ANAC, il compenso del progettista va indicato sempre, anche nell’indagine di mercato

Il calcolo per il compenso del progettista va indicato anche in caso di avviso dell’indagine di mercato, nella fase che precede la procedura negoziata, in modo da rendere note le prestazioni richieste e consentire ai potenziali concorrenti di verificare la congruità dell’importo stabilito e valutare se convenga partecipare alla gara. Lo ribadisce l’Anac in una nota a firma del presidente in merito all’istruttoria sull’affidamento del servizio di progettazione di un edificio adibito a polo di infanzia, finanziato con i fondi del Pnrr per un importo di 156.621 euro.

L’Autorità spiega anche che, in caso di omissione di un livello di progettazione, ai fini del calcolo del compenso da riconoscere al progettista, la stazione appaltante deve remunerare ogni prestazione svolta anche se riconducibile al livello di progettazione omesso: i livelli di progettazione omessi, infatti, non sono soppressi ma unificati al livello successivo e le voci di parcella relative ai singoli livelli progettuali tengono conto delle prestazioni già svolte nelle precedenti fasi. In caso contrario si incorrerebbe nella violazione del principio dell’equo compenso, volto a garantire una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità della prestazione. La fusione dei livelli progettuali, infatti, non comporta il riassorbimento della remunerazione della prestazione.

 

La redazione PERK SOLUTION

Nomina revisore dell’Unione e dei comuni associati e determinazione relativo compenso

È facoltà dell’Unione avvalersi di un solo organo di revisione anche per i comuni membri, in tal caso il compenso è unico e omnicompensivo. È quanto evidenziato dal Ministero dell’Interno, in risposta ad una richiesta di parere in merito alla nomina di un revisore unico in un’Unione di comuni, avente popolazione inferiore a 10.000 abitanti. L’Unione ha chiesto la disponibilità a ricoprire anche le funzioni di organo di revisione per i tre Comuni associati a fronte di un compenso calcolato sulla sommatoria della popolazione dell’Unione. Sul punto sono sorti contrastanti opinioni in merito alla funzione specifica cui il revisore dell’Unione è chiamato alla determinazione del relativo compenso. Il ministero rammenta che ai sensi dell’articolo 1, comma 110, lettera c) della legge n.56 del 2014, la funzione dell’organo di revisione possa essere svolta nelle Unioni di comuni in forma associata e anche nei comuni che le costituiscono. L’art. 3, comma 4-bis, del decreto legge n.174 del 2012 prevede, invece, che all’atto della costituzione del collegio o del revisore unico delle predette Unioni, decadono i revisori in carica nei comuni che fanno parte dell’Unione.
Per quanto riguarda il compenso occorre, invece, fare riferimento all’articolo 241, comma 5 del TUEL e al disposto del decreto interministeriale del 21 dicembre 2018. In particolare, l’Ufficio ministeriale si è pronunciato più volte circa la determinazione del compenso omnicomprensivo del revisore unico unionale che, in assenza di specifica norma, non può che essere determinato secondo i parametri, le maggiorazioni e i limiti indicati nelle suddette norme. Relativamente alla volontà dell’Unione di avvalersi di un solo revisore in applicazione della norma di cui alla legge n.56 del 2014, si evidenzia che, anche laddove non fosse precisato nello statuto è palese che l’Unione abbia deciso di applicare, da tempo, il comma 110 della predetta legge. Il ministero ritiene, quindi, condivisibile il pensiero del revisore in totale contrasto con quanto stabilito dal legislatore con il comma 110 dell’articolo 1 della legge 56 del 2014 che ha introdotto la facoltà per l’Unione di avvalersi di un solo organo di revisione anche per i comuni membri, pur comprendendo che è necessario un intervento legislativo per determinare in maniera più equa il compenso che nel caso specifico dovrebbe contemperare la ragione dell’ente locale al risparmio e ad un controllo più diffuso e generalizzato a quella del revisore che in effetti è chiamato a svolgere un incarico più gravoso relativo a quattro enti locali distinti.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Compenso revisori, la decisione spetta al Consiglio

La competenza alla determinazione del compenso dell’organo di revisione è del Consiglio comunale che deve contemperare le esigenze di bilancio al principio dell’equo compenso. E’ questa, in sintesi, la risposta fornita dal Ministero dell’interno ad una richiesta di parere di un revisore di ente locale sull’attualità dell’atto di orientamento dell’Osservatorio della finanza locale n.1 del 13 luglio 2017. Nel caso di specie, a seguito di sorteggio dei componenti dell’organo di revisione, l’ente locale ha chiesto le dichiarazioni previste dalla legge in tema di sussistenza dei requisiti e delle compatibilità “pretendendo” l’accettazione del compenso proposto dalla Giunta. Il revisore ha accettato l’incarico, proponendo di determinare il compenso in misura pari a quello stabilito nel decreto interministeriale del 21 dicembre 2018 per gli enti della fascia precedente e quindi superiore a quello proposto dall’ente. Con successiva nota del Sindaco veniva rigettata la proposta negoziale del revisore, e da qui la decisione di procedere ad una nuova estrazione per ragioni legate alle esigenze di contenimento della spesa corrente dell’ente. A tal riguardo il revisore chiede se sia corretto il comportamento del Comune oppure se il Consiglio Comunale avrebbe dovuto comunque eleggere il primo estratto in quanto non rinunciatario con un compenso deciso dallo stesso Consiglio Comunale qualunque esso sia: 5.000 euro proposto dalla Giunta o 12.890 euro proposto o altro ancora.

Il Ministero rileva un’ingerenza da parte del Sindaco e della Giunta in un’attività che la norma, ex articolo 235 del TUEL, attribuisce al Consiglio comunale il quale, ai sensi del successivo articolo 241, comma 7, è chiamato a stabilire nella stessa delibera di nomina anche il relativo compenso. Naturalmente gli uffici comunali competenti, devono svolgere tutte le attività necessarie alla formulazione della proposta da sottoporre al Consiglio comunale ma la fissazione del compenso, soprattutto se oggetto di negoziazione, deve essere discussa in sede consiliare. Per quanto riguarda la determinazione del compenso dell’organo di revisione economico-finanziaria, il Ministero rimanda al decreto interministeriale 21 dicembre 2018 e al principio dell’equo compenso la fissazione dei limiti massimi del compenso base spettante ai revisori in relazione alla classe demografica.

La disciplina in vigore non fissa espressamente un limite minimo, esponendo quindi il revisore a offerte di remunerazione in misura oggettivamente incongrua, rispetto alla delicatezza della funzione cui è chiamato, oltre che inadeguata a garantire gli elevati standard di diligenza e professionalità richiesti dalla complessità dell’incarico, con il rischio di comprometterne l’efficienza a detrimento dell’interesse pubblico tutelato e al principio di buon andamento della Pubblica Amministrazione fissato anche dall’articolo 97 della Costituzione. Proprio per cercare di colmare tale vuoto normativo, l’Osservatorio sulla finanza e contabilità degli enti locali del Ministero dell’Interno, con atto di orientamento del 13 luglio 2017, ex articolo 154 comma 2, del TUEL, ha precisato che i limiti minimi al compenso vadano considerarsi coincidenti – nel silenzio del legislatore – con il limite massimo della fascia demografica immediatamente inferiore e, per i revisori dei Comuni con meno di 500 abitanti e delle Province e Città Metropolitane sino a 400 mila abitanti, con l’80 per cento del compenso base annuo lordo stabilito per la fascia di appartenenza.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Equo compenso all’organo di controllo delle società a controllo pubblico

La Corte dei conti, Sez. Lombardia, con deliberazione n. 125/2021, in risposta ad una richiesta di parere di un Comune (dichiarata inammissibile) in merito alla determinazione dei compensi degli organi di controllo delle società a controllo pubblico – tesa a chiarire, in particolare, “se il compenso dell’organo di controllo, la cui figura non esisteva nell’anno 2013, debba essere sottoposto agli stessi limiti previsti per l’amministratore unico o se possa essere aumentato, entro i limiti di un equo compenso (T.A.R. Marche, sentenza n. 524/2018), in ragione delle responsabilità che tale organo di controllo riveste in seno alla società” – ha evidenziato che la Corte dei conti ha tracciato – in plurimi pronunciamenti – consolidate coordinate interpretative in ordine alla perimetrazione soggettiva delle società sottoposte al regime vincolistico dell’art. 4, comma 4, del D.L. n. 95/2012.
Di una certa significatività appaiono anche le aperture giurisprudenziali dirette a superare problemi di coordinamento della norma medesima con la disciplina civilistica nel caso in cui, nel 2013, la società non abbia erogato alcunché ai propri amministratori. (cfr. Sezione controllo Liguria, delibera n. 90/2016/PAR e n. 29/2020/PAR).
Una lettura sostanzialistica della norma è stata operata poi dalla stessa magistratura contabile mediante il correttivo secondo cui, in assenza di emolumenti erogati nel 2013, si va a considerare, a ritroso, l’onere sostenuto nell’ultimo esercizio nel quale risulti presente un esborso a tale titolo con l’indefettibile vincolo della “stretta necessarietà” enucleato dalla deliberazione n. 1/2017/QMIG, resa in sede nomofilattica dalla Sezione delle Autonomie (vd. Deliberazione della Sezione regionale di controllo per il Veneto n. 31/2018/PAR). Secondo la Sezione, il criterio di proporzionalità del compenso rispetto alla quantità e qualità del lavoro prestato rientra, in primo luogo, nella disponibilità dell’Amministrazione tenuta al compenso e, in caso di contenzioso, rientra nella cognizione del giudice ordinario, implicando, pertanto, valutazioni alle quali non può accedere la Corte dei conti in sede consultiva. La formulazione della richiesta di parere de qua rientra in un’area già tratteggiata dal giudice amministrativo sotto il profilo dell’eventuale violazione del principio della concorrenza e rientrante nella cognizione del giudice ordinario in caso di vessatorietà delle clausole contrattuali, laddove il compenso stabilito per i componenti degli organi de quibus comporti in loro sfavore un “significativo squilibrio contrattuale” nell’ambito dei rapporti professionali con la controparte committente.

Corte dei conti, erogazione compensi legati a pratiche di condono edilizio

“I compensi previsti dall’ art. 32, comma 40, della L. n. 326/2003, possono essere erogati, indipendentemente dal tempo trascorso tra la presentazione della pratica di condono, il momento dell’avvenuta istruttoria e il conseguenziale rilascio del titolo edilizio, presupposto legittimante l’erogazione del relativo compenso, fermo restando l’avvenuto introito dei relativi diritti e degli oneri. Conditio sine qua non per la loro erogazione è che i progetti finalizzati, da svolgere oltre l’orario di lavoro ordinario, presentino i requisiti di cui al vigente CCNL delle “Funzioni locali “(art.68, comma 2), siano inseriti nel ciclo di gestione della performance e siano ancorati ad un rigido e oggettivo sistema di misurazione e valutazione dei risultati perseguiti”. A parere della Corte dei conti, Sez. Lombardia, deliberazione n. 54/2021, dal dettato normativo non si evince un limite temporale entro cui l’attività istruttoria, a pena di decadenza, deve espletarsi e/o avviarsi, ma il legislatore si limita a prevedere il valore massimo di incremento dei diritti e degli oneri di sanatoria (10%), nonché a precisare la tipologia di prestazione lavorativa (progetti finalizzati) che ne legittima, quale conditio sine qua non, l’erogazione. Proprio in riferimento a tale profilo, cioè la sussistenza di “progetti finalizzati da svolgere oltre l’orario di lavoro”, e non a quello della data di avvio dell’istruttoria, deve valutarsi la compatibilità della predetta previsione normativa, con il vigente ordinamento in tema di compensi erogabili al personale dipendente. Sotto questo aspetto, il Collegio ritiene compatibile la disposizione normativa de qua, stante che il vigente CCNL delle “Funzioni locali”, sottoscritto il 21.05.2018, all’ art.68, comma 2, prevede l’erogazione di “premi per la produttività individuale e di gruppo”, costituenti parte variabile del trattamento accessorio del personale, finalizzati a migliorare la produttività, l’efficienza e l’efficacia dei servizi, all’interno dei quali va ricondotto, senza ombra di dubbio, il caso di specie. Presupposto legittimante l’erogazione, dunque, non è il maggior o minor tempo decorso tra la data di presentazione della domanda di condono e l’attività istruttoria, bensì che tali progetti finalizzati, da svolgere oltre l’orario di lavoro ordinario, presentino i requisiti di cui CCNL sopra richiamato, siano inseriti nel ciclo di gestione della performance e siano ancorati ad un rigido e oggettivo sistema di misurazione e valutazione dei risultati perseguiti.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

 

Adeguamento compenso dell’Organo di revisione in corso di mandato

Alla luce del complesso quadro interpretativo desumibile dalla giurisprudenza contabile, con particolare riferimento alla più recente pronuncia nomofilattica della Sezione delle Autonomie, deve “escludersi che, in via generale, possa riconoscersi la facoltà per gli enti di un possibile adeguamento del compenso dell’Organo di revisione, in corso di rapporto, che, di norma, resta fissato nella misura deliberata in origine” (deliberazione n. 14 del 2019/QMIG). Tuttavia, facendo riferimento, tra l’altro, alle “finalità perseguite dal decreto di adeguamento, oltre che a quanto stabilito, in via generale dall’art. 36 della Costituzione, disposizione immediatamente precettiva”, la Sezione delle Autonomie ha dettato il principio di diritto in forza del quale “alla luce dei nuovi limiti massimi e dei nuovi parametri recati dal D.L. 21 dicembre 2018, emesso di concerto tra il Ministro dell’Interno e quello dell’Economia e delle Finanza, ferma la previsione di cui al comma 7 dell’art. 241 del TUEL, è facoltà degli enti locali procedere, ai sensi degli artt. 234 e 241 del TUEL, ad un rinnovato giudizio circa l’adeguatezza dei compensi liquidati anteriormente al predetto decreto alla stregua dei limiti massimi fissati dal D.M. 20 maggio 2005 e, se del caso, provvedere ad una rideterminazione degli stessi al fine di ricondurli nei limiti di congruità e di adeguatezza, previa attenta verifica della compatibilità finanziaria e della sostenibilità dei nuovi oneri” (deliberazione n. 14 del 2019/QMIG). Al riguardo occorre evidenziare, in tale ambito, il potere discrezionale degli Enti locali trattandosi di valutazioni connotate da discrezionalità, ancorché tecnica, di esclusiva competenza dell’Organo di indirizzo politico.
È quanto ha ribadito la Corte dei conti, Sez. Piemonte, con deliberazione n. 32_2020.