L’IFEL ha pubblicato una nota di chiarimento relativa alla possibilità di continuare ad affidare la concessione del servizio di accertamento e riscossione delle entrate locali secondo la formula corrispettiva del c.d. “canone fisso”. Con riferimento alle prescrizioni di cui all’art. 2-bis del DL n. 193/2016, che dispongono il versamento obbligatorio delle entrate comunali sul conto corrente di tesoreria dell’ente impositore, IFEL ha espresso il proprio parere, secondo il quale l’obbligo in questione trova applicazione solo con riferimento alle entrate, di qualsiasi natura, che sono comunque spettanti all’ente locale e quindi destinate ad essere riversate, non operando, invece, per i casi in cui le entrate, pur nella potestà dell’ente, sono destinate ad essere trattenute, per la particolare forma contrattuale, dal soggetto affidatario. Nel caso della concessione del prelievo sulla pubblicità (o di altre fattispecie analoghe) a fronte di un canone fisso annuale, anziché ad aggio o ad altra forma di remunerazione del servizio, l’incasso del concessionario (fatto salvo il versamento del canone fisso dovuto all’ente impositore) non configura le condizioni di maneggio e custodia di denaro pubblico che hanno condotto il Legislatore ad intervenire nel senso di rendere obbligatorio il versamento diretto all’ente impositore, ma si connota piuttosto quale incasso diretto del corrispettivo devoluto contrattualmente al concessionario a fronte dell’attività eseguita in forza della concessione. Secondo IFEL, il divieto posto dall’art. 53, comma 1, del d.lgs. n. 446/1997, ovvero l’esclusione delle attività di incasso diretto dal novero delle attività di liquidazione, accertamento e riscossione dei tributi e delle entrate degli enti locali, non può intendersi riferito, a somme di spettanza del concessionario, come quelle relative alle somme del canone unico di cui all’art. 1, comma 816, legge 160/2019 nell’ipotesi di affidamento a “canone fisso” e non ad aggio sul riscosso, perché trattasi di somme non destinate ad essere riversate all’ente locale. Di conseguenza, il divieto posto dall’art. 53 citato va letto in combinato disposto con quanto previsto dall’art. 2-bis del dl n. 193 del 2016 e quindi non può che riferirsi al divieto di incasso diretto delle entrate dei Comuni e degli altri enti locali. Conclusivamente, l’istituto si ritiene che, anche a seguito del mutato quadro normativo, sia salvaguardata la possibilità di affidamento a canone fisso, tipico delle piccole realtà comunali.