Corte dei conti: Linee guida riguardanti gli incarichi di collaborazione, consulenza, studio e ricerca

La Corte dei conti, Sez. Emilia-Romagna, con Deliberazione 11 dicembre 2024, n. 135/2024/INPR, ha approvato l’allegato referto riguardante “Linee guida riguardanti incarichi di collaborazione, consulenza, studio e ricerca, ai fini dell’adempimento di cui all’art. 1, comma 173 della L. n. 266/2005”, destinate alle amministrazioni pubbliche aventi sede in Emilia-Romagna, affinché tengano conto di quanto rilevato ai fini dei loro adempimenti in materia.

Le linee guida forniscono una sintetica ed aggiornata analisi della disciplina, utile ad indirizzare le amministrazioni nell’esercizio delle proprie attività gestionali nonché a superare criticità riscontrati negli adempimenti posti in essere dagli enti pubblici in ossequio all’art. 1, c. 173, L. n. 26/2005, tenuto conto anche delle modifiche normative intervenute, in particolare con riferimento al nuovo Codice dei Contratti Pubblici, adottato con D. Lgs. n. 23 del 2023.

La disciplina generale dell’affidamento di incarichi esterni
L’art. 7, c. 6, del D. Lgs. n. 165/2001, come invero i commi 5-bis, 6-bis, 6-ter e 6quater, costituisce la norma cardine nella materia in quanto fissa con chiarezza gli essenziali elementi oggettivi e soggettivi degli incarichi conferiti dalla Pubblica Amministrazione, nonché le condizioni legittimanti il conferimento e le sanzioni per le relative violazioni. In sintesi, per principio generale dell’ordinamento, le Pubbliche Amministrazioni devono far fronte alle ordinarie competenze istituzionali col migliore e più produttivo impiego delle risorse umane e professionali di cui dispongono, secondo il principio dell’”autosufficienza organizzativa”, il quale trova fondamento nel canone costituzionale di buona amministrazione (art. 97 Cost.) ed è, a sua volta, corollario dei principi di efficacia, efficienza ed economicità dell’azione amministrativa di cui all’art. 1, L. n. 241/1990.

I presupposti per l’affidamento degli incarichi
Gli incarichi devono:

  • indicare l’oggetto della prestazione, che deve corrispondere alle competenze attribuite dall’ordinamento all’amministrazione conferente, ad obiettivi e progetti specifici e determinati e deve risultare coerente con le esigenze di funzionalità dell’amministrazione conferente. L’oggetto deve riferirsi ad un’attività specifica e non potrà essere di carattere generale e astratto; sono stati, infatti, ritenuti illegittimi gli incarichi cd. di “consulenza globale”, ovvero, a carattere indeterminato. Sono stati considerati, inoltre, illegittimi e suscettibili di determinare la responsabilità erariale a carico di chi li abbia disposti, gli incarichi il cui oggetto è generico e indeterminato, ovvero, privi di un sufficiente nesso funzionale che li colleghi alle finalità attribuite all’ente;
  • essere accompagnati da una verifica circa l’impossibilità oggettiva di poter utilizzare le risorse umane disponibili al proprio interno. L’incarico, infatti, deve rispondere ad esigenze di natura eccezionale e straordinaria, oggettivamente non sopperibili dalle professionalità interne, non già ad esigenze ordinarie e permanenti, seppur rese urgenti da mancata, errata o tardiva valutazione e/o programmazione dei fabbisogni di personale. L’amministrazione è tenuta a dimostrare con una congrua ed esaustiva motivazione, anche con richiami di atti e determinazioni approvate dall’ente, l’effettiva impossibilità di utilizzo del personale dipendente
  • avere una durata temporanea e devono rispondere a esigenze di alta qualificazione; La giurisprudenza ha precisato che la locuzione “particolare e comprovata specializzazione anche universitaria” deve essere interpretata nel senso di verifica del possesso di conoscenze specialistiche equiparabili a quelle che si acquisirebbero tramite un percorso formativo universitario. La specializzazione richiesta deve essere comprovata, e dunque deve 19 essere oggetto di accertamento in concreto tramite l’esame di documentati curricula. La temporaneità dell’incarico – prevista espressamente per legge – consegue necessariamente all’esigenza di carattere straordinario. Ragionando a contrario, si giungerebbe alla conclusione che l’esigenza non è di carattere straordinario e transitorio ma di carattere stabile; quest’ultimo caso dovrebbe, dunque, essere oggetto di programmazione ordinaria e di relativa assunzione di personale. L’incarico non potrà ritenersi prorogabile se non nei limiti del completamento di un’attività avviata, in quanto la sua durata è predeterminata in relazione allo specifico aspetto o fase dell’attività da eseguire. È vietato il rinnovo, in quanto l’incarico dovrebbe fare riferimento ad un nuovo progetto ed essere conferito a seguito di apposita procedura comparativa
  • avere una determinazione preventiva di durata, oggetto e compenso della collaborazione;
  • essere sottoposti a procedura comparativa per la scelta del collaboratore. Non è considerato legittimo procedere all’affidamento diretto in caso di esiguità del compenso da erogare, in quanto la disciplina degli incarichi di cui all’art. 7 del D. Lgs. n. 165/2001 non è assimilabile alle procedure previste dal codice degli appalti.

Distinzione con il contratto di lavoro subordinato 
Il comma 6 dell’art. 7 del D. Lgs. n. 165/2001 prevede che le pubbliche amministrazioni possono conferire esclusivamente incarichi individuali, con contratti di lavoro autonomo, ad esperti di particolare e comprovata specializzazione, anche universitaria, disposizione che viene affiancata dal precedente comma 5-bis (a sua volta introdotto dal D. Lgs. n. 75/2017) che pone il divieto alle p.a. di stipulare contratti di collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione siano organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro.

I contratti di appalti di servizi e gli incarichi esterni
Si ritiene fondamentale individuare la distinzione tra appalto di servizi di tipo intellettuale (ad esempio servizi di architettura e di ingegneria) e incarico professionale di consulenza, studio o ricerca. Il primo è disciplinato dal Codice dei contratti pubblici, D. Lgs. n. 36/2023, mentre il secondo afferisce all’art. 7 c. 6 e seguenti del D. Lgs. n.165/2001. La norma di cui all’art. 7, c. 6, del D. Lgs. n. 165/2001 prevede che il contratto che segue alla determinazione dirigenziale di incarico abbia la forma di un contratto di lavoro autonomo (o di opera intellettuale), in cui rilevano, per l’appunto, l’autonomia del prestatore d’opera e l’intuitu personae, con conseguente infungibilità della prestazione.  Gli incarichi di consulenza, studio o ricerca forniscono all’Ente un cosiddetto contributo conoscitivo qualificato che orienta con autorevolezza l’azione, senza tuttavia vincolarla in quanto l’amministrazione pubblica può sempre discostarsi dalle indicazioni ricevute. La prestazione oggetto di un contratto di appalto, invece, coincide con un servizio che l’amministrazione recepisce senza discostarsene.

Tipologia degli atti di spesa da trasmettere alla sezione regionale di controllo
Gli atti di spesa di importo superiore a 5.000 euro devono essere trasmessi alla competente sezione della Corte dei conti per l’esercizio del controllo successivo sulla gestione. L’obbligo di invio riguarda regioni, enti locali (inclusi i comuni sotto i 5.000 abitanti, non essendo più confermata dal c. 173 l’esenzione prevista dall’art. 1, c. 42 della L. n. 311/2014, da ritenersi implicitamente abrogato), unioni di comuni e, più in generale, tutte le pp. aa. nell’ampia accezione.
L’invio è limitato agli atti che eccedono una spesa di 5.000,00 euro. Si conferma che, con riguardo all’obbligo di invio, la soglia dei 5.000,00 euro va calcolata con riferimento all’ammontare definitivo di spesa dei singoli provvedimenti e atti (inclusi Iva e altri oneri riflessi).
L’atto di affidamento di incarichi di studio, ricerca e consulenze deve essere corredato della valutazione dell’organo di revisione economico-finanziaria dell’ente locale (art. 1, c. 42, L. n. 311/2004);
Occorre inviare alla Sezione anche gli incarichi conferiti ai sensi del Codice dei contratti a professionisti esterni (es. servizi di ingegneria e architettura) per consentire la verifica in concreto della natura dell’incarico, a prescindere dal nomen iuris utilizzato dall’Amministrazione per il conferimento dello stesso.

 

La redazione PERK SOLUTION

Corte dei conti, affidamento in gestione senza corrispettivo del centro sportivo comunale ad un’associazione dilettantistica

Con la Delibera n. 251/2024/PAR, la Corte dei conti Sez. Lombardia si è espresso sulla richiesta di parere di un Comune in merito alla possibilità di affidare in gestione senza corrispettivo il centro sportivo comunale ad un’associazione dilettantistica al fine di favorirne l’uso da parte della popolazione locale. La Sezione offre una ampia disamina sulle modalità di assegnazione dell’impianto sportivo pubblico senza corrispettivo ad un soggetto qualificato, in deroga al principio generale di necessaria redditività dei beni pubblici, se motivata da uno specifico interesse di rango costituzionale (promozione dello sport – art. 33 Cost., ultimo comma).

In prima battuta, la gestione dei beni pubblici deve avere luogo in un’ottica volta ad assicurarne la redditività e lo sfruttamento economico: è stato infatti affermato che in linea di principio la cessione gratuita di un immobile comunale non possa considerarsi una modalità tipica di valorizzazione del patrimonio, proprio perché “non reca alcuna entrata all’Ente e costituisce un utilizzo non coerente con le finalità del bene, ma addirittura una fonte di depauperamento e, dunque, di danno patrimoniale per l’Ente” (così Sez. controllo Veneto, delibera n. 33/2009/PAR). Tuttavia,  la giurisprudenza ammette specifiche eccezioni al principio di redditività del bene pubblico solo laddove venga perseguito un interesse pubblico di rango equivalente o superiore rispetto a quello che viene perseguito mediante lo sfruttamento economico dei beni (cfr. Sez. controllo Veneto, delibera n. 716/2012/PAR).

È quindi rimessa al comune la valutazione se affidare – tramite procedura concorrenziale – la struttura ai sensi dell’art. 6 del d.lgs. n. 38/2021 (recante norme di sicurezza per la costruzione e l’esercizio degli impianti sportivi) oppure, ricorrendone i presupposti, stipulando una convenzione con un Ente del Terzo settore se più favorevole rispetto al ricorso al mercato (art. 56 del Codice del Terzo settore – d.lgs. n. 117/2017). In ogni caso, la futura convenzione dovrà prevedere in dettaglio le rispettive obbligazioni e la rendicontazione periodica.

In merito alle spese di gestione si evidenzia inoltre che le disposizioni pubblicistiche (art. 71, d.lgs. n. 117/2017) e civilistiche (art. 1808 c.c.) pongono a carico del concessionario gli interventi di manutenzione ordinaria e gli altri interventi necessari a mantenere la funzionalità dell’immobile. Il “subaffitto” della struttura, lo svolgimento di servizi a domanda individuale, nonché la concessione di “un contributo annuo da destinare alle attività di avviamento e facilitazione dello sport sul territorio comunale” o l’accollo di ulteriori oneri, avrebbero carattere accessorio e andrebbero, quindi, imprescindibilmente coniugati in concreto con gli espliciti scopi di attività sociale commisurati con la capacità del concessionario di soddisfarli.

La mancata o inadeguata capacità dell’amministrazione locale di sfruttamento dell’impianto sportivo non può costituire di per sé l’unico presupposto per affidare in concessione/comodato l’impianto, potendosi in tal caso procedere direttamente alla vendita, anche alla luce del principio di economicità ed efficienza dell’azione amministrativa nonché in attuazione del canone di adeguatezza delle funzioni (cfr. artt. 97 e 118, primo comma Cost.).

In conclusione, la Sezione precisa che all’interno del delineato perimetro, il margine d’azione dell’Amministrazione è tale da escludere che il parere reso dalla Corte sulla scorta delle sole affermazioni e prospettazioni formulate dall’Ente consenta di elidere od attenuare posizioni di responsabilità su fatti compiuti o da compiersi, rimanendo le ulteriori, future determinazioni rigorosamente circoscritte alla sfera di discrezionalità e responsabilità dell’Amministrazione.

 

La redazione PERK SOLUTION

Corte dei conti: Relazione semestrale sul PNRR

Le Sezioni riunite in sede di controllo della Corte dei conti, con Delibera n. 59/SSRRCO/REF/2024, hanno approvato la Relazione semestrale con cui si riferisce al Parlamento sullo stato di attuazione del PNRR. Il documento fornisce un quadro complessivo dell’avanzamento del Piano da distinte angolazioni: i progressi registrati nel conseguimento di milestone e target semestrali, l’evoluzione della spesa e della relativa rendicontazione, un quadro complessivo dello stato di avanzamento delle riforme e degli investimenti ferroviari, una descrizione della strategia antifrode e del relativo livello di implementazione da parte delle Amministrazioni titolari di intervento. Seguono tre approfondimenti tematici: il primo sul contributo del Piano nell’affrontare il problema del disagio abitativo; il secondo sulle misure di efficientamento energetico degli edifici e il terzo su quelle per l’ammodernamento delle infrastrutture energetiche.

Risultano tutti conseguiti i 39 obiettivi europei in scadenza al primo semestre 2024, raggiungendo così un tasso di avanzamento del 43% nel percorso complessivo (+6 punti rispetto al semestre precedente). Parimenti elevati i risultati con riguardo agli step procedurali nazionali con finalità di monitoraggio interno (tasso di raggiungimento all’88%). Significativi gli avanzamenti segnati da alcuni degli obiettivi conseguiti: in riduzione di circa il 10% i tempi intercorrenti tra aggiudicazione ed esecuzione dell’opera nel caso dei contratti pubblici (dal tempo medio di 273,3 giorni per i contratti aggiudicati nel 2019 e conclusi entro giugno 2021, a 246,6 giorni per i contratti aggiudicati nel periodo 1.7.2021/30.6.2022 e conclusi entro fine 2023); ridotto a giugno scorso di oltre il 90% l’arretrato giudiziario presso i TAR e il Consiglio di Stato rispetto al 31 dicembre 2019. Segnali concreti, questi, dell’impatto di riforme e investimenti del PNRR sull’efficienza del sistema italiano.
Nel secondo semestre 2024 prosegue il percorso di conseguimento di ulteriori 67 obiettivi, in linea con la programmazione: sulla base delle rilevazioni di metà ottobre, 11 obiettivi risultavano già raggiunti, mentre per la quasi integralità di quelli ancora in corso le Amministrazioni titolari hanno escluso la presenza di ostacoli al relativo conseguimento nei termini.

Se il conseguimento degli obiettivi europei previsti nel percorso attuativo risulta in linea con le scadenze concordate, l’avanzamento finanziario, come già messo in luce in occasione di precedenti relazioni, continua a evidenziare scostamenti rispetto al cronoprogramma. Al 30 settembre 2024, il livello della spesa ha superato i 57,7 miliardi, il 30% delle risorse del Piano e circa il 66% di quelle che erano programmate entro il 2024. L’incremento registrato nel corso dei primi 9 mesi del 2024 è di 12,6 miliardi, il 30% di quanto previsto per l’anno nel cronoprogramma finanziario e circa il 60% delle stime più contenute del DPB di ottobre 2024.

 

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Corte dei conti: L’acquisto di un bene richiede la dimostrazione della finalità pubblica

La Corte dei conti, Sez. Lombardia, con deliberazione n. 198/2024, ha dichiarato che, nel caso di acquisto di un bene, l’ente debba svolgere un’approfondita istruttoria, documentando la ragionevolezza e l’utilità dell’acquisto, la finalità pubblica perseguita e formulando una analisi costi/benefici dell’operazione. Una volta determinatosi per l’acquisto, il relativo iter procedimentale va inoltre improntato al rispetto dei principi generali dell’attività amministrativa di cui all’art. 1 della legge 7 agosto 1990, n. 241, nel rispetto delle norme che regolano l’acquisizione di beni e di tutela della concorrenza e parità di trattamento.

Nel caso di specie, il Comune istante ha chiesto un parere della Corte sulla possibilità di acquisire da un’asta
pubblica, alcuni impianti sportivi per utilizzare le risorse di un Patto territoriale diretto a promuovere l’attrattività turistica e incentivare i flussi turistici in un comprensorio ricompreso in parte nel territorio comunale.

Dopo una breve disamina sulla natura e sulle caratteristiche dei beni oggetto del quesito, la Corte rileva che
l’acquisizione di impianti sportivi da parte degli enti locali è possibile non essendovi espressi impedimenti normativi. Il riconoscimento dell’autonomia negoziale in materia di acquisizione di beni patrimoniali
disponibili (art. 11 del c.c.) non esclude, infatti, la necessità che la sottoscrizione dei contratti di acquisto avvenga
nel rispetto dei principi di buon andamento (art. 97, comma 2, Cost.) e dell’equilibrio di bilancio (art. 97, comma 1, e 119 comma 1 Cost.), anche laddove l’ente non faccia ricorso all’indebitamento ed utilizzi risorse disponibili. Il principio di finalizzazione alla cura degli interessi pubblici permea l’amministrazione pubblica nel suo complesso ed è applicabile anche all’attività di diritto privato.

È necessario, secondo la Sezione, che il Comune svolga e dia atto di un’approfondita istruttoria, documentando la ragionevolezza e l’utilità dell’acquisto del bene, la finalità pubblica perseguita e formulando una analisi costi/benefici dell’operazione.

 

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Corte dei conti: la sottoscrizione “tardiva” della contrattazione integrativa impedisce l’erogazione del salario accessorio

Con la deliberazione n. 189/2024, la Corte dei conti, Sez. Lombardia, chiamata ad esprimere il proprio parere in merito alla conformità o meno alle norme gius-contabili di procedere alla sottoscrizione della contrattazione integrativa relativa al Fondo 2023 nel corso del 2024, destinando le risorse variabili ivi previste agli incentivi collegati alla performance, ha stigmatizzato la prassi della cosiddetta “contrattazione tardiva”, ovvero quella che interviene nell’esercizio successivo a quello di riferimento, affermando che, in assenza di sottoscrizione dell’accordo decentrato entro il 31 dicembre dell’esercizio di competenza, l’Ente non può impegnare le somme destinate al pagamento di specifici progetti. La Sezione ha ritenuto “che non risulti ammissibile una contrattazione “in sanatoria” nell’anno successivo” e che “quindi, la mancata sottoscrizione del contratto collettivo decentrato integrativo entro l’anno, impedisce l’erogazione del salario accessorio, ad eccezione degli effetti che derivano dal principio di ultrattività delle precedenti intese e di quelle indennità disciplinate esclusivamente dal Ccnl: turno, reperibilità e compensi aggiuntivi per le giornate festive.

La contrattazione deve, infatti, avvenire tempestivamente all’inizio dell’esercizio, per stabilire contestualmente le regole per la corresponsione del trattamento accessorio legato alla produttività individuale e collettiva sulla base di verificati incrementi di efficienza, in coerenza con il principio di programmazione tanto degli obiettivi dell’ente quanto dell’utilizzo delle risorse finanziarie. In assenza di predefiniti criteri di ripartizione, è “tardiva” anche la contrattazione decentrata la cui sottoscrizione intervenga sul finire dell’anno di riferimento e che non consista in una presa d’atto di una attività incentivante già pienamente in corso, oltre che parzialmente realizzata, per quanto non ancora verificata nei risultati.

La Sezione, a più riprese, ha avuto modo di affermare che “la parte variabile di retribuzione di incentivazione è un elemento retributivo che può essere riconosciuto solo se correlato al raggiungimento di specifici obiettivi connessi all’attività svolta dal dipendente, fissati in via preventiva dall’Amministrazione. La corresponsione della stessa al di fuori dei parametri normativi e contrattuali sarebbe del tutto incongrua ed indebita.

 

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Corte dei conti: Non è possibile per il Comune effettuare, con oneri a proprio carico, la manutenzione della Caserma dei Carabinieri

La Corte dei conti, Sez. Lombardia, con deliberazione n. 171/2024, in riscontro ad una richiesta di quesito volta ad appurare se il Comune possa erogare un contributo per interventi manutentivi, in via esclusiva o quale forma di compartecipazione, “al fine di consentire la permanenza del Comando “, ha espresso parere negativo per un duplice ordine di ragioni:

  • gli interventi di compartecipazione degli enti locali alle spese per caserme ed altri edifici utilizzati per garantire la sicurezza dei cittadini sono ammessi di norma nell’ambito di accordi di programma, preferibilmente con altri Comuni limitrofi in quanto le norme che li prevedono rispondono ad ipotesi tipizzate che ne rivelano il connotato di eccezionalità e che ne esclude interpretazioni analogiche o estensive;
  • la decisione comunale di provvedere, con oneri a proprio carico o in compartecipazione, ad interventi manutentivi non può e non deve essere  condizionata dalla dipendenza da tale decisione della permanenza o meno della stazione dei Carabinieri nel territorio.

Secondo la Sezione, la motivazione addotta dal Comune, infatti, dissociando esplicitamente l’intervento di manutenzione che si vorrebbe fare a carico del bilancio comunale rispetto a pur astratte finalità di tutela dell’ordine pubblico e della sicurezza, fa sì che, se anche vi fosse una norma di legge che per tali scopi consentisse di finanziare l’intervento oggetto del quesito, una iniziativa così avulsa dalle predette finalità resterebbe comunque priva di causa e non supererebbe un ipotetico vaglio di legittimità.

La permanenza della stazione dei Carabinieri non è di per se parametro sufficiente sul quale misurare il soddisfacimento anche parziale delle finalità di ordine pubblico e sicurezza, sotto altra prospettiva, è ben difficile pensare che le istituzioni preposte a tali funzioni possano subordinare o rivedere le loro valutazioni strategiche – tra le quali la necessità o meno di presidiare un territorio- in base alla sussistenza di un intervento economico posto a carico della comunità locale.

 

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Corte dei conti: Cancellazione fondo garanzia debiti commerciali

La cancellazione integrale della posta, costituita dalla sommatoria degli accantonamenti, maturati nei diversi esercizi è consentita solo nell’esercizio successivo a quello in cui siano rispettate le condizioni di cui alle lettere a) e b) del comma 859, dell’art. 1, della legge 30 dicembre 2018, n. 145 (cfr. deliberazione Sezione regionale di controllo per l’Abruzzo n. 13/2024/PRSE). È quanto evidenziato dalla Corte dei conti, Sez. Lazio, con deliberazione n. 87/2024, nell’ambito dell’esame delle relazioni-questionario sui rendiconti per gli esercizi dal 2018 al 2022 di un Comune.

Relativamente all’accantonamento a titolo di FGDC a rendiconto 2021, l’Ente ha effettuato un accantonamento di euro 39.302,17, a rendiconto 2022 un accantonamento di euro 34.994,42 e a rendiconto 2023 ha previsto un accantonamento di euro 14.578,02.
Tenuto conto che, dalla documentazione esaminata, l’Ente non risulta ancora aver rispettato la normativa sulla tempestività dei pagamenti, gli accantonamenti del 2021 e del 2022 non potevano, ex lege, essere “liberati” e, conseguentemente, non solo l’accantonamento 2022, ma anche l’accantonamento a titolo di FGDC nel rendiconto 2023 devono tenere conto della sommatoria dei precedenti.

La Sezione rileva che il FGDC accantonato nel risultato di amministrazione in sede di rendiconto debba essere costituito dalla sommatoria dell’ammontare definitivo degli accantonamenti al FGDC stanziati nel bilancio di previsione degli esercizi precedenti e nel bilancio di previsione dell’esercizio cui il rendiconto si riferisce. Nell’esercizio in cui l’Ente rileverà, in relazione alle risultanze dell’esercizio precedente, il rispetto degli indicatori, l’accantonamento non verrà effettuato nel bilancio di previsione dell’esercizio in corso di gestione e, in sede di approvazione del rendiconto relativo all’esercizio precedente, potrà essere liberata la quota accantonata del risultato di amministrazione relativa al FGDC.

 

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Utilizzo quota di avanzo libero prima dell’approvazione della salvaguardia equilibri

La Corte dei conti, Sez. Lombardia, con deliberazione n. 149/2024, fornisce alcuni chiarimenti in merito alla possibilità di utilizzare la quota di avanzo libero, nel caso di specie per l’estinzione anticipata di prestiti, ai sensi dell’art. 187 comma 2) lett. e) del TUEL, prima dell’approvazione della salvaguardia degli equilibri.

La Sezione ricorda che la quota libera del risultato di amministrazione può essere utilizzata con il bilancio di previsione o con provvedimento di variazione di bilancio, solo a seguito dell’approvazione del rendiconto, per le finalità indicate in ordine di priorità dall’art. 187, comma 2, TUEL. L’art. 187 TUEL e il relativo principio contabile applicato (All.4/2) stabiliscono un preciso ordine di priorità per l’utilizzo della quota libera dell’avanzo di amministrazione – al quale l’ente locale è tenuto ad attenersi – che risponde alla finalità, perseguita dal legislatore, di preservare in prima istanza gli equilibri di bilancio e la sana e corretta gestione finanziaria dell’ente (par. 9.2.12: “l’utilizzo dell’avanzo di amministrazione è prioritariamente destinato alla salvaguardia degli equilibri di bilancio e della sana e corretta gestione finanziaria dell’ente”). In altri termini la destinazione dell’avanzo libero di amministrazione deve essere conforme sia alle finalità sia all’ordine di priorità indicate dalla legge (cfr. Sez. reg. contr. Lombardia n. 546/2010/PAR e n. 304/2015/PAR).

Ai fini dell’applicazione dell’avanzo libero, secondo la Corte, assume pertanto rilievo il momento dell’approvazione del rendiconto, e non quello in cui il Comune provvede alla salvaguardia degli equilibri generali di bilancio. In altri, termini, il Comune non potrà applicare l’avanzo disponibile prima dell’accertamento attraverso l’approvazione del rendiconto dell’esercizio precedente.

In definitiva, l’ente, nell’ambito della propria autonomia e responsabilità anche in ordine alla valutazione circa l’effettiva sussistenza della condizione di equilibrio e nel rispetto del principio contabile generale della prudenza, l’ente locale potrà applicare avanzo libero prima dell’approvazione della salvaguardia equilibri.

 

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La gestione dell’Economo deve chiudere in pareggio

La gestione economale è per sua natura una gestione per cassa, annuale, che deve chiudere in pareggio, non essendo consentita la formazione di residui (sul punto cfr. anche Sez. Veneto, n. 112/2019, Sez. Liguria n. 5/2017, Sez. Calabria n. 63/2020, Sez. Sicilia n. 640/2022; Sez. App. Sicilia, 51/A/23, ex multis). È quanto stabilito dalla Corte dei conti, Sez. Giurisdizionale Veneto, con la sentenza n. 76/2024. Nel giudizio di conto avente ad oggetto il conto giudiziale dell’economo di un Comune, la Sezione ha rilevato che in base al principio contabile 4/2 (punto 6.4) “I fondi anticipati all’economo per l’espletamento delle proprie attività devono essere restituiti, per la parte non spesa, entro la fine dell’esercizio al fine di consentire la corretta contabilizzazione delle spese effettuate.”
La formazione di residui non è, quindi, compatibile né con la natura della gestione economale (che è gestione di cassa in regime di anticipazione: cfr. Sez. Veneto n. 112/2019, Sez. Valle d’Aosta n. 2/2021, Sez. Piemonte n. 45/2017, ex multis) né con i principi contabili generali (all 4.2. n. 7.1. e 7.2.; all. 4.3 es. 9 del D.Lgs. 118/2011) e con le disposizioni del TUEL (art. 153, comma 7: “Lo stesso regolamento prevede l’istituzione di un servizio di economato, cui viene preposto un responsabile, per la gestione di cassa delle spese di ufficio di non rilevante ammontare”).

 

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Corte dei conti: Corretta contabilizzazione dei contributi a rendicontazione

La Corte dei conti, Sez. Emilia-Romagna, con deliberazione n. 40/2024, nell’ambito dell’esame della documentazione relativa al bilancio preventivo per il triennio 2023/25 ed al rendiconto per l’esercizio 2022 di un Comune,  con particolare riferimento a residui del Titolo IV delle entrate, ha ricordato che, in base a quanto previsto al punto 3.6 lett. c) primo punto dell’allegato 4/2 al D. Lgs 118/2011, nella contabilizzazione di tali tipi di contributi, al fine di garantire l’esatta corrispondenza dell’imputazione nei bilanci dell’amministrazione erogante e di quella beneficiaria, la prima deve impegnare l’intera spesa prevista nella delibera che dispone il contributo con imputazione ai successivi esercizi in cui è prevista la realizzazione delle spese da parte della seconda e quest’ultima ha titolo ad accertare le entrate con imputazione ai medesimi esercizi in cui sono stati registrati gli impegni.

Essenziale allo scopo si rivela il cronoprogramma predisposto dal beneficiario e presentato al finanziatore al punto che, per garantire l’armonizzazione dei bilanci dell’uno e dell’altro, nel caso si realizzino scostamenti dell’andamento della spesa da quella programmata, occorre che il beneficiario dia tempestiva comunicazione all’ente erogante in occasione delle rendicontazioni, aggiornando il cronoprogramma della spesa. Entrambi gli enti dovrebbero così provvedere alle necessarie variazioni degli stanziamenti del bilancio di previsione ed alla reimputazione degli accertamenti e degli impegni agli esercizi in cui le entrate e le spese sono esigibili.

Se l’ente erogatore non adotta il principio di competenza finanziaria potenziata,” l’Ente beneficiario accerta l’entrata a seguito di formale deliberazione da parte dell’ente erogante, di erogazione del contributo a proprio favore”. In questo caso, “l’entrata è imputata agli esercizi in cui l’ente beneficiario stesso prevede di impegnare la spesa cui il trasferimento è destinato (sulla base del cronoprogramma), in quanto il diritto di riscuotere il contributo (esigibilità), sorge a seguito della realizzazione della spesa, con riferimento alla quale la rendicontazione e resa”.

Quanto rappresentato altro non è che l’espressione del generale principio della contabilità finanziaria potenziata in base al quale possono essere iscritte in bilancio solo obbligazioni che si prevede saranno esigibili nell’esercizio. Diversamente operando l’ente andrebbe a sovrastimare le entrate relative all’esercizio in cui esse vengono in tal modo anticipatamente imputate, con conseguente rischio per i complessivi equilibri del bilancio attraverso una dilazione della capacità di spesa.

 

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