La concessione della gestione di aree pubbliche ad un privato, nell’ambito della quale è attribuito a questi il diritto di sfruttamento economico del bene pubblico stesso, si ascrive nella fattispecie della concessione di servizi, disciplinata, nel caso di specie, dal combinato disposto dell’art. 30 d.lgs. 163/2006 e del regolamento comunale citato, che impone l’individuazione del concessionario all’esito di un procedimento ad evidenza pubblica. È quanto stabilito dall’ANAC, con delibera n. 431 del 13 maggio 2020. L’Autorità ha chiarito che debba ritenersi esclusa l’operatività dell’art. 20 del d.lgs. 50/2016 quando il privato che realizzi l’opera ne riceva un’utilità (cfr. Delibera ANAC n. 763 del 16 luglio 2016). Nel caso di specie, l’utilità è desumibile dall’art. 8 co. 2 della convenzione, secondo cui “per far fronte agli oneri economici connessi ai detti obblighi, il Promotore ha diritto” ai proventi derivanti da attività, eventi, ed iniziative presso il Garden center e presso il parco di Piazza omissis nonché dalla gestione del chiosco all’interno del Garden center e di quello presso il parco di Piazza omissis. Peraltro, l’art. 20 invocato dal Comune di omissis condurrebbe ad applicare, anziché che ad escludere, le regole in materia di evidenza pubblica almeno nei tratti essenziali, ai sensi dell’art. 4 d.lgs. 50/2016
Tanto chiarito, può però effettivamente dubitarsi dell’applicabilità del codice dei contratti agli interventi da eseguirsi, secondo quanto previsto in convenzione, sulle aree di proprietà del promotore. In proposito, infatti, anche la giurisprudenza ha escluso l’applicabilità anche dell’art. 32, comma 1, lett. g), D.Lgs. n. 163 del 2006 in caso di esercizio dello ius aedificandi del privato (TAR Puglia, 30/1/2009 n. 157).