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La surroga del consigliere comunale dimissionario dev’essere deliberata dal Consiglio

Ai sensi dell’art. 38, commi 4 e 8, del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, la surroga del consigliere comunale dimissionario, pur costituendo un atto dovuto e vincolato, necessita di una specifica ed espressa deliberazione del Consiglio comunale. È quanto ribadito dal TAR Calabria, sezione I, con sentenza del 9 settembre 2020, n. 1440. Il comma 8 dell’art. 38 stabilisce, infatti, che il consiglio, entro e non oltre dieci giorni, deve procedere alla surroga dei consiglieri dimissionari, con separate deliberazioni, seguendo l’ordine di presentazione delle dimissioni quale risulta dal protocollo.
In merito alla possibilità di procedere comunque alla surroga del consigliere dimissionario da parte del Consiglio riunito in seconda convocazione (laddove in prima convocazione non sia stato possibile procedere per sopravvenute dimissioni dei consiglieri), al fine di incorrere nella causa di scioglimento del Consiglio comunale prevista dall’art. 141, comma 1, lett. b), n. 4), TUEL («riduzione dell’organo assembleare per impossibilità di surroga alla metà dei componenti del consiglio»), il Tribunale è consapevole dell’orientamento, espresso in una risalente sentenza del Consiglio di Stato (C.d.S., Sez. V, 17 febbraio 2006, n. 640), secondo cui la seconda convocazione di un collegio deliberante ha lo scopo di ridurre il quorum strutturale necessario per la validità delle deliberazioni, onde evitare, in base ad un principio di efficienza dell’organo collegiale, la paralisi di questo. In relazione a tale finalità sono irrilevanti le ragioni per le quali non si è potuta tenere l’adunanza in prima convocazione, qualunque ne possa essere la ragione. Per tale ragione, sarebbe consentito procedere alla surroga dei consiglieri dimissionari anche laddove non sia possibile una valida riunione del Consiglio in prima convocazione per via delle sopravvenute dimissioni di un numero di consiglieri tale da non consentire il raggiungimento del quorum costitutivo, purché l’assemblea sia in grado di deliberare in seconda convocazione con il quorum previsto dal regolamento, nel rispetto dell’art. 38, comma 2, d.lgs. TUEL.
Per i giudici del TAR, appare però, più convincente il diverso orientamento, emerso nella giurisprudenza dei T.A.R. (cfr. T.A.R. Veneto, Sez. I, 9 giugno 2008, n. 1689; T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. I, 17 gennaio 2015, n. 33; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. I, 3 aprile 2018, n. 2131), per cui rientra nella stessa ratio della previsione che distingue tra sedute di prima e seconda convocazione attribuendo preferenza alle prime (per le ragioni di maggior rappresentatività sopra evidenziate) che deve ritenersi insita nel sistema la necessità che, affinché il consiglio possa continuare ad operare senza essere sciolto, esso debba garantire quantomeno in astratto (con la presenza del relativo numero minimo legale) la valida costituzione dell’assemblea in prima convocazione.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION