Riunioni di giunta comunale da remoto. Fase post pandemica. Numero legale dei componenti

La norma statutaria che consentirebbe lo svolgimento delle riunioni della giunta in modalità mista, anche dopo il superamento della fase emergenziale (disciplinata dall’art.73, c.1, del d.l. n.18/2020), potrà trovare applicazione solo nel momento dell’eventuale esplicita previsione legislativa. È la risposta fornita dal Ministero dell’interno ad una richiesta di parere in merito alla modifica di una norma statutaria attualmente in esame dal Comune istante, che preveda il quorum strutturale della metà più uno dei componenti, al fine della validità delle sedute di giunta, che possa essere garantito anche mediante la partecipazione da remoto di uno o più assessori, anche al termine della situazione emergenziale.
Il Ministero ricorda che ai sensi dell’art. 73, comma 1 del DL 18/2020 i consigli dei comuni, delle province e delle città metropolitane e le giunte comunali, che non abbiano regolamentato modalità di svolgimento delle sedute in videoconferenza, possono riunirsi, fino alla cessazione dello stato di emergenza (attualmente previsto fino al 31 luglio 2021 dall’art. 11 del DL 52/2021), secondo tali modalità, nel rispetto di criteri di trasparenza e tracciabilità previamente fissati dal presidente del consiglio, ove previsto, o dal sindaco, purché siano individuati sistemi che consentano di identificare con certezza i partecipanti, sia assicurata la regolarità dello svolgimento delle sedute e vengano garantiti lo svolgimento delle funzioni di cui all’articolo 97 del TUEL, nonché adeguata pubblicità delle sedute, ove previsto, secondo le modalità individuate da ciascun ente”. La norma lascia la “facoltà” (e, dunque, non l’obbligo) agli enti locali – sulla base dell’inciso “possono riunirsi secondo tali modalità” – di scegliere per le sedute degli organi collegiali il sistema di videoconferenza in luogo della presenza fisica ed è finalizzata a garantire la funzionalità degli organi medesimi – e per analogia anche degli organismi interni ai consigli, quali le commissioni e le conferenze dei capigruppo, garantendo, al contempo, che le riunioni si tengano in condizioni di sicurezza. L’art.73, quale norma emergenziale, consentendo, dunque, le riunioni degli organi collegiali da remoto anche nei riguardi degli enti “che non abbiano regolamentato modalità di svolgimento delle sedute in videoconferenza” affida al sindaco (che presiede la giunta) l’individuazione dei relativi strumenti in urgenza, ma non potrebbe essere intesa quale interpretazione autentica delle disposizioni del TUEL nel senso che tale previsione possa operare in via ordinaria. L’inciso in parola legittima, invece, nella fase pandemica, l’applicazione degli eventuali regolamenti che fossero già stati adottati dalle amministrazioni comunali, ma non sembra consentirne l’applicazione anche nella fase post pandemica, ossia dopo la cessazione dello stato di emergenza deliberato dal Consiglio dei Ministri o, comunque, oltre i limiti temporali previsti dalle norme di legge. Pertanto, la norma statutaria che consentirebbe lo svolgimento delle riunioni della giunta in modalità mista anche dopo il superamento della fase emergenziale, potrà trovare applicazione solo nel momento della eventuale esplicita previsione da parte della legge.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

 

Convocazione comizi elettorali, gli atti urgenti e improrogabili dei consigli comunali

Il Consiglio dei Ministri, nella seduta del 14 luglio, ha convenuto sulle date del 20 e 21 settembre 2020 per l’indizione del referendum popolare confermativo relativo all’approvazione del testo della legge costituzionale recante “Modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari” nonché per lo svolgimento delle elezioni suppletive nei collegi uninominali 03 della Regione Sardegna e 09 della Regione Veneto del Senato della Repubblica. La data delle consultazioni è stata individuata in modo da far coincidere la data del referendum confermativo e quella delle elezioni suppletive, in conformità a quanto disposto dall’articolo 1-bis del decreto-legge 20 aprile 2020, n. 26, secondo cui per le consultazioni elettorali resta fermo il principio di concentrazione delle scadenze elettorali.
Con D.M. del 15 luglio 2020 sono state fissate, per domenica 20 e lunedì 21 settembre, le prossime elezioni amministrative.
Come noto, ai sensi dell’art. 38, comma 5 del TUEL, i consigli comunali durano in carica per un periodo di cinque anni sino all’elezione dei nuovi, limitandosi, dopo la pubblicazione del decreto di indizione dei comizi elettorali, ad adottare gli atti urgenti e improrogabili. La disposizione è specifica per i consigli comunale e non sembra applicabile per analogia alle giunte ed ai sindaci (T.A.R. Calabria n.1558 del 29/08/2018).
La ratio della norma è quella di prevenire ogni interferenza dell’orga­no in carica con il libero svolgimento della competizione elettorale” giacché “la scelta degli elettori potrebbe invero restare condizionata da scelte di particolare rilievo politico nell’imminenza delle votazioni, che in alcuni casi potrebbero per di più provenire da soggetti che a loro volta rivestano la qualità di candidati al rinnovo dell’organo” (Consiglio di Stato, I Sez., 2955/2003).
In base al principio di continuità dell’ordinamento che ha ispirato il legislatore, per “elezione” debba intendersi il momento della proclamazione degli eletti e non la data di svolgimento delle consultazioni medesime” (Ministero dell’Interno-Dipartimento per gli Affari interni e Territoriali, parere 16 marzo 2005).
Il divieto previsto dall’art. 38, comma 5, opera solamente con riguardo a quelle fattispecie in cui il consiglio comunale è chiamato ad operare in pieno esercizio di discrezionalità e senza interferenze con i diritti fondamentali dell’individuo riconosciuti e protetti dalla fonte normativa superiore. Quando invece l’organo consiliare è chiamato a pronunciarsi su questioni vincolate nell’an, nel quando e nel quomodo e che, inoltre, coinvolgano diritti primari dell’individuo, l’esercizio del potere non può essere rinviato (TAR Puglia n. 382/2004).
La disposizione si propone, da un lato, di scongiurare la captatio benevolentiae che potrebbe orientare la condotta dei componenti dell’organo elettivo nell’imminenza delle operazioni di rinnovo del medesimo e mira, dall’altro lato, a riservare alla nuova assemblea, espressione attuale della volontà popolare, le scelte e le decisioni riguardanti i futuri assetti dell’ente; sicché in questo periodo di transizione l’organo consiliare può approvare solo gli atti essenziali ed indifferibili, imposti dalla necessaria continuità dell’azione amministrativa, e cioè gli atti in relazione ai quali è previsto un termine perentorio e decadenziale, o in relazione ai quali emerge una scadenza decorsa la quale essi divengono inutili o scarsamente utili rispetto alla funzione per cui devono essere formati, o in relazione ai quali si impone comunque la necessità di evitare inerzie, fonte di conseguenze significativamente pregiudizievoli per l’interesse pubblico perseguito” (T.A.R. Emilia Romagna, sentenza n. 314 del 21 marzo 2014).
Con riferimento al presupposto della urgenza ed improrogabilità, è stato osservato che lo stesso costituisce apprezzamento di merito insindacabile in sede di giurisdizione di legittimità, se non sotto il limitato profilo della inesistenza del necessario apparato motivazionale, ovvero della palese irrazionalità od illogicità della motivazione addotta (sentenza Tar Friuli Venezia Giulia n. 585 del   2006, confermata in appello dal Consiglio di Stato con la sentenza n. 6543/2008).
Inoltre, è stato precisato che il carattere di atti urgenti e improrogabili possa essere riconosciuto agli atti “… per i quali è previsto un termine perentorio e decadenziale, superato il quale viene meno il potere di emetterli, ovvero essi divengono inutili, cioè inidonei a realizzare la funzione per la quale devono essere formati … o hanno un’utilità di gran lunga inferiore” (T.A.R. Veneto 1118 del 2012).
Come indicato nella Circolare del Ministero dell’Interno n. 2 del 7 dicembre 2006, l’esistenza dei presupposti di urgenza ed improrogabilità deve essere valutata caso per caso dallo stesso consiglio comunale che ne assume la relativa responsabilità politica, tenendo presente il criterio interpretativo di fondo che pone, quali elementi costitutivi della fattispecie, scadenze fissate improrogabilmente dalla legge e/o il rilevante danno per l’amministrazione comunale che deriverebbe da un ritardo nel provvedere.
Oltre all’approvazione dei documenti contabili (bilancio di previsione e rendiconto di gestione), si ritiene che tra gli atti urgenti e improrogabili vi possano rientrare:

  • la ratifica delle variazioni di bilancio;
  • la nomina di rappresentanti del Comune, imposti da termini perentori, presso enti, istituzioni od aziende;
  • il riconoscimento di debiti fuori bilancio;
  • l’approvazione del regolamento urbanistico;
  • la contrazione di mutui per la cui deliberazione sia stabilito un termine entro i 45 giorni;
  • le variazioni del programma delle opere pubbliche quale presupposto per l’approvazione di progetti urgenti (es. per scadenza finanziamenti, etc.);
  • l’adozione di atti obbligatori i cui termini siano in scadenza o già scaduti o sui quali pende una diffida a provvedere;
  • ogni altro provvedimento di competenza del consiglio comunale, che con decisione motivata dello stesso consiglio ritenga urgente e non prorogabile oltre la data di proclamazione del consiglio.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION