Consiglio di Stato: Contenimento della spesa per i compensi agli avvocati delle pubbliche amministrazioni

I compensi maturati che eccedono il tetto annale non possono essere liquidati nell’annualità successiva”, escludano la possibilità di differire a (tutti gli) anni successivi la corresponsione dei compensi non erogabili nell’anno di pertinenza per il superamento dei limiti annuali. Diversamente si darebbe luogo a un artificioso superamento del tetto previsto dalla normativa primaria, finendo per disattendere il senso della riforma legislativa di cui al decreto legge n. 90 del 2014, volta a ridurre i costi pubblici limitandoli all’interno delle risorse stanziate, come peraltro già riconosciuto dalla Corte costituzionale con sentenza n. 236 del 2017. È quanto evidenziato dal Consiglio di Stato, Sez. V, con la sentenza n. 4489 del 21 maggio 2024.

La disposizione di cui all’art. 9, comma 6, D.L. n. 90 del 2014 prevede che «In tutti i casi di pronunciata compensazione integrale delle spese, ivi compresi quelli di transazione dopo sentenza favorevole alle amministrazioni pubbliche di cui al comma 1, ai dipendenti, ad esclusione del personale dell’Avvocatura dello Stato, sono corrisposti compensi professionali in base alle norme regolamentari o contrattuali vigenti e nei limiti dello stanziamento previsto, il quale non può superare il corrispondente stanziamento relativo all’anno 2013», con previsione, al successivo comma 7, che «I compensi professionali di cui […] al primo periodo del comma 6 possono essere corrisposti in modo da attribuire a ciascun avvocato una somma non superiore al suo trattamento economico complessivo».

Secondo i giudici, l’art. 9, comma 6, subordina espressamente la corresponsione dei compensi professionali in caso compensazione delle spese, nell’ambito di sentenze favorevoli all’amministrazione, «alle norme regolamentari o contrattuali vigenti», e ai «limiti dello stanziamento previsto, il quale non può superare il corrispondente stanziamento relativo all’anno 2013». In tale prospettiva, sul diritto al compenso incidono, da un lato (anzitutto sul profilo della relativa misura), le norme regolamentari e contrattuali (Corte cost., n. 236 del 2017, cit.; cfr. anche Cons. Stato, III, 3 agosto 2018, n. 4814), dall’altro, la previsione generale per cui “la relativa spesa non potrà superare quanto già stanziato per il medesimo titolo per l’anno 2013 dalle singole amministrazioni” (Corte cost., n. 236 del 2017, cit.). Quest’ultima previsione vale a porre una regola di ordine non esclusivamente temporale, e cioè inerente al quando del pagamento, bensì alla stessa “corresponsione”, quale possibilità di ricevere l’erogazione delle somme.

Oltre a emergere dal tenore letterale della previsione (che subordina la corresponsione appunto, così come «alle norme regolamentari o contrattuali vigenti», altresì ai «limiti dello stanziamento previsto») tale lettura è coerente anche con la ratio della disposizione, volta proprio al contenimento della spesa pubblica, non già al suo solo differimento; non ragionevole né coerente, al contrario, sarebbe un’interpretazione che volesse solo rinviare nel tempo la corresponsione, con l’effetto peraltro di determinare una crescita progressiva e potenzialmente esponenziale dell’esposizione debitoria dell’ente, di suo non allineata alla ratio del controllo e limitazione della spesa perseguita dalla legge.

L’impedimento alla corresponsione dei suddetti compensi, in caso di superamento dei previsti limiti nell’anno di pertinenza, non consente neppure un differimento della loro corresponsione agli anni successivi (cfr. Corte conti, sez. contr. Puglia, 22 luglio 2021, n. 120, la quale si richiama anche alle pertinenti norme di contabilità pubblica, di cui al d.lgs. n. 118 del 2011; sez. contr. Molise, 22 settembre 2020, n. 71; sez. contr. Emilia Romagna, 18 dicembre 2023, n. 204).

 

La redazione PERK SOLUTION