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Corte dei conti: acquisto di un immobile di proprietà di un cooperativa in liquidazione, debitrice nei confronti del Comune acquirente

La Corte dei conti, Sez. Emilia-Romagna, con deliberazione n. 36/2024/PAR, ha reso il proprio parere in merito ad un quesito posto da un Comune, in merito alla possibilità per l’Ente di acquistare un bene gravato da ipoteca costituita a favore dello stesso Comune a garanzia di un debito IMU, sia alla possibilità, di operare una prestazione in luogo di adempimento cioè la sostituzione della prestazione dovuta in denaro per il debito IMU acquisendo lo stesso immobile in sede contrattuale.

Nel parere, reso in termini generali, la Sezione ricorda, preliminarmente, che l’azione della PA può esplicarsi tanto nelle forme del diritto pubblico, quanto in quelle proprie del diritto privato. L’attività negoziale della P.A., intesa come l’insieme di atti e comportamenti preordinati, direttamente o indirettamente, al perseguimento di un fine pubblico, è espressione dell’autonomia privata della stessa che trova il proprio fondamento nella libertà di iniziativa garantita, costituzionalmente e legislativamente, a tutte le persone giuridiche, e, dunque, anche agli enti pubblici titolari sia di poteri autoritativi che della capacità di agire in base alle regole del diritto comune. La possibilità di sostituire un debito tributario IMU, costituito da una prestazione in denaro, con l’acquisizione di un immobile. Si tratterebbe, quindi, della concreta applicabilità dell’istituto della prestazione in luogo dell’adempimento, c.d. “datio in solutum”, in cui il debitore non può liberarsi eseguendo una prestazione diversa da quella dovuta, anche se di valore uguale o maggiore, salvo che il creditore acconsenta.

Non è possibile il ricorso da parte dell’Ente, al fine di sostituire un debito tributario IMU con l’acquisizione di un immobile, alla prestazione in luogo di adempimento di cui all’art. 1197 c.c., in quanto prevista dal legislatore in ambito tributario non come istituto generale, ma solo per specifiche e determinate ipotesi e non rinvenendosi, altresì, alcuna specifica disposizione in tal senso nella disciplina dell’imposta municipale propria da cui deriva il debito tributario di cui al quesito posto dall’Ente. Ferma restando l’autonomia negoziale dell’Ente nonché l’adozione delle decisioni concrete in ordine alla successiva attività gestionale di esclusiva competenza dell’amministrazione, la conclusione di un eventuale atto commutativo deve necessariamente ossequiare i principi generali di buon andamento (art. 97, c. 2, Cost.) ed imparzialità che regolano l’azione amministrativa.

La scelta di un ente pubblico di addivenire ad una rinuncia inerente alle entrate di pertinenza dell’ente stesso deve essere riconducibile ai canoni di razionalità, convenienza, logica e correttezza gestionale, avendo sempre riguardo ad una imprescindibile valutazione della “cura concreta di interessi pubblici”, che ne costituisce la causa in concreto. L’attuale previsione di cui all’art. 201 del D.Lgs. n. 36/2023 – la quale prevede al c. 4 che un atto generale dell’ente concedente determini la natura e la misura degli incentivi fiscali previsti per la conclusione dei contratti di partenariato sociale – postula la necessaria riferibilità dell’istituto a una disciplina generale ed astratta e non già a situazioni concrete di esonero dell’obbligo tributario: essa deve predeterminare su un piano generale i criteri della successiva azione amministrativa, i quali , non potendosi riferirsi a situazioni puntuali e concrete, devono essere riferiti non tanto a crediti già esistenti (la cui cancellazione potrebbe determinare effetti pregiudizievoli sugli equilibri di bilancio considerato che i debiti tributari del cittadino sono iscritti tra i residui attivi dell’ente), bensì a profili di intervento commutativo da attuarsi in futuro.

La generale capacità di agire contemplata dall’art. 11 cc. in capo agli enti pubblici implica la doverosa funzionalizzazione anche dell’attività privatistica agli scopi di buon andamento, imparzialità e legalità che l’art. 97 Cost. assegna alle Pubbliche amministrazioni. La messa in liquidazione della Cooperativa dovrebbe fare attentamente considerare l’Amministrazione circa la possibile applicazione dell’art. 166 c. 1 lett. b) CCII alla fattispecie negoziale complessivamente prospettata. Non può invero escludersi a priori che la controparte privata possa trovarsi in una condizione di insolvenza con conseguente necessità di rispettare la par condicio creditorum e l’ordine delle legittime cause di prelazione.

 

 

La redazione PERK SOLUTION

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