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Danno erariale per l’avvocato dell’Ente che non impugna una sentenza sfavorevole

Risponde del danno erariale l’avvocato dell’ente pubblico (nella specie, l’Inps) che abbia omesso di proporre appello avverso una sentenza sfavorevole, pur sussistendo, alla luce della consolidata giurisprudenza della Corte di cassazione, elevate probabilità di ottenerne la riforma. La giurisprudenza civile unanimemente riconosce, infatti, il risarcimento del danno da omessa impugnazione nel caso in cui, come quello in analisi, sulla base della regola del “più probabile che non”, sia possibile, sulla base di un accertamento prognostico, affermare che l’omessa impugnazione abbia avuto efficacia causale diretta nella determinazione del danno (ex multis, Corte di cassazione, sez. III civ., ord. 30 aprile 2018, n. 10320). Tali approdi della giurisprudenza civile ben possono essere utilizzati anche nel giudizio di responsabilità amministrativo-contabile, ovviamente in presenza dell’elemento psicologico minimo costituito dalla colpa grave. Peraltro, è granitico l’orientamento della giurisprudenza contabile nel senso di riconoscere la responsabilità dell’agente pubblico a fronte di una lite temeraria, situazione sovrapponile all’omessa impugnazione. In proposito, è stato evidenziato, con affermazione utilizzabile anche ai fini del giudizio, che “la temerarietà della lite si ravvisa nella coscienza dell’infondatezza della domanda o nel difetto della normale diligenza per l’acquisizione di detta coscienza” (Corte dei conti, Sez. giur. per il Trentino-Alto Adige, sede di Trento, sent. n. 18 del 16 giugno 2018); nel caso in argomento, da parte dell’avv. è mancata proprio l’ordinaria diligenza nell’acquisire la coscienza in merito alle elevate possibilità di successo che avrebbe avuto l’impugnazione della sentenza del Tribunale. La condotta ha arrecato all’Ente un danno, poiché ha precluso la possibilità di ottenere la riforma della sentenza di primo grado. Tale danno, sulla scia degli approdi del giudice ordinario, può essere considerato da perdita di chance che, sulla base della regola del “più probabile che non”, si considera integrato ogniqualvolta si ravvisi la ragionevole probabilità che la situazione lamentata avrebbe potuto avere una diversa e più favorevole evoluzione se fosse stata usata l’ordinaria diligenza professionale. Sotto il profilo soggettivo la condotta del convenuto, sulla base di un accertamento condotto ex ante e in concreto, dev’essere qualificata come gravemente colposa, poiché carente del livello minimo di prudenza e perizia che è lecito attendersi da un avvocato di ente pubblico. In particolare, occorre evidenziare come nel caso in questione fosse pienamente prevedibile e, quindi, prevenibile, l’evento dannoso che, a fronte della mancata impugnazione, si è verificato a carico dell’ente di appartenenza.
È quanto ha stabilito la Corte dei conti, Sezione giurisdizionale, Emilia-Romagna, sentenza 30 aprile 2020, n. 44.