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Ritenute fiscali negli appalti, verifica della natura commerciale svolta dal Comune

Ai fini dell’applicazione della normativa sulle ritenute fiscali negli appalti, quale “committente”, l’ente territoriale deve verificare la natura commerciale dell’attività svolta, diversa da quella istituzionale, in base alle regole previste ai fini delle imposte dirette, a nulla rilevando la natura commerciale ai fini delle Imposta sul Valore Aggiunto. È quanto stabilito dall’Agenzia delle entrate nella risposta n. 313 all’interpello presentato da un Comune in merito alla possibilità di confermare l’esclusione dei soggetti indicati nell’articolo 74, comma 1, del Tuir, dal titolo “Stato ed enti pubblici”, tra i destinatari dell’articolo 17-bis (introdotto dall’art. 4 del D.L. n. 124/2019), conseguentemente, dall’osservanza degli adempimenti ivi previsti.
Il comma 4 del D.L. n. 124/2019, convertito con modificazioni dalla legge n. 157/2019, introducendo un nuovo articolo 17-bis al D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241, reca una serie di misure in materia di contrasto all’omesso o insufficiente versamento, anche mediante l’indebita compensazione, delle ritenute fiscali, prevedendo nuovi adempimenti, a carico di committenti, appaltatori, subappaltatori, affidatari e altri soggetti che abbiano rapporti negoziali comunque denominati. In particolare dispone l’obbligo per il committente di richiedere all’impresa appaltatrice o affidataria e alle imprese subappaltatrici, obbligate a rilasciarla, copia delle deleghe di pagamento relative al versamento delle ritenute ai fini del riscontro dell’ammontare complessivo degli importi versati dalle imprese; stabilisce che il committente è tenuto a sospendere il pagamento dei corrispettivi maturati dall’impresa appaltatrice o affidataria nel caso di mancata trasmissione o nel caso risultino omessi o insufficienti versamenti; estende l’inversione contabile in materia di Iva (reverse charge) alle prestazioni effettuate mediante contratti di appalto, subappalto, affidamento a soggetti consorziati o rapporti negoziali comunque denominati, che vengono svolti con il prevalente utilizzo di manodopera presso le sedi di attività del committente e con l’utilizzo di beni strumentali di proprietà del committente.

Ai sensi del co.1, dell’art.17-bis del D.Lgs. 241/1997, l’applicazione della norma riguarda i contratti:

  • d’appalto, subappalto, affidamento a soggetti consorziati o rapporti negoziali comunque denominati;
  • stipulati tra committenti, sostituti d’imposta e residenti “fiscalmente” in Italia, e soggetti che svolgono attività d’impresa;
  • che abbiano ad oggetto il compimento di una o più opere, o di uno o più servizi, di importo complessivo annuo superiore a 200.000 euro,
  • che siano caratterizzati da prevalente utilizzo di manodopera;
  • con svolgimento presso le sedi di attività del committente;
  • con utilizzo di beni strumentali di proprietà del committente o ad esso riconducibili in qualsiasi forma.

Al riguardo, l’Agenzia ricorda che le lettere b) e c) dell’articolo 73 del Tuir annoverano, tra i soggetti passivi Ires, rispettivamente, gli enti pubblici (e privati) economici e quelli che non hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali. Tra tali soggetti rientrano anche gli enti pubblici territoriali. Il successivo articolo 74 dispone che tali enti non sono soggetti all’Ires (comma 1) e che per i soggetti stessi non costituiscono esercizio dell’attività commerciale le funzioni statali e, in genere, l’esercizio di attività previdenziali, assistenziali e sanitarie svolte da enti pubblici istituiti esclusivamente a tal fine (comma 2). L’esclusione ovvero l’esenzione dall’applicazione del tributo personale riguarda, pertanto, esclusivamente l’esercizio di funzioni statali e le altre attività svolte in via istituzionale. Gli enti non commerciali (pubblici e privati), come chiarito nella circolare 12 febbraio 2020, non sono tenuti all’applicazione dell’articolo 17-bis limitatamente all’attività istituzionale di natura non commerciale svolta. Pertanto, al fine di individuare la natura “commerciale” dell’attività svolta, l’articolo 17-bis opera nell’ambito delle disposizioni che disciplinano gli obblighi di sostituzione d’imposta nel reddito di lavoro dipendente e in quello adesso assimilato, nonché in relazione alle correlate addizionali regionali e comunali. Pertanto, per ragioni logico-sistematiche, ai fini dell’applicazione dell’articolo 17-bis, l’ente (nel caso di specie il Comune istante) deve verificare la natura commerciale dell’attività svolta, diversa da quella istituzionale, in base alle regole previste ai fini delle imposte dirette, a nulla rilevando la natura commerciale ai fini delle Imposta sul Valore Aggiunto.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION