Concorsi pubblici, il vincitore non è titolare di un diritto soggettivo e incondizionato all’assunzione

Il vincitore di un concorso pubblico è titolare non già di un diritto soggettivo pieno e incondizionato all’assunzione, bensì di un interesse legittimo alla stessa, atteso che, qualora nelle more del completamento dell’iter concorsuale sopravvengano circostanze preclusive di natura normativa (blocco generalizzato delle assunzioni), organizzativa (riordino delle dotazioni organiche) o finanziaria (difetto di copertura), l’Amministrazione può paralizzare o annullare la procedura selettiva, fermo restando il sindacato giurisdizionale sulla congruità e sulla correttezza delle relative scelte. È quanto stabilito dal Consiglio di Stato, sezione V, con sentenza 1° febbraio 2021, n. 908.
Nel nuovo contesto di impiego pubblico contrattualizzato, in base all’interpretazione dei commi 1 e 4 dell’art. 63 del d.lgs. n. 165/2001 data dalla Corte di cassazione (cfr. Cass., sez. un., 15 maggio 2003, n. 7507; id., 18 ottobre 2005, n. 20107; 4 aprile 2008, n. 8736), una volta esaurita la procedura concorsuale con l’approvazione della graduatoria, tutte le vicende successive (come quelle relative alla mancata assunzione del vincitore) ricadono nella sfera degli atti di gestione e della capacità di diritto privato delle amministrazioni pubbliche e sono conosciute dal giudice ordinario. Secondo l’ormai consolidato indirizzo del giudice di legittimità, la procedura concorsuale è disciplinata dal diritto pubblico con conseguente posizione di interesse legittimo in capo ai partecipanti, ma, una volta che la stessa si sia esaurita, deve, invece, riconoscersi il grado di protezione del diritto soggettivo all’interesse del vincitore a stipulare il contratto individuale di lavoro, correlato all’obbligo dell’amministrazione di prestare il proprio consenso (cfr. Cass., 5 marzo 2003, n. 3252; 16 aprile 2007, n. 8951; sez. un., 20 agosto 2010, n. 18812; id., 23 settembre 2013, n. 21671). Diversa tuttavia è la relativa impostazione laddove l’assunzione non sia resa possibile da vincoli finanziari normativamente imposti, siccome accaduto nel caso di specie, laddove è sopravvenuta una disciplina che disponeva, per finalità di contenimento della spesa pubblica, il blocco temporaneo delle assunzioni (Cass., n. 8476 del 31 marzo 2017).

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

 

In GU il decreto sulle capacità assunzionali di personale dei comuni

È stato pubblicato in G.U. n. 108 del 27-04-2020 il decreto recante “Misure per la definizione delle capacità assunzionali di personale a tempo indeterminato dei comuni”, in attuazione dell’art. 33, comma 2 del D.L. n. 34/2019 e smi, che ha ridisegnato completamente le regole in materia di limiti assunzionali e introduce un meccanismo di adeguamento al limite del trattamento accessorio, demandando ad apposito decreto attuativo la disciplina di dettaglio.
In particolare, i comuni potranno procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato in coerenza con i piani triennali dei fabbisogni di personale e fermo restando il rispetto pluriennale dell’equilibrio di bilancio asseverato dall’organo di revisione, sino ad una spesa complessiva per tutto il personale dipendente, al lordo egli oneri riflessi a carico dell’amministrazione, non superiore al valore soglia definito come percentuale, differenziata per fascia demografica, della media delle entrate correnti relative agli ultimi tre rendiconti approvati, considerate al netto del fondo crediti dubbia esigibilità stanziato in bilancio di previsione.

L’art. 2 del decreto in oggetto fornisce una definizione di cosa si intende per spesa del personale, intesa come “impegni di competenza per spesa complessiva per tutto il personale dipendente a tempo indeterminato e determinato, per i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, per la somministrazione di lavoro, per il personale di cui all’art. 110 del decreto legislativo 10 agosto 2000, n. 267, nonché per tutti i soggetti a vario titolo utilizzati, senza estinzione del rapporto di pubblico impiego, in strutture e organismi variamente denominati partecipati o comunque facenti capo all’ente, al lordo degli oneri riflessi ed al netto dell’IRAP, come rilevati nell’ultimo rendiconto della gestione approvato”.

Gli artt. 3 e 4 del decreto individuano rispettivamente le fasce demografiche (in cui sono divisi i comuni) e i valori soglia per fascia demografica del rapporto della spesa del personale rispetto alle entrate correnti.

Pertanto, a decorrere dal 20 aprile 2020, il Comune che si trova sotto il valore soglia, definito dalla tabella 1 dell’articolo 4, potrà assumere fino al limite massimo di spesa previsto dal medesimo valore soglia, incrementando la spesa di personale registrata nell’ultimo rendiconto approvato. In sede di prima applicazione e sino al 31 dicembre 2024, l’incremento di spesa del personale dell’anno 2018 per assunzioni potrà essere disposto, però, in misura non superiore al valore percentuale indicato dalla Tabella 2 di cui all’art. 5 del decreto. In deroga alle percentuali indicati dalla tabella 2, i comuni, per il periodo 2020-2024, potranno comunque utilizzare le facoltà assunzionali residue dei 5 anni precedenti al 2020 (2019-2015), sempre nel rispetto del limite della tabella 1, art. 4.
Per il medesimo periodo 2020-2024, i comuni con meno di 5.000 abitanti, che si collocano al di sotto del valore soglia di cui alla Tabella 1 dell’art. 4, di ciascuna fascia demografica, qualora facciano parte di una unione dei comuni e solo per il personale che sarà comandato presso la stessa unione, potranno incrementare la propria spesa del personale di una quota pari a 38.000 euro.
Per i comuni il cui rapporto fra spesa del personale e le entrate correnti risulti superiore al valore soglia per fascia demografica, come individuato dalla Tabella 3 dell’art. 6 del decreto, è previsto un percorso di graduale riduzione annuale del suddetto rapporto fino al conseguimento nell’anno 2025 del predetto valore soglia, anche applicando un turn over inferiore al 100 per cento. Dall’anno 2025 i comuni che presentino ancora un rapporto tra entrate correnti e spesa del personale superiore alla percentuale prevista dalla tabella 3, potranno applicare un turn over del 30% fino al conseguimento del valore soglia.
Per i comuni che si trovano tra i due valori soglia indicati rispettivamente dalla tabella 1 dell’art. 4 e dalla tabella 3 dell’art. 6 non è possibile incrementare il valore del rapporto tra spese di personale ed entrate correnti rispetto a quello corrispondente registrato nell’ultimo rendiconto approvato. Di fatto potranno assumere unicamente sulla base dei cessati perdendo le precedenti facoltà assunzionali.
Per quanto riguarda il limite al trattamento accessorio del personale, di cui all’art. 23, comma 2, del decreto legislativo 25 maggio 2017, n.  75, lo stesso dovrà essere adeguato, in aumento o in diminuzione, per garantire l’invarianza del valore medio pro capite, riferito all’anno 2018, del fondo per la contrattazione integrativa nonché delle risorse per remunerare gli incarichi di posizione organizzativa, prendendo a  riferimento come base di calcolo il personale in servizio al 31 dicembre 2018, fatto salvo il limite iniziale qualora il personale in servizio sia inferiore al numero rilevato al 31 dicembre 2018.
Infine il Decreto chiarisce che la maggior spesa derivante dalle assunzioni effettuate nel rispetto del valore soglia e dell’incremento annuale per il personale a tempo indeterminato non rileva ai fini del rispetto del limite di spesa previsto dall’articolo 1, commi 557-quater, della legge 296/2006.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION