Richiesta di parere su accesso agli atti da parte dei consiglieri di minoranza

I dati riferiti al pagamento IMU di una società concessionaria del Comune possono essere forniti ai consiglieri in quanto gli stessi vantano uno specifico interesse a valutare il corretto operato dell’amministrazione nella gestione delle imposte. È questa, in sintesi, la risposta del Ministero dell’interno ad una richiesta di parere in materia di accesso agli atti dell’ente, da parte dei consiglieri comunali, ai sensi dell’art. 43, comma 2, del TUEL. In particolare, il sindaco di un Comune, a seguito di istanza d’accesso a firma dei consiglieri di minoranza, ha chiesto se fossero consultabili gli atti relativi al rapporto concessorio tra l’ente e la ditta concessionaria dei terreni per l’estrazione di materiali nel territorio comunale, nonché i pagamenti IMU effettuati dalla stessa negli ultimi tre anni.

Il Ministero ricorda che il diritto di accesso” ed il “diritto di informazione” dei consiglieri comunali nei confronti della P.A., secondo la disciplina dell’art. 43, consenti ai consiglieri di ottenere dagli uffici tutte le notizie e le informazioni in loro possesso, utili all’espletamento del proprio mandato. Tale diritto ha confini più ampi sia del diritto di accesso ai documenti amministrativi attribuito al cittadino nei confronti del comune di residenza (art.10, TUEL.) sia, più in generale, nei confronti della P.A. quale disciplinato dalla legge n. 241/90.

Il consigliere comunale non ha l’obbligo di motivare le proprie richieste di accesso, poiché tale diritto è essenziale per svolgere le proprie funzioni e rappresenta un principio democratico fondamentale per l’autonomia locale e la rappresentanza della comunità. Il Consiglio di Stato ha sottolineato l’importanza di trovare un equilibrio tra il diritto del consigliere di esercitare il proprio mandato e la riservatezza delle persone coinvolte, suggerendo di mascherare i nominativi e altri dati sensibili per garantire la privacy.

Il consigliere comunale è tenuto al segreto nei casi specificamente determinati dalla legge, per cui il medesimo deve mantenere inaccessibili eventuali dati sensibili, rispondendone personalmente della diffusione illecita. Inoltre, viene precisato che, qualora nei documenti riguardanti la società in questione, da rilasciare ai consiglieri, vi siano situazioni che godano di una certa copertura costituzionale come la riservatezza di terzi, l’ente dovrà procedere con il sistema della “mascheratura” dei dati.

 

La redazione PERK SOLUTION

Deleghe ai consiglieri comunali nei comuni fino a 3000 abitanti

Conformemente all’art. 2 legge n.191/2009, modificato dal D.L. n. 2/2010, convertito in legge n. 42/2010, nei comuni fino a 3000 abitanti è possibile al sindaco delegare le proprie funzioni a non più di due consiglieri in alternativa alla nomina degli assessori. È quanto chiarito dal Ministero dell’Interno nel parere del 27 giugno 2023.

La norma prevede che nei comuni fino a 3000 abitanti è possibile la delega da parte del sindaco di proprie funzioni a non più di due consiglieri in alternativa alla nomina degli assessori. La disposizione, che era stata adottata al fine del coordinamento della finanza pubblica e per il contenimento della spesa pubblica, è ancora vigente ed ha costituito la base giuridica per l’affidamento delle funzioni di vice sindaco ai consiglieri dei comuni inferiori a mille abitanti, in vigenza dell’articolo 16, comma 17, lett.a) del d.l. n.138/2011 che aveva soppresso le giunte per tali tipologie di enti.

 

La redazione PERK SOLUTION

Diritto d’accesso dei consiglieri comunali alla documentazione posta a base di gara d’appalto

I consiglieri possono accedere agli atti del comune, se necessari all’esercizio della funzione e se non riguardino i provvedimenti formati dalla commissione di gara e fino alla chiusura del procedimento, tenendo presente il principio del ragionevole bilanciamento tra diritti fondamentali. Il Ministero dell’interno in riscontro ad una richiesta di parere da parte di un Prefettura ha evidenziato che è principio pacifico quello per cui l’accesso agli atti, ex art. 43 del TUEL, da parte dei consiglieri comunali costituisce strumento di controllo e verifica del comportamento dell’amministrazione, in funzione di tutela di interessi non individuali ma generali, ed è pertanto espressione del principio democratico dell’autonomia locale”.

Il Consiglio di Stato (sentenza n. 8667/2022 – sentenza n. 4792/2021) ha precisato che l’esercizio del potere di accesso di cui all’articolo 43, comma 2, TUEL è finalizzato “all’espletamento del mandato” e pertanto deve essere letto ed interpretato in stretto rapporto all’art. 42. Il bisogno di conoscenza del titolare della carica elettiva deve, quindi, porsi in rapporto di strumentalità con la funzione ‘di indirizzo e di controllo politico-amministrativo’, di cui nell’ordinamento dell’ente locale è collegialmente rivestito il consiglio comunale (art. 42, c.1, t.u.e.l.), e alle prerogative attribuite singolarmente al componente dell’organo elettivo.

Il diritto del consigliere comunale all’accesso agli atti dell’ente locale non è, dunque, incondizionato. Il diritto di accesso è sottoposto, infatti, alla regola del ragionevole bilanciamento propria dei rapporti tra diritti fondamentali. Nell’ambito del codice dei contratti, il diritto di accesso prevede che i consiglieri comunali mantengano una posizione differenziata in ossequio proprio al riconosciuto ruolo di controllo e di garanzia. L’accesso informativo dei consiglieri comunali non può essere astrattamente negato per nessuna particolare categoria di informazioni e di atti che le contengono, e dunque neppure quelli relativi alle procedure di gara.

I consiglieri comunali, proprio in virtù dell’articolo 43 del TUEL, possano accedere ad atti per i quali è generalmente precluso ai terzi l’esercizio del diritto di accesso per ragioni di riservatezza e che il diritto dei consiglieri comunali di ottenere dagli uffici comunali “tutte le notizie e le informazioni in loro possesso, utili all’espletamento del loro mandato” è ben diverso dal diritto di accesso disciplinato dagli artt. 23 e segg. della legge n. 241/1990 e dall’articolo 10 del TUEL. La garanzia della riservatezza dei terzi è assicurata dall’articolo 43  il quale stabilisce che i consiglieri comunali sono tenuti al segreto nei casi specificamente determinati dalla legge.

 

La redazione PERK SOLUTION

Nessun diritto per il consigliere comunale di partecipare alla conferenza dei servizi

Non sussiste un diritto dei consiglieri comunali a partecipare alle Conferenze dei Servizi ex art.14 e seguenti della L.241/1990, in quanto prevista esclusivamente nei confronti dei soggetti direttamente interessati al provvedimento da emanare. È questa, in sintesi, la risposta del Ministero dell’interno ad una richiesta di parere in materia di partecipazione alla conferenza dei servizi di cui all’articolo 14 e seguenti della legge n.241/1990. In particolare, è stato chiesto se per i consiglieri comunali, che abbiano manifestato la volontà di essere invitati alla conferenza dei servizi convocata per dare corso all’iter di realizzazione di un centro commerciale, sussista il diritto di partecipazione. I consiglieri comunali richiedenti ritengono che ben potrebbero presenziare alle conferenze dei servizi, in quanto rappresentanti degli interessi diffusi della cittadinanza in base al mandato ricevuto dagli elettori.

I tecnici del Ministero ricordano che, ai sensi dell’art. 14-quater, comma 1 della legge n. 241/1990, la partecipazione ai lavori di tale organismo è demandata ai soggetti che hanno competenza istituzionale, prevista dalle norme, in ordine alla definizione della questione posta in esame. I consiglieri comunali oltre ad esercitare, nell’ambito consiliare, le competenze previste dall’articolo 42 del d.lgs. n.267/2000, con la possibilità di esprimersi in seno al consiglio comunale in merito allo strumento di pianificazione urbanistica, hanno facoltà di promuovere atti di sindacato ispettivo come previsti dall’articolo 43, commi 2 e 3, del medesimo d.lgs. n.267/2000.

In merito, il TAR Lazio con sentenza n.9324 del 7/7/2022 ha ribadito il principio espresso dal Consiglio di Stato, sez.II, con sentenza 8 luglio 2019, n.4734. L’Alto Consesso nel caso esaminato aveva precisato che “… la partecipazione al procedimento e alla conferenza di servizi per il rilascio dell’autorizzazione unica è prevista esclusivamente nei confronti dei soggetti direttamente interessati al provvedimento da emanare; gli altri soggetti istituzionali o meno, che non hanno un interesse diretto nel procedimento in corso, possono essere facoltativamente invitati, senza che gli stessi possano incidere sulle decisioni da trattare”. Ne consegue, pertanto, che non sussista un diritto dei consiglieri comunali a partecipare alle conferenze dei servizi.

 

La redazione PERK SOLUTION

Accesso del consigliere comunale ai locali di proprietà del comune

Su segnalazioni di disservizi o carenze nelle strutture comunali, i consiglieri possono utilizzare gli strumenti dell’art. 43 del TUEL, non essendo tenuti alla verifica dello stato dei luoghi. Senza previsione regolamentare, per l’accesso ai locali comunali occorre il previo raccordo con i dirigenti competenti. Nella risposta ad un quesito in ordine alla possibilità di accogliere l’istanza di un consigliere di minoranza finalizzata ad effettuare un sopralluogo presso due edifici comunali concessi rispettivamente in locazione ed in comodato gratuito a due privati, il Ministero dell’Interno chiarisce che l’attività ispettiva dei singoli consiglieri si esercita attraverso gli strumenti previsti dall’articolo 43 del TUEL, ossia attraverso la presentazione di interrogazioni e mozioni od altre istanze di sindacato ispettivo a cui il sindaco e gli assessori sono obbligati a rispondere, ed attraverso richieste di ottenere dagli uffici tutte le notizie e le informazioni in loro possesso, ritenute utili all’espletamento del proprio mandato. In base all’art. 107 del TUEL la gestione amministrativa, finanziaria e tecnica è attribuita ai dirigenti mediante autonomi poteri di spesa, di organizzazione delle risorse umane, strumentali e di controllo. La funzione di controllo operativo è esercitata attraverso il personale dipendente in relazione agli specifici profili professionali. L’art. 147, disciplinando i “controlli interni”, al comma 1, lett.e), li finalizza anche al controllo della qualità dei servizi erogati, sia direttamente, sia mediante organismi gestionali esterni, con l’impiego di metodologie dirette a misurare la soddisfazione degli utenti esterni e interni dell’ente. Ciò non può non essere realizzato sulla base di una disciplina che garantisca il rispetto del principio della distinzione tra funzioni di indirizzo e compiti di gestione come declinato, tra l’altro, dal richiamato art.107. Pertanto, proprio nell’eventualità in cui si ricevano segnalazioni di disservizi o di situazioni di carenze nelle strutture comunali, i singoli consiglieri comunali possono utilizzare gli strumenti di cui al citato articolo 43, non sembrando attinente alla propria funzione la verifica dello stato dei luoghi che compete, invero, agli uffici tecnici ed al corpo di polizia municipale. In carenza di apposita previsione regolamentare appare, dunque, indispensabile un previo raccordo con i dirigenti competenti nel caso sia necessario l’accesso ai locali di proprietà comunale.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Diritto di accesso agli atti da parte del Consigliere comunale

Il Dipartimento per gli Affari Interni e Territoriali del Ministero dell’Interno, con parere reso in risposta ad una segnalazione da parte di un consigliere comunale, delinea le coordinate normative ed interpretative di cui occorre tenere presente e valutare in ordine all’esercizio del diritto di accesso, esercitabile dai consiglieri comunali, ai sensi dell’art. 43, comma 2, del TUEL. Tale disposizione prevede che “I consiglieri comunali e provinciali hanno diritto di ottenere dagli uffici, rispettivamente, del comune e della provincia, nonché dalle loro aziende ed enti dipendenti, tutte le notizie e le informazioni in loro possesso, utili all’espletamento del proprio mandato. Essi sono tenuti al segreto nei casi specificamente determinati dalla legge”.
Tale forma di diritto di accesso, finalizzata al controllo politico-amministrativo sull’ente, presenta confini più ampi del diritto di accesso riconosciuto al cittadino nei confronti del Comune di residenza (art. 10 TUEL) o, più in generale, nei confronti della P.A., disciplinato dalla legge n. 241/1990. Il diritto di accesso dei consiglieri, infatti, è strettamente funzionale all’esercizio delle loro funzioni, alla verifica e al controllo del comportamento degli organi istituzionali decisionali dell’ente locale ai fini della tutela degli interessi pubblici (piuttosto che di quelli privati e personali) e si configura come peculiare espressione del principio democratico dell’autonomia locale e della rappresentanza esponenziale della collettività (cfr. T.A.R. Basilicata – sez. I, 3 agosto 2017, n.564, richiamata anche da T.A.R. Sicilia – Catania n.926 del 4 maggio 2020).
Il diritto ad ottenere dall’ente tutte le informazioni utili all’espletamento del mandato non incontra alcuna limitazione derivante dalla loro eventuale natura riservata, fermo restando che esso deve avvenire in modo da comportare il minor aggravio possibile per gli uffici comunali e non deve sostanziarsi in richieste assolutamente generiche ovvero meramente emulative. Tuttavia la sussistenza di tali caratteri deve essere attentamente e approfonditamente vagliata in concreto dall’Ente, al fine di non introdurre surrettiziamente inammissibili limitazioni al diritto stesso (cfr. Cons. Stato – sez. V, 5 settembre 2014, n.4525; T.A.R. Toscana – sez. I, 28 gennaio 2019, n.133).
La recente giurisprudenza amministrativa è giunta alla conclusione che il diritto di accesso dei consiglieri comunali vada necessariamente correlato al progressivo e radicale processo di digitalizzazione dell’organizzazione e dell’attività amministrativa, risultante dal Codice dell’Amministrazione digitale (TAR Basilicata, sentenza n. 599/2019). I giudici amministrativi, hanno ribadito che tale disciplina, per quanto di rilievo, impone allo Stato, alle regioni e alle autonomie locali di assicurare “la disponibilità, la gestione, l’accesso, la trasmissione, la conservazione e la fruibilità dell’informazione in modalità digitale”, “utilizzando con le modalità più appropriate le tecnologie dell’informazione e della comunicazione” (cfr. art. 2, co. 1), e precisando che “i dati delle pubbliche amministrazioni sono formati, raccolti, conservati, resi disponibili e accessibili con l’uso delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione che ne consentano la fruizione e riutilizzazione, alle condizioni fissate dall’ordinamento, da parte delle altre pubbliche amministrazioni e dei privati”. Ne consegue che l’Amministrazione comunale abbia il dovere di dotarsi di una piattaforma integrata di gestione documentale, nell’ambito della quale è inserito anche il protocollo informatico. Corrispondentemente, il consigliere comunale ha il diritto di soddisfare le esigenze conoscitive connesse all’espletamento del suo mandato anche attraverso la modalità informatica, con accesso da remoto (cfr. T.A.R. Campania, Salerno, sez. II, 4 aprile 2019, n. 545; T.A.R. Sardegna, 4 aprile 2019, n. 317). In particolare, al fine di evitare ogni accesso indiscriminato alla totalità dei documenti protocollati, il TAR ha manifestato “l’avviso che l’accesso da remoto vada consentito in relazione ai soli dati di sintesi ricavabili dalla consultazione telematica del protocollo, non potendo essere esteso al contenuto della documentazione, la cui acquisizione rimane soggetta alle ordinarie regole in materia di accesso – tra le quali la necessità di richiesta specifica” (v. anche sent. del C.d.S. n.3486 dell’8.06.2018).
A tal riguardo, si ricorda che il TAR Friuli-Venezia Giulia, con sentenza 9 luglio 2020, n. 253, ha ritenuto legittimo il diniego opposto dall’Amministrazione alla richiesta avanzata da un consigliere comunale di accedere da remoto, mediante apposite credenziali e password, al sistema informatico (in particolare, al protocollo informatico e al sistema informatico contabile) del Comune, trattandosi di modalità che esorbita dai limiti funzionali di esercizio del diritto di accesso previsto dall’art. 43, comma 2, del TUEL. Secondo i giudici friulani, tale modalità di esercizio del diritto di accesso, oltre a consentire un accesso potenzialmente illimitato a tutti gli atti che, a vario titolo, transitano (sono transitati o transiteranno) per il sistema informatico comunale, pare, in ogni caso, travalicare il limite intrinseco della utilità per l’espletamento del mandato, che perimetra tale particolare forma di accesso che, pur estendendosi alle “notizie” e alle “informazioni” in possesso dell’ente, va, in concreto, esercitato in maniera necessariamente ragionevole e congrua al vincolo di funzionalità che lo connota, essendo mero strumento per svolgere in maniera consapevole, informata, adeguatamente preparata e, occorrendo, costruttivamente critica il ruolo di componente dell’organo consiliare. Molti atti che vengono “veicolati” attraverso il protocollo comunale, anche se resi disponibili in forma di mera sintesi, possono rendere immediatamente consultabili “dati”, anche personalissimi, che non possono considerarsi in alcun modo attratti nella sfera di necessaria conoscenza e/o conoscibilità che deve essere assicurata ai consiglieri comunali, sì da rendere, conseguentemente, ingiustificato il “trattamento” che in tal modo verrebbe effettuato, peraltro in assenza delle necessarie garanzie, essendo palese che il “segreto” cui sono tenuti i consiglieri comunali ai sensi dell’art. 43, comma 2, ult. periodo, TUEL nulla ha a che vedere con le garanzie che devono, per l’appunto, presidiare il trattamento dei dati personali. È quanto stabilito dal TAR Friuli-Venezia Giulia, con sentenza 9 luglio 2020, n. 253.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION