Sulla scelta della P.A. di recedere “in autotutela” da un contratto decide il giudice ordinario

Appartengono alla giurisdizione del giudice ordinario le controversie riguardanti qualsiasi atto (comunque denominato: annullamento, revoca, ritiro, recesso, dichiarazione di nullità contrattuale) col quale l’Amministrazione si ritiri da un contratto già stipulato (nel caso di specie, una transazione), atteso che la sottoscrizione dell’atto negoziale segna il definitivo passaggio dalla fase pubblicistica, in cui l’Amministrazione conserva poteri autoritativi di intervento in autotutela sugli atti prodromici alla stipula, a quella privatistica, durante la quale il potere di autotutela scompare e il ritiro dal contratto si configura, nella sostanza, come un recesso privatistico. È quanto ribadito dal TAR Sicilia, Catania, Sezione II, 9 ottobre 2020, n. 2537.
Per costante orientamento giurisprudenziale, la giurisdizione si determina in base al criterio del c.d. petitum sostanziale, il quale va identificato non solo e non tanto in funzione della concreta pronuncia che si chiede al giudice, ma anche e soprattutto in funzione della causa petendi, ossia della intrinseca natura della posizione dedotta in giudizio e individuata dal giudice con riguardo ai fatti allegati e al rapporto giuridico del quale detti fatti costituiscono manifestazione (cfr., ex plurimis, C.d.S., Sez. V, 3 aprile 2019, n. 2196; C.d.S., Sez. IV, 5 gennaio 2018, n. 63; Cass., Sez. un., 7 marzo 2003, n. 5508, 17 gennaio 2002, n. 489, 23 febbraio 2001, n. 64). Nel caso di specie, la controversia riguarda, quindi, l’esecuzione di un contratto transattivo, caratterizzata dall’esistenza tra le stesse di un rapporto paritario (incompatibile con l’esercizio di poteri autoritativi da parte del contraente pubblico), rispetto al quale sono ravvisabili solo posizioni di diritto soggettivo e non di interesse legittimo.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION