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Partecipate, Soccorso finanziario ammesso solo nel caso di prospettiva dimostrabile di recupero dell’efficienza

Il soccorso finanziario a favore degli organismi partecipati, di norma precluso per quelli che presentino reiterate perdite di esercizio, in base all’art. 14, co.5 TUSP è ammesso unicamente, a tutela dell’interesse pubblico, in presenza di una documentata e motivata prospettiva di recupero dell’economicità e dell’efficienza della gestione dei soggetti beneficiari, escludendo ripiani a consuntivo. È quanto ribadito dalla Corte dei conti, Sez. Lombardia, con deliberazione n. 31/2022, in riscontro ad una richiesta di parere di un Comune, circa la possibilità per l’Ente di ripianare le spese legali e di soccombenza conseguenti a un giudizio di responsabilità promosso – dalla propria società partecipata al 100%, che presenta da anni perdite di esercizio e attualmente in liquidazione – nei confronti di un ex amministratore.

Esaminate le norme del TUSP e il consolidato orientamento della giurisprudenza contabile, la Sezione ricorda che non sussiste a carico del socio pubblico, anche se unico socio, alcun obbligo di procedere al ripiano delle perdite o all’assunzione diretta dei debiti di una partecipata. Il socio di capitali che ripiani i debiti della propria società, rinunciando al limite legale della responsabilità patrimoniale, di fatto si accolla i debiti di un terzo soggetto. L’art. 14, comma 5, primo periodo, D. Lgs. 175/2016 sancisce espressamente il cd. “divieto di soccorso finanziario”, quale particolare forma di ripiano degli squilibri e conseguente integrazione delle perdite della società in mano pubblica da
parte dell’ente partecipante a favore delle partecipate “che abbiano registrato, per tre esercizi consecutivi, perdite di esercizio ovvero che abbiano utilizzato riserve disponibili per il ripianamento di perdite anche infrannuali”. La regola cristallizza “l’abbandono della logica di salvataggio obbligatorio degli organismi in condizione di irrimediabile dissesto. Ciò anche nell’ottica delle regole europee che vietano ai soggetti che operano nel mercato di fruire di diritti speciali od esclusivi”.

L’ accantonamento di quote di bilancio previsto dall’art. 21 del TUSP, in conseguenza di risultati gestionali negativi degli organismi partecipati, non determina per l’ente socio alcun obbligo di provvedere al ripiano delle perdite né l’assunzione diretta dei debiti del soggetto partecipato. Tali principi operano anche in relazione alle società poste in liquidazione e per quelle a partecipazione pubblica totalitaria. L’obbligo di accantonamento costituisce una regola prudenziale di bilancio, il cui rispetto non contraddice la sussistenza del divieto di ripiano perdite attualmente previsto dall’art. 14, comma 5, d.lgs. n. 175/2016 se non nel quadro di un piano di risanamento che garantisca l’equilibrio futuro dei conti della partecipata. Mentre, infatti, le ipotesi di soccorso finanziario sono disciplinate dall’art. 14 del medesimo d.lgs. n. 175/2016, l’accantonamento de quo risponde alla diversa ratio di neutralizzare prospetticamente le ricadute negative delle gestioni societarie, riducendo le capacità di spesa dell’ente pubblico partecipante.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

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