Buoni pasto per i segretari comunali e provinciali

Sul tema specifico delle modalità di maturazione del buono pasto, l’ultimo CCNL dell’Area Funzioni Locali, rivolto anche ai Segretari comunali e provinciali, siglato in data 17/12/2020 nulla dispone, difatti, sono rimaste in vigore le disposizioni contrattuali contenuti negli artt. 34 del CCNL del 23/12/1999 ed 51 del CCNL del 16/05/2001, che si limitano a subordinare l’attribuzione del buono pasto alla condizione che, secondo le regolamentazioni adottate dai singoli enti, per ogni giornata lavorativa si presti servizio anche nelle ore pomeridiane.

In particolare all’art. 51 del CCNL 16/05/2001, si prevede che “Il segretario ha titolo, secondo le direttive adottate dai singoli enti per il restante personale, ad un buono pasto per ogni giornata in cui prestino servizio anche nelle ore pomeridiane”, ragione per cui si ritiene che al Segretario spetti il buono pasto secondo la disciplina disposta dall’Ente per il restante personale. È quanto chiarito dall’ARAN con l’orientamento applicativo AFL66.

 

La redazione PERK SOLUTION

Monte ore giornaliero da lavorare per la maturazione del buono pasto

Con l’orientamento applicativo CFL228 l’Aran fornisce indicazione in merito alle regole dettate dal CCNL in ordine al monte ore giornaliero da lavorare per la maturazione del buono pasto.

L’Agenzia ricorda che la nuova disciplina contrattuale introdotta dall’art. 35, comma 2 del CCNL del 16 novembre 2022, rispetto alla previgente disciplina contenuta negli artt. 45 e 46 del CCNL del 14.9.2000, ha previsto la possibilità di riconoscere il buono pasto (o di usufruire della mensa), oltre che per la prestazione lavorativa svolta al mattino con prosecuzione nelle ore pomeridiane, anche per  attività lavorativa prestata  al pomeriggio con prosecuzione nelle ore serali, oppure nelle ore serali con prosecuzione notturna, purché sia effettuata una pausa non inferiore ai trenta minuti.

Come in passato, il CCNL si è limitato semplicemente ad individuare i presupposti di carattere generale richiesti per il riconoscimento del buono pasto rinviando all’autonomo potere decisionale, spettante ai singoli enti del comparto, la disciplina di dettaglio degli aspetti applicativi dell’istituto contrattuale, previo confronto con le organizzazioni sindacali ex art. 5, comma 3, lett. m) del CCNL 16.11.2022.  Sono gli enti, quindi, che devono definire con il proprio regolamento le regole e le condizioni di dettaglio per la fruizione del buono pasto, ivi compresa l’entità delle prestazioni minime antimeridiane e pomeridiane, pomeridiane e serali o serali e notturne a tal fine richieste al personale.

 

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Lavoro agile: i buoni pasto non sono dovuti

L’ARAN, con l’orientamento applicativo CFL204 del 16 gennaio 2023 fornisce chiarimenti in merito alla possibilità di erogare buoni pasto ai dipendenti ammessi alla fruizione del lavoro agile.

L’Agenzia rammenta che in occasione della sessione negoziale 2019-2021, nei CCNL dei comparti Funzioni centrali, Sanità e Funzioni Locali è stata introdotta la regolamentazione del “Lavoro a distanza” con la previsione di specifiche clausole relative al lavoro agile (ex L. n. 81/2017) e a quello da remoto. Come ribadito dal Dipartimento della Funzione con nota DFP-0047621-P-10/06/2022 “…le amministrazioni devono assumere le decisioni più opportune in relazione all’attivazione o meno dei buoni pasto sostitutivi, alle conseguenti modalità di erogazione degli stessi, nonché all’attivazione di adeguate misure volte a garantire la verifica di tutte le condizioni e dei presupposti che ne legittimano l’attribuzione ai lavoratori, nel rispetto del vigente quadro normativo e contrattuale”.

Atteso che la disciplina contrattuale definisce il “lavoro agile” come una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato, disciplinata da ciascun Ente con proprio Regolamento ed accordo tra le parti, anche con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro, mentre il “lavoro da remoto” come una modalità di esecuzione con innanzitutto un vincolo di luogo e anche di tempo, si ritiene che solo nel caso di lavoro da remoto, comportando questo un vincolo di tempo e di luogo, sia riconoscibile il buono pasto.

 

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CFL204

CFL204

Corte dei conti, regime di tassazione riservato ai buoni pasto elettronici

L’art. 5 del Decreto-Legge n. 95/2012, convertito in Legge n. 135/2012 (nell’ambito della “Spending Review) dispone che il valore nominale dei buoni pasto per i dipendenti pubblici non può superare l’importo di 7,00 euro per singolo buono. Di conseguenza, l’estensione della disciplina di cui all’art. 52, comma 2 del TUIR, come modificato dall’art. 1, comma 677 della legge di bilancio 2020 (norma che prevede l’esenzione da contributi Inps e da tassazione Irpef per la somma che non eccede gli 8,00 euro relativamente ai buoni pasto elettronici, soglia fissata in precedenza a 7,00 euro) non può tuttavia avere quale conseguenza indiretta la possibilità di concedere ai dipendenti pubblici un buono pasto di valore nominale pari a 8,00 euro.
Pertanto, nessuna innovazione può derivare dalla norma citata ai fini della determinazione del valore nominale del buono pasto dei dipendenti pubblici. E in realtà nessuna novità (sostanziale) si produce anche sotto il profilo del trattamento fiscale, considerato che l’art. 51, comma 2, del TUIR, anche prima della modifica normativa sopra richiamata, prevedeva quale limite di esenzione 7,00 euro, ossia il valore nominale massimo attribuibile ai buoni pasto nella pubblica amministrazione. Rimane, quindi, immutato il vantaggio del dipendente pubblico che, ora come allora, non subirà trattenute in busta paga per i buoni pasto riconosciuti dal datore di lavoro pubblico nei limiti indicati.
È quanto evidenziato dalla Corte dei conti, Sez. Toscana, con deliberazione n. 88/2021, in riscontro ad una richiesta di parere da parte di un Ente Provincia concerne il regime della tassazione riservato ai buoni pasto, nonché la determinazione del valore nominale degli stessi.

 

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Welfare integrativo, i chiarimenti della RGS

Come noto, il comma 870 dell’art. 1 della legge n. 178/2020 (legge di bilancio 2021) dispone che le risorse destinate a remunerare le prestazioni di lavoro straordinario del personale civile delle PA, non utilizzate nel corso del 2020, nonché i risparmi derivanti dai buoni pasto non erogati nel medesimo esercizio, possono essere destinate a remunerare, nell’esercizio 2021, i trattamenti economici accessori correlati alla performance e alle condizioni di lavoro, ovvero gli istituti del welfare integrativo, in deroga a quanto disposto dall’art. 23, c. 2, del D.Lgs. n. 75/2017. Tale ultima disposizione prevede che a decorrere dal 1° gennaio 2017, l’ammontare complessivo delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del personale, anche di livello dirigenziale, di ciascuna delle predette amministrazioni non possa superare il corrispondente importo determinato per l’anno 2016. Spetta all’Organo di revisione la certificazione delle risorse non utilizzate nell’esercizio 2020.
Sul punto, la Ragioneria generale dello Stato, con la Circolare n. 11 del 9 aprile 2021, ha fornito, tra l’altro, le seguenti istruzioni operative per gli enti e organismi pubblici, rientranti nell’ambito applicativo dell’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, che intendono avvalersi della facoltà di cui al suddetto comma 870. In particolare:

  1. i risparmi derivanti dalle risorse destinate a remunerare le prestazioni di lavoro straordinario del personale, nel rispetto dell’articolo 23, comma 2, del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75, non utilizzate nel corso del 2020, sono determinati in misura pari alla differenza tra le risorse risultanti dallo stanziamento definitivo del bilancio di previsione 2020 (comprensivo di tutte le variazioni di bilancio) ovvero del budget 2020 (comprensivo delle rimodulazioni) e la spesa sostenuta per le prestazioni effettivamente rese per il predetto istituto di competenza anno 2020;
  2. i risparmi derivanti dai buoni pasto non erogati nel 2020 sono determinati in misura pari alla differenza tra le risorse risultanti dallo stanziamento definitivo del bilancio di previsione 2020 (comprensivo di tutte le variazioni di bilancio) ovvero del budget 2020 (comprensivo delle rimodulazioni) e la spesa sostenuta per i buoni pasto attribuiti al personale – dirigenziale e non – nell’anno 2020;
  3. per ciascuna delle predette tipologie di risparmio, che costituiscono risorse aggiuntive “una tantum”, va predisposto un apposito prospetto analitico da far pervenire al competente organo di controllo – collegio dei revisori dei conti o collegio sindacale – per la certificazione di competenza;
  4. una volta acquisita la certificazione del competente organo di controllo, i predetti risparmi sono destinati, in deroga all’articolo 23, comma 2, del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75, ai corrispondenti Fondi per il trattamento accessorio di competenza del solo anno 2021 per il finanziamento dei trattamenti economici accessori correlati alla performance e alle condizioni di lavoro ovvero agli istituti del welfare integrativo, secondo criteri da definirsi in sede di contrattazione integrativa nel rispetto delle indicazioni del vigente contratto collettivo nazionale di lavoro.

 

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I buoni pasto ai lavoratori agili sono esenti ai fini IRPEF

L’Agenzia delle entrate, con la risposta n. 123 del 22 febbraio 2021, ha chiarito che i buoni pasti riconosciuti ai lavoratori agili non concorrano alla formazione del reddito di lavoro dipendente, ai sensi dell’articolo 51, comma 2, lettera c), del Testo unico delle impose sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (Tuir). Di conseguenza il datore di lavoro non sarà tenuto ad operare anche nei confronti dei lavoratori in smart-working, la ritenuta a titolo di acconto Irpef, prevista dall’articolo 23 del d.P.R. n. 600 del 1973, sul valore dei buoni pasto fino a euro 4, se cartacei, ovvero euro 8, se elettronici. La ratio sottesa a tale regime fiscale di favore è ispirata dalla volontà del legislatore di detassare le erogazioni ai dipendenti che si ricollegano alla necessità del datore di lavoro di provvedere alle esigenze alimentari del personale che durante l’orario di lavoro deve consumare il pasto (cfr. risoluzione 30 ottobre 2006, n. 118/E). In assenza di disposizioni che limitano l’erogazione, da parte del datore di lavoro, dei buoni pasto in favore dei propri dipendenti, l’Agenzia ritiene che per tali prestazioni sostitutive del servizio di mensa trovi applicazione il regime di parziale imponibilità prevista dalla lettera c) del comma 2 dell’articolo 51 del Tuir, indipendentemente dall’articolazione dell’orario di lavoro e dalle modalità di svolgimento dell’attività lavorativa.

 

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Nessun automatismo tra buono pasto e prestazione di lavoro resa in modalità agile

Il Dipartimento della Funzione Pubblica, con nota n. 55945.del.28-08-2020, ha fornito chiarimenti in merito alla possibilità di riconoscere i buoni pasto a quei lavoratori che, in ossequio delle vigenti prescrizioni legate all’emergenza epidemiologica da Covid – 19, operano in modalità smart working.
Al riguardo, il Dipartimento ricorda che, secondo quanto previsto dalla circolare esplicativa n. 2 del 1 aprile 2020 adottata dal Ministro per la pubblica amministrazione, è stato precisato che il personale in smart working non ha un automatico diritto al buono pasto, essendo rimesse a ciascuna PA le determinazioni di competenza circa la sussistenza delle condizioni per l’erogazione. Pertanto, il riconoscimento dei buoni pasto, in assenza di specifiche previsioni ostative rinvenibili nella disciplina normativa e contrattuale vigente, rappresenta una decisione rimessa esclusivamente alle autonome scelte organizzative e gestionali di ciascuna amministrazione ed alle conseguenti misure intraprese per garantirne l’osservanza. Inoltre, nella successiva Direttiva n. 3 del 4 maggio 2020, adottata dal Ministro per la pubblica amministrazione ed avente ad oggetto “Modalità di svolgimento della prestazione lavorativa nell’evolversi della situazione epidemiologica da parte delle pubbliche amministrazioni”, viene specificato che “Le pubbliche amministrazioni dovranno essere in grado di definire modalità di gestione del personale duttili e flessibili, tali da assicurare che il supporto alla progressiva ripresa delle attività sia adeguato e costante tale da ad assicurare comunque la ragionevole durata e la celere conclusione dei procedimenti.”
Ne consegue che ciascuna amministrazione, nell’ambito della propria autonomia organizzativa e gestionale del lavoro, assuma le decisioni più opportune in relazione all’attivazione o meno dei buoni pasti sostitutivi, alle modalità di erogazione degli stessi, nonché all’attivazione di adeguate misure volte a garantire la verifica di tutte le condizioni e dei presupposti che ne legittimano l’attribuzione ai lavoratori.

 

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Il lavoro agile è incompatibile con la fruizione dei buoni pasto

Con sentenza n. 3463/2020 dell’8 luglio 2020 il Tribunale di Venezia ha stabilito che il lavoro agile è incompatibile con la fruizione dei buoni pasto. Il diritto ai buoni pasto in favore dei lavoratori degli enti locali è previsto al titolo VI del CCNL 14 settembre 2000, e in particolare gli artt. 45 e 46 – richiamati all’art. 26 del CCNL di comparto, subordinano la fruizione soltanto a determinati requisiti di durata giornaliera della prestazione. Per la maturazione del buono pasto, sostitutivo del servizio mensa (v. art. 45 CCNL di comparto), è necessario che l’orario di lavoro sia organizzato con specifiche scadenze orarie e che il lavoratore consumi il pasto al di fuori dell’orario di servizio. Quando la prestazione è resa in modalità di lavoro agile, questi presupposti non sussistono, proprio perché il lavoratore è libero di organizzare come meglio ritiene la prestazione sotto il profilo della collocazione temporale. Come evidenziato anche dalla Corte di Cassazione (sentenza 29.11.2019 n.31137), il buono pasto è un beneficio che non viene attribuito senza scopo, in quanto la sua corresponsione è finalizzata a far sì che, nell’ambito dell’organizzazione di lavoro, si possano conciliare le esigenze di servizio con le esigenze quotidiane del lavoratore, al quale viene così consentita – laddove non sia previsto un servizio mensa – la fruizione del pasto, i cui costi vengono assunti dall’Amministrazione, al fine di garantire allo stesso il benessere fisico necessario per la prosecuzione dell’attività lavorativa, nelle ipotesi in cui l’orario giornaliero corrisponda a quello contrattualmente stabilito per la fruizione del beneficio [ … ]”. Non si tratta quindi di un elemento della retribuzione, né di un trattamento comunque necessariamente conseguente alla prestazione di lavoro in quanto tale, ma piuttosto di un beneficio conseguente alle modalità concrete di organizzazione dell’orario di lavoro. Se così è, i buoni pasto non rientrano sic et simpliciter nella nozione di trattamento economico e normativo, che deve essere garantito in ogni caso al lavoratore in smart working ex art.20 Legge n. 81 del 2017. I buoni pasto non sono dovuti al lavoratore in smart working e di conseguenza la mancata corresponsione degli stessi non è oggetto di contrattazione e confronto con le sigle sindacali. D’altro canto è anche difficile ipotizzare quale potrebbe essere l’esito di tale confronto: se i buoni pasto non spettano, non possono erogati e l’atto del Comune con cui se ne sospende l’erogazione al lavoratore in smart working è sostanzialmente un atto “necessitato”.

 

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