In caso di inottemperanza all’ordine di demolizione di opere abusive, l’effetto traslativo della proprietà avviene ipso iure e costituisce l’effetto automatico della mancata ottemperanza, pertanto il provvedimento di acquisizione presenta una natura meramente dichiarativa e non implica alcuna valutazione discrezionale (cfr. ad es. C.d.S., sez. VI, 25 giugno 2019, n. 4336). È quanto ha ribadito dal Consiglio di Stato, sezione VI, con la sentenza 3 agosto 2020, n. 4888.
La giurisprudenza ha avuto modo di approfondire il tenore e gli effetti del comma 5 dell’art. 31 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia), ai sensi del quale l’opera acquisita è demolita con ordinanza del dirigente o del responsabile del competente ufficio comunale a spese dei responsabili dell’abuso, salvo che con deliberazione consiliare si dichiari l’esistenza di prevalenti interessi pubblici e sempre che l’opera non contrasti con rilevanti interessi urbanistici, ambientali o di rispetto dell’assetto idrogeologico;
In sostanza, la norma consente, in alternativa alla soluzione finale della demolizione dell’edificazione abusiva, che quest’ultima resti pur sempre in situ, ponendo, affinché effettivamente si determini il vantaggio per l’intera collettività, requisiti destinati a fungere da presupposto dell’evento – sussistenza di prevalenti interessi pubblici; mancanza di contrasto dell’edificazione con rilevanti interessi urbanistici, ambientali o di rispetto dell’assetto idrogeologico – dei quali è arbitro l’ente locale, e dei quali il controinteressato può dimostrare l’insussistenza (cfr. ad es. C.d.S., sez. VI, 13 aprile 2017, n. 1770).