In tema di concessioni di aree demaniali marittime, il mancato ricorso a procedure di selezione aperta, pubblica e trasparente tra gli operatori economici interessati, tale da determinare un ostacolo all’ingresso di nuovi soggetti nel mercato, ove previsto dalla legislazione regionale comporta non solo l’invasione della competenza esclusiva statale in materia di tutela della concorrenza, in violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., ma anche il contrasto con l’art. 117, primo comma, Cost., per lesione dei principi di derivazione europea nella medesima materia. Tali principi si estendono anche alle concessioni demaniali marittime con finalità turistico ricreative le quali hanno come oggetto un bene/servizio limitato nel numero e nell’estensione a causa della scarsità delle risorse naturali; la spiaggia è infatti un bene pubblico demaniale (art. 822 c.c.) e perciò inalienabile e impossibilitato a formare oggetto di diritti a favore di terzi (art. 823 c.c.), sicché proprio la limitatezza nel numero e nell’estensione, oltre che la natura prettamente economica della gestione (fonte di indiscussi guadagni), giustifica il ricorso a procedure comparative per l’assegnazione. È quanto stabilito dal Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza del 16 febbraio 2021, n. 1416. La Sezione ha ricordato che la Corte Costituzionale, con sentenza 24 febbraio 2017, n. 40, ha ritenuto costituzionalmente illegittimo l’art. 14 della stessa legge che consentiva di confermare a favore degli originari concessionari la titolarità di almeno il 50 per cento delle aree demaniali già attribuite in concessione. Cosicché è del tutto evidente che non può aversi dubbio circa la correttezza dell’art. 8, l. reg. Puglia n. 17 del 2015 che invece prescrive il ricorso alle procedure di evidenza pubblica e non l’assegnazione diretta delle aree demaniali. Secondo la giurisprudenza della Corte, infatti, la disciplina relativa al rilascio delle concessioni su beni demaniali marittimi investe diversi ambiti materiali, attribuiti alla competenza sia statale che regionale. In tale disciplina, particolare rilevanza, quanto ai criteri e alle modalità di affidamento delle concessioni, “assumono i principi della libera concorrenza e della libertà di stabilimento, previsti dalla normativa comunitaria e nazionale” (cfr. sentenza n. 213 del 2011), principi nello specifico salvaguardati dalle procedure indicate dal citato art. 8.
In definitiva, il mancato ricorso a procedure di selezione aperta, pubblica e trasparente tra gli operatori economici interessati, determina un ostacolo all’ingresso di nuovi soggetti nel mercato, non solo risultando invasa la competenza esclusiva statale in materia di tutela della concorrenza, in violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., ma conseguendone altresì il contrasto con l’art. 117, primo comma, Cost., per lesione dei principi di derivazione europea nella medesima materia. Tale principio si estende anche alle concessioni demaniali marittime con finalità turistico ricreative le quali hanno come oggetto un bene/servizio limitato nel numero e nell’estensione a causa della scarsità delle risorse naturali. La spiaggia è infatti un bene pubblico demaniale (art. 822 c.c.) e perciò inalienabile e impossibilitato a formare oggetto di diritti a favore di terzi (art. 823 c.c.), sicché proprio la limitatezza nel numero e nell’estensione, oltre che la natura prettamente economica della gestione (fonte di indiscussi guadagni), giustifica il ricorso a procedure comparative per l’assegnazione (in tal senso si è espressa la Corte di Giustizia Europea che ha affermato che “l’art. 12 della Dir. 2006/123/CE(38) osta a una misura nazionale che preveda l’automatica proroga del titolo concessorio, in assenza di qualsiasi procedura selettiva di valutazione degli operatori economici offerenti” – cfr. sentenza 14 luglio 2016). Di conseguenza, qualsivoglia normativa nazionale o regionale deve in materia ispirarsi alle regole della Unione Europea sulla indizione delle gare (Cons. Stato, sez. VI, 13 aprile 2017, n. 1763), stante l’efficacia diretta nell’ordinamento interno degli Stati membri delle pronunce della Corte.