Erogazioni liberali da parte delle società in house a favore degli Enti soci

In linea generale, le società in house possano porre in essere negozi a titolo gratuito o liberale, sempre che siano volti alla realizzazione di un interesse, patrimonialmente valutabile, rientrante nell’oggetto sociale. Tuttavia, compete esclusivamente all’ente socio valutare la rispondenza dell’atto dispositivo all’oggetto sociale e la compatibilità con la specifica destinazione impressa dalla società alle somme oggetto di liberalità in favore dei comuni soci, elementi sui quali la Corte dei conti non può interferire. È quanto previsto dalla Corte dei conti, Sez. Lombardia, con deliberazione n. 100/2020/PAR in risposta ad una richiesta di parere in merito alla possibilità del Comune di ricevere, da parte di una società partecipata, erogazioni liberali in denaro a sostegno delle misure di contrasto all’emergenza epidemiologica da COVID-19, da destinare in favore di operatori economici individuati dall’Ente. L’ente istante riferisce che la società in house intende effettuare, in favore dei Comuni soci, erogazioni liberali di risorse economiche attualmente destinate alla mitigazione del costo del servizio di igiene urbana gravante sugli utenti finali. La somma sarebbe ripartita non in ragione della partecipazione al capitale di ciascun socio, ma del valore degli affidamenti ricevuti. Nel merito, i giudici hanno evidenziato che nel contesto della riforma delle società in controllo pubblico operata con il decreto legislativo n. 175/2016 (c.d. testo unico delle società partecipate), “le società cc.dd. pubbliche, al pari di tutte le altre società, possano propriamente disporre negozi gratuiti, ovvero caratterizzati dall’assenza di controprestazione, in quanto volti alla realizzazione di un proprio interesse, patrimonialmente valutabile, comunque rientrante nell’oggetto sociale”. In ogni caso, esiste un limite intrinseco alle liberalità poste in essere da organismi societari, rappresentato dalla riconducibilità all’oggetto sociale dell’atto dispositivo. È stato così sottolineato, da un lato, come “l’eventuale atto liberale o gratuito, estraneo all’oggetto sociale, pur rimanendo valido (arg. anche ex art. 2384 c.c.), sia di per sé suscettibile d’essere eventualmente sanzionato tramite le azioni civilistiche poste a presidio delle prerogative della società, dei soci e dei creditori sociali (artt. 2393, 2394 e 2395 c.c.)”. Dall’altro lato, “tali fattispecie, con riferimento specifico alle società in controllo pubblico, paiono in astratto idonee, di conseguenza, ad intersecare diminuzioni patrimoniali qualificabili, ricorrendone le condizioni, in termini di danno erariale, secondo la nozione ora accolta dall’art. 12, comma 2, del TUSP”. L’inerenza dell’atto dispositivo all’attività svolta dall’organismo societario e le ricadute dirette sul valore della partecipazione non rappresentano gli unici aspetti che condizionano l’atto donativo della società partecipata. Anche nell’ambito della più ampia funzione di vigilanza che l’ente pubblico socio istituzionalmente svolge nei confronti delle proprie partecipate ai sensi dell’art. 147- quater del TUEL, allorché venga in rilievo lo svolgimento di un servizio pubblico locale rivolto alla collettività, remunerato mediante tariffa, non possono essere obliterati gli effetti economici in capo all’utenza del servizio.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Società a controllo pubblico: L’applicazione ragionata della disciplina della pre-allerta del TUSP

Il Consiglio Il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili ha pubblicato il documento “L’applicazione ragionata della disciplina della pre-allerta nelle società a controllo pubblico ai tempi del Covid-19”, ispirato dalla constatazione che la legislazione relativa alla gestione dell’emergenza Covid-19 non ha sospeso la parte speciale della disciplina della crisi di impresa dettata, per le società a controllo pubblico, dagli artt. 6, co. 2 e 14, co. 2, 3, 4 e 5 del d.lgs. 175/2016, pur essendo questa integrata, per ratio ispiratrice, al sistema di allerta predisposto dal Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza, la cui entrata in vigore è invece stata differita dal Decreto Liquidità”.
In tale contesto è evidente la necessità di un’applicazione ragionata delle disposizioni in questione, dettata dall’assoluta eccezionalità del contesto emergenziale. Di conseguenza, viene raccomandato agli operatori (organi amministrativi e di controllo, nonché soci pubblici) di privilegiare una gestione conservativa e, sempreché non si tratti di impresa già in difficoltà prima dell’emergenza Covid-19, di soprassedere, pur a fronte dell’emersione di indicatori di crisi aziendale, dall’adottare misure e provvedimenti altrimenti imposti – in un contesto di normalità – ai sensi dell’art. 14 del TUSP”.
Il documento, quindi, ha un importante rilievo pratico, in quanto suggerisce, in chiusura, un iter argomentativo a sostegno di tale condotta prudenziale, rassicurando sul fatto che simile scelta operativa dovrebbe risultare immune dalla denunzia per gravi irregolarità ex art. 2409 cod. civ., senza poter del pari configurare, più in generale, titolo di responsabilità a carico degli organi societari e del socio pubblico”.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

 

 

Comunicazione revisione periodica società partecipate, c’è tempo fino al 17 luglio

Entro il termine del 17 luglio 2020 le Amministrazioni pubbliche devono comunicare, attraverso l’applicativo Partecipazioni del Portale Tesoro https://portaletesoro.mef.gov.it:

  • i dati relativi alla revisione periodica delle partecipazioni pubbliche e alla relazione sull’attuazione del precedente piano di razionalizzazione (art. 20, commi 1 e 2 e comma 4, del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175 – Testo Unico in materia di società a partecipazione pubblica – TUSP);
  • le informazioni sulle partecipazioni e sui rappresentanti in organi di governo di società ed enti al 31/12/2018 (art. 17 del D.L. n. 90/2014).

Vengono acquisite anche le informazioni contenute nella relazione sullo stato di attuazione del precedente piano di razionalizzazione adottato. Pertanto, le Amministrazioni individuate ai sensi dell’art. 2, comma 1, lett. a), del TUSP devono comunicare, per le partecipazioni oggetto di revisione periodica, le informazioni richieste per il censimento annuale delle partecipazioni detenute al 31/12/2018 nonché le ulteriori informazioni rilevanti per la verifica del rispetto del TUSP (esito della revisione, stato di attuazione del precedente piano di razionalizzazione) e devono altresì caricare nell’applicativo i provvedimenti adottati ai sensi dell’art. 20 del TUSP.
Come elementi di novità si evidenzia che:

  • sono state implementate nuove funzionalità per rilevare informazioni sulle partecipazioni dirette comunicate nel censimento precedente o risultanti dal Registro delle imprese e non dichiarate per la rilevazione in corso;
  • ai fini del censimento annuale è richiesta la comunicazione dei dati delle sole partecipazioni indirette di primo livello detenute attraverso società o organismi controllati.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Censimento delle partecipazioni, c’è tempo fino al 17 luglio 2020

Il Dipartimento del Tesoro con comunicato del 23 giugno scorso ricorda che la rilevazione, attraverso l’applicativo Partecipazioni, dei dati relativi alla revisione periodica delle partecipazioni pubbliche, prevista dall’art. 20 del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175 – Testo Unico in materia di società a partecipazione pubblica (TUSP) – e al censimento delle partecipazioni e dei rappresentanti in organi di governo di società ed enti al 31/12/2018, ai sensi dell’art. 17 del D.L. n. 90/2014, terminerà il 17 luglio 2020, fatte salve eventuali proroghe che si rendessero necessarie per l’emergenza Covid-19.
Per entrambi i richiamati adempimenti è previsto l’obbligo di comunicare anche l’assenza di partecipazioni, prestando esplicita dichiarazione da inoltrare attraverso l’applicativo. Nel caso di Amministrazioni soggette al TUSP deve essere inserito il provvedimento, adottato dall’organo competente, attestante la non detenzione di partecipazioni in società.
Viene precisato che la trasmissione del provvedimento alla Struttura per l’indirizzo, il controllo e il monitoraggio di cui all’art. 15 del TUSP può essere effettuata esclusivamente attraverso l’applicativo Partecipazioni. La Struttura non terrà conto delle comunicazioni dei provvedimenti effettuate attraverso altri canali (ad esempio inoltrate via PEC). Resta fermo l’obbligo di comunicazione alla competente Sezione della Corte dei conti, ai sensi dell’art. 20, comma 3, del TUSP.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Nessun obbligo di ripiano perdite anche in caso di accantonamento a fondo società partecipate

L’adempimento dell’obbligo di accantonamento di quote di bilancio, in correlazione a risultati gestionali negativi degli organismi partecipati, non comporta l’insorgenza a carico dell’Ente socio, anche se unico, di un conseguente obbligo al ripiano di dette perdite o all’assunzione diretta dei debiti del soggetto partecipato (come ampiamente chiarito dalla giurisprudenza contabile). È quanto ribadito dalla Corte dei conti, Sez. Piemonte, nella deliberazione 63/2020/SRCPIE/PRSE. Nel merito, i giudici contabili hanno ricordato che la norma di cui all’articolo 21 del D.Lgs. 19 agosto 2016, n. 175 (Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica), prevede che, qualora un organismo partecipato presenti un risultato di esercizio negativo che non venga immediatamente ripianato, l’Ente locale partecipante è tenuto ad accantonare, in misura proporzionale alla quota di partecipazione, l’importo corrispondente in apposito fondo vincolato del bilancio di previsione dell’anno successivo. Viene, dunque, creata una relazione diretta tra le perdite registrate dagli organismi partecipati e la consequenziale contrazione degli spazi di spesa effettiva disponibili per gli enti proprietari a preventivo, con l’obiettivo di una maggiore responsabilizzazione degli enti locali nel perseguimento della sana gestione degli organismi partecipati. Come precisato dalla giurisprudenza contabile, “il meccanismo dell’accantonamento risponde all’esigenza di consentire una costante verifica delle possibili ricadute delle gestioni esternalizzate sui bilanci degli enti locali e si pone quindi nell’ottica dalla salvaguardia degli equilibri finanziari presenti e futuri degli enti stessi. Le citate disposizioni prevedono anche che le somme accantonate nel fondo vincolato in questione tornino nuovamente nella disponibilità dell’ente partecipante (e possano cioè essere destinate alla copertura di spese effettive) qualora il medesimo ripiani le perdite di esercizio o dismetta la partecipazione, oppure il soggetto partecipato sia posto in liquidazione. Lo stesso effetto si realizza ove le perdite conseguite in esercizi precedenti siano ripianate dagli stessi soggetti partecipati, cioè siano riassorbite attraverso la gestione successiva” (v., Sez. Liguria, deliberazione n. 24/2017/PAR). Pur in presenza degli accantonamenti in argomento, pertanto, il “soccorso finanziario” nei confronti degli organismi partecipati si ritiene permanga del tutto precluso allorché si versi nella condizione di reiterate perdite di esercizio, presa in considerazione dall’articolo 6, comma 19, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, con disposizione confermata dall’art. 14, comma 5, del testo unico di cui al decreto legislativo n. 175 del 2016. Ne deriva, pertanto, che un ente locale che dovesse assorbire a carico del proprio bilancio i risultati negativi della gestione di un organismo partecipato, pur in presenza degli accantonamenti prudenziali di cui all’art. 21 in oggetto, sarà tenuto a dimostrare lo specifico interesse pubblico perseguito in relazione ai propri scopi istituzionali, evidenziando in particolare le ragioni economico-giuridiche dell’operazione, le quali, devono necessariamente essere fondate sulla possibilità di assicurare una continuità aziendale finanziariamente sostenibile.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

 

Mantenimento partecipazioni pubbliche, rilevano il vincolo di scopo e il vincolo di attività

La Corte dei conti, Sez. Lombardia, con deliberazione n. 77/2020 rispondendo ad un quesito posto dal Commissario straordinario di un Comune, rileva che, ai fini del mantenimento di una partecipazione pubblica, gli enti dovranno valutare attentamente la sussistenza delle condizioni previste dall’art. 4 del d.lgs. n. 175/2016 e, dunque, del cd. vincolo di scopo e del cd. vincolo di attività, a prescindere dal fatto che una partecipazione pubblica sia tale da poter qualificare una società pubblica in termini di “ente in house”. Il vincolo di scopo è riconducibile all’oggetto delle attività di produzione di beni e servizi da parte delle società, che dovrà essere strettamente necessario per il perseguimento delle finalità istituzionali dell’ente. Il vincolo di attività individua le attività consentite alle società pubbliche, quali:

  1. produzione di un servizio di interesse generale, ivi inclusa la realizzazione e la gestione delle reti e degli impianti funzionali ai servizi medesimi;
  2. progettazione e realizzazione di un’opera pubblica sulla base di un accordo di programma fra amministrazioni pubbliche, ai sensi dell’articolo 193 del decreto legislativo n. 50 del 2016;
  3. realizzazione e gestione di un’opera pubblica ovvero organizzazione e gestione di un servizio d’interesse generale attraverso un contratto di partenariato di cui all’articolo 180 del decreto legislativo n. 50 del 2016, con un imprenditore selezionato con le modalità di cui all’articolo 17, commi 1 e 2;
  4. autoproduzione di beni o servizi strumentali all’ente o agli enti pubblici partecipanti o allo svolgimento delle loro funzioni, nel rispetto delle condizioni stabilite dalle direttive europee in materia di contratti pubblici e della relativa disciplina nazionale di recepimento;
  5. servizi di committenza, ivi incluse le attività di committenza ausiliarie, apprestati a supporto di enti senza scopo di lucro e di amministrazioni aggiudicatrici di cui all’articolo 3, comma 1, lettera a), del decreto legislativo n. 50 del 2016.

La qualificazione di ente in house rileva, invece, ai fini delle modalità con cui sono affidati i contratti pubblici da parte delle pubbliche amministrazioni.  Solo le società che hanno le caratteristiche, ex lege previste (vd. anche artt. 5 e 192 del d.lgs. n. 50/2016), di enti in house potranno ricevere affidamenti diretti da parte delle pubbliche amministrazioni, con ciò derogando ai più generali principi di tutela della concorrenza sul mercato, disciplinati dalla legislazione nazionale ed europea.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Anche le società consortili sono soggette a razionalizzazione

Le società consortili a partecipazione pubblica rientrano a pieno titolo nella disciplina dettata dal d.lgs. 175/2016, in ragione della loro qualificazione soggettiva. Le stesse sono assoggettate a razionalizzazione secondo i criteri e con le modalità indicate dagli artt. 20 e 24 del detto Testo Unico, senza deroghe di alcun tipo legate ai loro attuali caratteri organizzativi ed all’assenza di scopo di lucro. È quanto ha stabilito la Corte dei conti, Sez. Lazio, con deliberazione n. 27/2020.
Posto che le società aventi ad oggetto sociale lo svolgimento di attività consortili ai sensi dell’art. 2615 ter c.c., ove costituite secondo i tipi di cui ai titoli V e VI, capo I, del libro V del codice civile (società per azioni o a responsabilità limitata) rientrano per espressa previsione normativa nell’ambito di quelle consentite (art. 2, comma 1, lett. f, come modificato dal decreto correttivo – art. 4, comma 1, lett. b), D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 100 – e art. 3, comma 1, TUSP), non vi è ragione perché le stesse siano sottratte ai principi di razionalizzazione.
La società consortile ex art. 2615 ter cc non è figura giuridica autonoma e diversa dai tipi societari disciplinati dal codice civile, trattandosi al contrario di fattispecie volta a consentire alle società commerciali di agire con obiettivi mutualistici e non lucrativi. E ciò, pur investendo direttamente la possibilità di ripartire eventuali utili derivanti da eventuale attività verso terzi ed il rapporto con i soci anche al fine di assicurare l’equilibrio del bilancio sociale con versamenti contributivi annui, non determina né giustifica deroghe pattizie alle regole fondamentali che connotano il modello legale di riferimento (così Cass.Civ. sent. n. 18113/2003, Cass. SS.UU. sent. n. 12190/2016, Cass.Civ. sent. n. 7473/2017), con sottrazione sostanziale dall’ambito delle società. Inoltre, la società consortile ha, per espresso richiamo normativo, le finalità proprie del consorzio di diritto privato di cui all’art. 2602 c.c., in quanto compatibili con gli elementi propri del contratto di società sociale, consistenti nello svolgimento di attività di impresa in comune per conseguire un vantaggio da parte dei soci, diverso dal riparto di utili ma comunque patrimonialmente valutabile.
Pertanto, rientra nella considerazione dei singoli casi concreti, di spettanza delle amministrazioni interessate, stabilire se l’attività da svolgere sia compatibile con il modello societario, anche in alternativa a organizzazioni di stampo pubblicistico reputate meno convenienti, ovvero se si annoveri nell’attività funzionale in senso stretto per la quale esistono specifiche forme pubbliche di gestione associata (come unioni di comuni e convenzioni).

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Corte dei conti, Referto sulla revisione straordinaria delle partecipazioni societarie degli enti locali

La Corte dei conti, Sez. Toscana, con deliberazione n. 52/2020, ha approvato, nel quadro dei controlli sulla finanza locale, il referto con il quale dà conto delle procedure e delle risultanze relative alla revisione straordinaria delle partecipazioni societarie degli enti locali toscani, redatto ai sensi dell’art.24 Testo Unico approvato con d.lgs. 19.08.2016 n.175, come modificato con d.lgs. 16.06.2017 n. 100 (procedimento che costituisce la base per una revisione ordinaria delle stesse partecipazioni che gli enti sono tenuti ad effettuare annualmente). La Sezione ha evidenziato come gli esiti dell’operazione di revisione straordinaria imposta dal legislatore sembrino mostrare come le finalità sottese all’operazione medesima siano ben lungi dall’essere stati raggiunti. Infatti, il dato delle partecipazioni dirette mantenute senza alcun intervento è pari quasi al 60 per cento del totale analizzato. Il numero delle partecipazioni, segnatamente di quelle dirette, risulta avere subito una riduzione numerica tutto sommato limitata.

Compensi degli amministratori di società a totale partecipazione pubblica non strumentale

Con deliberazione n. 29/2020, la Corte dei conti, Sez. Liguria, ha fornito il proprio parere in ordine ad una serie di quesiti posti da un Comune in merito alla disciplina dei compensi degli amministratori di società a totale partecipazione pubblica diverse da quelle contemplate all’art 4 comma 4 D.L. 95/2012. I magistrati contabili, alla luce del quadro normativo e giurisprudenziale delineatosi, hanno evidenziato che il limite dell’80 per cento del costo complessivamente sostenuto nell’anno 2013, previsto dall’art 4, comma 4, D.L. 95/2012 e richiamato dal comma 7 dell’art 11 D.Lgs. 175/2016, si applichi anche alle altre società a totale partecipazione pubblica (società di gestione di SPL e altre fattispecie) che erano previste dal comma 5 dell’art 4 D.L. 95/2012.

Tale limite di spesa, in assenza di una espressa previsione di legge, ha carattere tassativo e non può essere superato in considerazione: di nuovi e maggiori incarichi posti in capo all’amministratore di società, della complessità delle funzioni svolte, della necessità di dare attuazione alle previsioni dei piani di razionalizzazione delle partecipazioni societarie mediante operazioni di alienazione, aggregazione o di un’evidente incongruenza degli emolumenti attribuibili, etc. La giurisprudenza contabile ha individuato un’unica ipotesi derogatoria al limite dell’art. 4, comma 4, D.L. 95/2012 esclusivamente in caso di assenza di spesa per l’annualità di riferimento, per mancanza del costo-parametro che dovrebbe fungere da limite. Solo in caso di assenza del costo-parametro dell’esercizio di riferimento è possibile considerare, a ritroso, l’onere sostenuto nell’ultimo esercizio nel quale risulti presente un esborso a tale titolo, nel rispetto della stretta necessarietà e del limite massimo di cui all’art. 11, comma 7, TUSP (euro 240.000).

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION