Danno erariale per il dipendente che utilizza l’auto di servizio per finalità non istituzionali

La Corte dei conti, Sez. Giurisdizionale per l’Umbria, Sentenza n. 63/2022, ha accertato il danno erariale nei confronti di un dipendente pubblico per aver utilizzato l’auto di servizio per attività non istituzionali, bensì riconducibili a viaggi di andata e ritorno dalla sede di lavoro alla propria abitazione ed a viaggi di carattere personale.

La Corte, nel ricordare che l’utilizzo delle autovetture di servizio è espressamente disciplinato dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 25 settembre 2014, adottato ai sensi co.4, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito con modificazioni dalla L. 15 luglio 2011, n. 111, rileva che l’esame del registro  di utilizzo dell’auto e dal foglio di viaggio restituisce un quadro di indizi precisi e concordanti che, in base al criterio della preponderanza dell’evidenza o del più probabile che non che informa il giudizio contabile (cfr. Sez. II, 2 aprile 2021, n. 111; Sez. III, 6 dicembre 2020, n. 221 e 9 aprile 2018, n. 110), appaiono più che sufficienti a ritenere integrata la prova del fatto che l’autovettura  sia stata utilizzata per finalità diverse del ulteriori rispetto a quelle indicate nel foglio di viaggio. Per il Collegio, risulta provata la condotta dolosa del dipendente per scopi estranei alle finalità istituzionali, in violazione anche della disciplina regolamentare dell’Ente.

 

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Le perdite delle società partecipate del 2020, non ripianate nel 2021, sono oggetto di accantonamento nel rendiconto 2022

La Corte dei conti, Sez. Emilia-Romagna, con deliberazione n. 112/2022, nell’ambito delle attività di controllo sul rendiconto di gestione per l’esercizio finanziario 2020 e sul bilancio preventivo 2021-23 redatte dall’organo di revisione, ha riscontrato che numerosi organismi partecipati dall’ente hanno registrato perdite, in taluni casi anche ingenti, nel corso dell’esercizio 2020, rispetto alle quale il Comune non ha effettuato accantonamenti nel fondo perdite, né in sede di bilancio di previsione 2022 né in sede di composizione dell’avanzo di amministrazione 2021, in applicazione della norma di cui all’art. 10, comma 6-bis, del decreto-legge 31 maggio 2021, n. 77.

Sul punto, la Sezione richiama, preliminarmente, la regola generale di cui all’art. 21 del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175 («Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica», di seguito T.U.S.P.), in base al quale “nel caso in cui società partecipate […] presentino un risultato di esercizio negativo, le pubbliche amministrazioni locali partecipanti […] accantonano nell’anno successivo in apposito fondo vincolato un importo pari al risultato negativo non immediatamente ripianato, in misura proporzionale alla quota di partecipazione”.

Il decreto-legge 31 maggio 2021, n. 77, convertito con modificazioni dalla legge 29 luglio 2021, n. 108, ha previsto, all’articolo 10 comma 6-bis, in deroga alla regola generale di cui sopra e per quanto qui rileva, che “in considerazione degli effetti dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, l’esercizio 2020 non si computa nel calcolo del triennio ai fini dell’applicazione […] dell’articolo 21 del testo unico in materia di società a partecipazione pubblica, di cui al decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175”. La Sezione precisa che il mancato accantonamento nel bilancio finanziario dell’ente non esclude l’evidenziazione della perdita 2020 nel bilancio consolidato, redatto in contabilità economico-patrimoniale ai sensi dell’art. 11-bis e dell’allegato 4/4 del d.lgs. 118/2011, disposizioni non espressamente derogate dal citato art. 10, comma 6-bis, in modo da rappresentare in maniera corretta, trasparente e armonica la situazione patrimoniale tanto dell’ente partecipante che dell’ente partecipato.

Inoltre, le perdite relative al 2020, se non ancora ripianate al termine dell’esercizio 2021, dovranno comunque concorrere alla costituzione del relativo accantonamento, nel bilancio dell’ente locale, in sede di rendicontazione dell’esercizio 2022. Ciò in quanto la norma di cui al d.l. n. 77/2021, in ragione degli eccezionali eventi pandemici, comportanti ab externo effetti depressivi della gestione delle partecipate e conseguenti perdite di esercizio, ha chiara portata derogatoria di una regola generale – quella del T.U.SP. – la cui ratio va rinvenuta nell’esigenza di una corretta e veritiera rappresentazione della situazione finanziaria dell’ente (come sintetizzabile dal risultato di amministrazione) la cui esposizione nei confronti del soggetto partecipato può manifestarsi, in caso di mancato ripiano, attraverso la necessità della ricapitalizzazione o comunque della razionalizzazione della società partecipata, non escludendo la sua dismissione (art. 20 T.U.S.P.). Diversamente opinando, verrebbe obliterato l’effetto di trascinamento del 2020 sugli esercizi successivi, venendosi a determinare un non consentito effetto “manipolativo” del risultato di amministrazione dell’ente partecipante per gli anni successivi al 2021 (cfr. Corte cost., sentenza n. 115/2020).

 

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Questionario Corte Conti su debiti fuori bilancio 2021. Invio entro il 10 novembre 2022

Tramite il nuovo servizio “Questionari finanza territoriale”, accessibile dal portale dei Servizi on line della Corte dei conti, è disponibile alla compilazione il questionario Debiti fuori bilancio 2021 per i profili RSF e RIDC di Comuni, Province e Città metropolitane.

Il termine per la chiusura dell’invio del Questionario Debiti Fuori bilancio è il 10/11/2022.

 

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Corte dei conti: indagine sulla razionalizzazione della spesa e sull’attuazione degli interventi del PNRR

La Corte dei conti, Sez. Emilia-Romagna, con deliberazione n. 108/2022/VSGO del 22 luglio 2022, ha approvato una relazione-referto che compendia gli esiti dell’indagine realizzata dalla Sezione a titolo sperimentale sul controllo sulla qualità della spesa di cui all’art. 6, comma 3, del d.l. n. 174/2012 ,effettuata secondo le indicazioni fornite dalla citata delibera Sezione Autonomie n. 14/2021.

La relazione illustra i risultati della prima indagine esplorativa sul campo tesa a verificare le azioni a tutela della qualità della spesa nelle Amministrazioni comunali sviluppata nel territorio regionale dell’Emilia-Romagna. In particolare, essa mira a fornire gli esiti dell’analisi finalizzata al monitoraggio e razionalizzazione della spesa corrente, con particolare riguardo alle spese della funzione fondamentale di Amministrazione generale, realizzate dalle Amministrazioni comunali e volte a salvaguardarne il profilo di qualità della spesa, ai sensi di quanto previsto dall’art.6, comma 3, del dl 174/2012. Parallelamente, l’analisi ha acquisito alcuni ulteriori e primi elementi informativi, in particolare di carattere amministrativo, finanziario e contabile, indirizzati ad analizzare la qualità della spesa nei primi step procedurali verso la realizzazione del PNRR, al fine di fornire eventuali indicazioni, suggerimenti e raccomandazioni.

Dall’indagine condotta emerge che l’individuazione dei punti di debolezza attiene maggiormente all’aspetto della salute finanziaria che al profilo della qualità della spesa: l’accentuata attenzione delle Amministrazioni sugli aspetti di salute finanziaria, più che di qualità della spesa, conferma quindi che equilibrio del bilancio (art. 97 primo comma,
Cost.) e sana gestione finanziaria (art. 97, secondo comma, Cost.) non sono tra loro necessariamente sovrapponibili e richiedono un’analisi specifica svolta sulla base delle
coordinate fornite. In particolare, il potenziamento degli strumenti di analisi quantitativa, tipici del controllo di gestione, per il monitoraggio della qualità della spesa si rivela essenziale strumento di governo degli interventi gestori: in altri termini, la qualità della spesa diviene un elemento meritevole d’attenzione solo dinanzi a difficoltà rilevate negli equilibri di bilancio, di cui vengono indicate genericamente (in quasi tutti i Comuni) misure di miglioramento dell’efficienza applicate, ma di cui solo pochi forniscono evidenze empiriche quantitative.

L’utilizzo del benchmarking risulta ancora limitato, specie per l’analisi e l’applicazione delle migliori prassi; qualora utilizzato, è generalmente circoscritto alla mera individuazione del posizionamento dell’ente e non già per il miglioramento della qualità della spesa. Controllo razionalizzazione della spesa. Per conseguire la razionalizzazione della spesa, si rivela essenziale il corretto funzionamento dei controlli interni, sia in termini di monitoraggio del rispetto dei cronoprogrammi, sia in termini di costruzione di plausibili indicatori di efficienza ed economicità. Controllo razionalizzazione della spesa. La possibilità di migliorare i propri livelli di efficienza non sembra percepita dai comuni con bassa qualità della spesa e con maggiori difficoltà di efficienza: in tali condizioni non sussistono i presupposti per l’elaborazione di programmi e progettualità rivolte al miglioramento.

L’importanza finanziaria relativa dei progetti PNRR acquisiti può variare notevolmente (negli otto Comuni indagati varia da un valore minimo dell’8,7 percento rispetto alla spesa corrente annua ad un massimo del 152,8 percento): gli Enti con importanti investimenti generati dal PNRR dovrebbero essere consapevoli della necessità di attuare tutte quelle politiche di risk management volte alla mitigazione dei rischi finanziari che ne possono derivare, poiché esiti non positivi potrebbero impattare sugli equilibri finanziari complessivi. Controllo razionalizzazione della spesa. Laddove il cofinanziamento dei progetti PNRR con altre fonti sia consistente, è necessario verificare che tali risorse siano concretamente disponibili al momento dell’impegno di spesa e del relativo pagamento. In alcune Amministrazioni, in particolare quelle di maggiore dimensione o nel caso di quelle facenti parte di Unioni, la gran parte dei fondi sono trasferiti ad entità terze: in tal caso le convenzioni costituiscono l’elemento chiave della catena di raccordo fra Enti e soggetti esecutori e devono prevedere accuratamente tempi e modi di erogazione dei fondi, nonché reciproche responsabilità. Nei casi indagati, si riscontrano inoltre problemi di coerenza tra i cronoprogrammi e le operazioni di spesa, donde l’esigenza di una maggiore cura nella sincronia nella programmazione in relazione alle disponibilità di bilancio.

 

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Corte dei conti: presupposti per l’utilizzo di immobile comunale a titolo gratuito

La Corte dei conti, Sez. Veneto, con deliberazione n. 109/2022, fornisce le coordinate ermeneutiche che regolano l’attività di gestione dei beni del patrimonio disponibile degli enti pubblici, secondo le quali la concessione in uso gratuito di un immobile pubblico costituisce, in via generale, un utilizzo non coerente con le finalità del bene, poiché non reca alcuna entrata all’Ente. Inoltre, posto che l’Ente è tenuto ad improntare la gestione del proprio patrimonio a criteri di economicità ed efficienza, l’uso gratuito, in assenza dei presupposti di legge, concretizzerebbe una ipotesi di depauperamento delle ricchezze della collettività amministrata in violazione del principio di buona amministrazione. Ad analoghe considerazioni si perviene in relazione alla eventuale gratuità anche delle utenze relative al bene concesso.

La Sezione ribadisce come il patrimonio sia uno strumento strategico della gestione finanziaria in quanto espone un complesso di risorse che l’Ente è tenuto ad utilizzare in maniera ottimale, ed a valorizzare, in vista del migliore e più proficuo perseguimento delle proprie finalità istituzionali. Pertanto, la scelta di concessione in uso gratuito di immobili comunali, ivi compresa la mancata richiesta dei rimborsi per le utenze, oltre a rispettare il principio
del buon andamento ex art. 97 Cost. e art. 1 della Legge n. 241/1990, e la pari condizione di tutti gli interessati, può legittimamente esercitarsi solo nei limiti stabiliti dalla legge; conseguentemente, come anche precisato dalla richiamata giurisprudenza contabile, è ammissibile solo nei casi in cui sia perseguito un effettivo interesse pubblico equivalente o addirittura superiore rispetto a quello meramente economico, ovvero nei casi in cui non
sia rinvenibile alcuno scopo di lucro nell’attività concretamente svolta dal soggetto utilizzatore di tali beni, unitamente alla compatibilità finanziaria dell’intera operazione posta in essere.

La concessione in uso gratuito, quale “forma di sostegno e di contribuzione indiretta nei confronti di attività di pubblico interesse strumentali alla realizzazione delle proprie finalità a vantaggio dei cittadini”, comporta, tuttavia, la necessità, da parte dell’amministrazione, di un’attenta valutazione comparativa tra gli interessi in gioco; valutazione che dovrà emergere nella motivazione del provvedimento, e che escluda lo scopo di lucro nell’attività svolta dagli utilizzatori del bene, con onere, da parte del Comune, di vigilare sul permanere delle condizioni legittimanti la gratuità dell’uso.

 

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Relazione sul controllo dei piani di revisione ordinaria delle partecipazioni societarie detenute dagli enti locali valdostani al 31.12.2020

La Corte dei conti, Sez. Valle D’Aosta, ha approvato con deliberazione n. 23/2022 la “Relazione sul controllo dei piani di revisione ordinaria delle partecipazioni societarie detenute dagli enti locali valdostani al 31.12.2020”.

La verifica sugli esiti della razionalizzazione delle partecipazioni pubbliche rappresenta un ambito rilevante dei controlli delle Sezioni regionali della Corte dei conti. Il ruolo della magistratura contabile in tale settore, già delineato dalle disposizioni della legge finanziaria 2008 (art. 3, comma 28, l. n. 244/2007) e confermato nella successiva normativa (art. 1, cc. 611 e 612, l. n. 190/2014), ha trovato l’assetto definitivo nel d.lgs. n. 175/2016.

 

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Corte dei conti: Nota di coordinamento sull’attuazione del PNRR

La Corte dei conti, Sez. Autonomie, con deliberazione n.13/SEZAUT/2022/INPR avente ad oggetto “La Nota di coordinamento in materia di controlli sull’attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza e l’allegato Dataset”, fornisce alle Sezioni regionali le prime indicazioni di coordinamento essenziali, ispirate ai principi internazionali di audit (ISSAI), ai quali pure si conforma l’attività della Corte dei conti europea, per assicurare adeguati livelli di coerenza e uniformità nell’esercizio dei controlli previsti dal richiamato articolo 7, comma 7, del decreto-legge n. 77 del 2021.

L’articolo 7, comma 7, del decreto-legge n. 77 del 2021, nell’ambito della disciplina della c.d. Governance del PNRR e con particolare riferimento al tema dei controlli, attribuisce alla Corte dei conti il compito di valutare le condizioni di economicità, efficienza e efficacia, con le quali sono gestite le risorse provenienti dai fondi di cui al PNRR, prevedendo che la Corte dei conti riferisca al Parlamento sullo stato di attuazione del PNRR con periodicità almeno semestrale. Le Sezioni riunite hanno sottolineato la centralità dei controlli sull’attuazione del PNRR e sulla gestione delle relative risorse, segnalando l’esigenza di prevedere, nelle delibere annuali di programmazione dei controllo delle Sezioni centrali e regionali, «specifiche linee di attività di monitoraggio e controllo sull’impiego di dette risorse», anche allo scopo di alimentare, con i risultati di tali attività, i contenuti delle relazioni semestrali al Parlamento, di cui al citato articolo 7, comma 7.

La Sezione rileva la necessità che vengano perseguite linee e criteri uniformi nei controlli delle Sezioni regionali, oltre che l’armonizzazione dei risultati degli stessi, ferma restando, naturalmente, la facoltà da parte delle Sezioni regionali medesime di approfondimento e/o di ampliamento delle indagini di propria pertinenza. I controlli dovrebbero allinearsi con le finalità di fondo dell’attuazione del PNRR e cioè essere di impulso piuttosto che di impedimento, oltre che intervenire tempestivamente, anche in corso di svolgimento, in modo che, anche attraverso opportuni momenti di confronto con le amministrazioni interessate in ordine alle inefficienze e alle disfunzioni riscontrate, possano tradursi in un concreto ausilio a rispettare i tempi e gli obiettivi del programma.

L’obiettivo di breve periodo perseguito, pertanto, è rappresentato dalla definizione e valorizzazione di griglie comuni di rilevazione volte a monitorare lo stato di attuazione del Piano, sia al fine di realizzare il necessario raccordo con le Sezioni regionali, che di portare gli esiti della loro attività al Parlamento nazionale in funzione dell’attività di referto intestata alle SS.RR. di controllo. A tal fine, unitamente alle linee guida, è reso disponibile un prospetto di analisi che accoglie la totalità degli interventi qualificati PNRR e PNC, calato su di un foglio di calcolo contenente l’elenco di tutti gli investimenti, identificati tramite il codice CUP, finanziati con fondi PNRR e PNC, la cui realizzazione è stata demandata, dalle amministrazioni titolari d’intervento, alle amministrazioni locali rientranti nell’ambito di competenza territoriale delle relative Sezioni regionali di controllo. Gli enti elencati sono unicamente quelli che sono risultati, alla data del 30 giugno 2022, beneficiari di fondi PNRR e PNC, in base ai decreti ministeriali di assegnazione, e pertanto responsabili, in qualità di soggetti attuatori, della realizzazione degli investimenti finanziati.

Dataset allegato alla Delibera n. 13/INPR/2022

 

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Superamento limiti trattamento accessorio per spese etero-finanziate

La Corte dei conti, Sez. Lombardia, con deliberazione n. 111/2022, in riscontro ad una richiesta di parere in merito all’applicabilità, per il personale già in servizio presso i centri per l’impiego, dei limiti di spesa per il trattamento economico accessorio di cui all’art. 23, c. 2, del D.Lgs. n. 75/2017, ha evidenziato che la possibilità del superamento dei limiti di spesa deve ritenersi consentita nel caso in cui le risorse affluiscano ai fondi per la contrattazione integrativa solo in modo figurativo, in quanto etero-finanziate e, pertanto, senza che impattino effettivamente sui bilanci e, più in generale, al verificarsi delle seguenti condizioni:

  • le risorse impiegate devono essere totalmente coperte dalla fonte esterna; le risorse devono esaustivamente remunerare sia lo svolgimento delle funzioni sia il trattamento accessorio;
  • l’ente interessato dovrà verificare sia a preventivo che a consuntivo l’effettiva capienza delle somme disponibili prima di poter riservare (a preventivo) somme per il salario accessorio e ( a consuntivo) di poter erogare compensi.

La sussistenza dei presupposti per qualificare la spesa quale etero- finanziata, sussiste non solo quando la stessa è preventivamente trasferita dal soggetto terzo all’ente utilizzatore, ma, parimenti, nella fattispecie in cui l’intero costo del personale impiegato confluisca a quest’ultimo a titolo di rimborso. Ciò che rileva non sono le modalità e/ o le tecniche di trasferimento, ma la necessità che le risorse affluiscano ai fondi per la contrattazione integrativa solo in modo figurativo, in quanto etero-finanziate e, pertanto, senza che impattino effettivamente sugli equilibri di bilancio dell’ente locale.

Pertanto, nel caso delle spese di personale finanziate dalla Regione per i centri per l’impiego e nella fattispecie del rimborso del costo del personale utilizzato per le altre funzioni delegate, l’esclusione dal limite di spesa di cui all’art.23 del D.lgs. 75/2017, è subordinato al verificarsi dei presupposti prescritti dalle  deliberazioni della Sezione delle Autonomie (n. 20/2017/QMIG e n. 23/2017/QMIG), sottolineando, comunque, che l’applicazione alle fattispecie concrete dei principi enunciati nelle deliberazioni sopra richiamate, è riservata alla sfera di discrezionalità dell’Ente, stante che la costituzione del Fondo risorse decentrate costituisce attività gestionale tipica, sottoposta a certificazione dell’organo di revisione.

 

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La ricostituzione del capitale sociale società a partecipazione pubblica oltre il minimo legale richiede una adeguata motivazione analitica

Nel sistema di regole e principi introdotto dal d.lgs. n. 175/2016, in caso di grave crisi della società a partecipazione pubblica, riconducibile alla previsione di cui all’art. 14, comma 5, del Tusp (perdite per tre esercizi consecutivi) il ripristino del capitale sociale minimo presuppone l’approvazione di un piano di risanamento o l’adozione del d.p.c.m. previsto dal terzo periodo della norma. L’eventuale ricapitalizzazione ai sensi dell’art. 2447 c.c. deve attestarsi, di regola, nella misura del minimo legale, salva la sussistenza di particolari ragioni, previste nel piano di risanamento, idonee a giustificare una ricapitalizzazione di maggiore entità, fermo restando, in ogni caso, l’onere di motivare analiticamente l’operazione, ai sensi dell’art. 5, del Tusp.
È quanto evidenziato dalla Corte dei conti, Sez. Lazio, con deliberazione n. 76/2022, in riscontro ad una richiesta di parere di un ente in merito alla disposizione di cui all’art. 2447 c.c. relativo alla riduzione del capitale sociale al di sotto del limite legale in ragione di perdite di esercizio, che ha chiesto  di sapere se la misura di un’eventuale ricapitalizzazione debba essere contenuta al minimo legale o possa essere di maggiore importo, riportando alcuni precedenti giurisprudenziali, resi nella vigenza dell’art. 6, comma 19, del d.l. n. 78/2010 che hanno limitato la ricapitalizzazione allo stretto ripristino del minimo legale.
La riduzione del capitale al di sotto del minimo legale rappresenta una causa di scioglimento della società, ai sensi dell’art. 2484, n. 4, c.c., con conseguente avvio della fase di liquidazione della stessa. Pertanto, nei casi di riduzione del capitale sociale al di sotto del minimo legale, la società partecipata e, per essa, il socio pubblico, sono chiamati a effettuare una scelta discrezionale tra le seguenti alternative:
– scioglimento della società mediante avvio della fase di liquidazione;
– trasformazione della società da s.p.a. in s.r.l., sempre che il valore del capitale sociale residuo non sia inferiore (anche) al minimo previsto per il tipo societario s.r.l.;
– conservazione della s.p.a. mediante aumento del capitale sociale a una cifra non inferiore al minimo previsto dalla legge, secondo la previsione letterale dell’art. 2447.
La scelta deve essere conforme ai criteri generali dell’azione amministrativa (economicità, efficienza, ragionevolezza e proporzione) oltre ai criteri specifici di razionalizzazione e riduzione della spesa pubblica (art. 1, c. 2, Tusp) e del numero di partecipazioni societarie (art. 18, l. n. 124/2015).
Per la Sezione, il rispristino del capitale sociale minimo deve, di regola, attestarsi nella misura del minimo legale, salve ragioni speciali, previste o comunque rinvenibili nel piano di risanamento, idonee a giustificare, nel caso concreto, una ricapitalizzazione superiore, in armonia con i principi di proporzionalità e ragionevolezza propri delle scelte discrezionali amministrative, in un’ottica di buon andamento delle gestioni finanziarie pubbliche. Tanto comporta un maggiore onere motivazionale da parte del rifinanziatore; infatti, quale che sia l’entità finanziaria di un’eventuale scelta di ricapitalizzazione, sul socio pubblico incombe, ai sensi dell’art. 5, comma 1, del Tusp, un “onere di motivazione analitica” sulla convenienza economica della ricapitalizzazione e sulla sostenibilità finanziaria della stessa. La prevista analiticità del supporto motivazionale rende quindi necessario un adeguato approfondimento istruttorio da parte del socio pubblico idoneo a evidenziare le ragioni della ricapitalizzazione e di quelle che, eccezionalmente, inducano a effettuarla in misura superiore al minimo legale. Solo una motivazione analitica, infatti, è idonea a rappresentare le cause di interesse pubblico sottostanti le scelte amministrative effettuate e, quindi, la legittimità delle stesse.

 

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Incarico esterno legittimo in assenza di professionalità interne

I giudici della Corte dei conti, Sez. Giurisdizionale del Piemonte, con sentenza n. 106/2022, in merito alle modalità di attribuzione di incarichi esterni all’amministrazione, esprimono l’avviso che la normativa di riferimento, l’articolo 110, comma 6, del Tuel e l’articolo 7 commi 6 e 6 bis del d.lgs 165/2001, evidenziano la legittimità degli incarichi esterni quando ricorrano esigenze eccezionali ben delimitate per le quali occorra l’impiego di capacità professionali e conoscenze tecniche altamente qualificate e specialistiche, non rinvenibili tra le risorse interne, e che possano essere soddisfatte solamente attraverso il conferimento di incarichi individuali preceduti da procedure pubbliche comparative, dovendo, diversamente, l’amministrazione utilizzare le risorse professionali di cui dispone oppure valutare le mutate necessità in sede di programmazione triennale dei fabbisogni di personale, anche ricorrendo a forme alternative di gestione associata dei servizi. La disciplina comunque vieta il rinnovo dell’incarico, “salvo una proroga al solo fine di completare il progetto e per ritardi non imputabili al collaboratore, ferma restando la misura del compenso pattuito in sede di affidamento dell’incarico”. Nel caso di specie, “il ricorso a professionalità esterne è motivato dalle ridotte dimensioni dell’Ente e strutture organizzative per le quali l’utilizzo di forme alternative di gestione non configura alcuna responsabilità amministrativa”.

 

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