Anac: Chi dirige un organismo comunale non può amministrare una partecipata regionale

Il ruolo di direttore di un organismo strumentale di un Comune non è compatibile con quello di amministratore con deleghe gestionali di una società privata in controllo pubblico regionale. Lo precisa il parere anticorruzione, approvato dal Consiglio Anac del 2 aprile 2025, con il quale l’Autorità si è espressa sulla richiesta relativa alla possibilità che il direttore di un centro di servizi sociali in favore delle persone anziane, costituito da un Comune capoluogo regionale del Centro Italia, assuma anche l’incarico di amministratore di una società totalmente partecipata dalla Regione e attiva, nel caso di specie, nella consulenza per la realizzazione di opere pubbliche.

La fattispecie di incompatibilità da considerare (secondo il dettato dell’articolo 12, comma 4, del decreto legislativo n. 39/2013) risulta applicabile all’ipotesi esaminata, spiega il parere, quale che sia la qualificazione attribuibile al centro servizi, ente pubblico o pubblica amministrazione in quanto istituzione riferibile a mera articolazione dell’ente locale che lo ha istituito.

Il ruolo di direttore del centro, poi, rileva per la normativa sulle incompatibilità sia che sia qualificabile come incarico di tipo dirigenziale, con esercizio quindi in via esclusiva di competenze di amministrazione e gestione, sia che sia qualificabile come incarico amministrativo di vertice (venendo comunque in rilievo, in questo secondo caso, la speculare causa di incompatibilità prevista all’articolo 11 dello stesso decreto legislativo n. 39/2013).

Rispetto all’incarico ulteriore previsto di amministratore unico della società partecipata, va considerata la disposizione del decreto legislativo che fa riferimento, per l’incompatibilità, alla carica di componente di organi di indirizzo negli enti di diritto privato in controllo pubblico da parte della Regione: l’Anac, ricorda il parere, ha sempre interpretato tale nozione – a tutela del principio di uguaglianza e a garanzia della razionalità complessiva del sistema – richiamando la definizione di “incarichi di amministratore di enti pubblici e di enti privati in controllo pubblico” (di cui all’art. 1, co. 2 lett. I), del d.lgs. 39/2013), che si caratterizzano per il possesso di deleghe gestionali dirette.

Per cui, “laddove sia configurabile nel caso di specie un modello di amministrazione tradizionale imputabile ad un unico soggetto (in luogo che ad un CdA), non si dubita che esso sia riconducibile alla prospettata categoria” e l’incarico di amministratore unico della società regionale è da considerare quindi non compatibile con quello ricoperto di direttore del centro servizi comunale per anziani (Fonte Anac).

 

La redazione PERK SOLUTION

Corte dei conti: Adozione piano di razionalizzazione anche per le aziende speciali

La Corte dei conti, Sez. Emilia-Romagna, con deliberazione n. 43/2025, affronta la questione sottoposta da un Comune in merito all’obbligo di adottare provvedimenti di razionalizzazione, fusione o soppressione, anche mediante messa in liquidazione o cessione, per le aziende speciali.

La Sezione evidenzia come i presupposti per la razionalizzazione delle partecipazioni societarie di cui all’elenco ex art. 20, c. 2, T.U.S.P. assurgono a parametro di legalità finanziaria per le gestioni di enti pubblici strumentali che, per conformazione organizzativa e gestione finanziaria, siano idonei ad influire sugli equilibri finanziari dell’ente locale. Pertanto, il provvedimento di ricognizione che sarà adottato dall’ente locale, intanto, deve tener conto della presenza dell’azienda speciale. Successivamente, la decisione di razionalizzazione che sarà assunta dall’ente medesimo nella sua piena discrezionalità, dovrà essere adeguatamente motivata, sia che ci si orienti alla conservazione dell’assetto delle partecipazioni (e quindi dell’azienda speciale), sia che si proceda verso un riassetto della “organizzazione” gestionale.

In ragione del principio di legalità finanziaria e per esigenze generali di tutela dell’equilibrio del bilancio dell’ente locale, anche con riguardo (genericamente) all’azienda speciale, la sussistenza di una o più condizioni previste dal c. 2 dell’art. 20 del D. Lgs. n. 175/2016 comporta l’obbligo di adottare un piano di riassetto per la razionalizzazione, fusione o soppressione, anche mediante messa in liquidazione o cessione dell’Ente strumentale, anche tenendo conto delle condizioni di mercato e della coerenza dei criteri concorrenziali che devono essere correlati all’affidamento del servizio.

 

La redazione PERK SOLUTION

Obblighi di trasparenza per le società in controllo pubblico come per le pubbliche amministrazioni

Con Parere di Trasparenza approvato dal Consiglio del 12 febbraio 2025, Anac ha chiarito che le società in controllo pubblico sono tenute ad applicare i medesimi obblighi di trasparenza previsti dal decreto legislativo 33/2013 per le pubbliche amministrazioni. Questo vale anche per le società per azioni che operano in regime di concessione, come gestori di autostrade.

Tale obbligo di trasparenza riguarda gli amministratori della società in controllo pubblico (Presidente e C.d.A.), quali titolari di amministrazione, di direzione o di governo ai sensi dell’art. 14, comma 1bis, del citato decreto. La società è pertanto tenuta a pubblicare all’interno della sezione “Società trasparente”, tutti i dati richiesti per legge, ivi comprese le informazioni relative ai compensi percepiti e alle spese di missione.

Per quanto riguarda i titolari di incarichi dirigenziali di tali società, tenuto conto che la disciplina relativa alla pubblicazione dei dati di cui all’art. 14, comma 1, del decreto legislativo 33/2013 è affidata ad un Regolamento del quale si attende ancora l’emanazione, è necessario attendere il perfezionamento del quadro normativo che disponga in modo univoco sugli obblighi di trasparenza per i citati titolari di incarichi dirigenziali. Rimane pur sempre l’obbligo in capo ai suddetti dirigenti di comunicare alla società tutti i dati di cui all’art. 14, comma 1, del d.lgs. 33/2013.

Tra i dati che tali società in controllo pubblico sono tenute a pubblicare in merito ai loro amministratori vi sono: l’atto di nomina o di proclamazione, con l’indicazione della durata dell’incarico o del mandato elettivo; il curriculum; i compensi di qualsiasi natura connessi all’assunzione della carica; gli importi di viaggi di servizio e missioni pagati con fondi pubblici; i dati relativi all’assunzione di altre cariche, presso enti pubblici o privati, ed i relativi compensi a qualsiasi titolo corrisposti; gli altri eventuali incarichi con oneri a carico della finanza pubblica e l’indicazione dei compensi spettanti; le dichiarazioni reddituali e patrimoniali.

 

 

La redazione PERK SOLUTION

Partecipazioni delle PA: Al via il censimento e la rilevazione della revisione periodica per l’anno 2023

Con comunicato del 20 febbraio 2025, il Dipartimento del tesoro informa che fino all’11 giugno 2025 resterà attivo l’applicativo “Partecipazioni” del Portale Tesoro per l’acquisizione dei provvedimenti di “revisione periodica” delle partecipazioni societarie (art. 20, d.lgs. 19 agosto 2016, n. 175 – TUSP) e del “censimento delle partecipazioni e dei rappresentanti” (art. 17, commi 3 e 4, d.l. 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni dalla legge 11 agosto 2014, n. 114) riferiti alla data del 31/12/2023.

Le amministrazioni pubbliche, indicate all’art. 2 del d.lgs. n. 175 del 2016 devono comunicare, attraverso l’applicativo Partecipazioni del Portale Tesoro https://portaletesoro.mef.gov.it:

– i dati relativi ai piani di revisione periodica delle partecipazioni societarie detenute al 31/12/2023, adottati entro il 31/12/2024, nonché alla relazione sull’attuazione del precedente piano di razionalizzazione (art. 20, commi 1, 2 e 4, del TUSP);

– le informazioni sulle partecipazioni e sui rappresentanti in organi di governo di società e altri organismi al 31/12/2022 (art. 17, commi 3 e 4, d.l. 24 giugno 2014, n. 90, convertito con modificazioni dalla legge n. 114/2014).

Le amministrazioni pubbliche dovranno, comunque, trasmettere, ai sensi dell’art. 20, comma 3, del TUSP, alla competente Sezione di controllo, i provvedimenti di revisione periodica delle partecipazioni societarie al 31/12/2022, secondo le modalità di seguito descritte:

– le amministrazioni accreditate sull’applicativo Con.Te (Regioni, Città metropolitane, Province, Comuni) devono trasmettere i provvedimenti esclusivamente tramite le funzionalità dello stesso applicativo, già utilizzate per la trasmissione dei documenti istruttori;

– le amministrazioni e gli enti non accreditati sull’applicativo Con.Te (camere di commercio, università, unioni di comuni, comunità montane, consorzi, ecc.) devono trasmettere i provvedimenti attraverso posta elettronica certificata all’indirizzo intestato alla Sezione di controllo territorialmente competente, reperibile sul sito istituzionale della Corte dei conti, o altra modalità concordata con la Sezione;

– gli enti sottoposti al controllo della Sezione controllo enti ai sensi della legge 21 marzo 1958, n. 259, devono trasmettere i provvedimenti attraverso posta elettronica certificata all’indirizzo: sezione.controllo.enti@corteconticert.it;

– le amministrazioni dello Stato e gli enti nazionali sottoposti al controllo delle Sezioni riunite in sede di controllo devono trasmettere i provvedimenti attraverso posta elettronica certificata all’indirizzo: sezioni.riunite.in.sede.di.controllo@corteconticert.it;

– gli ordini e i consigli professionali territoriali possono procedere al solo inserimento dei provvedimenti e dei dati sopra indicati nel Portale Partecipazioni del Tesoro, salvo eventuali successive istanze istruttorie da parte delle Sezioni riunite in sede di controllo.

 

La redazione PERK SOLUTION

Inconferibile l’incarico di Presidente di Agenzia di enti locali al Sindaco di uno dei comuni soci

Il Sindaco di uno dei Comuni partecipanti alla compagine sociale di un’Agenzia, interamente partecipata da enti locali, non può essere nominato Presidente. Lo precisa la delibera Anac n. 34 del 5 febbraio 2025, con la quale è stata accertata l’inconferibilità – ai sensi dell’art. 7, c. 2 lett. d), del d.lgs. n. 39/2013 – dell’incarico di Presidente del Consiglio d’Amministrazione (CdA) dell’Agenzia di un’area importante del Meridione, attribuito al primo cittadino di un Comune che possiede una partecipazione nel capitale sociale della stessa Agenzia – detenuto completamente da enti locali – e che, quindi, in qualità di socio, risulta ente conferente l’incarico.

In materia di inconferibilità, la fattispecie astrattamente applicabile sarebbe l’art. 7, co. 2, prima parte, del d.lgs. n. 39/2013, che dispone: “A coloro che nei due anni precedenti siano stati componenti della giunta o del consiglio […] del comune […] che conferisce l’incarico […] non possono essere conferiti: […] d) gli incarichi di amministratore di ente di diritto privato in controllo pubblico da parte di una provincia, di un comune con popolazione superiore a 15.000 abitanti o di una forma associativa tra comuni avente la medesima popolazione.”. La norma, con riferimento alla carica in provenienza, non prevede alcuna discriminazione fra comuni con popolazione inferiore o superiore ai 15mila abitanti.

Nel caso di specie, omissis risulta ascrivibile alla categoria degli enti di diritto privato in controllo pubblico, in quanto si registra la partecipazione, tra gli altri soci, anche del Comune di omissis, che registra una popolazione superiore ai 15 mila abitanti. Con riferimento alle PA che detengono una partecipazione nel capitale sociale di una società, già con la Delibera n. 553 del 6 giugno 2018 relativa all’inconferibilità dell’incarico di Presidente del CdA di una società in controllo pubblico da parte di una molteplicità di soggetti, l’Autorità ha precisato che il d.lgs. n. 39/2013 non richiede una partecipazione di controllo in
capo ad un’unica amministrazione.

Pertanto, anche qualora la partecipazione pubblica di controllo del capitale sociale di una società non sia riconducibile ad una singola amministrazione, ma a diverse amministrazioni pubbliche, ciò non ha conseguenze sulla natura giuridica della società partecipata, in quanto la partecipazione pubblica, complessivamente considerata, è una partecipazione di controllo ai sensi dell’art. 2359 c.c..

 

La redazione PERK SOLUTION

No all’intervento finanziario pubblico in favore di una società partecipata in concordato liquidatorio

La Corte dei conti, Sez. Abruzzo, con deliberazione n. 19/2025, si pronuncia su una richiesta di parere da parte di un Comune in merito alla possibilità di un intervento finanziario per poter rendere accessibile alla Società, interamente partecipata dall’Ente, la procedura di Concordato Liquidatorio ai sensi della nuova formulazione dell’art. 84 del Codice della crisi di impresa (D.Lgs. n. 14/2019), derogando al divieto di soccorso finanziario previsto, invece, dal Testo unico delle società partecipate (D.lgs. n. 175/2016, c.d. TUSP).

Secondo la Sezione, un intervento finanziario pubblico in favore di una società partecipata in concordato liquidatorio è contrario ai principi di buona gestione della finanza pubblica. Il concordato liquidatorio rientra tra gli strumenti negoziali di gestione della crisi di impresa previsti dall’ordinamento giuridico al fine di prevenire e/o evitare che la definizione del complesso delle relazioni tra parte debitrice e parte (o parti) creditrice sia rimessa all’esito della procedura di liquidazione giudiziale. L’istituto si caratterizza per essere un accordo stragiudiziale tra debitore e creditori di un’azienda in condizione di difficoltà economica diretto alla vendita e alla “liquidazione” di tutti gli asset aziendali al fine di ottenere le risorse finanziarie necessarie e utili al pagamento dei debiti garantendo la soddisfazione delle classi creditorie. In quanto tale, il concordato liquidatorio rappresenta una modalità di realizzazione della regola generale della responsabilità patrimoniale posta all’art. 2740 c.c. Affinché lo strumento produca i suoi effetti, è necessario che alla domanda di ammissione, proposta dal debitore, faccia seguito un piano, dallo stesso predisposto, nel quale si esplichino le modalità di composizione della crisi.

Il concordato liquidatorio differisce nelle finalità dalla figura del concordato preventivo avente, invece, l’obiettivo di raggiungere il risanamento dell’impresa preservando la continuità aziendale. In questo ultimo caso, a maggior ragione, è data la possibilità di accedere a strumenti preventivi di gestione della crisi che permettono di conservare i valori aziendali.

L’art. 14, comma 5 del TUSP prevede il c.d. “divieto di soccorso finanziario” che limita fortemente per le amministrazioni pubbliche (dunque anche per gli enti locali) l’ammissibilità di interventi a sostegno di organismi partecipati. La norma impone l’abbandono della logica del “salvataggio a tutti i costi” di strutture e organismi partecipati che versano in situazione di crisi. La questione è stata più volte affrontata dalla Magistratura contabile la quale è giunta al consolidato orientamento secondo cui “non sussiste a carico del socio pubblico, anche se unico socio, alcun obbligo di procedere al ripianamento delle perdite né all’assunzione diretta dei debiti di una società partecipata” (cfr. Sez. regionale di controllo per la Lombardia, deliberazione n. 64/2021/PAR).
Dunque, laddove non risultino riscontrabili condizioni di pacifica ed evidente straordinarietà, il “soccorso finanziario” non è ammesso.

Eccezioni al divieto di soccorso finanziario sono ammesse solo “a fronte di convenzioni, contratti di servizio o di programma […] purché le misure indicate siano contemplate in un piano di risanamento”, nella prospettiva, quindi, della prosecuzione dell’attività sociale, in presenza di una documentata e motivata prospettiva di recupero dell’economicità e dell’efficienza della gestione che dimostri lo specifico interesse pubblico perseguito in relazione ai propri scopi istituzionali, evidenziando in particolare le ragioni economico-giuridiche.

Il divieto di cui all’art. 14, comma 5, TUSP vale a maggior ragione rispetto a società poste in liquidazione, essendo in tal caso di per sé esclusa qualsiasi prospettiva di recupero dell’economicità e dell’efficienza della gestione (Corte dei conti, sezione regionale di controllo per la Campania, deliberazione 9 maggio 2022, n. 24/2022/PAR), a meno che l’ente pubblico sia in grado di dimostrare la sussistenza di un prevalente interesse pubblico tale da giustificare l’operazione. Ipotesi, quest’ultima, eccezionalmente ravvisata dalle stesse sezioni regionali di controllo «solo con riferimento a poche situazioni concrete, in
particolare nell’ipotesi della necessità di recuperare al patrimonio comunale beni societari indispensabili per la prosecuzione dell’erogazione di servizi pubblici fondamentali, o nel caso di pregresso rilascio di garanzia dell’Ente per l’adempimento delle obbligazioni della società.

 

 

La redazione PERK SOLUTION

Partecipazioni pubbliche: on line le schede per la rilevazione dei dati relativi alla revisione periodica

Il Dipartimento del Tesoro ha pubblicato le schede per la rilevazione dei dati relativi alla revisione periodica e al censimento delle partecipazioni e dei rappresentanti al 31 dicembre 2024.

La comunicazione degli esiti attraverso l’applicativo Partecipazioni accessibile dal portale del tesoro avverrà con le medesime modalità previste in occasione della rilevazione dei dati riferiti al 31 dicembre 2022. Le Amministrazioni, pertanto, possono far riferimento, in via generale, ai documenti di supporto per la rilevazione dati 2022 e a quanto riportato sul sito del Ministero dell’Economia e delle Finanze. Sul sito del Ministero dell’Economia e delle Finanze, inoltre, sono disponibili gli orientamenti, le indicazioni e le direttive della Struttura di indirizzo, monitoraggio e controllo sull’attuazione del TUSP.

I documenti approvati ai sensi dell’art. 20 del TUSP devono essere inviati alla Struttura di indirizzo, monitoraggio e controllo sull’attuazione del TUSP (istituita presso il Ministero dell’Economia e delle Finanze ai sensi dell’art. 15 del TUSP) esclusivamente attraverso l’applicativo Partecipazioni, fermo restando l’obbligo di comunicazione alla competente Sezione della Corte dei conti ai sensi dell’art. 20, comma 3, del TUSP.

Analogamente allo scorso anno, attraverso l’applicativo Partecipazioni saranno acquisiti, contestualmente e in maniera integrata, anche i dati richiesti ai fini del censimento annuale delle partecipazioni in società e in soggetti di forma non societaria e dei rappresentanti in organi di governo di società o enti, ai sensi dell’art. 17 del D.L. n. 90/2014. Si rendono pertanto disponibili anche la Scheda Partecipazione, per il censimento delle forme non societarie, nonché delle forme societarie per le Amministrazioni non soggette al TUSP, e la Scheda Rappresentante.

L’avvio della rilevazione sarà comunicato con avviso pubblicato sulla home page del Portale Tesoro e con l’invio di e-mail ai responsabili e agli utenti registrati per l’applicativo Partecipazioni. Le Amministrazioni non ancora registrate devono procedere con l’individuazione di un responsabile per la comunicazione dei dati, che dovrà accreditarsi sul Portale Tesoro.

Allegati:
Applicativo Partecipazioni – Schede di rilevazione (PDF)
Scheda Revisione periodica – 2023
Scheda Relazione attuazione – 2023
Scheda Partecipazione – 2023
Scheda Rappresentante – 2023

 

 

La redazione PERK SOLUTION

Incostituzionale il divieto di conferire nuovi incarichi di amministratore di società di enti privati, sottoposti a controllo pubblico da parte degli enti locali

La Corte costituzionale, con la sentenza n. 98/2024, si è pronunciata sulle questioni di legittimità costituzionale, sollevate dal TAR Lazio, delle norme che stabiliscono il divieto di conferire incarichi di amministratore di enti privati, sottoposti a controllo pubblico da parte degli enti locali (province o comuni), a coloro i quali nell’anno precedente abbiano svolto analoghi incarichi presso altri enti della stessa natura.
La fattispecie esaminata dalla Corte coinvolgeva un manager pubblico che, per aver ricoperto, nell’anno precedente, il ruolo di amministratore delegato presso una società controllata da un comune, non ha potuto ottenere lo stesso incarico presso altra società partecipata.

La Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale delle norme del decreto legislativo n. 39 del 2013 nella parte in cui, con riguardo a ipotesi simili, non consentono la conferibilità del nuovo incarico. Tale divieto, infatti, si pone in contrasto con le previsioni della legge di delega (la n. 190 del 2012) e, quindi, con l’art. 76 Cost., che non consente al Governo, nell’esercizio della delega conferitagli dal Parlamento, di introdurre ipotesi limitative che non siano state previste dal legislatore delegante. Nella motivazione, la Corte precisa che la legge di delega ha circoscritto la non conferibilità degli incarichi amministrativi di vertice – per quanto assume rilievo nella fattispecie oggetto di giudizio – solo alle ipotesi di provenienza politica del nominato, cioè solo ai casi in cui costui abbia svolto, nell’anno precedente, incarichi di natura politica.

Tali non sono gli incarichi di amministratore di enti di diritto privato sottoposti a controllo pubblico, che la legge di delega non ha incluso tra le posizioni di provenienza ostative. Le richiamate previsioni della legge di delega costituiscono il frutto di un bilanciamento tra l’accesso al lavoro dei professionisti, che è stato parzialmente sacrificato mediante la previsione della non conferibilità degli incarichi per provenienza politica, e l’imparzialità dell’azione amministrativa, che va assicurata anche nelle forme della mera “apparenza” di imparzialità. Tuttavia, l’estensione di questa garanzia preventiva anche ad ipotesi prive di qualsiasi percepibile collegamento con lo svolgimento di incarichi “politici” è estranea all’obiettivo perseguito dal legislatore delegante e, pertanto, non poteva essere introdotta dalla legge delegata.

 

La redazione PERK SOLUTION

Applicativo Partecipazioni: al via l’acquisizione dei provvedimenti di revisione periodica delle partecipazioni pubbliche

Con avviso del 13 marzo 2024, il Dipartimento del tesoro informa che le Amministrazioni pubbliche possono comunicare attraverso l’applicativo Partecipazioni del Portale Tesoro i dati relativi:
• al provvedimento di revisione periodica delle partecipazioni societarie detenute al 31/12/2022, da adottare entro il 31/12/2023 (art. 20, commi 1 e 2, del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175 – Testo Unico in materia di società a partecipazione pubblica – TUSP);
• alla relazione, da approvare entro il 31/12/2023, sull’attuazione del precedente piano di razionalizzazione adottato (art. 20, comma 4, del TUSP);
• alle partecipazioni detenute al 31/12/2022 in società e in soggetti di forma non societaria (art. 17, commi 3 e 4, del D.L. n. 90/2014);
• ai rappresentanti in organi di governo di società ed enti al 31/12/2022 (art. 17, commi 3 e 4, del D.L. n. 90/2014).
Il sistema resterà aperto per l’invio delle comunicazioni fino al 14 giugno 2024.

La rilevazione dei dati 2022, la comunicazione non presenta significativi elementi di novità rispetto a quella dello scorso anno (dati 2021).

Per entrambi i richiamati adempimenti è previsto l’obbligo di comunicazione anche in caso di assenza di dati, prestando esplicita dichiarazione da inoltrare attraverso l’applicativo. Le Amministrazioni soggette al TUSP devono caricare a sistema il provvedimento, adottato dall’organo competente, attestante la non detenzione di partecipazioni in società.

Nella compilazione delle schede l’applicativo non richiede i dati già acquisiti da registri ufficiali (es. Registro Imprese-InfoCamere) o inseriti a sistema dall’utente che ha censito per primo il soggetto partecipato. L’applicativo, inoltre, esegue un controllo sulle quote dichiarate per uno stesso soggetto partecipato evitando lo sforamento del cento per cento. Si raccomanda, pertanto, di prestare la massima attenzione nell’inserimento dei dati, per non compromettere la corretta comunicazione da parte di altre Amministrazioni e una veritiera rappresentazione del fenomeno ai fini delle attività di monitoraggio e controllo della Struttura e della Corte dei conti.

I responsabili e gli utenti già abilitati sono invitati a verificare l’indirizzo e-mail registrato per la propria utenza nel Portale Tesoro e le utenze attive per la propria Amministrazione e a provvedere alle opportune modifiche, disattivazioni e nuove attivazioni.
Per problemi di accesso all’applicativo è disponibile la funzionalità “Richiesta Assistenza” sulla Home page del Portale Tesoro https://portaletesoro.mef.gov.it selezionando le voci dei menù a tendina: Richiesta di carattere tecnico, Portale, Problemi di accesso e compilando l’apposito modulo.
Richieste di supporto alla comunicazione dei dati possono essere inoltrate alla casella supportopartecipazioni@mef.gov.it.

 

La redazione PERK SOLUTION

Comune socio di una in house di rifiuti può accedere ai verbali del Cda della controllata

Un Comune socio di una società in controllo ha diritto ad accedere ai verbali del Consiglio d’amministrazione della società stessa. Tale diritto va assicurato, e “trova fondamento nei principi e nelle norme di legge che prevedono e regolano il fenomeno delle società in house e che disciplinano il controllo analogo congiunto”.
E’ quanto ha stabilito Anac con l’Atto del Presidente del 14 febbraio 2024 rispondendo a un parere richiesto da una società toscana che gestisce il ciclo integrato dei rifiuti in tale ambito territoriale.

Nel caso specifico, la richiesta del Comune toscano riguardava i verbali del Cda con cui è stata disposta la revoca dell’amministratore unico di una società controllata dalla in house dei rifiuti, e come tale pertanto non direttamente controllata dal comune in quanto non direttamente socio.

Nel caso di specie i limiti, che pure nel diritto societario esistono e che possono essere fatti valere dall’organo di amministrazione della società al diritto di informazione del socio azionista, non possono essere opposti. E ciò proprio in considerazione della specialità che regola le società in house providing e dei poteri che fanno capo al controllo analogo di un socio ente pubblico – precisa Anac.

Nell’ambito delle in house pluripartecipate in controllo congiunto lo strumento del patto parasociale, serve a consentire la creazione di meccanismi di coordinamento e di controllo tra enti soci che, tipicamente, non troverebbero spazio negli statuti delle società in house. Nel caso in esame è del tutto ininfluente il fatto che i patti parasociali, prevedono che il controllo analogo vada esercitato attraverso appositi organi collegiali (Comitato unitario e Comitato ristretto) che riuniscono tutti i soci che esercitano il controllo congiunto”.

“Laddove il Comune in questione volesse imporre un indirizzo contrario alla società, anche in relazione alla delibera del CDA in discussione, una volta acquisita la delibera in questione, dovrebbe, certamente, far valere le proprie ragioni tramite detti Comitati, promuovendo l’adozione di un atto unitario e collegiale di indirizzo. Sembra evidente però che “senza conoscere” non sarebbe possibile nemmeno far valere le proprie istanze propulsive nei Comitati e quindi, in ultima analisi, ne risulterebbe ridotta anche la stessa funzione del controllo analogo”.

 

La redazione PERK SOLUTION