzione, ciò sull’assunto secondo cui l’art. 248, comma 4, TUEL nel disporre che dalla data in cui è deliberato il dissesto dell’ente locale i debiti insoluti «non producono più interessi né sono soggetti a rivalutazione monetaria», prevede un regime di inesigibilità temporanea degli accessori del credito non soddisfatto integralmente per sorte capitale. Inoltre, per l’Ente, l’onere riveniente dal pagamento degli interessi maturati sul credito in linea capitale dopo la dichiarazione del precedente dissesto sarebbe insostenibile per il proprio bilancio, con la conseguenza di dover dichiarare un nuovo dissesto.
Per giurisprudenza costante, la normativa che dispone il blocco della rivalutazione monetaria e degli interessi, in relazione ai debiti degli enti locali in stato di dissesto finanziario, è stata interpretata nel senso che anche dopo la dichiarazione di dissesto continuano a maturare sui debiti pecuniari degli enti dissestati interessi e rivalutazione, restando soltanto escluse l’opponibilità alla procedura di liquidazione e l’ammissione, alla massa passiva, degli interessi e della rivalutazione maturati successivamente alla dichiarazione di dissesto e fino all’approvazione dell’apposito rendiconto. In altri termini, la disposizione di cui all’art. 248, comma 4 del TUEL, secondo cui i debiti insoluti alla data di dichiarazione del dissesto finanziario dell’Ente locale non producono interessi, né rivalutazione monetaria avrebbe carattere meramente sospensivo e non preclude all’interessato – una volta esaurita la gestione straordinaria con la cessazione della fase di dissesto – di riattivarsi per la corresponsione delle poste stesse nei confronti dell’Ente risanato, tanto che “in tema di blocco della rivalutazione monetaria e degli interessi in relazione ai debiti degli enti locali in stato di dissesto finanziario, il termine di prescrizione dei diritti vantati nei confronti dell’ente locale continua a decorrere regolarmente nel periodo del dissesto”. Pertanto, in coerenza con l’obiettivo primario dell’istituto del dissesto finanziario dell’ente locale, consistente nel suo stabile risanamento, secondo la Sezione, un nuovo dissesto costituisce per l’ordinamento giuridico un’evenienza in grado di frustrare le finalità dell’istituto. Infatti, con il riespandersi degli accessori del credito, divenuti temporaneamente inesigibili ai sensi dell’art. 248, comma 4, per tutta la durata della procedura di dissesto, di esso tuttavia finisce per avvantaggiarsi in primo luogo il singolo creditore commerciale, benché già remunerato a tassi di mercato. A ciò si contrappone l’ingiustificato sacrificio della collettività di cui il Comune è ente esponenziale, esposto al rischio di un nuovo dissesto e alle negative ripercussioni da esso derivante tanto sul piano della continuità delle funzioni amministrative e dei servizi pubblici quanto sul piano economico, per le azioni di riequilibrio del bilancio rese necessarie dall’apertura della nuova procedura. La soluzione imposta per superare l’aporia così venutasi a creare sarebbe quella di considerare estintivo il pagamento integrale del credito nell’ambito della procedura di dissesto, per sorte capitale ed interessi maturati al momento della sua apertura. Per tali ragioni, il Consiglio ha sospeso il giudizio d’appello sollevando la questione di legittimità dell’art. 248, comma 4, d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

 

Il Consiglio non è tenuto ad adottare atti deliberativi di riconoscimento di DFB che siano già stati ammessi alla massa passiva

La Corte dei conti, Sez. Sicilia, con deliberazione n. 26/2021 ha ribadito che il Consiglio comunale non è tenuto ad adottare atti deliberativi di riconoscimento di debiti fuori bilancio che siano già stati ammessi alla massa passiva e liquidati dalla Commissione straordinaria di liquidazione per tutte le fattispecie previste dall’art. 194 del Tuel. Nel merito, si era già espressa la Sezione Autonomie, con deliberazione n. 12/SEZAUT/2020/QMIG, pronunciando il seguente principio di diritto “Per i debiti fuori bilancio rinvenienti da atti e fatti di gestione verificatisi entro il 31 dicembre precedente a quello dell’ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato, non assume carattere indefettibile la previa adozione della deliberazione consiliare di riconoscimento, spettando all’organo straordinario di liquidazione ogni valutazione sull’ammissibilità del debito alla massa passiva.” Di fatto viene superato l’orientamento restrittivo, maturato presso molte Sezioni regionali di controllo, che hanno ritenuto necessario il previo riconoscimento del debito da parte dell’organo consiliare ai fini dell’inclusione del piano di rilevazione. La disciplina relativa al dissesto presenta, infatti, caratteri di specialità e dal quadro normativo si rileva la volontà del Legislatore di rendere quanto più possibile ampia la competenza dell’organo straordinario di liquidazione. Con l’art. 254 del TUEL il legislatore si è fatto carico di apprestare in favore dell’organo straordinario di liquidazione idonei strumenti istruttori per adottare le determinazioni di competenza anche con riguardo alle ipotesi di debito fuori bilancio connotate da maggiori margini di discrezionalità. La competenza dell’Osl al riconoscimento dei debiti fuori bilancio è da intendersi in senso atecnico e l’inserimento nella massa passiva del debito da parte dell’Osl ha funzione costitutiva ed esaurisce tutti i prerequisiti richiesti per le successive fasi di liquidazione e pagamento, senza ulteriori formalità in capo agli organi comunali, ordinari e straordinari. Diversamente opinando si realizzerebbe una duplicazione di funzioni e o di attività, contraria alle esigenze di celerità e certezza delle risultanze proprie della procedura di liquidazione.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Competenze dell’organo straordinario di liquidazione ai fini della determinazione della massa passiva

La Corte dei conti, Sezione delle Autonomie, con deliberazione n. 21/SEZAUT/2020/QMIG, si è pronunciata su una questione di massima, posta dalla Sezione regionale di controllo per il Molise con la Deliberazione n. 53/2020/QMIG, in merito alla perimetrazione delle competenze dell’OSL, in relazione ai fatti e agli atti di gestione verificatisi entro il 31 dicembre dell’anno precedente a quello dell’ipotesi di bilancio riequilibrato, con particolare riferimento ai debiti divenuti certi, liquidi ed esigibili in conseguenza di prestazioni eseguite successivamente alla predetta data. Il quesito posto dalla Sez. Molise riguarda «se una obbligazione di pagamento per prestazione professionale sorta nell’esercizio antecedente l’ipotesi di bilancio riequilibrato con atto di impegno e quindi attinente a fatti ed atti di gestione di competenza OSL, ma che trova espletamento negli anni successivi all’ipotesi di bilancio riequilibrato debba rientrare, o meno, nella competenza OSL». Trattasi di prestazione che è stata chiesta e contrattualizzata ante dissesto, ma che, evidentemente, non è stata resa tempestivamente (ancorché la spesa sia stata mantenuta a residuo). Nel merito, la Sezione ha enunciato il principio di diritto secondo cui rientrano nella competenza dell’Organo Straordinario di Liquidazione i debiti correlati a prestazioni di servizio professionali contrattualizzate entro il 31 dicembre dell’esercizio precedente a quello dell’ipotesi di bilancio riequilibrato, salvi i casi in cui, per la particolare struttura del contratto o per il carattere continuativo o periodico delle prestazioni, la manifestazione degli effetti economici connessi all’esecuzione si realizzi successivamente.”
Lo spartiacque temporale tra la competenza dell’OSL e quella dell’amministrazione ordinaria è sempre da individuarsi nella data del 31 dicembre dell’anno precedente a quello dell’ipotesi di bilancio riequilibrato. Il primo bilancio stabilmente riequilibrato rifletterà, quindi, il bilancio non approvato prima della dichiarazione di dissesto. Infatti, a mente dell’articolo 246, comma 4, del Tuel, il dissesto decorre dal 31 dicembre dell’anno precedente qualora il bilancio di previsione non sia stato validamente approvato nell’esercizio nel quale si è resa necessaria la dichiarazione di dissesto. Viceversa, decorre dal 1° gennaio dell’anno successivo qualora il bilancio di previsione sia stato validamente deliberato nell’esercizio nel quale si è resa necessaria la dichiarazione di dissesto e, quindi, continuerà ad esplicare la sua efficacia per l’intero esercizio finanziario. L’intervento normativo, ad opera dell’art. 5, comma 2 del DL n. 80/2004, dilata i termini previsti dall’art. 254 del Tuel con l’inclusione nella massa passiva (anche) di tutti quei debiti di bilancio e fuori bilancio correlati a fatti ed atti di gestione verificatisi prima della decorrenza della dichiarazione di dissesto, pur se accertati successivamente a tale data, ma non oltre la data di approvazione del rendiconto della gestione. Il criterio discretivo che richiede la norma risiede non già nella metodologia contabile applicata nel tempo, bensì nel fatto gestionale che ha determinato, in concreto, un arricchimento patrimoniale all’ente, ovvero un suo impoverimento (nel caso delle sopravvenienze passive).
Qualora l’arricchimento o il depauperamento patrimoniale sia già avvenuto prima dell’esercizio nel quale assume validità la dichiarazione di dissesto, il debito è indubbiamente correlato ad atti e fatti di gestione verificatisi entro il 31 dicembre dell’anno precedente a quello dell’ipotesi di bilancio riequilibrato.
Viceversa, nel caso in cui, pur in presenza di un contratto antecedente alla dichiarazione di dissesto, l’arricchimento (o il detrimento) patrimoniale non fosse ancora avvenuto, la norma additiva non potrebbe attrarre alla gestione liquidatoria alcunché; e l’obbligazione pecuniaria, una volta scaduta, andrebbe necessariamente imputata alla gestione ordinaria. Ciò che determina l’attrazione nella massa passiva è il fatto di gestione che abbia, in concreto, determinato una manifestazione economica (costo), con conseguente arricchimento o depauperamento patrimoniale. Nell’isolare i costi economici della gestione dissestata all’interno della speciale procedura concorsuale volta al risanamento dell’ente si evita che le scelte gestionali pregresse, maturate al tempo della gestione diseconomica, continuino a riverberare senza limiti i loro effetti negativi sui bilanci successivi. A corroborare tale orientamento, ad avviso della Sezione, soccorre la distinzione tra contratti ad esecuzione istantanea e contratti ad esecuzione continuata o periodica (c.d. contratti di durata). In questi ultimi sono da ricondurre anche i contratti la cui esecuzione è rinviata ad un momento successivo al perfezionamento del negozio. Nei contratti ad esecuzione istantanea la prestazione consiste in un’unica azione (es.: consegna di un bene) e gli effetti del negozio si esauriscono in un quel preciso momento; nei contratti di durata, invece, gli effetti si protraggono nel tempo, dovendo le parti rinnovare la prestazione ininterrottamente o periodicamente. L’obbligazione è definita ad esecuzione continuativa quando la prestazione consiste in un comportamento che si protrae nel tempo (es.: la fornitura di energia elettrica) mentre è detta ad esecuzione periodica quando la prestazione deve essere ripetuta a scadenze determinate (es.: l’abbonamento a un quotidiano). La durata del rapporto, infatti, dipende dalla natura delle prestazioni previste, cosicché, a seconda delle situazioni, un medesimo modello contrattuale può comportare una esecuzione istantanea ovvero un’esecuzione continuata o periodica. L’effetto dell’art. 5, comma 2, del decreto legge 29 marzo 2004 n. 80 è quello di attrarre nel dissesto tutti i debiti correlati ad atti e fatti di gestione verificatisi entro il 31 dicembre dell’anno precedente a quello dell’ipotesi di bilancio riequilibrato, pur se accertati successivamente a tale data. Tale conseguenza potrebbe non verificarsi in modo conforme per i contratti ad esecuzione istantanea o differita che si esauriscono in un’unica prestazione, rispetto a quelli i cui effetti sono
diluiti nel tempo, infatti possono ritenersi comprese nella competenza OSL tutte le prestazioni eseguite o in corso di esecuzione per le quali non è esercitabile il diritto di recesso. In una lettura della norma costituzionalmente orientata che tenga conto della compressione
temporanea dei diritti dei creditori voluta dalla legislazione speciale sul dissesto – e, nel contempo, però, garantisca la par condicio creditorum e la regolare prosecuzione delle attività di competenza dell’amministrazione ordinaria – è da ritenere che nei contratti di durata le prestazioni che si verificano dopo il 31 dicembre dell’anno precedente a quello dell’ipotesi di bilancio riequilibrato siano da imputarsi sul bilancio della gestione ordinaria.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Deficit strutturale: coesistenza tra le procedure di dissesto e predissesto finanziario

Il comune che ha deliberato lo stato di dissesto, e che non sia in grado di predisporre l’ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato, non può deliberare una seconda dichiarazione di dissesto finanziario senza aver chiuso la prima procedura. Ricorrendone tutti i presupposti, la cui valutazione è rimessa alla responsabilità dell’ente locale, è invece possibile attivare la procedura di riequilibrio finanziario pluriennale prevista dall’articolo 243-bis, secondo quanto disposto dall’articolo 256, comma 12, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267. È quanto evidenziato dalla Corte dei conti, Sez. Lombardia, con deliberazione n. 184/2020. La Sezione ritiene che il Comune che abbia deliberato il dissesto finanziario, dopo il risanamento, possa nuovamente dichiarare lo stato di dissesto ove ne ricorrano i presupposti. La dichiarazione di un secondo dissesto nell’ambito di una procedura avviata in precedenza e non ancora chiusa, invece, non è prevista dall’ordinamento finanziario e contabile degli enti locali. Richiamando la nota figura di patologia degli atti processuali elaborata dalla dottrina e dalla giurisprudenza processualpenalistica, l’ipotesi di una dichiarazione di “dissesto nel dissesto” potrebbe essere qualificata come abnorme, trattandosi di un atto che «per singolarità e stranezza del suo contenuto risulti avulso dall’intero ordinamento processuale» (ex plurimis, Corte di cassazione, II sezione penale, sentenza 26 febbraio 2020, n. 7582). L’articolo 246, comma 1, secondo periodo, del TUEL, inoltre, prevede espressamente che la deliberazione dello stato di dissesto non è revocabile. Pertanto, una seconda dichiarazione di dissesto parrebbe costituire, tra l’altro, un’inammissibile revoca implicita dell’unica deliberazione espressamente qualificata come irrevocabile dalla legge. Nel caso in cui l’ente abbia dichiarato il dissesto e l’insufficienza della massa attiva, non diversamente rimediabile, sia tale da compromettere il risanamento, l’ente, ai sensi del comma 12 dell’art. 256 del TUEL, potrebbe aderire alla procedura di riequilibrio finanziario pluriennale, prevista dall’articolo 243-bis del TUEL, all’interno della procedura di dissesto che non sia possibile chiudere altrimenti. Tra le misure straordinarie vi è, altresì, la possibilità che il Ministero dell’Interno, su proposta della Commissione per la finanza e gli organici degli enti locali, intervenga per il pagamento integrale della massa passiva, anche in deroga alle norme vigenti, comunque senza oneri a carico dello Stato.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Enti in dissesto finanziario, sancita l’intesa sullo schema di decreto di riparto fondo

La Conferenza Stato-città ed autonomie locali, nella seduta del 10 settembre 2020, ha sancito l’intesa, ai sensi dell’articolo 106-bis, comma 1, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, come convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77. sullo Schema di decreto del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, concernente il riparto del fondo per i comuni in stato di dissesto finanziario. È stato invece rinviato il parere, ai sensi dell’art. 53, comma 2 del D.L. n. 104/2020, sullo Schema di decreto del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, concernente il riparto del fondo per il sostegno agli enti in deficit strutturale.
Si ricorda che l’art. 106-bis del D.L. n. 34/2020, convertito con modificazioni dalla legge n. 77/2020, istituisce un fondo, con una dotazione di 20 milioni di euro per il 2020, in favore dei comuni in stato di dissesto finanziario alla data del 15 giugno 2020. Il fondo è finalizzato:

  • per il 50% ad interventi di manutenzione straordinaria di beni immobili di proprietà dei comuni in stato di dissesto finanziario, da destinare alla Polizia di Stato e ai Carabinieri;
  • per il 50% ai comuni in dissesto finanziario i cui organi siano stati sciolti a seguito di fenomeni di infiltrazione e di condizionamento di tipo mafioso o similare.

La ripartizione delle risorse del fondo è demandata ad apposito decreto del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenze Stato-Città ed autonomie locali, entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge, sulla base della popolazione residente al 31 dicembre 2018.

Allegati:
Report della seduta

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Il debito non ammesso alla massa passiva dall’OSL grava sul bilancio ordinario del comune

Il debito da sentenza esecutiva riguardante il pagamento di somme a titolo di indennità espropriativa e di occupazione di urgenza  in favore di cooperative edilizie, escluso dalla massa passiva dell’Organo straordinario di liquidazione, ricade sul bilancio “ordinario” del Comune al termine della procedura di dissesto. È quanto stabilito dal TAR Sicilia – sezione staccata di Catania (Sezione Prima), con sentenza n. 2044/2020 del 7 agosto 2020.  Secondo i giudici, la circostanza che l’organo straordinario di liquidazione abbia ritenuto di non ammettere il debito alla massa passiva con provvedimento ormai consolidatosi, non esonerava l’Ente locale dal dare esecuzione alla sentenza, ferma restando la possibilità di avvalersi dei rimedi approntati dall’ordinamento per aggredire siffatta decisione del medesimo organo straordinario, ciò che non risulta essere avvenuto.
La mancata ammissione alla massa passiva imponeva agli uffici ed all’organo consiliare dell’Ente di seguire l’ordinaria procedura di esecuzione della sentenza, a cominciare dal riconoscimento della legittimità del debito fuori bilancio, corrispondendo tale adempimento oltre che alle molteplici esigenze di controllo democratico, alla necessità di verificare il permanere degli equilibri di bilancio e di garantire il reperimento delle fonti di copertura.
Sotto altro profilo, il Comune avrebbe potuto, ad avviso del Collegio, ben attivare ogni iniziativa utile, tra cui il giudizio ad istanza di parte ai sensi dell’art. 172, comma 1, lett. d) Codice giustizia contabile, per contrastare la decisione dell’OSL.
La separazione della gestione «dissestata» (affidata all’OSL, organo sostitutivo dell’amministrazione in carica) da quella ordinaria (di competenza degli organi interni all’Ente) e l’intervenuta chiusura della procedura dissestuale non possono, a maggior ragione dopo l’estinzione della gestione straordinaria, che condurre alla declaratoria dell’obbligo del Comune di imputare le somme al proprio bilancio «ordinario» e di dare sollecita esecuzione al titolo azionato, ferme restando le azioni di rivalsa che, a pena di danno erariale, vanno poste in essere attraverso gli strumenti approntati dall’ordinamento. D’altronde, ogni diversa considerazione volta a limitare ulteriormente l’avvio e la definizione della procedura volta al completo pagamento delle somme dovute contraddirebbe, nel caso di specie, la logica che sottende il carattere costituzionalmente necessario della «previsione di una fase di esecuzione coattiva delle decisioni di giustizia, […] connotato intrinseco ed essenziale della stessa funzione giurisdizionale» (Corte cost. nn. 419 e 4-OMISSIS-5 del 1995).

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Enti in dissesto: spetta all’OSL ogni valutazione sull’ammissibilità del debito alla massa passiva

Con deliberazione n. 12/2020, la Corte dei conti – Sezione Autonomie – chiamata a pronunciarsi  sulla questione di massima posta dalla Sezione regionale di controllo per la Campania con la deliberazione n. 57/2020/PAR, ordine alla perimetrazione delle competenze dell’OSL, in relazione ai debiti fuori bilancio per i quali l’Ente, ancora in bonis, non abbia provveduto alla adozione di tempestiva e formale deliberazione di riconoscimento ex art. 194 Tuel, ha chiarito che “Per i debiti fuori bilancio rinvenienti da atti e fatti di gestione verificatisi entro il 31 dicembre precedente a quello dell’ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato, non assume carattere indefettibile la previa adozione della deliberazione consiliare di riconoscimento, spettando all’organo straordinario di liquidazione ogni valutazione sull’ammissibilità del debito alla massa passiva.” La problematica è stata, invero, oggetto, sia pur nell’ambito della disamina di una più specifica e circoscritta fattispecie, dell’atto di orientamento reso dalla Sezione delle Autonomie con deliberazione n. 3/SEZAUT/2017/QMIG, laddove, con riguardo alla disciplina dettata per la formazione della massa passiva, ed alle poste da ricomprendere nella stessa, è stato rimarcato come i debiti fuori bilancio debbano essere preventivamente riconosciuti dal Consiglio comunale, nei limiti e con le procedure di cui all’art. 194 Tuel. Ciò nondimeno la Sezione aveva precisato che, “nel caso in cui non sia stata assunta la deliberazione consiliare di riconoscimento, successivamente alla dichiarazione di dissesto, la valutazione di ammetterli alla massa passiva spetta esclusivamente all’OSL, sulla scorta della documentazione raccolta” il quale deve decidere sull’ammissibilità delle domande formulate dagli aventi diritto avvalendosi, se del caso, delle facoltà istruttorie accordate allo stesso.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

 

 

Fondo per i comuni in stato di dissesto finanziario

Un emendamento approvato dalla Commissione Bilancio al DDL di conversione in legge del D.L. 34/2020 (decreto Rilancio) istituisce un fondo con una dotazione di 20 milioni di euro per l’anno 2020 in favore dei comuni in stato di dissesto finanziario alla data del 15 giugno 2020. Le risorse del fondo sono destinate, per una quota del 50 per cento, alla realizzazione di interventi di manutenzione straordinaria di beni immobili di proprietà degli stessi comuni in stato di dissesto finanziario da assegnare alla Polizia di Stato e all’Arma dei carabinieri e, per la restante quota del 50 per cento, ai comuni in stato di dissesto finanziario i cui organi sono stati sciolti ai sensi dell’articolo 143 del TUEL. Il fondo è ripartito, sulla base della popolazione residente al 31 dicembre 2018, con decreto del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da adottare previa intesa in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Dissesto finanziario, fondo di cassa da trasferire all’organo straordinario di liquidazione

Con deliberazione n. 39/2020, la Corte dei conti, Sez. Sicilia, ha reso il proprio parere in merito all’esatta interpretazione delle norme che, nell’ambito dell’acquisizione e della gestione dei mezzi finanziari per il risanamento dell’ente dissestato (c.d. massa attiva), definiscono l’individuazione del fondo cassa da trasferire all’organo straordinario di liquidazione. In particolare, il quesito posto dall’ente è volto ad appurare se, tra i residui passivi pagati prima della dichiarazione di dissesto da computare nel saldo iniziale di cassa di competenza dell’organo straordinario di liquidazione, debbono essere compresi i mandati effettuati a tale data, a titolo di rimborso dell’anticipazione di tesoreria, con la possibile di considerare l’ente creditore nei confronti della gestione liquidatoria per il diritto al rimborso della quota negativa del saldo iniziale di cassa della OSL, con conseguente iscrizione di tale diritto di credito  nel bilancio di previsione del primo esercizio dell’ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato.
I giudici contabili, all’esito di una ricostruzione del quadro normativo (art. 255, comma 10 del TUEL, come modificato dalla legge n. 205/2017 e DPR 378/1993) e giurisprudenziale formatasi in materia nel tempo, hanno evidenziato che scopo della procedura di dissesto permane, tuttora, quello di creare masse e gestioni separate (finalizzate, l’una, alla tacitazione delle pendenze pregresse e, l’altra, allo stabile riequilibrio del bilancio). Di conseguenza, nella determinazione del fondo cassa iniziale da trasferire all’OSL, la compensazione non può operare con riguardo a pagamenti effettuati dall’Ente relativamente a residui passivi di propria competenza (in specie, la restituzione dell’anticipazione di tesoreria) in quanto ciò non sarebbe conforme né al principio di separazione delle masse né al chiaro disposto di cui all’art. 255, comma 10, del TUEL, come modificato dall’articolo 1, comma 878, lett. b) della legge n. 205/2017.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION