La Corte dei conti, Sez. Molise, con deliberazione n. 39/2021, pronunciandosi nel giudizio di conto, promosso nei confronti degli agenti contabili di una Azienda Sanitaria Regionale, condannati alla restituzione delle somme in favore dell’ente delle somme addebitate, per irregolarità parziale dei conti giudiziali, ha, tra l’altro, condotto una ricostruzione del quadro normativo e giurisprudenziale in materia di conti giudiziali che impongono l’obbligatorio controllo giurisdizionale del corretto utilizzo delle risorse pubbliche da parte di tutti gli agenti contabili chiamati, anche in via di fatto, alla gestione del denaro o dei valori di cui hanno la disponibilità, nel quadro della regola generale secondo cui chiunque amministri beni altrui è tenuto a rendere ragione del proprio operato.
La Sezione ribadisce come l’oggetto del giudizio sia costituito dall’accertamento della regolarità sia del documento contabile in sé, sia della gestione in esso rappresentata, tendente a verificare “se chi ha avuto maneggio di denaro pubblico e, dunque, ha avuto in carico risorse finanziarie provenienti da bilanci pubblici, è in grado di rendere conto del modo legale in cui lo ha speso, e dunque non risulta gravato da obbligazioni di restituzione (in ciò consiste la pronuncia di discarico)” (C. Cost., sentenza n. 292 del 25 luglio 2001). Ne consegue la configurabilità, anche sul piano teorico, dell’accertamento sia di mere fattispecie di mancata regolarità non produttive di ammanchi, sia di irregolarità dei conti cui conseguano la liquidazione del debito e la condanna al pagamento dell’agente (art. 48 del R.D. n. 1214/1934).
La gestione “economale” provvede, in generale, al pagamento delle spese urgenti di non rilevante ammontare, entro i limiti di bilancio e con le modalità previste da puntuale disciplina regolamentare. La sua istituzione trova fondamento nell’esigenza di consentire alle Amministrazioni pubbliche di far fronte, con immediatezza, a quelle spese necessarie per il funzionamento degli uffici per le quali, in ragione della loro entità, il ricorso all’ordinario procedimento di spesa costituirebbe quantomeno un ostacolo al buon andamento, in termini di efficienza, efficacia e speditezza, dell’azione amministrativa (Sez. giurisdizionale per la Regione Veneto, sent. 24 aprile 2013, n. 134).
In altri termini, le spese economali rivestono carattere anticipatorio e, sostanzialmente, derogatorio quanto residuale rispetto agli acquisti compiuti nell’ambito di un’ordinaria programmazione generale, privilegiata in quanto la programmazione delle spese ne garantisce una maggiore efficienza economica, oltre ad essere non di rado resa obbligatoria dalle norme sulle procedure di evidenza pubblica. Quindi, a differenza dell’ordinario processo di spesa, la spesa economale si traduce in un pagamento disposto direttamente dall’agente contabile (nei limiti delle disponibilità ad esso assegnate e della capienza della relativa unità elementare di budget) che viene poi “ratificato” dal Responsabile del Servizio Finanziario con l’imputazione a bilancio. La natura anticipata delle spese rende ragione della responsabilità dell’agente contabile che, secondo la pacifica giurisprudenza di questa Corte, pur modellandosi sullo stesso paradigma che caratterizza la c.d. “responsabilità amministrativa”, si atteggia diversamente. Infatti, nella fattispecie risulta integrata un’obbligazione civilistica da cose in custodia, che va dunque distinta dalla responsabilità contabile, che – basandosi sul fatto illecito: si pensi, ad esempio, alla sottrazione di danaro imputabile a dolo o colpa del custode – invece richiede l’esistenza dei prescritti elementi costitutivi, tra i quali l’elemento psicologico.
Al contrario, per integrare la responsabilità da resa del conto basta la mancata restituzione del bene o valore senza aver dato la prova che l’inadempimento sia dovuto a causa non imputabile al custode. In altri termini, la giurisprudenza della Corte dei conti (cfr. Sez. Giur. Molise, sent. n. 56/2016; SS.RR. sent. n. n. 651/A/1990) ha da tempo coerentemente ricostruito la natura del giudizio di conto quale giurisdizione oggettiva, destinata a concludersi con una pronuncia sulla veridicità e sull’attendibilità dei dati gestionali, avuto riguardo alla peculiare obbligazione del “custodiam praestare” (cfr. artt. 1766 e ss. in materia di contratto di deposito) che incombe sull’agente contabile in qualità di parte del rapporto giuridico che lo avvince all’ente di riferimento.
Ne consegue che per la particolare disciplina della responsabilità in esame, “Le mancanze, deteriorazioni, o diminuzione di denaro o di cose mobili avvenute per causa di furto, di forza maggiore, o di naturale deperimento, non sono ammesse a discarico degli agenti contabili, se essi non esibiscono le giustificazioni stabilite nei regolamenti dei rispettivi servizi, e non comprovano che ad essi non sia imputabile il danno, né per negligenza, né per indugio frapposto nel richiedere i provvedimenti necessari per la conservazione del danaro o delle cose avute in consegna. Non possono neppure essere discaricati quando abbiano usato irregolarità o trascuratezza nella tenuta delle scritture corrispondenti e nelle spedizioni o nel ricevimento del danaro e delle cose mobili.” (art. 194 del R.D. n. 827/1924).
Sul versante processuale l’art. 44 del R.D. n. 1214/1934 prevede che “la Corte giudica, con giurisdizione contenziosa, sui conti dei tesorieri, dei ricevitori, dei cassieri e degli incaricati di riscuotere, di pagare, di conservare e di maneggiare denaro pubblico o di tenere in custodia valori e materie di proprietà dello Stato, e di coloro che si ingeriscono anche senza legale autorizzazione negli incarichi attribuiti a detti agenti. La Corte giudica pure sui conti dei tesorieri ed agenti di altre pubbliche amministrazioni per quanto le spetti a termini di leggi speciali”.
Il D.Lgs. n. 174/2016 (codice della giustizia contabile) ha espressamente previsto, da un lato, che “La Corte dei conti giudica sui conti degli agenti contabili dello Stato e delle altre pubbliche amministrazioni secondo quanto previsto a termini di legge” (art. 137), dall’altro che “Sono attribuiti alla sezione giurisdizionale regionale territorialmente competente: a) i giudizi di conto e di responsabilità e i giudizi a istanza di parte in materia di contabilità pubblica riguardanti i tesorieri e gli altri agenti contabili, gli amministratori, i funzionari e gli agenti della regione, delle città metropolitane, delle province, dei comuni e degli altri enti locali nonché degli enti regionali” (art. 138).
Si richiamano alcuni principi elaborati dalla giurisprudenza della Corte dei conti con riferimento ai giudizi di conto resi dagli economi operanti nelle PP.AA., di seguito sinteticamente riportati:
– l’economo è personalmente responsabile delle somme ricevute in anticipazione e pertanto deve dimostrare, nel conto reso annualmente, la regolarità dei pagamenti eseguiti in stretta correlazione con gli scopi per i quali sono state disposte le anticipazioni;
– l’economo è legittimato a utilizzare il fondo economale per spese esclusivamente ed espressamente previste nel relativo regolamento, senza distrazione alcuna;
– in disparte ogni valutazione in ordine all’utilità diretta delle spese effettuate per l’ente, va affermata l’irregolarità di spese economali allorquando esse non siano previste nel regolamento di contabilità e/o economale e non siano riconducibili a finalità istituzionali dell’ente;
– il controllo e la verifica della regolarità delle spese costituisce un obbligo del responsabile del servizio finanziario ed è propedeutico al discarico delle somme pagate;
– vi può essere responsabilità concorrente dell’economo che ha effettuato spese non previste o superiori al limite massimo stabilito nel regolamento e del responsabile del servizio finanziario (ma a titolo di responsabilità amministrativa, ove azionata secondo legge) che non le abbia segnalate a seguito dell’esame in sede di rendicontazione e di parificazione;
– il fondo economale non può essere utilizzato per aggirare le disposizioni di contabilità in tema di assunzione di impegno di spesa, neppure ricorrendo all’artificiosa parcellizzazione delle spese;
– il fondo economale deve essere determinato annualmente in sede di approvazione del documento generale di bilancio (per le aziende sanitarie, il budget), espressione dell’indirizzo politico-amministrativo dell’ente.
In ordine alla regolarità fiscale degli scontrini fiscali prodotti dallìEconomo, il Collegio non ignora che la fattura, pur costituendo modalità ordinaria di documentazione degli approvvigionamenti, sotto il profilo fiscale, per le pubbliche amministrazioni e potendo essa sempre essere richiesta dall’acquirente, ex art. 22 del DPR n. 633/1972, non costituiva, quantomeno al tempo della gestione sub iudice (esercizio 2012), l’unico ed esclusivo documento “fiscalmente idoneo”, ovvero conforme alla normativa tributaria. Detta evidenza risulta peraltro esplicitamente riconosciuta dalla stessa Amministrazione finanziaria, che, nel formulare chiarimenti in materia di applicazione del meccanismo del cosiddetto split payement (art. 1, comma 629, lett. b) della L. n. 190/2014), ha da tempo implicitamente confermato (Circolare dell’Agenzia delle entrate n. 1/E del 9 febbraio 2015) che le “piccole spese dell’Ente pubblico” possono – ovviamente, al ricorrere delle comuni condizioni di legge – essere “certificate dal fornitore mediante il rilascio della ricevuta fiscale di cui all’art. 8 della legge 10 maggio 1976, n. 249, o dello scontrino fiscale di cui alla legge 26 gennaio 1983, n. 18, e successive modificazioni (cfr. art. 12, co. 1, della L. n. 413 del 1991)”. Ovviamente, la natura della gestione economale implica la necessità che la documentazione fiscale prodotta (di qualunque genere) comprovi adeguatamente gli elementi identificativi degli acquisti, oggettivamente necessari ad accertare la regolarità di tale gestione.