Richiesta di accesso dei consiglieri comunali alle posizioni contributive IMU e TARI

In materia di diritto d’accesso dei consiglieri comunali, ciò di cui viene a conoscenza il consigliere dovrà essere utilizzato solo per finalità pertinenti al mandato, rispettando il dovere del segreto secondo quanto previsto dalla legge e nel rispetto dei principi sulla privacy. È questa la risposta del Ministero dell’Interno ad una richiesta di parere in materia di accesso agli atti dei consiglieri comunali ai sensi dell’art. 43, comma 2, del TUEL. In particolare, è stato chiesto se sia ostensibile al consigliere comunale, che ha presentato istanza di accesso, l’elenco dei contribuenti, relativo alle posizioni contributive Imu e Tari, completo dei dati anagrafici e fiscali nonché della posizione contributiva di ciascun contribuente.

Il Ministero ricorda che il “diritto di accesso” ed il “diritto di informazione” dei consiglieri comunali nei confronti della P.A. trovano la loro disciplina specifica nell’art.43 del decreto legislativo n.267/00 che riconosce ai consiglieri comunali e provinciali il “diritto di ottenere dagli uffici, … del comune, nonché dalle … aziende ed enti dipendenti, tutte le notizie e le informazioni in loro possesso, utili all’espletamento del proprio mandato”. Dal contenuto della citata norma, si evince il riconoscimento in capo al consigliere comunale di un diritto dai confini più ampi sia del diritto di accesso ai documenti amministrativi attribuito al cittadino nei confronti del comune di residenza (art.10, T.U. Enti locali) sia, più in generale, nei confronti della P.A. quale disciplinato dalla legge n.241/90. Più recentemente, il T.A.R. Friuli Venezia Giulia-Trieste, Sez.I, con sentenza del 9 luglio 2020, n.253, pur riconoscendo il diritto del consigliere comunale di ottenere dagli uffici del comune tutte le notizie e le informazioni utili all’espletamento del proprio mandato, diritto ampiamente affermato dalla prevalente giurisprudenza amministrativa, ha ritenuto non assentibile “la pretesa dell’interessato, non assistita da alcun corrispondente obbligo di legge gravante sull’ente civico, di esercitare il diritto in questione nella modalità a lui più gradita”, precisando che non si possono “invadere spazi intangibili di discrezionalità, né, tanto meno, sostituirsi all’Amministrazione in valutazioni di carattere organizzativo/funzionale che solo ad essa competono e che fuoriescono dal perimetro proprio della speciale forma di accesso spettante ai consiglieri comunali ex art.43 del d.lgs. n.267/2000″.

Il diritto del consigliere comunale all’accesso agli atti dell’ente locale ex art. 43, c.2, D.Lgs. n.267 del 2000 non è, dunque, incondizionato” (Cons. Stato, Sez.V, 11 marzo 2021, n.2089)”. Trattasi di un diritto soggettivo pubblico funzionale alla cura di un interesse pubblico connesso al mandato derivante dal risultato elettorale. È, tuttavia, ovvio che i dati e le informazioni di cui viene a conoscenza il consigliere comunale devono essere utilizzati solo per le finalità realmente pertinenti al mandato, rispettando il dovere del segreto secondo quanto previsto dalla legge e nel rispetto dei principi in materia di privacy. Il rapporto sinergico fra il diritto di accesso ed il diritto alla privacy rappresenta due interessi e diritti di primario e pari rango che, in quanto tali, sono meritevoli di tutela da parte dell’ordinamento giuridico. Quindi, non è sufficiente rivestire la carica di consigliere comunale per avere diritto all’accesso, ma è necessario, come prescritto dall’art.43 TUOEL, che la domanda muova da una effettiva esigenza del consigliere affinché tutte le informazioni e le notizie acquisite siano utili all’espletamento del proprio mandato. Pertanto, l’esercizio del diritto di accesso è finalizzato, certamente all’espletamento del mandato, costituendone il presupposto che lo legittima ma è anche, al tempo stesso, un suo limite, in quanto è funzionale esclusivamente allo svolgimento della missione del consigliere comunale (Cons. Stato, sez.V, sentenza 26 settembre 2000, n.5109).

 

La redazione PERK SOLUTION

Le dimissioni dalla carica di consigliere comunale non possono essere presentate tramite PEC

In conformità al disposto di cui all’art. 38, comma 8, del decreto legislativo 18 agosto 2000 n. 267, la presentazione delle dimissioni del consigliere comunale tramite PEC non equivale a presentazione personale, né ad inoltro mediante persona delegata, mancando in tal caso l’autenticazione della firma sia dell’atto di dimissioni sia dell’atto di delega. Pertanto, le dimissioni dalla carica di consigliere comunale non possono essere presentate a mezzo raccomandata ovvero con posta elettronica certificata. È quanto evidenziato dal Ministero dell’Interno con parere del 12 agosto 2022.

Il legislatore ha previsto dei requisiti formali particolarmente stringenti per la presentazione delle dimissioni dei consiglieri comunali, al fine di garantirne certezza e veridicità, in considerazione delle potenziali rilevanti conseguenze delle stesse. Il particolare, l’art. 38, comma 8 TUEL dispone che le dimissioni, indirizzate al rispettivo consiglio, devono essere presentate personalmente ed assunte immediatamente al protocollo dell’ente nell’ordine temporale di presentazione. Le dimissioni non presentate personalmente devono essere autenticate ed inoltrate al protocollo per il tramite di persona delegata con atto autenticato in data non anteriore a cinque giorni. Esse sono irrevocabili, non necessitano di presa d’atto e sono immediatamente efficaci. Ne consegue che la rassegnazione delle dimissioni – atto irrevocabile, non recettizio ed immediatamente efficace – si configuri come atto giuridico in senso stretto, i cui effetti giuridici non dipendono dalla volontà dell’agente, ma sono disposti dall’ordinamento.

La trasmissione del documento informatico per via telematica, effettuata mediante la posta elettronica certificata, equivale, salvo che la legge disponga diversamente, alla notificazione per mezzo della posta; tale modalità di trasmissione non è idonea a soddisfare quanto richiesto dall’art. 38, comma 8. L’inosservanza, quindi, delle formalità prescritte dalla legge rende prive di efficacia le dimissioni e, conseguentemente, inidonee a produrre effetti, sia sotto il profilo dello scioglimento, sia sotto quello di una eventuale surrogazione dei consiglieri dimissionari.

 

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Incompatibilità per i consiglieri comunali che si trovano ad avere parte in appalti nell’interesse dell’ente

L’art. 63 comma 1 n. 2 del TUEL, dispone una causa di incompatibilità per i consiglieri comunali che si trovano ad aver parte direttamente ed indirettamente in appalti nell’interesse del comune. E’ rilevante l’affidamento della gestione dei servizi socio – assistenziali del comune ad una fondazione nel cui consiglio di amministrazione il consigliere comunale riveste il ruolo di presidente. È quanto evidenziato dal Ministero dell’Interno in risposta  in merito alla possibile sussistenza di una causa di incompatibilità ai sensi dell’art.63 commi 1 e 2 in capo ad un consigliere comunale.

Nel caso di specie il Comune ha affidato ad una fondazione, che gestisce sul territorio comunale una struttura di accoglienza per anziani – nel cui consiglio di amministrazione il consigliere riveste la carica di presidente – il servizio di assistenza domiciliare comunale per la durata di un anno, servizio che in precedenza veniva svolto da una dipendente cessata perché collocata a riposo. Il Ministero ricorda che l’art.63 disciplina le cc.dd. incompatibilità d’interessi, le quali hanno la finalità di impedire che possano concorrere all’esercizio delle funzioni dei consigli comunali soggetti portatori di interessi confliggenti con quelli del comune o i quali si trovino comunque in condizioni che ne possano compromettere l’imparzialità.

L’affidamento presuppone la stipula di un contratto e, come precisato dalla giurisprudenza amministrativa, in materia di affidamento di appalti pubblici, (cfr. Tar Basilicata n.194 del 20.03.2018) all’esito dell’espletamento della gara, dopo la stipula del contratto tra il Comune e l’aggiudicatario, sorge per l’appaltatore/consigliere comunale l’incompatibilità di cui all’art.63 comma 1 n.2. Inoltre, l’assenza di finalità di lucro dell’attività svolta dalla fondazione non è sufficiente ad escludere la sussistenza dell’ipotesi di incompatibilità. Il comma 2 dell’art.63 ha, infatti, escluso l’applicazione della suddetta ipotesi solo per coloro che hanno parte in cooperative sociali, iscritte in pubblici registri dal momento che solo tali forme organizzative offrono adeguate garanzie per evitare il pericolo di deviazioni nell’esercizio del mandato da parte degli eletti ed il conflitto di interessi, anche solo potenziale, che la medesima persona sarebbe chiamata a dirimere se dovesse scegliere tra l’interesse che deve tutelare in quanto amministratore dell’ente che gestisce il servizio e quello che deve tutelare in quanto consigliere del comune che di quel servizio fruisce. In ogni caso,  la valutazione in ordine alla eventuale sussistenza di ipotesi di incompatibilità è rimessa al consiglio comunale. Infatti, in conformità al generale principio per cui ogni organo collegiale è competente a deliberare sulla regolarità dei titoli di appartenenza dei propri componenti, la verifica delle cause ostative all’espletamento del mandato è compiuta con la procedura prevista dall’art.69 del decreto legislativo n.267 del 2000, che garantisce il contraddittorio tra organo ed amministratore, assicurando a quest’ultimo l’esercizio del diritto di difesa e la possibilità di rimuovere entro un congruo termine la causa di incompatibilità contestata (cfr. Corte di Cassazione, Sezione I, sentenza 10 luglio 2004, n.12809; Id., sentenza 12 novembre 1999, n.12529).

 

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Causa di incompatibilità in capo ad un consigliere/assessore comunale destinatario di una ingiunzione di pagamento

Sussiste la causa di incompatibilità prevista dall’art. 63, comma 1, n. 6) in capo ad un consigliere – assessore comunale destinatario di una ingiunzione di pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria ex art. 31 comma 4 bis del D.P.R. n. 380 del 2001. È quanto evidenziato dal Ministero dell’Interno in merito alla contestabilità di una causa di incompatibilità ex art.63, comma 1, n. 6) TUEL in capo ad un consigliere assessore comunale destinatario di una ingiunzione di pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria ex art.31 comma 4-bis del dpr 380/2001 (abuso edilizio).

Secondo i tecnici del Ministero, la predetta causa di incompatibilità è inquadrabile nella categoria delle cosiddette “incompatibilità di interessi”; la ratio di tale previsione è quella di garantire il corretto adempimento del mandato ed impedire che concorrano, all’esercizio della relativa funzione, soggetti portatori di interessi confliggenti con quelli del comune o che si trovino in condizioni che ne possano compromettere l’imparzialità. L’articolo 63, comma 1, n. 6), del D.lgs. n. 267/2000 contempla due distinte ipotesi, la prima prevede che non può ricoprire la carica di sindaco, presidente della provincia, consigliere comunale, consigliere metropolitano, provinciale o circoscrizionale “colui che, avendo un debito liquido ed esigibile, rispettivamente, verso il comune o la provincia ovvero verso istituto od azienda da essi dipendenti è stato legalmente messo in mora”, deve quindi trattarsi di un debito verso il comune con le seguenti caratteristiche: determinato nel suo ammontare, il debitore è esattamente individuato,  è maturato il termine per il suo pagamento ovvero lo stesso non è sottoposto a termine né a condizione. La seconda parte della disposizione citata, contempla l’incompatibilità in caso di “colui che avendo … un debito liquido ed esigibile per imposte, tasse e tributi nei riguardi di detti enti,  abbia ricevuto invano notificazione dell’avviso di cui all’articolo 46 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602”.

Nel caso di specie, è emerso che che il responsabile del servizio tecnico comunale aveva ordinato al consigliere comunale, responsabile dell’abuso edilizio e occupante l’immobile, di provvedere a sua cura e spese alla demolizione delle opere abusive ed al ripristino dello stato dei luoghi entro XXX giorni dalla notifica. Successivamente, l’ufficio tecnico, accertava l’inottemperanza dell’ordinanza di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi, nonché la mancata impugnazione della stessa, disponendo, nei confronti del predetto consigliere comunale, la sanzione amministrativa pecuniaria (ai sensi dell’articolo 31 comma 4 bis del D.P.R. 380/2001) ingiungendo al consigliere interessato il pagamento di tale somma entro XXX giorni dalla notifica con l’avvertimento che non ottemperando al pagamento della sanzione entro il termine assegnato si procederà alla riscossione coattiva e alla immediata iscrizione a ruolo della predetta somma.

Per il Ministero, l’ingiunzione di pagamento, al pari della cartella di pagamento, è idonea a far sorgere la causa di incompatibilità. Infatti, l’ingiunzione contiene un accertamento definitivo del debito e l’intimazione al pagamento con l’espresso avvertimento che, in mancanza, si procederà al recupero coatto delle somme dovute. Si configura, dunque, nel caso in specie, un debito provvisto dei caratteri della certezza, della liquidità e della esigibilità, come indicato dall’articolo 63 comma 1 n. 6 del TUEL ai fini della integrazione dell’ipotesi di incompatibilità.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Incompatibilità del Consigliere comunale quando vi è un giudizio pendente con il Comune

Il Ministero dell’interno, chiamato ad esprimere il proprio orientamento in merito alla contestabilità della causa di incompatibilità, di cui all’articolo 63 comma 1 n. 4 del TUEL, a causa di un contenzioso tra un consigliere e un Comune in relazione a sanzioni amministrative comminate ai sensi del regolamento comunale sulla pubblicità, ha ribadito che sussiste la causa di incompatibilità prevista dall’art. 63, quando vi è un giudizio pendente tra il comune e un consigliere comunale. Le cause di incompatibilità di cui alla norma citata, ascrivibili al novero delle c.d. incompatibilità d’interessi, hanno la finalità di impedire che possano concorrere all’esercizio delle funzioni dei consigli comunali soggetti portatori di interessi confliggenti con quelli dell’ente locale o i quali si trovino comunque in condizioni che ne possano compromettere l’imparzialità. Deve trattarsi, dunque, di una effettiva controversia giudiziaria e non di una lite potenziale o di un contrasto potenziale, o reale, di interessi. La “lite” deve riflettere uno scontro di interessi tra le parti che devono risultare contrapposte.
Pertanto, in pendenza di giudizio tra Consigliere e Comune, in relazione a sanzioni amministrative comminate ai sensi del regolamento comunale sulla pubblicità, sussiste, nei confronti dell’amministratore, la causa di incompatibilità di cui all’art. 63 comma 1 n. 4 TUEL. Spetta al consiglio comunale la verifica della sussistenza di cause ostative all’espletamento del mandato elettivo, secondo la procedura di cui all’art. 69 TUEL, che garantisca il contraddittorio tra organo ed amministratore interessato, assicurando a quest’ultimo l’esercizio del diritto di difesa e la possibilità di rimuovere entro un congruo termine la causa ostativa contestata.
Non è possibile, inoltre, sospendere il procedimento di verifica eventualmente già avviato in attesa dell’esito del contenzioso, né decidere con una convalida con riserva perché ciò vanificherebbe la ratio dell’art. 41 TUEL che richiederebbe invece la verifica della legittima costituzione dell’organo consiliare come primo adempimento.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Ministero Interno, chiarimenti su incompatibilità del consigliere comunale

Sussiste la causa di incompatibilità prevista dall’art. 63, comma 1, n. 2), nel caso di un consigliere comunale neo eletto, ex dipendente dell’ente in quiescenza, il quale risulta assegnatario dell’alloggio riservato al custode di un centro sportivo comunale quale contropartita contrattuale a prestazioni lavorative in favore del comune stesso. È quanto rappresentato dal Ministero dell’Interno in risposta ad un quesito di un Comune in ordine alla eventuale sussistenza di una causa di incompatibilità, ai sensi dell’art. 63, comma 1, n. 2), del d. lgs. 18 agosto 2000, n. 267.
Nel caso rappresentato è emerso che tra il predetto amministratore e l’ente locale è stato sottoscritto un regolare contratto individuale, rinnovabile, approvato con deliberazione di giunta, per lo svolgimento delle attività di custodia e manutenzione del centro sportivo comunale. Il consigliere neo eletto è di fatto titolare dell’affidamento del servizio di custodia e manutenzione di una infrastruttura sportiva, avendone come contropartita la fruizione di un alloggio comunale. Ciò è stato ritenuto ammissibile sulla base di una specifica regolamentazione datasi dall’ente locale sui servizi inerenti la gestione degli immobili comunali. Nella vicenda appare evidente l’interesse personale del consigliere neo eletto all’esercizio del predetto servizio con il conseguente, potenziale conflitto con l’interesse pubblico cui egli è tenuto a tutelare e a perseguire nell’espletamento del mandato di consigliere comunale. Il Ministero ritiene che nel caso in parola possa configurarsi l’ipotesi di incompatibilità prevista nel predetto art. 63 TUEL.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Consigliere dimissionario, la delibera di surroga è un atto dovuto

La delibera di surroga è un atto dovuto, non discrezionale, quindi obbligatorio e la sua eventuale mancata adozione costituisce una violazione di legge con le conseguenze previste dal vigente ordinamento degli enti locali. È questa la risposta del Ministero dell’Interno ad una richiesta di parere in merito alla procedura corretta per la sostituzione di un consigliere comunale dimissionario.
Riguardo alla necessità dell’adozione della deliberazione di surroga ed alle conseguenze in caso di mancata approvazione della stessa, il Ministero, con parere del 12 marzo 2018, ha osservato quanto segue: “[…] la deliberazione di surroga, secondo un costante orientamento giurisprudenziale, non può essere considerata atto saltuario, eventuale, ma necessario e dovuto. L’obbligatorietà dell’atto e la sua natura vincolata (quanto alla determinazione del contenuto) lo sottrae a qualsiasi relazione con la discrezionalità amministrativa e con l’indirizzo politico della maggioranza espressa dall’assemblea consiliare (vedi T.A.R. Abruzzo, 30 luglio 2005, n. 667). Conseguentemente, l’ipotesi di votazione contraria alla deliberazione di surroga da parte dell’organo consiliare potrebbe verificarsi unicamente in presenza di una causa di ineleggibilità o di incompatibilità, da contestare al surrogante con le modalità previste dalla legge.”.
Sullo stesso argomento è recentemente intervenuto il Consiglio di Stato che con la sentenza n. 2273 del 17 marzo 2021, ha precisato che “…la surroga del consigliere dimissionario,…costituisce un atto dovuto – v., sul punto, Cons. St., sez. III, 12 giugno 2020, n. 3736 – e, in quanto tale, non può essere impedita o venire a mancare per effetto di manovre dilatorie ed ostruzionistiche in seno al Consiglio comunale che paralizzino il regolare svolgimento della vita democratica dell’ente locale  e il funzionamento dei suoi organi elettivi….”.

 

 

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Consiglieri comunali, causa incompatibilità conseguente a sentenza passata in giudicato della Corte dei Conti

Sussiste la causa di incompatibilità ex art. 63, comma 1, n. 5 TUEL nei confronti di consigliere comunale condannato con sentenza della Corte dei Conti passata in giudicato, anche in caso di ricorso ex articolo 211 d.lgs. 174/2016 innanzi allo stesso giudice contabile o di istanza per la rateizzazione del debito. Con il parere dell’11 giugno scorso il Ministero dell’Interno evidenzia che la disposizione di cui all’art. 63, comma 1 (ai sensi del quale non può ricoprire la carica di sindaco, di presidente della provincia, di consigliere comunale, consigliere metropolitano, provinciale o circoscrizionale “colui che, per fatti compiuti allorché era amministratore o impiegato, rispettivamente del comune o della provincia ovvero verso istituto od azienda da essi dipendente o vigilato, è stato, con sentenza passata in giudicato, dichiarato responsabile verso l’ente, istituto o azienda e non ha ancora estinto il debito), definisce una causa di incompatibilità la cui ratio, come chiarito dalla giurisprudenza, “risiede nell’esigenza che il consigliere dell’ente territoriale eserciti sempre le funzioni pubbliche in modo trasparente ed imparziale, senza prestare il fianco al sospetto che la sua condotta possa essere, in qualche modo, orientata dall’intento di tutelare il suo interesse contrapposto a quello dell’ente che è stato chiamato ad amministrare”. (Corte di Cassazione, sez. I, sentenza del 4 maggio 2002, n.6426).
L’incompatibilità di cui all’art. 63, comma 1, n.5, sussiste per tutto il tempo in cui sia astrattamente possibile (ma non sia stato ancora proposto) il ricorso di conto ex art. 211 d.lgs. 174/2016, oppure nell’ipotesi di presentazione di istanza di rateizzazione del debito. A questo riguardo, nel caso in cui il predetto amministratore dovesse presentare istanza di rateizzazione della somma dovuta, il costante indirizzo del Ministero conferma che continua a persistere la predetta causa di incompatibilità, in quanto la rateizzazione è soltanto una modalità di pagamento e, quindi, di estinzione del debito che così continua a permanere fino a quando non risulti versata l’ultima rata.

 

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Consigliere comunale, causa di incompatibilità per contenzioso con una società partecipata

Non sussiste la causa di incompatibilità di cui all’articolo 63, comma 1, n. 4, d. lgs. n. 267/2000 per lite pendente nel caso in cui la lite è pendente tra l’amministratore, il quale ricopre il ruolo di presidente della Commissione consiliare di controllo e garanzia, e la società controllata dal comune. Inoltre, poiché il fatto generatore della controversia è riconducibile all’esercizio delle funzioni di controllo esercitata dall’amministratore, è applicabile l’esimente di cui al comma 3 dell’art. 63 d.lgs. n. 267/2000. Per quanto attiene il dovere di astensione previsto dall’articolo 78, comma 2, TUOEL, esso sussiste in tutti i casi in cui i soggetti tenuti alla sua osservanza sono portatori di interessi personali che possono trovarsi in posizione di conflittualità rispetto a quello, generale dell’organo di cui fa parte. È la risposta fornita dal Ministero dell’Interno ad una richiesta di parere concernente l’applicazione del dovere di astensione di cui all’art. 78, comma 2, d. lgs. 267/2000 (T.U.O.E.L.) con riferimento ad un consigliere comunale nei confronti del quale pende una lite instaurata da una società controllata dal comune stesso. Nella richiesta di parere viene evidenziato che il predetto amministratore, il quale ricopre il ruolo di presidente della Commissione consiliare di controllo e garanzia, è stato citato in giudizio dalla menzionata società controllata per presunti danni derivanti da dichiarazioni rese alla stampa nell’esercizio delle proprie funzioni, così da prefigurare una situazione di conflitto di interessi in capo all’interessato rispetto all’assolvimento dello specifico mandato consiliare di cui lo stesso è titolare.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION