Un dirigente può avere più incarichi se mancano altre professionalità, ma servono cautele

Con atto del Presidente del 16 ottobre 2024, l’ANAC afferma che afferma che è ammissibile il conferimento di più incarichi dirigenziali da parte di uno stesso ente pubblico, fermo restando che vanno seguite alcune cautele. Non vi in assoluto l’impossibilità di assegnare più incarichi a uno stesso dirigente, alla luce delle competenze e professionalità necessarie. Va però valutato se questa situazione lo ponga nella condizione di svolgere contemporaneamente le funzioni di “controllore” e “controllato”, con la conseguenza di doversi astenere da talune attività e così compromettere il buon andamento amministrativo: è opportuno dunque assegnare i ruoli in capo a soggetti diversi, a meno che non manchino risorse umane adeguate e vengano attuate specifiche misure preventive.

Per il conferimento di più di un incarico occorre “una ponderata valutazione sotto il profilo della sua opportunità”, al di là dei casi in cui questo non sia espressamente vietato, come lo è ad esempio negli enti locali per i membri degli organi di revisione. Spetta quindi “all’amministrazione la verifica in ordine alla sussistenza delle relative condizioni nonché l’individuazione delle misure preventive ritenute più efficaci”.

Qualora l’amministrazione non disponga di risorse adeguate a tal fine in termini di competenze e professionalità, la stessa sarà tenuta ad adottare misure di prevenzione alternative idonee a garantire l’imparzialità dell’azione amministrativa, come, a titolo di esempio: la condivisione delle attività svolte dal dirigente con altro personale; una rendicontazione periodica sulle attività indirizzata all’organo sovraordinato e supportata da elementi oggettivi; un monitoraggio sistematico sulle misure di prevenzione programmate in riferimento ai processi di competenza delle unità organizzative in cui opera il soggetto interessato.

 

La redazione PERK SOLUTION

Corte dei Conti: conferimento a titolo oneroso di incarichi e cariche in favore di soggetti già collocati in quiescenza

La Corte dei conti, Sez. Lazio, con deliberazione n. 80/2024/PAR, nel fornire riscontro ad una richiesta di parere – in merito alla possibilità di conferire un incarico retribuito al Responsabile finanziario del servizio tributi dell’Ente, in quiescenza dal 1 novembre 2023, di assistenza, di supporto, di affiancamento e di formazione operativa per il personale dell’ufficio – ha ribadito che il conferimento a titolo oneroso di incarichi e cariche in favore di soggetti già collocati in quiescenza, per essere legittimo necessita di una effettiva (e non elusiva) esclusione dal campo di applicazione del divieto previsto dall’art. 5, comma 9, del decreto-legge n. 95/2012. evidenziando anche che il Legislatore ha gradualmente introdotto una serie sempre più estesa di eccezioni al suddetto divieto, con deroghe espresse all’art. 5, comma 9, del d.l. n. 95/2012 (si fa riferimento all’art. 2–bis, comma 5, del d.l. 17 marzo 2020, n. 18; all’art. 3-bis del d.l. 14 gennaio 2021, n. 2; all’art. 10 del d.l. 30 aprile 2022, n. 36; all’art. 11, comma 3, del d.l. 10 agosto 2023, n. 105).

La tassatività delle fattispecie vietate dal Legislatore, dunque, fa sì che le attività consentite, per gli incarichi si ricavino a contrario.
Si tratta, quindi, di verificare se gli incarichi da conferire, ai sensi dell’articolo 5 comma 9, del D.L. n. 95/2012, siano non solo astrattamente non ricompresi nel divieto normativo, in quanto non rientranti nell’elencazione tassativa della norma, ma comportino o meno lo svolgimento, in concreto, di funzioni riconducibili agli incarichi normativamente vietati. Anche che gli incarichi da conferire non devono configurarsi in contrasto con altre disposizioni limitative, come quella recata dal comma 6 dell’art. 7 del testo unico del pubblico impiego, correttamente richiamata dal Sindaco nella richiesta di parere.

Nelle pronunzie più recenti la Corte dei conti ha circoscritto il divieto agli incarichi di studio e di consulenza (oltre che direttivi e dirigenziali) ritenendo lo stesso divieto non possa estendersi ad “attività di mera condivisione” quali la “formazione operativa e il primo affiancamento del personale neo assunto” (Sezione reg. contr. Liguria n. 66/2023) o ad “attività di mera assistenza” quali “attività caratterizzata, in negativo, dalla mancanza di competenze specialistiche che non rientri nelle ipotesi di contratto d’opera intellettuale del 2229 cc. (Sezione reg. contr. Lazio n. 88/2023).

 

La redazione PERK SOLUTION

Corte dei conti. I Presupposti di legittimità per il conferimento di incarichi

Con la delibera n. 241/2021 la Sezione regionale di controllo per l’Emilia Romagna ha approvato le “Linee guida riguardanti incarichi di collaborazione, consulenza, studio e ricerca, ai fini dell’adempimento di cui all’art. 1, comma 173 della l. n. 266/2005”.
L’art. 7, comma 6, del d.lgs. n. 165/2001, come invero i commi 5-bis, 6-bis, 6-ter e 6-quater, costituisce la norma fondamentale cui riferirsi per la verifica, da parte dell’ente pubblico che intende affidare incarichi esterni e consulenze, della sussistenza dei presupposti necessari.
L’utilizzo della facoltà di ricorso all’esterno di incarichi professionali è pertanto soggetta a condizioni rigorose che devono trovare nella motivazione dei singoli provvedimenti l’indicazione dell’esigenza da soddisfare e l’esplicitazione delle risultanze dell’istruttoria, dalle quali emerga come la specifica esigenza non possa essere soddisfatta con il personale in servizio. Più specificamente l’Amministrazione pubblica può procedere al conferimento dell’incarico solo quando si riscontrino i seguenti presupposti di legittimità:
a) Straordinarietà e eccezionalità delle esigenze da soddisfare, nel caso in cui tale esigenza si caratterizzi per il fatto di esulare dalle comuni conoscenze dell’ufficio e l’ente non disponga di profili professionali adeguati, in quanto oggettivamente assenti ovvero non sufficientemente qualificati, rispetto alle eccezionali esigenze da soddisfare;
b) oggetto della prestazione, che deve corrispondere alle competenze attribuite dall’ordinamento all’amministrazione conferente, ad obiettivi e progetti specifici e determinati e deve risultare coerente con le esigenze di funzionalità dell’amministrazione stessa;
c) accertata impossibilità oggettiva di poter utilizzare le risorse umane disponibili al proprio interno, laddove l’ente è tenuto a dimostrare con una congrua ed esaustiva motivazione, anche con richiami di atti e determinazioni approvate dall’ente, l’effettiva impossibilità di utilizzo del personale dipendente;
d) temporaneità e alta qualificazione, la prestazione deve essere di natura temporanea (l’incarico deve essere a tempo determinato) e altamente qualificata (esperti di particolare e comprovata specializzazione anche universitaria); in altri termini è possibile ricorrere agli incarichi esterni esclusivamente per ottenere prestazioni altamente qualificate;
e) la predeterminazione preventiva di durata, oggetto e compenso della collaborazione, il rapporto instaurato non è di tipo subordinato; nei contratti non si deve più indicare il luogo di svolgimento della prestazione. Non può essere demandato ad un successivo provvedimento, la determinazione del compenso posto che altrimenti ciò determinerebbe un’assoluta incertezza sulla spesa. È considerato illegittimo, infatti, un incarico in cui sia carente il dato circa il compenso con un rinvio in bianco ad un futuro atto di liquidazione;
f) procedura comparativa per la scelta del collaboratore, la P.A. deve procedere con un avviso pubblico obbligandosi a valutare, semmai, anche solo esclusivamente i curricula pervenuti. Selezionato il contraente, il conferimento dell’incarico dovrà avvenire con forma scritta.

Le linee guida si soffermano anche sugli obblighi di invio alla Corte dei conti degli atti di spesa, di importo superiore a 5.000 euro, relativi a studi e incarichi di consulenza conferiti a soggetti estranei all’amministrazione.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Anac: piccoli comuni e conflitto d’interessi, non basta il sostituto temporaneo

Nell’ipotesi in cui nell’elenco di professionisti al quale la stazione appaltante (piccolo comune) attinge per il conferimento di incarichi di servizi tecnici di importo sotto-soglia, sia iscritto anche un parente entro il secondo grado del Responsabile dell’Ufficio tecnico, normalmente nominato RUP per gli stessi affidamenti, non può considerarsi adeguata a prevenire e risolvere il conflitto di interesse, nel quale versa il predetto funzionario la sola misura dell’individuazione di un sostituto, se tale misura è applicata esclusivamente alla procedura in cui è invitato a presentare offerta il congiunto. È quanto stabilito dall’ANAC, con Delibera n. 712 del 27 ottobre 2021.

Nello specifico si fa riferimento al fatto che il fratello del responsabile dell’Ufficio tecnico comunale risulta nell’elenco dei professionisti a cui il Comune attinge per incarichi di appalti sotto soglia attraverso procedura comparativa, come quello per l’affidamento dei servizi di ingegneria per il progetto dei lavori di messa in sicurezza della strada comunale del mare.

La soluzione individuata dall’amministrazione comunale di nominare un sostituto temporaneo del responsabile dell’Ufficio tecnico, quando il fratello concorre all’assegnazione dell’appalto, non è giudicata da ANAC sufficiente e adeguata a risolvere il conflitto d’interesse esistente. L’amministrazione comunale, nel motivare la scelta, ha ricordato come si tratti di un comune piccolo nel quale le situazioni di conflitto d’interesse possono risultare frequenti, Inoltre ha voluto evitare l’esclusione a priori dei professionisti interessati, poiché – sostiene – agli interessati risulterebbe altrimenti preclusa la possibilità di essere invitati a presentare l’offerta.

Per l’Autorità Anticorruzione la sola misura dell’individuazione di un sostituto non basta, se tale misura è applicata esclusivamente alla procedura in cui è invitato a presentare l’offerta il congiunto. Questo perché tutta la pratica di gestione dei lavori è seguita dal titolare dell’Ufficio tecnico, a cui spetta anche l’individuazione degli appalti a cui applicare l’affidamento diretto con previo confronto di più operatori, dove la scelta degli operatori avviene necessariamente in modo discrezionale.

“La sostituzione del funzionario interessato con altro collega – precisa ANAC – può rivelarsi efficace se il conflitto di interessi emerge, a seguito di pubblicazione di un avviso o di un bando, esclusivamente al momento o per effetto della partecipazione alla procedura di un parente con soggetti coinvolti nella predisposizione della gara”. “Diversamente, nei casi come quello in esame in cui si proceda mediante inviti a soggetti individuati in modo discrezionale, la sostituzione del RUP (disposta dal soggetto che avrebbe dovuto ricoprire tale incarico) rivela che vi è già a monte l’intento di invitare proprio i professionisti che sono in rapporto di parentela con il funzionario sostituito, sebbene la scelta sia poi effettuata dal sostituto”.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

 

Divieto di remunerazione incarichi al personale in quiescenza

L’articolo 5, comma 9, del decreto legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, prevede il divieto per le pubbliche amministrazioni di conferire incarichi direttivi, dirigenziali, cariche in organi di governo, incarichi di studio o consulenza a soggetti collocati in quiescenza. La norma prevede, altresì, che le amministrazioni non possano conferire ai medesimi incarichi dirigenziali o direttivi o cariche in organi di governo sia delle stesse amministrazioni che degli enti e società da esse controllati. E’, comunque, fatta salva la possibilità di conferire tali incarichi o cariche a titolo gratuito e, con specifico riguardo agli incarichi direttivi e dirigenziali, con il limite di durata annuale.
Il divieto di remunerazione si riferisce anche alle cariche negli organi di governo delle amministrazioni o delle società da esse controllate che, quindi, comportano l’esercizio di effettivi poteri di governo.
È quanto ribadito dal competente ufficio del Dipartimento della Funzione pubblica, in risposta ad una richiesta di parere in merito alla possibilità di attribuire un compenso al soggetto che attualmente ricopre l’incarico si amministratore unico della società di servizi territoriali del Comune percettore di una prestazione pensionistica.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

 

Divieto di conferimento incarichi professionali a soggetti collocati in quiescenza

La Corte dei conti, Sez. Sardegna, con deliberazione n. 90/2020, a seguito di richiesta di parere in merito al divieto di conferimento di incarichi di studio e consulenza a soggetti in quiescenza, ha ribadito che, ai sensi dell’art. 5, comma 9 del D.L. n. 95/2012 e smi, tutti coloro i quali abbiano svolto un’attività lavorativa, tanto nel settore pubblico quanto in quello privato (quindi sia i lavoratori dipendenti privati che i lavoratori autonomi), qualora collocati in quiescenza, non possono essere destinatari degli incarichi di studio, di consulenza, dirigenziali, direttivi o di cariche in organi di governo da parte  delle amministrazioni, negli enti e nelle società interamente partecipate.
I giudici contabili, nel ricostruire il quadro normativo e giurisprudenziale, hanno ricordato che il raggio di operatività del divieto risiede nella scelta legislativa di conseguire un duplice obiettivo: favorire il ricambio generazionale nella pubblica amministrazione e, più in generale, supportare l’inserimento nel mondo del lavoro dei giovani nonché conseguire risparmi di spesa, evitando di corrispondere la retribuzione a un soggetto che già gode del trattamento di quiescenza.
La disposizione di cui al comma 9 dell’art. 25, nella versione originaria, aveva una portata più circoscritta rispetto alla formulazione attualmente vigente. In particolare, sul piano soggettivo, la definizione dei soggetti sottoposti al divieto abbracciava unicamente i dipendenti pubblici in quiescenza che avessero svolto nell’ultimo anno di servizio attività analoghe a quelle oggetto di incarico e, sul piano oggettivo, la tipologia di attività vietata era limitata a quella di studio e di consulenza. Con la modifica introdotta dall’art. 6 del D.L. n. 90/2014 come modificato, in sede di conversione, dalla L. n. 114/2014, l’ambito del divieto de quo viene esteso arrivando ad abbracciare, sul fronte soggettivo, tutti i “soggetti già lavoratori privati (dipendenti o autonomi) o pubblici collocati in quiescenza” e giungendo a comprendere, sul fronte oggettivo, anche gli “incarichi dirigenziali o direttivi o cariche in organi di governo”. Inoltre, la latitudine applicativa della norma viene espansa con riferimento agli incarichi de quibus in “enti e società” controllati dalle amministrazioni di cui al primo periodo dell’articolo in commento, salvo le eccezioni ivi indicate. Il Collegio, inoltre, adendo alle conclusioni in tal senso raggiunte anche in seno ad altre Sezioni della Corte, reputa di non poter seguire la diversa opzione ermeneutica prospettata dal Ministero per la semplificazione e la pubblica amministrazione – Dipartimento della funzione pubblica nelle circolari interpretative n. 6/2014 del 04.12.2014 e n. 4/2015 del 10.11.2015 (che, per inciso, non costituisco fonti del diritto) laddove si circoscrive l’ambito applicativo della norma in discorso a “qualsiasi lavoratore dipendente collocato in quiescenza” (circolare n. 6/2014) ed “esclusivamente i lavoratori dipendenti e non quelli autonomi” (circolare n. 4/2015).

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION