Soggetta a IVA la vendita all’asta effettuata dal Comune se è espressione di attività economica

In tema di IVA, la vendita compiuta dal Comune mediante l’asta prevista dall’art. 73, lett. d), del r.d. n. 827/24 di un immobile acquisito in esito al fallimento di una società alla quale il Comune aveva ceduto l’area affinché fosse destinata alla realizzazione di interventi di edilizia economica e popolare, è imponibile qualora l’ente pubblico cedente abbia organizzato mezzi simili a quelli utilizzati da un produttore o da un commerciante, la proprietà sia stata effettivamente trasferita e ne sia stato incassato il controvalore. È quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, Sez. 5, sentenza n. 4835/2022, accogliendo il ricorso presentato dall’Agenzia delle entrate. Il caso oggetto della pronuncia riguarda un Comune che, in forza di convenzione per la cessione in proprietà di aree comprese nell’ambito del piano per l’edilizia economica e popolare, cedette in proprietà alla cooperativa aree con destinazione residenziale. La cooperativa, ottenuto un mutuo di euro 2.400.000,00, iniziò, ma non ultimò la costruzione di una palazzina residenziale, sicché, una volta fallita, il Comune di Covo riacquisì la proprietà delle aree, nonché, in virtù dell’accessione, le opere edilizie ivi realizzate. Il Comune, tuttavia, subentrato anche nel rapporto di mutuo ipotecario stipulato dalla cooperativa, vendette all’asta la palazzina al rustico acquisita, senza sottoporre a iva l’operazione, in relazione alla quale versò, invece, l’imposta di registro. Ne seguì un avviso di accertamento col quale l’Agenzia delle entrate recuperò l’iva concernente il trasferimento dell’immobile, che il Comune impugnò, ottenendone l’annullamento dalla CTP. La CTR ha respinto il successivo ricorso del fisco escludendo la soggettività passiva dell’operazione.
Affinché la deroga posta dall’art. 13, paragrafo 1, della direttiva iva (il contenuto del quale è compendiato nell’art. 4 del d.P.R. n. 633/72) alla regola generale di assoggettamento all’iva prevista dall’art. 9, paragrafo 1, trovi applicazione, devono essere soddisfatte cumulativamente due condizioni, vale a dire che, da un lato, le attività in questione siano esercitate da un ente di diritto pubblico e che, dall’altro, quest’ultimo agisca in qualità di pubblica autorità. Quanto a questa seconda condizione, sono le modalità di esercizio delle attività che consentono di determinare la portata del non assoggettamento a iva. Per i giudici, la circostanza che il Comune abbia proceduto, per la vendita del bene, all’asta pubblica regolata dall’art. 73, lett. d), del r.d. n. 827/24 non è elemento di per sé idoneo a escludere la sussistenza di un’operazione rilevante ai fini dell’iva. Ciò che rileva è il carattere economico, e quindi imponibile ai fini iva, dell’attività del Comune, ovvero l’esistenza di una tale attività che ne giustifica la qualifica di soggetto passivo. Occorre quindi verificare se la cessione sia espressione di un’attività di commercializzazione imponibile ai fini dell’iva, in base alla nozione unionale.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

 

IVA ordinaria per i servizi educativi all’infanzia effettuati tramite la fornitura di materiale didattico-ricreativo

L’Agenzia delle entrate, con risposta n. 148/2022 ha chiarito che i servizi educativi all’infanzia effettuati tramite la fornitura di materiale didattico-ricreativo si configurano come una cessione di beni e non una prestazione di servizio, e sono soggetti ad aliquota ordinaria. La Cooperativa Sociale Onlus istante rappresenta che nell’ambito della propria attività educativa intende fornire un servizio didattico-ricreativo rivolto ai bambini. Nello specifico, il servizio consta nella vendita on line di una scatola contenente differenti tipologie di oggetti e strumenti utili a svolgere attività didattiche, per il tramite di video tutorial realizzati dagli operatori culturali della Cooperativa, scaricabili online. A parere dell’Istante non si tratterebbe di un mero insieme di oggetti materiali, bensì di un servizio educativo volto al coinvolgimento diretto e attivo dei partecipanti e in grado di stimolare i molteplici linguaggi infantili grazie alla ricchezza e completezza delle proposte offerte al suo interno che sostengono apprendimento e ricerca. A parere della Cooperativa sussistono i presupposti per poter applicare l’aliquota Iva del 5 per cento di cui alla Parte II-bis della Tabella A allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, prevista con riferimento alle prestazioni di cui ai numeri 18) 19) 20) 21) e 27-ter) dell’articolo 10, primo comma, rese in favore dei soggetti indicati nello stesso numero 27-ter) da parte di Cooperative sociali e loro consorzi.
L’Agenzia delle entrate, diversamente da quanto prospettato dalla Cooperativa, ritiene che le schede illustrative e i video tutorial non sembrano configurano un “servizio educativo”, in quanto l’elemento prevalente dell’operazione è la cessione di beni. Di conseguenza, l’operazione in esame, configurando una cessione di beni, deve essere assoggettata all’aliquota IVA ordinaria, non potendo trovare applicazione il trattamento agevolativo previsto dalla Tabella A, parte II-bis, allegata al d.P.R. n. 633 del 1972, con riferimento alle prestazioni di cui al numero 20) dell’articolo 10, primo comma, rese in favore dei soggetti indicati nello stesso numero 27-ter) da parte di Cooperative sociali e loro consorzi. Anche le spese di trasporto e di spedizione devono essere assoggettate ad aliquota IVA ordinaria.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Tassa di concessione governativa sugli abbonamenti telefonici dei Comuni

In tema di radiofonia mobile, gli enti locali sono tenuti al pagamento della tassa governativa sugli abbonamenti telefonici cellulari, non estendendosi ad essi l’esenzione riconosciuta dall’art. 13 bis, comma 1, del d.P.R. n. 641 del 1972, a favore dell’Amministrazione dello Stato, trattandosi di norma di agevolazione fiscale di stretta interpretazione, e attesa, ai sensi dell’art. 1, comma 2, d.lgs. n. 165 del 2001, l’inesistenza di una generalizzata assimilazione tra amministrazioni pubbliche, la cui configurabilità presuppone una specifica scelta (nella specie, non adottata) legislativa. Ancora, risulta irrilevante l’abrogazione dell’art. 318 del d.P.R. 28 marzo 1973, n. 156, ad opera dell’art. 218 del d.lgs. 1 agosto 2003, n. 259 e la disciplina nazionale non è contraria alla disciplina comunitaria. Tale abrogazione non ha fatto venire meno l’assoggettabilità dell’uso del “telefono cellulare” alla tassa governativa di cui all’art. 21 della tariffa allegata al d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 641, in quanto la relativa previsione è riprodotta nell’art. 160 del d.lgs. n. 259 cit. Va, infatti, esclusa – come anche desumibile dalla norma interpretativa introdotta con l’art. 2, comma 4, del d.l. 24 gennaio 2014, n. 4, conv. con modif. in legge 28 marzo 2014, n. 50, che ha inteso la nozione di stazioni radioelettriche come inclusiva del servizio radiomobile terrestre di comunicazione – una differenziazione di regolamentazione tra “telefoni cellulari” e “radio-trasmittenti”, risultando entrambi soggetti, quanto alle condizioni di accesso, al d.lgs. 259 cit. (attuativo, in particolare, della direttiva 2002/20/CE, cosiddetta direttiva autorizzazioni), e, quanto ai requisiti tecnici per la messa in commercio, al d.lgs. 5 settembre 2001, n. 269 (attuativo della direttiva 1999/5/CE), sicché il rinvio, di carattere non recettizio, operato dalla regola tariffaria deve intendersi riferito attualmente all’art. 160 della nuova normativa, tanto più che, ai sensi dell’art. 219 del medesimo D.Lgs., dalla liberalizzazione del sistema delle comunicazioni non possono derivare “nuovi o maggiori oneri per lo Stato”, e, dunque, neppure una riduzione degli introiti anteriormente percepiti. Né, in ogni caso, l’applicabilità di siffatta tassa si pone in contrasto con la disciplina comunitaria attesa l’esplicita esclusione di ogni incompatibilità affermata dalla Corte di Giustizia. La tassa è quindi dovuta e legittimati passivi sono i Comuni. È quanto stabilito dalla CTR  per le Marche, con la sentenza del 20/01/2022, n. 56/4.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Agenzia delle entrate, Rottamazione-ter: le prossime scadenze

L’Agenzia delle Entrate Riscossioni ricorda le scadenze previste dal Decreto Legge n. 119/2018 per la “Rottamazione-ter” fissate nelle seguenti date: 28 febbraio; 31 maggio; 31 luglio; 30 novembre. Per il versamento entro tali date sono ammessi i cinque giorni di tolleranza di cui all’articolo 3, comma 14-bis, del DL n. 119 del 2018. Per la rata del 28 febbraio, il termine “ultimo” per effettuare il pagamento è fissato al 7 marzo 2022. Se il pagamento avverrà oltre i termini previsti o per importi parziali, la misura agevolativa non si perfezionerà e i versamenti effettuati saranno considerati a titolo di acconto sulle somme dovute.

Il “Decreto Sostegni” ha previsto lo “Stralcio” dei debiti di importo residuo fino a 5 mila euro, per i carichi affidati all’Agente della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2010. Sono annullati i debiti, risultanti dai singoli carichi affidati all’Agente della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2010, che, alla data di entrata in vigore del “Decreto Sostegni”, hanno importo residuo fino a 5 mila euro (comprensivi di capitale, interessi per ritardata iscrizione a ruolo e sanzioni). Le modalità dell’annullamento dei debiti sono state disposte dal Decreto del Ministero dell’economia e delle finanze del 14 luglio 2021 che ha fissato al 31 ottobre 2021 la data di cancellazione delle posizioni interessate.

Fino alla data stabilita dal citato Decreto ministeriale, è sospesa la riscossione di tutti i debiti risultanti dai singoli carichi affidati all’Agente della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2010 di importo residuo fino a 5 mila euro, calcolato al 23/03/2021 (data di entrata in vigore del “Decreto Sostegni”), e sono sospesi i relativi termini di prescrizione.

Tra i debiti oggetto dello “Stralcio” sono compresi anche quelli eventualmente presenti nei piani di pagamento della “Rottamazione-ter” di cui all’art. 3 DL n. 119/2018, all’art. 16-bis del DL n. 34/2019 e all’art. 1, commi da 184 a 198, della legge n. 145/2018.

I beneficiari dello “Stralcio” sono:

  • le persone fisiche che hanno percepito, nell’anno d’imposta 2019, un reddito imponibile fino a 30 mila euro;
  • i soggetti diversi dalle persone fisiche che hanno percepito, nel periodo d’imposta in corso alla data del 31 dicembre 2019, un reddito imponibile fino a 30 mila euro.

L’annullamento non si applica alle seguenti tipologie di carichi affidati all’Agente della riscossione:

  • debiti relativi alle “risorse proprie tradizionali” dell’Unione Europea e all’imposta sul valore aggiunto riscossa all’importazione;
  • debiti derivanti dal recupero degli aiuti di Stato considerati illegittimi dall’Unione Europea ovvero da condanne pronunciate dalla Corte dei conti;
  • multe, ammende e sanzioni pecuniarie dovute a seguito di provvedimenti e sentenze penali di condanna.

 

Riforma tassazione Irpef: i chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate

Con la Circolare n. 4/E del 18 febbraio 2022 l’Agenzia delle Entrate fornisce chiarimenti sull’articolo 1, commi da 2 a 8, della legge 30 dicembre 2021, n. 234 (legge di bilancio 2022), che a decorrere dal 1° gennaio 2022, al fine di ridurre la pressione fiscale, ha modificato il sistema di tassazione delle persone fisiche, in accordo con gli obiettivi generali di semplificazione e stimolo alla crescita economica e sociale.
Obiettivo della riforma è quello di garantire che sia rispettato il principio di progressività, attraverso la riduzione graduale delle aliquote medie effettive derivanti dall’applicazione dell’Imposta sul reddito delle persone fisiche (Irpef), con particolare riferimento ai contribuenti nella fascia di reddito oltre 28.000 euro e fino a 55.000 euro, e modificare la dinamica delle aliquote marginali effettive, eliminando alcune discontinuità.

La lettera a) del comma 2 dell’art. 1 ha modificato il sistema di determinazione dell’Irpef contenuto nell’articolo 11 del TUIR, riducendo da cinque a quattro le aliquote applicabili e rimodulandole in relazione ai rispettivi scaglioni di reddito. A seguito delle modifiche introdotte dall’articolo 1, comma 2, della legge di bilancio 2022, l’articolo 11, comma 1, del TUIR, nell’attuale formulazione, prevede che l’imposta lorda è determinata applicando al reddito complessivo, al netto degli oneri deducibili indicati nell’articolo 10, le seguenti aliquote per scaglioni di reddito:
a) fino a 15.000 euro, 23 per cento;
b) oltre 15.000 euro e fino a 28.000 euro, 25 per cento;
c) oltre 28.000 euro e fino a 50.000 euro, 35 per cento;
d) oltre 50.000 euro, 43 per cento

A seguito delle modifiche introdotte si dispone la soppressione dell’aliquota del 41%; la seconda aliquota viene abbassata dal 27% al 25%; la terza aliquota si abbassa dal 38 al 35% e vi vengono ricompresi i redditi fino a 50.000 euro (il limite dell’aliquota al 38% è ad oggi fissato a 55.000 euro); i redditi sopra i 50.000 euro vengono tassati al 43% (attualmente tale aliquota si applica oltre la soglia dei 75.000 euro).
La lettera b) del comma 2, al n. 1 rimodula la detrazione per redditi da lavoro dipendente e assimilati, come di seguito evidenziato:
1) 1.880 euro, se il reddito complessivo non supera 15.000 euro, precisando che l’ammontare della detrazione effettivamente spettante non può essere inferiore a 690 euro e che, per i rapporti di lavoro a tempo determinato, non può essere inferiore a 1.380 euro;
2) 1.910 euro, aumentata del prodotto tra 1.190 euro e l’importo corrispondente al rapporto tra 28.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e 13.000 euro, se l’ammontare del reddito complessivo è superiore a 15.000 euro ma non a 28.000 euro;
3) fino a 1.910 euro, se il reddito complessivo è superiore a 28.000 euro ma non a 50.000 euro; la detrazione spetta per la parte corrispondente al rapporto tra l’importo di 50.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e l’importo di 22.000 euro.

La circolare precisa che, ai fini del calcolo delle detrazioni per lavoro dipendente, non vanno computati i giorni di assenza ingiustificata per violazione dell’obbligo di possesso della certificazione verde COVID-1910; ciò in quanto le detrazioni per lavoro dipendente vanno rapportate al periodo di lavoro nell’anno e cioè al numero dei giorni compresi nel periodo di durata del rapporto di lavoro per i quali il lavoratore ha diritto alle detrazioni per lavoro dipendente: in tale numero di giorni vanno in ogni caso compresi le festività, i riposi settimanali e gli altri giorni non lavorativi e vanno sottratti i giorni per i quali non spetta alcun reddito, neppure sotto forma di retribuzione differita (ad esempio, le assenze per aspettativa senza corresponsione di assegni).

Con riferimento alle esclusioni dall’IRAP, la circolare ricorda che a decorrere dal periodo d’imposta in corso al 1° gennaio 2022 fuoriescono dall’ambito soggettivo di applicazione dell’IRAP:
• le persone fisiche esercenti attività commerciali titolari di reddito d’impresa di cui all’articolo 55 del Tuir residenti nel territorio dello Stato; in particolare, sono escluse dall’Irap l’impresa familiare e l’azienda coniugale non gestita in forma societaria
• le persone fisiche esercenti arti e professioni di cui all’articolo 53, comma 1, del Tuir residenti nel territorio dello Stato.
Restano, invece, assoggettati a Irap le persone fisiche esercenti arti e professioni in forma associata.

La legge di bilancio 2022, al fine di consentire agli enti territoriali di adeguare la disciplina delle addizionali, regionale e comunale, al nuovo sistema di tassazione delle persone fisiche, prevede che:
• le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano hanno tempo fino al 31 marzo 2022 per pubblicare la legge con la quale fissano l’eventuale maggiorazione dell’aliquota dell’addizionale regionale. L’aliquota dell’addizionale regionale all’imposta sul reddito delle persone fisiche è fissata all’1,23 per cento. Tuttavia, ciascuna regione a statuto ordinario, con propria legge, può stabilire una maggiorazione non superiore a 2,1 punti percentuali. Le regioni a statuto speciale e le province autonome, che applicano la stessa aliquota base dell’1,23 per cento35, possono stabilire, invece, una maggiorazione non superiore a 0,50 punti percentuali.
• i comuni devono modificare scaglioni e aliquote dell’addizionale loro spettante entro il 31 marzo 2022 o, in caso di scadenza successiva, entro il termine di approvazione del bilancio di previsione.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Agenzia delle entrate: Le principali novità in materia di IVA, imposte di registro, ipotecaria e catastale e imposta di bollo

Con la circolare n. 3 del 4 febbraio 2022, l’Agenzia delle Entrate ha fornito importanti chiarimenti in merito alle disposizioni relative all’IVA, alle imposte di registro, ipotecarie e catastali e al bollo, contenute nella legge 30 dicembre 2021, n. 234 (legge di bilancio 2022). Il documento di prassi analizza le disposizioni normative in vigore dal 1° gennaio 2022, suddivise in tre aree tematiche: Novità normative in materia di imposte indirette; Disposizioni di rilevanza comune ai fini delle imposte dirette e indirette e proroghe di disposizioni concernenti le imposte indirette.

Con riferimento alle proroghe di disposizioni concernenti le imposte indirette, al fine di semplificare le comunicazioni digitali tra pubbliche amministrazioni e cittadini, il comma 24 della legge di Bilancio 2022, interviene sull’articolo 62, comma 3, quinto periodo, del Codice dell’amministrazione digitale (CAD) di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 8212, estendendo a tutto il 2022 l’esenzione dall’imposta di bollo per i certificati rilasciati in modalità telematica, in precedenza prevista solo per l’anno 2021. Trattasi dei certificati contenenti informazioni anagrafiche che possono essere richiesti dai cittadini rivolgendosi all’Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente (ANPR), istituita presso il Ministero dell’Interno, con le modalità indicate dal predetto articolo 62, e la cui certificazione dei dati in modalità telematica è assicurata mediante l’emissione di documenti digitali muniti di sigillo elettronico qualificato, ai sensi del Regolamento (UE) n. 910/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 luglio 2014.

In teme di agevolazione “prima casa under 36”, il comma 151 dell’articolo 1 della legge di Bilancio 2022, al fine di favorire ulteriormente l’autonomia abitativa giovanile, ha prorogato il termine ultimo previsto dal decreto Sostegni-bis (articolo 64, comma 9, del decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 luglio 2021, n. 106) per accedere alle agevolazioni previste per l’acquisto della “prima casa”, estendendolo dal 30 giugno 2022 al 31 dicembre 2022. La normativa in esame non ha modificato né i requisiti soggettivi per accedere al beneficio, che è rivolto ai giovani che non hanno ancora compiuto trentasei anni di età nell’anno in cui l’atto è rogitato e che hanno un ISEE (indicatore della situazione economica equivalente) non superiore a 40.000 euro annui, né il regime di esenzione da applicare.

Inoltre, il comma 506 dell’articolo 1 della legge di Bilancio 2022, al fine di contenere gli aumenti dei prezzi del gas metano, ha prorogato la riduzione dell’aliquota IVA al 5 per cento per le forniture di gas metano destinato alla combustione per usi civili e industriali, con riferimento alle somministrazioni contabilizzate nelle fatture emesse per i consumi stimati o effettivi relativi ai mesi di gennaio, febbraio e marzo 2022. La riduzione dell’aliquota IVA al 5 per cento si applica alle somministrazioni di gas metano destinato alla combustione per usi civili e industriali, così come definiti dall’articolo 26, comma 1, del Testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative (TUA), approvato con decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504. Non beneficiano dell’agevolazione in commento, in quanto destinate a usi non espressamente richiamati dall’articolo 2, comma 1, del decreto-legge n. 130 del 2021, le somministrazioni di gas metano impiegato per autotrazione, nonché quelle di gas metano utilizzato per la produzione di energia elettrica.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

 

L’effettuazione del pagamento di tributi in un periodo di sospensione non comporta la rimborsabilità di quanto versato

L’effettuazione del pagamento di tributi in un periodo di sospensione del quale il contribuente non vuole fruire, non comporta la nascita di alcuna posizione creditoria nei confronti dello Stato. Non vi è alcuna norma che disponga la rimborsabilità delle imposte ed accessori versati nel periodo di sospensione. È quanto evidenziato dalla CTR per l’Abruzzo, con la sentenza n. 9 del 25/01/2022, richiamando la decisione della Commissione Europea del 14.8.2015 – riguardante le misure sa.35083 (2012/C) (ex 2012/NN) – che ha considerando illegittime ed incompatibili le agevolazioni tributarie ed ha stabilito il recupero di tutti gli aiuti di Stato eccezione fatta per quelli risalenti ad oltre dieci anni prima. Non vi è alcuna norma che abbia disposto la rimborsabilità delle imposte ed accessori versati nel periodo di sospensione di cui il contribuente non abbia inteso fruire, vigendo la disposizione normativa che esclude la rimborsabilità. Infatti, l’aver effettuato il pagamento, alle scadenze previste, non comporta per il ricorrente la nascita di alcuna posizione creditoria nei confronti dello Stato, a maggior ragione trattandosi di rimborso prevalentemente di imposta IVA da ritenersi illegittima. Infatti, l’IVA quale tributo armonizzato non può rientrare tra le imposte che beneficiano di riduzione, in quanto incompatibile con il diritto comunitario.  Tutti i provvedimenti agevolativi parlano esclusivamente di sospensione e dunque di un successivo rientro dei versamenti e, certamente, non di un rimborso di quanto già versato volontariamente, senza usufruire della sospensione.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Esenti da ritenuta i contributi Covid erogati dal Comune a sostegno delle attività economiche

Non sono da assoggettare alla ritenuta del 4 per cento e non rilevano ai fini delle imposte sui redditi i contributi erogati dal Comune, in via eccezionale e strettamente connessi all’emergenza epidemiologica da COVID-19, a sostegno delle attività economiche del territorio, a  copertura delle spese connesse all’erogazione di prestiti volti a garantire maggiore liquidità necessaria ad affrontare le difficoltà finanziarie, a condizione che siano destinati a soggetti esercenti attività di impresa, arte o professione, nonché ai lavoratori autonomi e che siano diversi da quelli esistenti prima della medesima emergenza. È quanto stabilito dall’Agenzia delle Entrate nella risposta n. 58 del 31.01.2022.

L’art. 28, comma 2 del DPR n. 600/1973 individua solo i soggetti su cui grava l’obbligo di operare la ritenuta, identificandoli nelle Regioni, Province, Comuni ed altri enti pubblici e privati – delimitando il proprio ambito di applicazione al rispetto di due condizioni, soggettiva e oggettiva: ovvero che: a) il destinatario del contributo sia un’impresa; b) i contributi non siano destinati all’acquisto di beni strumentali.

Per quanto riguarda l’ambito oggettivo di applicazione della disposizione, la norma non individua esattamente i contributi assoggettati a ritenuta, ma si limita ad indicare quelli esclusi, dettando sostanzialmente un principio di carattere generale in forza del quale tutti i contributi corrisposti alle imprese dalle regioni, province e comuni, dagli enti pubblici e privati subiscono la ritenuta alla fonte a titolo di acconto, con la sola esclusione dei contributi per l’acquisto dei beni strumentali.

Per quanto riguarda il regime fiscale applicabile allo specifico caso dei contributi erogati in seguito all’emergenza COVID-19, l’Agenzia ricorda che l’articolo 10-bis del decreto legge n. 137/2020 riconosce ai contributi di «qualsiasi natura» e «diversi da quelli esistenti prima della medesima emergenza» erogati, in via eccezionale, «da chiunque» e «indipendentemente dalle modalità di fruizione», ai soggetti esercenti attività di impresa, arte o professione, nonché ai lavoratori autonomi, il regime esentativo previsto espressamente per talune tipologie di aiuti economici. Pertanto, condizioni necessarie ai fini della non concorrenza al reddito dei contributi in esame sono che questi ultimi siano destinati a soggetti esercenti attività di impresa, arte o professione, nonché ai lavoratori autonomi, per affrontare la situazione emergenziale da COVID-19 e che siano «diversi da quelli esistenti prima della medesima emergenza».

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Per il riconoscimento della pertinenzialità è necessaria la prossimità tra box auto e prima casa

Non sono integrati i requisiti per il riconoscimento della pertinenzialità e, pertanto, non può essere riconosciuta l’applicazione della disposizione di cui all’articolo 1, comma 497, della legge n. 266 del 2005, quando non sussiste il requisito della “prossimità” tra box auto e prima casa. Lo ha chiarito l’Agenzia dell’Entrate, con la risposta n. 33/2022. L’istante, proprietario di un immobile per la quota di un sesto e promissario acquirente di un box distante 1.300 metri dall’abitazione, chiede se può destinare tale box a pertinenza della casa (in cui è domiciliato per 10 mesi all’anno) e se può avvalersi dell’articolo 1, comma 497, della legge n. 266/2005 che calcola la base imponibile secondo i principi di favore indicati nell’articolo 52, commi 4 e 5, del Dpr n. 131/1986.
La disciplina di cui all’articolo 1, comma 497, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, deroga testualmente all’articolo 43 del d.P.R. n. 131 del 1986 (TUR), ancorando la base imponibile delle imposte di registro, ipotecaria e catastale al valore venale del bene o del diritto trasferito, e individuando detta base imponibile nel valore catastale, indipendentemente dal corrispettivo pattuito indicato nell’atto. La disposizione in esame riguarda, oltre agli immobili ad uso abitativo, anche le relative pertinenze, che possono essere acquistate anche separatamente sempreché risulti nell’atto di acquisto la destinazione pertinenziale dell’immobile.
L’Agenzia ricorda che, anche in campo fiscale, per il concetto di pertinenza vale quanto stabilito dagli articoli 817 e seguenti del codice civile, secondo cui “Sono pertinenze le cose destinate in modo durevole a servizio o ad ornamento di un’altra cosa. La destinazione può essere effettuata dal proprietario della cosa principale o da chi ha un diritto reale sulla medesima”. Affinché il meccanismo del ” prezzo-valore” risulti applicabile alle pertinenze di un immobile abitativo, nell’atto di cessione deve essere evidenziato il vincolo che rende il bene servente una proiezione del bene principale (cfr. circolare 1° marzo 2007, n. 12/E) e l’immobile pertinenziale deve essere suscettibile di valutazione automatica, dotato quindi di una propria rendita catastale. Anche la stessa giurisprudenza di legittimità ha ribadito che al fine della configurabilità del vincolo pertinenziale la destinazione del bene accessorio a servizio di quello principale deve essere durevole, attuale ed effettiva e l’utilità deve essere oggettivamente arrecata al bene principale e non al proprietario di questa.
Con riferimento al trattamento fiscale previsto per l’acquisto della “prima casa”, con circolare n. 38/E del 12 agosto 2005, è stato chiarito che, di regola, il bene servente non può ritenersi oggettivamente destinato in modo durevole a servizio o ornamento dell’abitazione principale qualora sia ubicato in un punto distante o addirittura si trovi in un Comune diverso da quello dove è situata la “prima casa”. Tale precisazione è volta a chiarire che, affinché si possa concretizzare un effettivo rapporto di pertinenzialità e il bene accessorio possa accrescere durevolmente ed oggettivamente l’utilità dell’abitazione principale è, comunque necessario, che i due beni siano ubicati in luoghi “prossimi” tra loro, non rilevando la sola volontà manifestata dalla parte. Anche la circolare n. 18/2013 ha precisato che il requisito della “destinazione a servizio” è un elemento essenziale che può essere soddisfatto solo se la pertinenza è posta in prossimità dell’abitazione principale acquistata con i benefici “prima casa”.
Conclusivamente, tenuto conto anche dell’insufficienza degli elementi di prova forniti per la valutazione della sussistenza del requisito oggettivo per il riconoscimento della pertinenzialità, l’Agenzia non ritiene che siano integrati i requisiti per il riconoscimento della pertinenzialità e, pertanto, non possa essere riconosciuta l’applicazione per la permuta del box auto in oggetto della disposizione di cui all’articolo 1, comma 497, della legge n. 266 del 2005.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION

Approvato il nuovo modello di cartella di pagamento

Con il provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate, del 17 gennaio 2022, è stato approvato il nuovo modello di cartella di pagamento che l’Agente della riscossione è tenuto ad utilizzare per le cartelle relative ai carichi affidatigli a decorrere dal 1° gennaio 2022, in conseguenza della revisione della disciplina degli oneri di funzionamento del servizio nazionale di riscossione di cui all’art. 17 del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112 prevista dalla legge n. 234/2021 (legge di bilancio 2022).

In particolare, l’art. 1, comma 15 prevede che la copertura dei costi di gestione del servizio nazionale di riscossione venga assicurata mediante appositi stanziamenti di risorse a carico del bilancio dello Stato. Di conseguenza, è stata abolita la quota di oneri di riscossione a carico del debitore nella misura fissa del 3% delle somme iscritte a ruolo, in caso di pagamento entro il sessantesimo giorno dalla notifica della cartella
di pagamento e del 6% delle somme iscritte a ruolo e dei relativi interessi di mora in caso di assolvimento del debito oltre il suindicato termine di legge. Allo stesso modo, per le ipotesi di riscossione spontanea, effettuata ai sensi dell’articolo 32 del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46, non è più dovuta, dal debitore, la quota pari all’uno per cento delle somme iscritte a ruolo.

A carico del debitore restano invece la quota a titolo di spese esecutive per le eventuali attività cautelari ed esecutive per il recupero delle somme insolute nonché la quota a titolo di spese di notifica della cartella di pagamento e degli eventuali ulteriori atti di riscossione. Il nuovo modello di cartella di pagamento non recherà, quindi, più alcun riferimento agli oneri di riscossione a carico del debitore e verrà utilizzato per le cartelle di pagamento relative ai carichi affidati agli Agenti della riscossione a decorrere dal 1° gennaio 2022. Resta fermo, per le cartelle relative ai carichi affidati all’Agente della riscossione fino al 31 dicembre 2021, il modello approvato con provvedimento prot. n. 134363 del 14 luglio 2017.

 

Autore: La redazione PERK SOLUTION