Gli incentivi tecnici non costituiscono spesa per il personale

La Corte dei conti, Sez. Abruzzo, con deliberazione n. 249/2021, ha ribadito che i compensi da corrispondere al personale dipendente a titolo di incentivi tecnici, di cui all’art. 113 del d.lgs. n. 50 del 2016, non costituiscono spesa del personale, ai fini della determinazione della capacità assunzionale, secondo la normativa di cui all’ art. 33, comma 2, decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, convertito con modificazioni dalla legge 28 giugno 2019, n. 58. Di recente la Sezione regionale di controllo della Lombardia, con deliberazione n. 73/2021/PAR, si è pronunciata in merito ad un quesito analogo ed ha evidenziato che l’inserimento del comma 5-bis ad opera dell’art. 1, comma 526 della legge n. 205 del 2017 è l’elemento importante che è stato oggetto di approfondimento della Sezione delle autonomie (deliberazione n. 6/2018/QMIG) che, proprio per la prescrizione specifica, ha sottolineato come il legislatore, con norma innovativa contenuta nella legge di bilancio per il 2018, ha stabilito che i predetti incentivi gravano su risorse autonome e predeterminate del bilancio (indicate proprio dal comma 5-bis dell’art. 113 del d.lgs. n. 50 del 2016) diverse dalle risorse ordinariamente rivolte all’erogazione di compensi accessori al personale.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Capacità assunzionali, gli incentivi tecnici non costituiscono spesa per il personale

Con deliberazione n. 73/2021, la Corte dei conti, Sez. Lombardia, ha chiarito che le spese sostenute per gli incentivi tecnici non costituiscono spesa per il personale ai fini della determinazione della capacità assunzionale, secondo la nuova normativa dell’art. 33 c.2 del d.l. 34/2019 e smi. La fattispecie prospettata dal Comune nella richiesta di parere riguarda la natura degli incentivi tecnici, di cui al comma 5-bis dell’art. 113 del Codice degli appalti, che traggono origine dagli stanziamenti previsti per i singoli appalti di lavori, servizi e forniture, nei limiti previsti dal comma 2, e ad essi vanno considerati legati, non sussistendo una specifica spesa per il personale in assenza di appalti e degli stanziamenti ad essi relativi. Il citato comma 5-bis è stato peraltro già oggetto di approfondimento da parte della Sezione delle Autonomie, che con la deliberazione n. 6/2018/QMIG è giunta a ritenere chiaramente che “L’avere correlato normativamente la provvista delle risorse ad ogni singola opera con riferimento all’importo a base di gara commisurato al costo preventivato dell’opera, àncora la contabilizzazione di tali risorse ad un modello predeterminato per la loro allocazione e determinazione, al di fuori dei capitoli destinati a spesa di personale”. Al tempo stesso, si rileva che “tali compensi non sono rivolti indiscriminatamente al personale dell’ente, ma mirati a coloro che svolgono particolari funzioni (“tecniche”) nell’ambito di specifici procedimenti e ai loro collaboratori”. Ne consegue che gli incentivi disciplinati dall’art. 113 del d.lgs. n. 50 del 2016 nel testo modificato dall’art. 1, comma 526, della legge n. 205 del 2017, erogati su risorse finanziarie individuate ex lege facenti capo agli stessi capitoli sui quali gravano gli oneri per i singoli lavori, servizi e forniture, non sono soggetti al vincolo posto al complessivo trattamento economico accessorio dei dipendenti degli enti pubblici dall’art. 23, comma 2, del d.lgs. n. 75 del 2017.

 

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Calcolo capacità assunzionali al lordo degli oneri relativi ai rinnovi contrattuali

La Corte dei conti, Sez, Abruzzo, con deliberazione n. 63/2021, in merito alla determinazione della nuova definizione della capacità di assunzione di personale, ritiene che non possano escludersi dal calcolo della spesa del personale gli oneri relativi ai rinnovi contrattuali. La Sezione ricorda come la nuova disciplina, di cui all’art.33, comma 2, del DL 34/2019 e DM 17/03/2020, non fa più riferimento ad un “limite di spesa” e cioè al contenimento delle spese di personale con riferimento al valore medio del triennio 2011/2013, con esclusione degli oneri relativi ai rinnovi contrattuali (art. 1, comma 557 legge 27 dicembre 2006, n.296), bensì individua una diversa modalità di governo della spesa corrente per il personale, e cioè una “facoltà assunzionale” dell’ente calcolata sulla base di un valore di soglia, definito come percentuale, differenziata per fascia demografica, della media delle entrate correnti relative agli ultimi tre rendiconti approvati dall’ente, calcolate al netto del fondo crediti di dubbia esigibilità (FCDE). L’omesso riferimento agli “oneri relativi ai rinnovi contrattuali”(espressamente escluso dal limite di spesa previsto dall’art.1, comma 557, della l. 296/2006) appare del tutto coerente con la nuova modalità di governo della spesa introdotta dal legislatore : “infatti, mentre lo spazio assunzionale consentito all’ente va calcolato sulla base della descritta disciplina, il controllo sulla copertura e sulla compatibilità dei costi quantificati del Ccnl per il comprato Regioni Enti locali con gli strumenti di programmazione e di bilancio seguirà le regole proprie stabilite dagli artt. 40 del d.lgs. n. 165/2001 per i controlli finanziari previsti in relazione agli oneri recati dai rinnovi contrattuali”. Il tenore letterale delle nuove disposizioni, che si riferiscono alle «assunzioni di personale a tempo indeterminato» senz’altra specificazione, e si esprimono in termini di «spesa complessiva per tutto il personale dipendente», non pare lasciare spazio a eccezioni non espressamente enunciate come quella puntualmente prevista dallo stesso comma 2 dell’articolo 33 per i comuni con popolazione fino a 5000 abitanti che fanno parte di unioni di comuni”. Peraltro, la circolare interministeriale del 13 maggio 2020 (G.U. dell’11 settembre 2020), emanata congiuntamente dai Ministri della Pubblica Amministrazione, dell’Economia e delle Finanze e dell’Interno, al punto 1.2 prevede che: “Al fine di determinare, nel rispetto della disposizione normativa di riferimento e con certezza ed uniformità di indirizzo, gli impegni di competenza riguardanti la spesa complessiva del personale da considerare, sono quelli relativi alle voci riportati nel macroaggregato BDAP: U.1.01.00.00.000”che ricomprende i codici di spesa relativi ad : “Arretrati, dovuti ad esercizi precedenti e a quello in corso, versati ai dipendenti a tempo indeterminato in conseguenza dei rinnovi contrattuali, di progressioni di carriera”.
Infine, la Sezione ribadisce la possibilità riconosciuta all’ente di poter escludere dalle spese di personale quelle spese finanziate integralmente da altri soggetti ed in particolare le spese relative alle procedure di reclutamento ai sensi dell’art. 50 bis del d.l. n. 189 del 2016 nonché la corrispondente entrata purché vi sia assenza di ulteriori oneri, strutturali e a regime, a carico del bilancio dell’Ente locale (principio di neutralità finanziaria) e correlazione fra l’ammontare del finanziamento ricevuto e le assunzioni effettuate, anche sotto il profilo temporale ( cfr. Sez. Reg. di controllo Liguria n. 91/2020/PAR e Sez. reg. contr. Puglia 6/2021/PAR ).

 

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Corte dei conti, capacità assunzionali per i Comuni in fascia intermedia

La Corte dei conti, Sez. Lombardia, con Deliberazione n 24/2021, fornisce chiarimenti a una serie di quesiti posti da un ente, in merito all’ambito di applicazione dell’art. 33, comma 2 del D.L. n. 34/2019, alla luce del DM 17 marzo 2020 e della Circolare FP 13 maggio 2020, con specifico riferimento ai comuni che, come quello istante, si collocano nella cd “fascia intermedia”, vale a dire di quegli enti che hanno registrato, utilizzando i parametri di calcolo previsti dalla normativa, un rapporto compreso tra i due valori soglia – quello di cui alla Tabella 1 dell’art. 4, e quello dei “Valori soglia di rientro della maggiore spesa del personale”, di cui alla Tabella 3, dell’art. 6, del suindicato D.M. 17 marzo 2020. La Sezione ribadisce, preliminarmente, che i Comuni che si collocano in questa fascia intermedia possono incrementare la propria spesa di personale solo a fronte di un incremento delle entrate correnti tale da lasciare invariato il predetto rapporto. Questi comuni, in ciascun esercizio di riferimento, devono assicurare un rapporto fra spesa di personale ed entrate correnti non superiore a quello calcolato sulla base dell’ultimo rendiconto approvato. Gli unici enti a cui è consentito aumentare le spese di personale rispetto a quelle registrate nell’ultimo rendiconto approvato – modificando in senso peggiorativo la soglia originaria sulla quale si sono già attestati in sede di prima applicazione – sono quelli che si sono attestati su un valore soglia “virtuoso” (inferiore rispetto a quello di cui alla Tabella 1) e, comunque, tale spesa complessiva -sempre in rapporto alle entrate correnti dell’ultimo triennio, ex art. 2 del Decreto ministeriale – non può superare il valore soglia di cui alla medesima Tabella 1. Tale diversa modalità di calcolo dello spazio assunzionale degli enti, ha la finalità di sollecitare la capacità di riscossione delle entrate il cui gettito medio nel triennio potrà, se in aumento, offrire anche ulteriori spazi assunzionali, in quanto definisce un parametro finanziario “di flusso, a carattere flessibile” che dovrà essere aggiornato ogni anno sulla base dei dati dell’ultimo rendiconto approvato da considerare. Desumere il dato relativo alla spesa del personale dall’“ultimo rendiconto della gestione approvato” – coincidente nella specie con il rendiconto approvato nel corso del medesimo esercizio in cui è adottata la procedura di assunzione di personale – è in linea con la finalità, propria della nuova normativa, di introdurre un sistema basato sulla sostenibilità finanziaria della spesa di personale nell’ottica di una programmazione maggiormente flessibile della spesa per il personale, rimodulabile anche nel corso del medesimo esercizio in cui l’ente procede all’assunzione…”.
Con riferimento alla possibilità prospettata dal comune di non riuscire “…a garantire un rapporto percentuale più basso rispetto a quello di riferimento…”, nonostante l’avvenuta assunzione (o avviata assunzione), la Corte specifica che la possibilità di “rientrare” nel predetto rapporto non è contemplata per i comuni che si collocano nella cd. “fascia intermedia”; invero, tale evenienza risulta prevista soltanto per i comuni con un’elevata incidenza della spesa del personale sulle entrate correnti, ai quali è richiesto di attuare una riduzione del rapporto spesa/entrate, di cui all’art. 6, comma 1 del Decreto ministeriale (“I comuni in cui il rapporto fra spesa del personale e le entrate correnti, secondo le definizioni dell’art. 2, risulta superiore al valore soglia per fascia demografica individuato dalla Tabella 3 del presente comma adottano un percorso di graduale riduzione annuale del suddetto rapporto fino al conseguimento nell’anno 2025 del predetto valore soglia anche applicando un turn over inferiore al 100 per cento.”).
Infine, in relazione alla possibilità di utilizzare, ai fini del turn over, l’istituto della mobilità ex art. 30 d.lgs. 165/2001, la Sezione ha ribadito che nel nuovo sistema delineato dall’art. 33, comma 2, d.l. 34/2019, la c.d. neutralità della mobilità non appare utilmente richiamabile ai fini della determinazione dei nuovi spazi assunzionali, essendo questi fondamentalmente legati alla sostenibilità finanziaria della spesa del personale, misurata attraverso i valori soglia, differenziati per fascia demografica, del rapporto tra spesa complessiva per tutto il personale (senza alcuna distinzione tra le diverse modalità di assunzione, concorso o mobilità), al lordo degli oneri riflessi a carico dell’amministrazione, e la media delle entrate correnti relative agli ultimi tre rendiconti approvati, considerate al netto del FCDE stanziato in bilancio di previsione.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Corte dei conti, capacità assunzionali e turnover del personale

La Corte dei conti, Sez. Veneto, con deliberazione n. 15/2021, fornisce chiarimenti in merito alla corretta interpretazione dell’art. 33, comma 2, del D.L. n. 34/2019 convertito dalla L. n. 58/2019 e del relativo D.M. di attuazione del 17 marzo 2020 e, in particolare, sulla possibilità per un ente – il cui rapporto fra spese di personale come da ultimo rendiconto e la media delle entrate correnti nel triennio al netto del Fondo crediti di dubbia esigibilità, sia una percentuale intermedia fra i due valori soglia previsti dal D.M. 17.03.2020 – di utilizzare il turn over ovvero la copertura al 100% delle cessazioni di personale dell’anno precedente ed eventualmente di ogni anno, indipendentemente dal rapporto fra la spesa di personale ed entrate correnti calcolato sulla base dell’ultimo rendiconto approvato. La Sezione, nel ricostruire il quadro normativo e giurisprudenziale in materia, ribadisce come la capacità assunzionale dei comuni si misura sulla base delle loro entrate, attraverso un meccanismo che “premia”, tra l’altro, gli enti maggiormente virtuosi nella riscossione delle entrate correnti. La ratio della norma è chiara: “si tratta di una diversa regola assunzionale con la quale viene indirettamente sollecitata la cura dell’ente nella riscossione delle entrate e la definizione con modalità accurate, del FCDE si stabilisce una diversa modalità di calcolo dello spazio assunzionale dell’ente, facendo riferimento ad un parametro finanziario, di flusso, a carattere flessibile”. Pertanto, il fulcro centrale della “nuova” normativa va ricercato nella diversa regola (assunzionale) rispetto al passato, che, superando la c.d. logica del turnover, è basata sulla sostenibilità finanziaria della spesa, ossia sul favorevole rapporto tra spese di personale ed entrate correnti. Ove detto rapporto non sia in grado di rendere compatibile l’utilizzo di facoltà assunzionali disponibili (e pertanto non possa ritenersi sostenibile la relativa spesa), anche in chiave prospettica, l’ente dovrà astenersi dall’effettuare le assunzioni programmate o nel migliore dei casi razionalizzarle limitandone la spesa. Pertanto, indipendentemente dalla fascia di appartenenza, ciò che deve guidare le procedure di assunzione di personale per gli enti locali, al fine di assicurare un turn over compatibile con l’adempimento della mission istituzionale, è la sostenibilità, in prospettiva futura, degli oneri conseguenti. Ciò al fine di garantire gli equilibri di bilancio presenti e futuri. In tale ottica, dunque, un ente “intermedio”, il cui rapporto, ai sensi dell’art. 33, co. 2, del D.L. n. 34/2019, fra spese di personale (come da ultimo rendiconto) e la media delle entrate correnti nel triennio al netto del fondo crediti di dubbia esigibilità, sia pari a una percentuale compresa fra i due valori soglia previsti dal D.M. 17.03.2020 attuativo dello stesso D.L. n. 34/2019 – potrà effettuare assunzioni di personale a tempo indeterminato eventualmente anche coprendo il turn over al 100% e cumulando i resti assunzionali a condizione che:
– non sia superato il valore soglia determinato dal rapporto tra spesa del personale ed entrate correnti rispetto a quello corrispondente registrato nell’ultimo rendiconto approvato;
– l’ente, mediante i propri strumenti di programmazione, abbia ponderato attentamente la sostenibilità dell’onere conseguente alla provvista di personale in un’ottica pluriennale che tenga in debita considerazione il livello delle entrate correnti e il rapporto tra queste e la spesa corrente, assicurando, dunque, stabili equilibri di bilancio anche in chiave prospettica.

 

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Anci scrive alla Conferenza Stato – Città su questioni relative a capacità assunzionale nei Comuni

L’Anci, con una lettera a firma del Segretario generale Veronica Nicotra, indirizzata alla Conferenza Stato – Città e Autonomie locali, chiede la convocazione di una riunione tecnica rispetto ad alcune questioni interpretative emerse nella prima fase di attuazione della nuova disciplina in materia di capacità assunzionale dei Comuni, in attuazione del DM 17 marzo 2020 e delle indicazioni dalla Circolare applicativa del 13 maggio 2020. Le questioni sono state evidenziate in una nota tecnica allegata alla missiva, con particolare riferimento all’utilizzo dei resti assunzionali, alla disciplina assunzionale applicabile alle Unioni di comuni e alla possibilità di salvaguardare le procedure assunzionali già avviate entro la data del 20 aprile 2020, attraverso le comunicazioni obbligatorie ex art. 34-bis del D.Lgs. n. 165/2001.

 

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Rimessa alla Sezione Autonomie l’interpretazione della norma sui vincoli assunzionali dell’Unione

La Corte dei conti, Sez. Lombardia, con Deliberazione n. 4 del 22.01.2021, ha rimesso alla Sezione delle Autonomie la valutazione su una richiesta di parere in merito alle modalità calcolo dello spazio assunzionale dell’Unione, ai sensi dell’art. 33, comma 2, del D.L. 34/2019, nel testo risultante dalla legge di conversione 28 giugno 2019 n 58, e smi, e del relativo decreto attuativo interministeriale del 17 marzo 2020.
I due enti istanti, riferiscono di aver costituito una Unione, avente natura non obbligatoria, alla quale hanno trasferito tutto il personale dei comuni, sicché la relativa spesa è interamente stanziata nel bilancio dell’Unione (con l’unica eccezione della spesa per il segretario comunale, tuttora stanziata nel bilancio dell’ente capofila). Permangono, invece, in capo ai singoli comuni alcune funzioni, non trasferite all’Unione, svolte con personale comandato dall’Unione, a fronte dei necessari trasferimenti economici dai comuni in favore dell’Unione. Inoltre, al bilancio dell’Unione non afferiscono tutte le entrate dei comuni, ma solo quelle generate dalle funzioni e dai servizi svolti in via associata. A fronte di ciò gli enti chiedono di conoscere se la ratio sottesa alla nuova disciplina sulle facoltà assunzionali (rappresentata dalla sostenibilità finanziaria della relativa spesa) e il  principio del c.d. “cumulo” (eccezionalmente applicabile, in alternativa al meccanismo del c.d. “ribaltamento”, alle ipotesi di Unioni di comuni non obbligatorie alle quali sia stato trasferito tutto il personale degli enti che vi partecipino) consentano di considerare, nel calcolo dello spazio assunzionale dell’Unione, le entrate correnti consolidate del gruppo “Unione – Comune di Almé – Comune di Villa d’Almè”, al netto delle partite infra-gruppo e di assumere, quale fascia demografica di riferimento, quella corrispondente alla somma della popolazione dei due comuni costituenti l’Unione. Il legittimo dubbio degli enti è rappresentato dal fatto che la diversa modalità di calcolo, che rapportasse il 100% della spesa di personale con le sole entrate correnti dell’Unione, condurrebbe ad individuare un valore soglia di gran lunga inferiore a quello della spesa sostenibile, in ragione delle entrate derivanti dalle funzioni complessivamente svolte da quel personale (funzioni associate e non associate).
Secondo la Sezione, la soluzione prospettata dagli enti istanti non può rappresentare un utile correttivo, per un duplice ordine di considerazioni: 1) nell’ipotesi di calcolo prospettata dagli enti istanti, si dovrebbero considerare e “consolidare” entrate correnti provenienti da bilanci diversi; 2) la soluzione prospettata nel quesito condurrebbe all’inammissibile superamento del fondamentale principio di invarianza spesa di personale, consentendo all’Unione margini di spesa per il personale più ampi di quelli derivanti dalla somma degli spazi di pertinenza dei singoli comuni che fanno parte dell’Unione. Ad avviso della Corte, i profondi mutamenti intervenuti nel quadro delle regole dei vincoli alle assunzioni impongano il ricorso al generale criterio del c.d. “ribaltamento” pro quota delle spese dall’Unione ai comuni, che dunque deve necessariamente trovare applicazione anche per le Unioni alle quali sia stato trasferito tutto il personale dei comuni. In sostanza, le entrate correnti dell’Unione afferenti alle funzioni svolte in via associata dovranno essere considerate al netto delle somme trasferite dai singoli comuni per il personale comandato dall’Unione e destinato allo svolgimento delle funzioni non trasferite all’Unione e trattenute dai singoli comuni. Diversamente, tali somme sarebbero computate due volte: prima come entrate dei singoli comuni e poi come entrate dell’Unione. La verifica secondo il meccanismo del c.d. “ribaltamento” consentirebbe, inoltre, di riferire la capacità di spesa per assunzioni di personale alla fascia demografica corrispondente a quella di ciascun comune aderente all’Unione, prevenendo il rischio di indebita dilatazione del relativo volume, legato al meccanismo di cumulo (rectius, consolidamento) ipotizzato dagli enti istanti.
Stante la rilevanza delle questioni sottese all’esame dei quesiti posti e la necessità di prevenire possibili contrasti interpretativi sulla materia, La Corte ha ritenuto opportuno sollecitare la funzione di orientamento della Sezione delle Autonomie, nell’esercizio della funzione nomofilattica prevista dall’art. 6, comma 4, del D.L. 174/2012.

 

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Mobilità tra enti, neutre quelle effettuate entro il 20 aprile 2020

La RGS ha fornito chiarimenti in merito agli oneri relativi la stabilizzazione delle posizioni di comando, ai sensi dell’art.30 del d.lgs. 165/2001, con riferimento specifico alla mobilità da Regioni e Comuni.
La nota ricorda che con il nuovo sistema delineato dall’intervento normativo di cui all’articolo 33, commi 1,1-bis e 2, del decreto legge n. 34/2019, il legislatore ha introdotto, rispettivamente, per le Regioni a statuto ordinario, le Province e le Città metropolitane, ed i Comuni un innovativo principio in materia di facoltà assunzionali basato sulla sostenibilità finanziaria, in sostituzione del precedente criterio fondato sul turn over, introducendo una nuova disciplina maggiormente flessibile per il reclutamento di personale.
In tale modificato assetto di regolamentazione normativa, la neutralità finanziaria della mobilità sopra richiamata non può essere utilmente riconfermata ai fini della determinazione degli spazi assunzionali degli enti, essendo gli stessi ora correlati alla sostenibilità finanziaria della spesa di personale in relazione a specifici valori soglia, differenziati per fascia demografica, del rapporto tra la spesa complessiva per tutto il personale (senza alcuna differenziazione tra le diverse modalità di reclutamento e la diversa natura del rapporto: concorso, mobilità, tempo indeterminato, tempo determinato, ecc.) al lordo degli oneri riflessi a carico dell’amministrazione, e la media delle entrate correnti relative agli ultimi tre rendiconti approvati, considerate al netto del fondo crediti di dubbia esigibilità stanziato in bilancio di previsione. Per quanto attiene la concreta entrata in vigore del nuovo assetto normativo, il citato articolo 33 ha previsto l’emanazione di specifici decreti attuativi dei nuovi principi in materia di facoltà assunzionali, demandando agli stessi l’individuazione della data di entrata in vigore della nuova regolamentazione, di cui di seguito si riepiloga l’attuale situazione.
Per quanto riguarda Province e Città metropolitane, il decreto del Ministro per la pubblica amministrazione, di concerto con il Ministro dell’economia e il Ministro dell’interno, previa intesa in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali, non risulta ancora emanato. Pertanto, fino all’adozione di tale provvedimento, le amministrazioni di altri comparti che acquisiranno personale in mobilità da tali enti potranno considerare l’assunzione neutrale ai fini della finanza pubblica.
Con riferimento ai Comuni, il decreto del Ministro per la pubblica amministrazione, di concerto con il Ministro dell’economia e il Ministro dell’interno del 17 marzo 2020, all’articolo 1 (Finalità, decorrenza e ambito soggettivo), ha disposto l’applicazione delle nuove regole in materia di assunzioni a tempo indeterminato a decorrere dal 20 aprile 2020. Al riguardo, si fa presente che con la Circolare del 13 maggio 2020 a firma congiunta del Ministro per la pubblica amministrazione, del Ministro dell’economia e delle finanze e del Ministro dell’interno (registrata dalla Corte dei conti) esplicativa del predetto decreto attuativo, è stato chiarito che “Al fine di non penalizzare i comuni che, prima della predetta data, hanno legittimamente avviato procedure assunzionali con il previgente regime, anche con riguardo a budgets relativi ad anni precedenti, si ritiene che, con riferimento al solo anno 2020, possano esser fatte salve le predette procedure purché siano state effettuate entro il 20 aprile le comunicazioni obbligatorie ex art. 34-bis della legge n. 165/2001 e successive modifiche ed integrazioni, sulla base dei piani triennali del fabbisogno e loro eventuali aggiornamenti secondo la normativa vigente…”.
Pertanto, a decorrere dalla predetta data del 20 aprile 2020, se l’acquisizione di personale discende da mobilità dai Comuni che si sono avvalsi della facoltà di applicare transitoriamente la previgente normativa di cui al punto 1.1 della circolare 13 maggio 2020, nel rispetto di quanto previsto dalla medesima, codesto Dipartimento potrà considerare l’assunzione neutrale, per il solo anno 2020, ai fini della finanza pubblica.
Viceversa, se l’acquisizione di personale discende da mobilità dai Comuni che non rientrano nelle procedure transitorie conservative della previgente normativa sopra richiamata, codesto Dipartimento non potrà considerare l’assunzione neutrale ai fini della finanza pubblica,
ma dovrà effettuarle a valere sulle facoltà assunzionali.

Capacità assunzionali, al lordo le voci da considerare nel rapporto tra spese di personale ed entrate correnti

La Corte dei conti, Sez. Campania, con deliberazione n. 131/2020, fornisce chiarimenti in merito alla corretta determinazione delle grandezze finanziarie da considerare ai fini del rapporto tra spese di personale ed entrate correnti da confrontare con i valori soglia indicati nelle tabelle allegate al D.M. 17 marzo 2020. La Sezione, nel ricostruire il quadro normativo e giurisprudenziale in materia ribadisce come, ai fini della determinazione della capacità assunzionale dei Comuni, assumano fondamentale rilevanza le voci di spesa e di entrata che contribuiscono a determinare il rapporto, laddove il nuovo sistema delineato è coerente con il modello di governo delle assunzioni da parte dei Comuni che stabilisce una modalità di calcolo dello spazio assunzionale dell’ente, facendo riferimento ad un parametro finanziario, di flusso, a carattere flessibile che, però, va considerato al lordo, come indicato dal legislatore e dal decreto attuativo.
L’art. 2 del DM individua le voci da inserire al numeratore e al denominatore nel rapporto spesa di personale/entrate correnti. In tal senso, al numeratore andranno inseriti gli impegni di competenza per spesa complessiva per tutto il personale dipendente a tempo indeterminato e determinato. Mentre al denominatore vengono poste le entrate correnti quale media degli accertamenti di competenza riferiti ai primi tre titoli delle entrate, relativi agli ultimi tre rendiconti approvati, considerati al netto del FCDE stanziato nel bilancio di previsione relativo all’ultima annualità considerata, da intendersi rispetto alle tre annualità che concorrono alla media.
La norma non opera alcuna distinzione con riferimento alla tipologia di entrate correnti e non vi è ragione per escludere, dalle entrate correnti rilevanti per la definizione dei limiti assunzionali, i trasferimenti di parte corrente percepiti dai Comuni utilizzatori del personale convenzionato, ovvero altre ipotesi di entrate. Se la norma intende “premiare” i Comuni maggiormente virtuosi nella riscossione delle entrate correnti queste vanno individuate al lordo “nettizzandole” solo ed esclusivamente in relazione al FCDE. Analogamente, la spesa di personale va considerata al lordo degli oneri riflessi, includendo voci di spesa ( che comunque a ben vedere avrebbero effetti neutri ai fini della sostenibilità finanziaria) quali: la spesa di personale etero-finanziato, con finanziamenti comunitari o privati; il rimborso al Comune capofila in caso di convenzione di segreteria; la spesa per lavoro straordinario e altri oneri di personale direttamente connessi all’attività elettorale con rimborso dal Ministero dell’interno; le spese sostenute per il personale comandato presso altre amministrazioni per le quali è previsto il rimborso dalle amministrazioni utilizzatrici; le spese finanziate con quote di proventi per violazioni al codice della strada; la spesa per gli oneri per i rinnovi contrattuali.

Autore: La redazione PERK SOLUTION

 

La mobilità per interscambio non ha incidenza sulle capacità assunzionali

La mobilità tra Enti con scambio di personale appartenente alla stessa categoria giuridica, posizione economica e profilo, se avviene in termini contestuali, non comporta variazione della spesa complessiva del personale dipendente e, pertanto, rispetta il valore soglia stabilito dalle nuove regole assunzionali di cui all’art. 33, comma 2 del D.L. 34/2019, così come attuato dal d.P.C.M. 17 marzo 2020. È quanto chiarito dalla Corte dei conti, Sez. Umbria, con deliberazione n. 117/2020, ad una richiesta di parere di un Comune volta ad appurare se la mobilità per interscambio, ex art. 7 del d.P.C.M. n. 325 del 1988, con un’altra Amministrazione comunale tra personale appartenente alla stessa categoria giuridica, alla medesima posizione economica ed allo stesso profilo, possa essere attuata alla luce della nuova normativa in materia di limiti assunzionali di personale nelle Regioni a statuto ordinario e nei Comuni in base alla sostenibilità finanziaria.
Nel merito, la Sezione ricorda come il ricorso alla procedura di mobilità reciproca o bilaterale tra amministrazioni locali debba avvenire nella piena osservanza di cautele tese ad evitare che possano essere elusi i rigidi vincoli imposti dal legislatore in materia di contenimento della spesa complessiva del personale e di coordinamento della finanza pubblica, volti ad evitare che il trasferimento per mobilità possa essere utilizzato quale escamotage per instaurare nuovi rapporti di lavoro al di fuori dei limiti numerici e di spesa previsti dalla disciplina vigente. È necessario che la mobilità per interscambio garantisca il rispetto dei vincoli di spesa con riferimento a tutti gli enti coinvolti, in quanto, solo se si traduce in un “mero spostamento di personale da un’amministrazione ad un’altra…non ha incidenza sulle capacità assunzionali degli Enti. Tale spostamento deve avvenire entro un periodo congruo che consenta agli Enti di non abbattere le spese di personale qualora l’assunzione del dipendente in entrata slitti dal punto di vista temporale, rischiando di traslarsi all’esercizio successivo. E’ anche necessario, altresì, che i dipendenti rivestano il medesimo profilo professionale al fine di evitare costi aggiuntivi derivanti dai provvedimenti di riorganizzazione amministrativa ed appartengano alla stessa categoria economica.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION